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Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda Iafran il 12/04/2010, 18:19

Iafran ha scritto:...
Probabilmente non si ripeterà il "miracolo" di cinque anni fa, nonostante le pari condizioni di partenza: Giacomo Cozzolino (Cs) 4817 voti (33,11%), sen. Gino Trematerra (UdC) 4856 voti (33,38%); io non ho votato per partito preso (anzi, non ho lesinato critiche al PD) ma ho votato solo perché fra i "nostri" hanno ancora senso e peso le parole "corruzione", "abuso di potere", "truffa", "dimissioni", etc.
Mi auguro che i nostri possano farcela, ma sarà dura ... e ancora più dura dopo.

Infatti, il miracolo non si è ripetuto!
Il sen. Gino Trematerra (UdC) è il nuovo sindaco di Acri (Cosenza), con il 57,24% dei consensi (7.053 voti).
Il candidato del Cs, Giacomo Cozzolino, ha ottenuto il 42,76% (5.269 voti).
La sconfitta era nell'aria per l'incapacità dei precedenti amministratori di Cs a stare fra la gente e per la delusione che il loro corpo elettorale (disconosciuto dopo appena un mese) aveva subito in questo quinquennio.

Qualcuno avrà modo di fare autocritica?
Lo spero, per incominciare a costruire una valida alternativa politica.

Anche a San Giovanni in Fiore (Cosenza) lo spoglio elettorale ha decretato la sconfitta del Cs.
L'esito delle elezioni regionali (vittoria del PdL) si è fatto sentire anche a livello locale.
Noi dobbiamo solo saper reagire.
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Chiamparino: Per salvarci serve un Pd federale

Messaggioda franz il 13/04/2010, 9:16

L'INTERVISTA
Chiamparino: "Stop alle correnti
Per salvarci serve un Pd federale"

Il sindaco di Torino dopo la delusione dei ballottaggi: bene l'idea di Prodi, un leader scelto dai segretari regionali permette a Bersani di scompaginare le componenti interne
di ETTORE BOFFANO

TORINO - Sindaco Sergio Chiamparino, ha visto il risultato di Mantova?
"Sì e mi dispiace molto. Un'altra sconfitta, ancora una volta per colpa di una divisione tra noi. In Lombardia svanisce l'ultima propaggine del centrosinistra. Contare qualcosa nel Nord è sempre più difficile".

Un argomento in più per dare ragione alle proposte di Romano Prodi sul Pd?
"Quelle avevano già un valore prima di Mantova. Non parlo da tempo con Prodi, ho letto solo i giornali. Ciò di cui posso discutere è l'idea di un partito federale, che provi a ripartire dal territorio, che cambi equilibri e procedure seguiti sino a oggi. Muovendosi dal basso e dagli elettori più che dalle gerarchie nazionali. Che rompa l'autoreferenzialità del gruppo dirigente".

Il Pd si sta dividendo sul fatto se quello di Prodi sia o no un siluro a Bersani.
"Non credo che Prodi voglia delegittimare il segretario, anzi penso che la sua proposta offra a Bersani lo spunto per avviare un'iniziativa politica. Un assist, non un siluro".

Che cosa c'è di così convincente in quella proposta?
"Quel ribaltare la prospettiva, scompaginando il solito tavolo nazionale nel quale ci si schiera per componenti. Uno schierarsi che poi discende a cascata a livello locale. Se la proposta di Prodi andasse avanti, avremmo venti segretari regionali eletti con le primarie e con un peso politico pari ai voti che il Pd ha raccolto alle politiche in ogni regione. Quei venti, poi, indicherebbero il segretario nazionale. Sarebbe una visione davvero federalista e territoriale di un "partito degli elettori" e raggiungerebbe anche lo scopo di far saltare le attuali componenti interne".

Le componenti interne non le piacciono?
"Non dico questo. Mi pare però che esse siano vecchissime, importate dai Ds e dalla Margherita e, attraverso quei due partiti che non esistono più, addirittura dalla Prima Repubblica. So benissimo che anche nell'assetto federale del Pd si formerebbero nuove componenti. Ma sarebbero appunto nuove, imperniate su temi altrettanto nuovi: bioetica, laicità, infrastrutture, giustizia".

