da pierodm il 01/12/2010, 19:16
A parte che il discorso mi sembrava concluso con soddisfazione di tutti
Annalu, a me sembra che il discorso non sia nemmeno cominciato, o almeno che è stato subito soffocato: Flavio aveva accennato alla TV, è vero, ... ma non ai televisori, ossia alle macchine portatrici di onde elettromagnetiche.
Non dico che l'approfondimento sulla fisiologia delle fibre nervose sia inutile o privo d'interesse, ma credo che lasciar cadere il discorso "culturale" per trasferirsi armi e bagagli solo su quello medico sia un tantinello esagerato - anche se nient'affatto nuovo, in questo forum.
Però, poiché non vogliamo buttare via niente, questa devianza possiamo utilizzarla come parte del problema: in troppe occasioni - troppe per rappresentare solo un caso - vediamo che o si fugge nella statistica, o nel comportamentalismo, o (come in questo caso) nella fisiologia, e sempre più spesso viene accantonato l'aspetto culturale, intellettuale dei diversi fenomeni.
Questo atteggiamento si riflette nella comunicazione, e nel tessuto delle relazioni sociali, e certamente influenza i più giovani, non tanto per ciò che da essi può essere recepito, quanto per ciò che viene a mancare.
Una visione del mondo - e di se stessi - semplificata e ridotta al solo intreccio di reazioni nervose (vedi in questo senso la Tv e in special modo i reality) è la base necessaria e sufficiente per una deriva verso destra - anche se si tratta di una destra non assimilabile, sic et simpliciter, a quella fascista. Anzi, tutto sommato, io non la chiamerei nemmeno "destra", dato che mi sembra prevalente l'aspetto intellettuale, in senso negativo, rispetto a quello spiccatamente politico.
Ranvit - Anche le civiltà sono cicliche, sorgono, si espandono in tutte le direzioni dell'umano (geograficamente, economicamente, nell'arte, etc etc) sospinte da una partecipazione collettiva sincera, appassionata, altruista. Poi...al massimo dello splendore....appagata la parte migliore di ognuno, subentra la noia, la retorica. Lo sviluppo frena, si arresta.
Lentamente comincia ad emergere la parte peggiore di ognuno : invidia per chi sta meglio, egoismo, bramosia di potere, soldi...corruzione, etc. Decadenza.
Intanto, devo dire che apprezzo il fatto che Ranvit affronti il discorso sul piano storico, antropologico e culturale. Ma l’apprezzamento si ferma qui.
Tu hai una concezione delle “civiltà” piuttosto emozionale, quasi esoterica, misteriosa nei suoi meccanismi.
La nascita, lo svolgimento e la decadenza – o scomparsa – delle civiltà segue invece percorsi assai chiari e razionali: complessi, per le civiltà più antiche necessariamente conosciuti solo in parte, ma obbedienti a meccanismi tutt’altro che misteriosi o “intimistici”: posizione geografica, disponibilità di risorse alimentari, migrazioni, eredità culturali e tecnologiche, situazioni economiche, etc.
I sentimenti, i comportamenti, i valori che tu elenchi sono certamente presenti, e variano col passare del tempo, ma non sono la causa della grandezza, o della decadenza, di una civiltà, ma semmai ne sono la conseguenza, il sintomo, o comunque ne rappresentano un solo un aspetto che dev’essere visto all’interno della complessità.
Per esempio, le virtù che tu nomini erano già largamente compromesse durante il regno dei primi cesari romani , e tuttavia lo stato e la “civiltà” romana erano ancora fortissimi, tanto che dovettero passare almeno trecento anni prima della “caduta”, o meglio il trapasso all’età medievale – o cinquecento, secondo il criterio che scegliamo per determinare questo limite.
La “parte peggiore” si manifesta – o si crea, o prende il sopravvento – in conseguenza della crisi di civiltà e di sistema, non ne è la causa: o meglio, è una conseguenza che a sua volta produce altre conseguenze.
Come tutto ciò si applica al caso in oggetto è difficile da dire in due parole, ma credo che sia ugualmente abbastanza chiaro.
R - Io elementare? Tu complicato
Non si tratta di essere complicati, ma di essere sufficienti rispetto al tema: se l’oggetto è complicato possiamo cercare di semplificarlo, di descriverlo con parole le più semplici possibile, ma non al punto da schiacciarlo o stravolgerlo, o renderlo incomprensibile.
Ci sono cose incomprimibili, e cose (argomenti) che sono comprimibili, semplificabili all’estremo, ma al prezzo di cambiare natura, o di diventare – una volta semplificati – inservibili.
Una conversazione, per esempio, è tale e si distingue da una telefonata di lavoro perché non è ridotta all’essenziale, perché è fatta anche di risate, di metafore, di “cose inutili”.
Le cose devono essere intelligenti? E da quando in qua? Le cose...sono.
Le cose sono quello che sono: qualche volta semplici (raro) qualche volta complicate, ma qui si parla di opinioni e idee: queste “sono” se le facciamo essere.