Dal blog
http://gualtieri.italianieuropei.it/ (ripeto, quel Gualtieri non sono io) copio e incollo un post e un commento, e posterò eventuali ulteriori commenti. Mi sembra che l’argomento del sistema elettorale sia la chiave del nostro futuro, non ritengo sbagliato che, al di là delle nostre convinzioni personali (le mie non sono mai ferree e inossidabili), andiamo un po’ a vedere cosa si dice in giro su questo tema. E sarò grato a chi troverà altri riferimenti.
Linee immaginarie, fobie tedesche e allucinazioni
Di
Roberto Gualtieri
, 30.06.08 15:28 |
Secondo Michele Salvati nel Pd esisterebbero due linee: una (quella di Veltroni), che "scommette su un futuro bipolare del sistema politico, su una competizione dei due principali partiti nel campo degli elettori centristi, su un possibile sfondamento al Nord, su politiche economiche e sociali attente ai bisogni dei più deboli, ma modernizzanti e liberali"; l'altra (presumibilmente quella di D'Alema), che "vede il Pd come strutturalmente perdente in un confronto bipolare e il Nord come una fortezza inespugnabile del centrodestra", che considera "l'intera strategia dell'Ulivo, il tentativo di fusione dei riformisti laici e cattolici [...] un errore", secondo cui "il terreno di scontro sarebbe il Sud, non il Nord", e "anche l'antiberlusconismo più radicale può servire a cementare coalizioni incoerenti", che afferma la necessità di "stare molto attenti a proposte modernizzanti, quando queste sono percepite come una minaccia dai ceti più vicini al centrosinistra", che intende provare a tornare al governo "pagando lo scotto di un rafforzamento dei partiti centristi e di un Pd dimagrito e più vicino alla sua componente Ds". Ci asteniamo dal fornire una nostra descrizione altrettanto tendenziosa della prima linea (accontentandoci di osservare i suoi fino ad ora non esaltenti risultati pratici e invitando Salvati a leggere la assai più equilibrata relazione di Veltroni all'Assemblea nazionale del Pd). Quanto alla seconda linea, pur consapevoli che la fobia per il sistema tedesco che affligge i commentatori del Corriere della sera inducendo loro allucinazioni è probabilmente incurabile, noiosamente ripetiamo che: 1) il sistema tedesco non cementa coalizioni incoerenti ma al contrario consente di andare per davvero da soli alle elezioni, senza doversi alleare ad esempio con l'Italia dei Valori in quella che difficilmente definirei una "coalizione coerente". Inoltre esso è tutt'alltro che un prorzionale puro, e oltre a ri9durre la frammentazione determina una forte "disproporzionalità" a favore dei due partiti maggiori. 2) L'antiberlusconismo radicale mi sembra lo stia praticando l'alleato prescelto dagli strateghi della prima linea come unico degno di apparentarsi con il Pd, e se dovessi dare un consiglio al mio partito lo inviterei a non inseguire Di Pietro su questo terreno (io poi personalmente considero giusto ed equilibrato il lodo Alfano, anche se non sono in grado di dire se esso possa essere oggetto di una legge ordinaria o di una revisione costituzionale, e riterrei una vera sciagura impostare la nostra opposizione sui guai giudiziari del premier, che dovrebbero rimanere rigosamente al di fuori dalla lotta politica). 3) Bipartitismo e bipolarismo sono due cose diverse che Salvati evidentemente confonde, e criticare il primo come artificioso non significa certo voler rinunciare al secondo (che fortunatamente è nelle cose e non nella disponibilità dei politilogi). In ogni caso le leggi bipartitizzanti che vanno per la maggiore (come la spagnola) avrebbero il paradossale risultato di premiare la coalizione di centrodestra tra il Pdl, la Lega e l'Mpa (che come partiti regionali sarebbero premiati da quel sistema elettorale), e punire tutti i potenziali alleati del Pd. Inoltre, l'effetto principale di un bipartitismo coatto come quello che ad esempio scaturirebbe da una vittoria dei sì al referendum sarebbe quello di trasformare il Pd in un cartello elettorale privo di fisionomia (e probabilmente di voti). 4) La scarsa fiducia nel Pd e nell'Ulivo non è di chi propone una legge tedesca ma semmai di chi ritiene che il Pd possa esistere solo in presenza di un vincolo derivante dal sistema elettorale. Fortunatamente gli italiani non la pensano così, e alle europee del 2004, con un proporzionale puro senza soglia di sbarramento e senza ombra di voto utile (oltre che senza i radicali nelle proprie liste, che presero il 2,2%), hanno dato alla lista Uniti nell'Ulivo (che si presentava per la prima volta) il 31,1% (una percentuale ahimè asssai superiore di quella che i sondaggi attribuiscono attualmente al Pd). 5) L'identificazione meccanica (e assai ideologica) tra modernità e liberismo andrebbe forse sottoposta a qualche revisione critica, magari dopo aver osservato la politica economica di tutti i principali paesi europei (sia con governi di centrodestra che di centrosinistra). 6) La storia del Sud e del Nord e quella che uno dei suoi principali inventori e protagonisti considererebbe l'intera strategia dell'Ulivo un errore preferiamo non commentarle per educazione. In ogni caso, quando prima o poi si farà un congresso, Salvati sarà liberissimo di scriversi la sua mozione. Ma forse concederà che la nostra ce la scriveremo da soli.