Ma parlare di federalismo non è un po' copiare la Lega?
"Dipende dal punto di vista. La modernizzazione economica del paese, avviata da Prodi con l'euro si è fermata e per rilanciarla il federalismo è fondamentale. È un'idea che da molto tempo avrebbe dovuto essere patrimonio della sinistra. Il fatto che la usi la Lega non vuol dire niente. Se invece riteniamo che l'attuale sia il migliore Stato possibile, allora il federalismo non ci piacerà. Io condivido il primo ragionamento e dunque penso che un partito, che dia più autonomia alle realtà locali e anzi ne sia stimolato, sia fondamentale".

Oggi i personaggi più rappresentativi della sinistra nei territori sono sindaci come lei o presidenti di Regione. Lei si candiderebbe a segretario regionale del Pd piemontese?
"Io non mi autocandido a nulla. Ma se queste proposte andassero avanti e non ci fosse incompatibilità col ruolo di sindaco, allora, se fosse giudicato utile, potrei anche farlo".

Per poi diventare coordinatore nazionale?
"Al gioco di proporsi per incarichi nazionali non voglio partecipare. Ciò che voglio sottolineare è la novità del discorso di Prodi. È altrettanto vero, invece, che oggi io sono uno degli amministratori locali più autorevoli che il mio partito ha nel paese. Ma conta il metodo, innanzitutto: valorizzare la realtà territoriale e punire l'autoreferenzialità. Poi però ci vogliono contenuti: non basta stare in strada con la gente, bisogna avere anche delle cose da dire".

Alcuni di questi ragionamenti lei li aveva già anticipati commentando il voto delle regionali. Era sembrato un messaggio a Bersani: vi siete sentiti?
"Mi ha telefonato esprimendomi apprezzamenti. Poi c'è stato un breve incontro a Parma per l'assise di Confindustria dove abbiamo concordato di rivederci. Sabato a Roma c'è la direzione del partito e lì potremmo cominciare a parlarne".

(13 aprile 2010)
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Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda Iafran il 13/04/2010, 12:03

franz ha scritto:Un argomento in più per dare ragione alle proposte di Romano Prodi sul Pd?
"Quelle avevano già un valore prima di Mantova. Non parlo da tempo con Prodi, ho letto solo i giornali. Ciò di cui posso discutere è l'idea di un partito federale, che provi a ripartire dal territorio, che cambi equilibri e procedure seguiti sino a oggi. Muovendosi dal basso e dagli elettori più che dalle gerarchie nazionali. Che rompa l'autoreferenzialità del gruppo dirigente".

I primi che faranno le autocandidature saranno gli appartenenti alla "casta" della Calabria: quella che in cinque anni da 662.722 voti (59%) è passata, nel 2010, a 341.660 (32,2%), perché se non ci fosse stato Callipo (106.354 voti, 10%) avrebbe avuto chissà quanti altri entusiasmi e consensi (da verificare!), ma ... avrebbe perso lo stesso!

Forse bisognerebbe prevedere veti a qualche rappresentanza regionale troppo autoreferenziale.
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Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda Iafran il 13/04/2010, 13:45

Iafran ha scritto:Forse bisognerebbe prevedere veti a qualche rappresentanza regionale troppo autoreferenziale.

Sergio Staino è d'accordo (pagina 3, "l'Unità" del 13 aprile 2010):

La figlia: "Prodi propone di far fuori il gruppo dirigente del PD e sostituirlo con i segretari regionali."

Bobo: "La seconda parte della proposta mi lascia po' perplesso."
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Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda ranvit il 13/04/2010, 16:36

Riporto la mail che mi è giunta. Mi sembra interessante.

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Bozza per il prossimo CANTIERE DELL’ULIVO
Passione, entusiasmo, nettezza, radici, rinnovamento. E basta con la sudditanza psicologica.

E' evidente, dopo il passaggio elettorale, che occorra intervenire con urgenza e cambiare passo.

In relazione al Partito Democratico condividiamo l'ipotesi federalista lanciata dal Presidente Prodi. Magari avremmo potuto imboccarla con più coraggio anche prima, ma non è mai troppo tardi, come recita un saggio proverbio popolare.

L'architettura istituzionale del PD immaginata dalla proposta del Professore introduce una sorta di rivoluzione copernicana, mettendo al centro del Partito il soggetto vero - il suo popolo, la sua gente - inducendo un percorso virtuoso che parte dalla base, dai territori, e che arriva al centro poggiando, appunto, sul protagonismo della periferia.

Un partito federale, che mette radici e risponde al proprio territorio regionale, che esprime proprie leadership regionali e che demanda ad esse - opportunamente dotate, ciascuna, di peso specifico relazionato al peso elettorale - la costruzione della struttura nazionale e l'elezione del Segretario.

Ciò detto occorrerà meglio precisare alcuni passaggi fondamentali.

