Franz, io sono sempre pronto a rimettere in discussione quello che penso, ossia ho sempre coscienza che i miei giudizi sono ovviamnte soggettivi e che derivano dall'aver preso una posizione che posso scoprire sbagliata.
Ma non mi sembra questo il punto cruciale di questa specifica riflessione, che stiamo facendo - punto che semmai, però, varrebbe per tutti e, se diventasse una preoccupazione ossessiva, impedirebbe qualunque discorso.
Quello che dici sul brain storming di culture diverse è giusto. Nella sua ovvietà, il concetto da espresso è tuttavia la base di qualunque ragionamento politico o storico.
La mia tesi, però, tiene conto proprio di quella che chiami "accettazione di una realtà", la quale non mi sembra per niente corrispondere a quella che si è voluta costruire a livello politico: perché questo è il fatto, ossia che la struttura del sistema politico attuale è frutto di una successione di interpretazioni da parte delle forze politiche, e da diverse forzature in direzione di ciò che si è giudicato più conveniente e più giusto.
Certamente, poi, da queste situazioni così create sono derivate conseguenze, che è lecito esaminare: le colpe, le insufficienze, le responsabilità, i ritardi, gli errori della sinistra, e infine il suo declino elettorale, sono tra queste conseguenze.
Ma nessuno disconosce tali responsabilità, quindi è inutile soffermarsi su questo aspetto, che del resto è stato ampiamente trattato.
La questione che io ponevo è un'altra, e la posso riformulare con una domanda molto schematica, forse troppo, ma chiara: possiamo parlare del panorama politico italiano considerando "normale" - o perfino augurabile - che sia assente una sinistra dichiaratamente tale, o una sinistra che debba costantemente e sistematicamente impastarsi in un compromesso con i centristi, che si richiamano esplicitamente a posizioni moderate e al magistero vaticano?
In questa domanda non è in discussione quella che abbiamo chiamato "realtà" fattuale - che può essere letta in tanti modi, compreso quello dell'opportunismo elettorale - ma è in discussione l'assunto ideologico che giudica questa situazione non solo "normale" o augurabile, ma come una forma di modernità e di progresso della nostra politica, tout court.
Nel dire tutto ciò, ti prego di credere che tengo conto di tante cose che si sono dette, che ben sai, dato che in parte sono le stesse che tu hai spesso ripetuto e sulle quali io sono in massima parte d'accordo: una crisi generale della sinistra, dovuta al mutare dell'architettura socio-economica del sistema e al fallimento rovinoso dei regimi del socialismo reale che hanno (forse immeritatamente, ma inevitabilmente) gettato discredito alla parola stessa di "socialismo".
Succede però che in molti paesi occidentali la sinistra comunista e talvolta anche quella socialista, ha dato per decenni una prova di sé assolutamente peggiore del PCI nostrano, o del PSI (Craxi & C. a parte), con prsonaggi infinitamente più schiacciati sul sovietismo, più tetri, più sterili di quello che è stata la nostra sinistra, e con un ruolo "liberatorio" molto meno importante nei rispettivi paesi di quello avuto dalla sinistra italiana in una nazione calcificata dal clericalismo e dai residuati del fascismo.
Tutto ciò non ha impedito, però, che in tutti i paesi occidentali la sinistra abbia conservato una propria autonomia e una propria dignità di rappresentanza.
Questo è il punto che volevo sottolineare.