1 Commenti
Di Francesco, 02.07.08 01:15
Che si tratti più di possessioni che di allucinazioni? O più semplicemente, considerata la temperatura, di insolazioni? Beh, queste uscite di "Michele l'intenditore" fanno senz'altro pendant con quelle della scorsa settimana da parte del Trio (senza offesa per Morandi, Ruggeri e Tozzi). Difatti abbiamo assistito ad un vero e proprio fuoco di fila proveniente da calibri come Giorgio Tonini, Enrico Morando e Stefano Ceccanti. Ma è di quest'ultimo la gittata più lunga (scusatemi ma sono stato sottotenente nell'esercito durante il servizio di leva). Utilizzando categorie specificamente politologiche, egli stabilisce un nesso, non privo di una certa efficacia, tra "ideal-tipi" di partito, partecipazione politica, meccanismo elettorale, sistema democratico. In pratica, per dimostrare che la legge elettorale tedesca non solo si adatterebbe male al caso italiano, ma metterebbe anche a rischio la stessa sopravvivenza del Pd, Ceccanti perviene a definire, con una logica "in-out", la seguente contrapposizione: partiito introverso - cooptazione - sistema proporzionale - democrazia oligarchica versus partito estroverso - contendibilità - sistema maggioritario - democrazia competitiva.
Lo confesso, questa suggestiva interpretazione ha fatto presa, in parte, anche sul sottoscritto, come anche quella circa la preferenza per i sistemi elettorali francese e spagnolo (probabilmente pago pegno ai miei studi universitari). Ma sinceramente, anche alla luce di quanto ci indica in modo appropriato Roberto Gualtieri, coltivo forti perplessità sulla scommessa (perché di questo si tratterebbe) di costruire un bipartitismo attraverso una legge elettorale maggioritaria, in quanto, come ricordava bene ormai tempo fa Mauro Calise (Dopo la partitocrazia, 1994), esso deve in realtà "pre-esistere" affinchè il maggioritario dia garanzia in termini di riproduzione e di stabillità al "bipartitismo parlamentare". Per non parlare poi di quello "presidenzialista", dove i partiti, cessando di essere raccordo tra centro e periferia, finiscono per ridursi a macchine elettorali per l'elezione del capo dell'esecutivo.
Si aggiunga inoltre che la polarizzazione elettorale, il cui indice esprime la consistenza della dinamica bipolare (la percentuale dei voti ottenuti dalle due principali liste), nel caso italiano è appena del 70% contro l'84% nelle ultime elezioni politiche spagnole (la maggior parte degli studiosi in materia sono sostanzialmente concordi nello stabilire che l'80% rappresenti la soglia di un andamento bipolare effettivo e stabile).
Insomma, non paghi di aver dato luogo per 15 anni ad un bipolarismo ideologico e frammentato, si vuole approdare ad un bipartitismo coatto ed artificioso. Difatti non è un caso che si faccia riferimento alla stagione del movimento referendario, dal quale si vorrebbe prendere il testimone, per tacciare coloro che sono favorevoli al sistema tedesco di essere una sorta di conservatori nostalgici che "dentro un'impostazione culturale di sfiducia nei confronti del corpo elettorale... propongono modelli più tradizionali di democrazia mediata, di coalizioni pre-1993, di partiti più piccoli e più omogenei per tradizioni passate" (S. Ceccanti su "Europa" del 25/06/08 e su "l'Unità" del 26/06/08). Altro che fobie alemanne, siamo in presenza di psicosi italiche!
Mi trovo tuttavia daccordo con Ceccanti & Co. su un punto, ovvero quando viene messo in evidenza come l'opzione verso un modello elettorale rispetto ad un altro, proprio perché sottende ad un approccio ben definito, stia facendo venire a galla due linee strategiche dentro il partito. Da cui la necessità di convocare subito un congresso affinchè "si sviluppino correnti proprio su questa linea divisoria molto più importante delle altre. Non vorrei - raccomanda Ceccanti - che imbastissimo un rito 'benaltrista' sulle centrali nucleari per non discutere tra noi di come chiudere la transizione nel partito e nel sistema. Il prezzo sarebbe grave. Ne risulterebbe un'opposizione divisa, senza un chiaro asse culturale, che non sarebbe una risorsa per il Paese. Vediamo quindi quali sono le differenze vere e agiamo di conseguenza".
Francamente mi aspetto che qualcuno mi spieghi quali siano le vere ragioni che impediscono di convocare subito un congresso. Intanto provo ad individuarne qualcuna.
1) Motivi di prudenza che afferiscono anche la sfera organizzativa in vista delle prossime scadenze elettorali, come ha fatto intendere Franco Marini.
2) Urgenza d'imbrigliare l'attivismo, o presunto tale, del Segretario, per tentare una gestione collegiale della linea politica che consenta di dotare il partito di un equipaggiamento più adeguato sia sul fronte interno, dando luogo ad un effettivo e ragionato dibattito culturale e programmatico, che su quello esterno, con l'assunzione di una diversa cifra nella conduzione del confronto politico-parlamentare.
3) Giungere alle Europee che, nel caso producessero un risultato insoddisfacente rispetto alla "vocazione maggioritaria" del Pd, comporterebbero inevitabilmete un'autentica redde rationem, segnando così la conclusione della "nuova stagione".
Chiunque abbia una spiegazione credibilmente alternativa (scevra da intenti mistificatori) rispetto alle suddette ipotesi, anche a costo di ammettere l'incofessabile (non sono un perbenista), batta un colpo. In caso contrario, dovrò proprio rassegnarmi come Linda Lanzillotta a recitare il mantra chatwiniano del "Che ci faccio io qui?".
Attendo con fiducia

Basta guardare qualcuno in faccia un po' di più, per avere la sensazione alla fine di guardarti in uno specchio. (Paul Auster)