da ranvit il 01/05/2009, 12:42
da lastampa.it :
LUIGI LA SPINA
TORINO
A poco più di un mese dalle elezioni amministrative ed europee, il centrosinistra rischia la crisi in una delle ultime sue roccaforti del Nord d’Italia, al comune di Torino. Con possibili conseguenze devastanti per le alleanze elettorali che, in quello schieramento, si dovrebbero presentare unite sul territorio, a cominciare dalla provincia torinese. Dopo il voto sulla fusione Iride-Enìa, che ha visto parte della maggioranza su cui si regge la giunta Chiamparino contraria ad approvare l’immediata esecutività dell’operazione, il sindaco ha deciso l’apertura di una verifica che prevede solo due ipotesi: o una modifica dell’attuale maggioranza o il voto anticipato.
Sindaco, è davvero possibile, al Comune di Torino, una crisi tale da dover ricorrere alle urne, a due anni dalla scadenza naturale del suo mandato?
«Non posso escluderlo. Quel voto che, peraltro, non ha effetti pratici, costituisce un gesto di pura ostilità politica. E’ difficile pensare che si possa andare avanti con una parte della maggioranza che su tutte le delibere più importanti si esprime contro. C’è meno lealtà e fiducia con una parte della mia maggioranza che con l’opposizione».
Adesso che cosa succederà?
«Andremo a una verifica, ma una cosa è certa: non si può proseguire così per altri due anni, un periodo in cui dobbiamo varare delibere importanti: dalla variante sulla spina Nord della città, al 2011, al riordino dell’assetto delle partecipate. Non possiamo permetterci un altro percorso di guerra».
I contrasti non sono solo con una parte della sinistra radicale, ma anche con il partito di Di Pietro. Il Pd deve pensare a un cambio di alleati se vuole governare, a Torino oggi, e in sede nazionale, in futuro più o meno lontano?
«In consiglio c’è stato un episodio significativo: i simpatizzanti di Attac, un gruppo di sinistra vicino a Grillo, hanno applaudito i discorsi del rappresentante di An, Ravello e dei leghisti. Questo vuol dire che la vera discriminante, il vero avversario, ormai, è il populismo che riguarda un pezzo della sinistra, Di Pietro e buona parte della destra. Se si vuole fare davvero un nuovo progetto per l’Italia è da lì che bisogna prendere le distanze. Dal populismo, sia che si ammanti di sinistrismo sia che si ammanti di perbenismo, al centro o a destra. Questo è il nemico del Paese che vuole affrontare la sfida della modernità».
Sindaco, quando parla di modernità, lei si riferisce alla battaglia sull’inserimento, nello statuto della nuova società di servizi, del principio secondo cui il 51 per cento deve essere assicurato all’azionista pubblico?
«Quella è stata una battaglia sul nulla. Sull’acqua nessuno mette in dubbio che la maggioranza sia pubblica. Si tratta di una pretesa ideologica: non si capisce che il problema non riguarda il pubblico o il privato, ma la contendibilità di qualsiasi comando. Qualsiasi potere, se non è contendibile, rischia di diventare opaco e inefficiente, non innovativo. Sono queste le diverse concezioni sulle quali si devono distinguere i progetti politici».
In concreto, per evitare le elezioni anticipate in un momento di crisi economica come questa, è possibile un ingresso in maggioranza dell’Udc?
«Con l’Udc c’è un dialogo aperto, trasparente. A questo punto, loro sono nostri interlocutori, se lo vogliono essere. Comunque, gli scenari sono tutti aperti: questo con l’Udc può essere uno, come un governo di unità cittadina, vista la gravità della crisi, oppure un restringimento dell’attuale maggioranza. Ma non posso escludere anche il voto anticipato. Una cosa è certa: non vedo le condizioni per continuare così, con l’attuale maggioranza nell’attuale composizione».
In caso di nuove elezioni, poichè si è superata la metà della legislatura, lei non si potrebbe ricandidare. C’è il sospetto che questa norma costituisca, in un certo senso, un ricatto nei confronti del suo partito.
«Non voglio parlare di questioni personali, anche perchè tutti sanno quali sono le mie intenzioni sul mio futuro. Non voglio parlare di ricatti. Possiamo dire che forse questa situazione viene vista, da qualcuno, come un’opportunità».
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.