Chi legittima chi?

Secondo il nostro parere vanno adeguatamente separati ruoli e funzioni.

Le cariche di partito vengano elette dagli iscritti al partito (privilegiando l'elezione diretta da parte degli iscritti delle figure responsabili ai diversi livelli) mentre, di converso, le candidature istituzionali vengano scelte con le Primarie alle quali partecipino, con diritto di elettorato attivo e passivo ed attraverso precise norme regolamentari, tutti quei cittadini che si sono iscritti all'Albo delle Primarie.

Ciò al fine di portare ad ulteriore chiarezza la sostanziale differenza che intercorre tra "elezione diretta di cariche di partito" alla quale partecipano gli iscritti al partito medesimo, da una parte e, dall'altra, le "primarie" vere e proprie che sono chiamate a selezionare (prima, come dice la parola stessa) i candidati a cariche istituzionali, alle quali partecipano i cittadini attraverso lo strumento dell'Albo degli elettori.

Restano aperti poi due problemi.

Il primo riguarda la necessità di bypassare il rischio che tornino a pesare ancora di più nella vita del Partito i cosiddetti "signori delle tessere", quando votano solo gli iscritti.

Il secondo concerne la necessaria forza ed autorevolezza di cui dotare la leadership nazionale del Partito nei confronti di "periferie" alle volte malate, ancor più del centro, di "centralismo regionale".

Prima del decisivo confronto elettorale del 2013 abbiamo di fronte a noi mille giorni nei quali dobbiamo saper invertire la tendenza e rilanciare.

Le possibilità ci sono tutte.

Guardiamo alle cifre che, nella loro crudezza, valgono mille volte di più di qualsiasi sondaggio.

Sono solamente 16,29 su cento i cittadini italiani aventi diritto al voto che hanno votato simboli che fanno riferimento al nome di Berlusconi.

E guarda con simpatia e vota per la coalizione di centrodestra solamente il 24,58% degli italiani aventi diritto di voto.

Mentre guarda con simpatia e vota per liste di centrosinistra, invece, il 22,84% degli aventi diritto.

La differenza tra i due schieramenti (CD-CS) è solamente di 708.643 voti.

La battaglia è aperta, la destra italiana è contendibile. La sua è una supremazia fatta di "chiacchiere e distintivo", nient'altro. I numeri son numeri.

A ciò va aggiunto un dato per alcuni versi inquietante, per altri versi (potenzialmente) rincuorante.

Quest'anno il partito del "non voto" (astensioni, schede bianche e schede nulle) ammonta alla cifra esorbitante di 15.689.850.

Alla coalizione di centrosinistra quest'anno mancano milioni di voti, praticamente nella quasi totalità trasferitisi nel "non voto". Sono 2.725.662 in meno rispetto a 10 mesi fa (europee 2009); 5.080.489 in meno rispetto a 22 mesi fa (politiche 2008); 7.009.507 in meno rispetto alle politiche del 2006. Sono numeri da capogiro che però - per la stragrande maggioranza - non sono andati "dall'altra parte", ma hanno scelto l'astensione.

Il problema che abbiamo di fronte a noi è come trasformare il dato negativo in risorsa.

Occorrerà capire quali sono le motivazioni di fondo che hanno indotto questi "nostri" elettori a scegliere il "non voto". Nella consapevolezza che se ci hanno votati, è possibile che tornino a votarci.

Una volta capiti questi motivi (che non sono poi così inesplicabili), basterà prendere le necessarie contromisure politiche, organizzative e di comunicazione ed applicarle.

E come d'incanto, si apriranno praterie di fronte alla nostra azione politica.

Certo, è più facile dirlo che farlo.

Ma in buona sostanza è per questo che ci appassiona la politica ed in essa ci spendiamo. O no?

Abbiamo di proposito chiamato "bozza" le nostre riflessioni perché crediamo utile si possa aprire una discussione, fatta di ulteriori analisi e contributi, al fine di avere un documento partecipato e condiviso da proporre al prossimo CANTIERE DELL’ULIVO.

Deo Fogliazza e Pietro Aceto, per il Cantiere dell'Ulivo

14 aprile 2010

PS: Abbiamo in animo di convocare un nuovo appuntamento del Cantiere dell'Ulivo. Probabilmente per il 13 giugno pv. Ci ritroveremo ancora a Bologna, al Circolo Passepartout. Tenetevi liberi e segnate la data sulla vostra agenda :)

http://cantieredellulivo.splinder.com/p ... 80%99ULIVO


*****
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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