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D'Alema: «Serve un congresso vero.

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

D'Alema: «Serve un congresso vero.

Messaggioda ranvit il 29/04/2009, 12:50

Dal corriere.it :

Berlusconi? in 15 anni non ha fatto nulla di significativo»
D'Alema: «Serve un congresso vero
E basta asse con Di Pietro»
«Guida del Pd, sì a una sfida seria. Dividersi non è un dramma»

ROMA — Presidente D'Alema, Berlusconi sembra la superstar della politica italiana, e il Pd, che fine ha fatto?

«Apparentemente sembra che Berlusconi occupi quasi per intero la scena della politica italiana e che un po' di fronda venga solo dall'in­terno dello stesso Pdl, in particola­re dalle personalità che si raccolgo­no intorno a Fini. E non c'è dubbio che Berlusconi cerchi in questo mo­mento di debolezza dell'opposizio­ne di allargare il suo insediamento non soltanto elettorale ma anche politico e culturale. Se però noi spingiamo lo sguardo oltre la cro­naca politica e l'indubbia capacità di Berlusconi di occupare la scena ogni giorno con una trovata nuo­va, la cosa che colpisce è che que­sto governo di fronte a una crisi co­sì drammatica non stia facendo as­solutamente nulla».

Fa propaganda elettorale, ono­revole D'Alema?

«No. Il governo galleggia sui pro­blemi del Paese senza affrontarne nessuno. Berlusconi è un uomo che ama il consenso. Preferisce re­gnare piuttosto che governare, da­to che governare l'Italia comporta il fatto di misurarsi con delle scelte che creano consensi ma, inevitabil­mente, anche dissensi. Nei 15 anni in cui è stato protagonista della vi­ta politica italiana non ha fatto nul­la di significativo. Non si ricorda una sua sola riforma importante. Le uniche riforme di un qualche si­gnificato, da quella delle pensioni alla privatizzazione delle grandi in­dustrie pubbliche, dalla riforma fe­deralista della Costituzione alle li­beralizzazioni, le ha fatte il centro­sinistra. E io credo che grazie a que­sto suo comportamento l'Italia pa­gherà un prezzo altissimo».

Veramente Berlusconi dice che stiamo meglio degli altri.

«Un'affermazione che non ha nessun fondamento: il calo del Pil è maggiore della media europea, l'inflazione pure. E la situazione della finanza pubblica è sempre più disastrosa. Anche questa sua idea che si possa affrontare ogni emergenza senza copertura finan­ziaria è sicuramente molto sugge­stiva e popolare, però bisogna sape­re che ha come corrispettivo il fat­to che il debito pubblico italiano sia spinto verso il 115,3 per cento del pil, quest'anno, e proiettato al 121,1 per cento nel 2010. Quindi, quando si uscirà dalla crisi e la ge­rarchia internazionale verrà ridise­gnata, rischiamo che il nostro Pae­se conti molto meno nell'econo­mia mondiale. Lo dico non perché io sia pessimista sulle potenzialità dell'Italia, ma perché sono preoccu­pato: non vedo una strategia e una azione coerente che dovrebbero puntare sulla riduzione delle dise­guaglianze e sulla promozione dell' innovazione, della ricerca e della formazione, cioè dei talenti di cui dispone il nostro Paese».

E il Pd intanto che fa?

«Ecco, il Pd non può non riparti­re da qui: dalla sfida con la destra sul governo del Paese. Il problema non è tanto fare il viso delle armi, come fa Di Pietro, che in questo senso è funzionale a Berlusconi. Se fai un versaccio al premier il risultato è che il 70 per cento sta con lui, solo il 10 con te, ma siccome Idv aveva il 4 loro sono contenti. Questa è una logica minoritaria. Significa scegliere per sé un ruolo eterno di com­primario, fare la spal­la a Berlusconi per i prossimi mille anni».


[color=#FF00BF]Ma Di Pietro vor­rebbe sostituirsi al Pd...

«Già, vede in noi più che in Berlusconi il suo avversario principale. La sua idea di sostituirci è del tutto vellei­taria, ma è pericoloso che in un mo­mento come questo si indichi co­me obiettivo principale quello di colpire il più grande partito d'oppo­sizione ».
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Ma il Pd non dovrebbe ridefini­re il suo ruolo?

«E' per questo che ci vuole un congresso serio».


Anche a costo di dividersi?

«Dividersi non è drammatico. Al loro congresso i leader del Pdl si so­no divisi perché hanno detto cose diverse gli uni dagli altri. Un gran­de partito che vuole rappresentare il fulcro dell'alternativa di governo è un partito plurale, dove si discu­te, ma il problema non è questo, il problema è la qualità della discus­sione: non ci si può dividere sui gossip».


Un Pd «ridefinito» dovrà anche giocare la sfida delle riforme. Quali mandare in porto per pri­me?

«Innanzitutto ci vuole un drasti­co ridimensionamento dell’ipertro­fia del ceto politico. Se vogliamo re­stituire autorevolezza alla politica democratica dobbiamo puntare a una drastica riduzione del numero degli eletti a tutti i livelli: nel Parla­mento, nei consigli regionali, in quelli comunali. E' poi necessaria una rinnovata selezione del ceto politico. I meccanismi di selezione sono saltati: ci sono solo logiche plebiscitarie. I consigli comunali sono scelti dal sindaco, il Parlamen­to viene nominato da due, tre capi. Una forma di selezione è rappresen­tata dal collegio uninominale. Ma bisogna anche restituire ai partiti un loro profilo e una loro identità, uscendo dalla logica delle coalizio­ni forzose, perciò va tolto il premio di coalizione. In questo quadro io credo che si possa fare una grande riforma che preveda anche il raffor­zamento della stabilità dei governi con la sfiducia costruttiva e la pos­sibilità del premier di nominare e cambiare i ministri. Ma il fonda­mento di una riforma di questo ge­nere è una nuova legge elettorale, che secondo me deve essere di tipo tedesco. Senza una nuova legge elettorale non c'è nessuna riforma costituzionale possibile».

Tornando al Congresso, la scel­ta del segretario avverrà come l'al­tra volta: un candidato vero e tut­ti gli altri «finti »?

«Io penso che sarà un congresso competitivo, che ci saranno più candidature e che ci sarà una di­scussione politica».

E crede che il Pd decollerà al­meno questa volta?

«Il Pd deve rivendicare l'eredità dell'Ulivo e l'esperienza di gover­no. Bisogna costruire un partito ve­ro, radicato nella società, e struttu­rare una leadership. Lo stesso Ber­lusconi sa che senza Bossi, Fini e gli altri la sua leadership sarebbe più debole. Insomma, il progetto va rilanciato su basi assai più soli­de ».

Alla festa dei suoi 60 anni, lei ha detto che vuole ancora avere un ruolo in politica. C'è chi so­spetta che lei voglia fare il segre­tario.

«Ho detto che non mi sentivo co­me Guglielmo il Maresciallo, prota­gonista di uno splendido libro di Georges Duby, che, sentendosi mo­rire, riunisce attorno a sé tutti gli amici e fa un bilancio della propria vita. A sessant'anni uno può anco­ra continuare a darsi da fare in poli­tica, anche senza necessariamente rivendicare per sé il bastone del co­mando ».

Al congresso dovrete anche de­cidere le alleanze future.

«Certo, dovremo sciogliere un nodo politico: non sono più ripro­ponibili né la confusione dell'Unio­ne, né l'autosufficienza del Pd e l'asse privilegiato con Di Pietro, che non avrebbe senso e che secon­do me non ne aveva molto nean­che allora. Dovremo quindi lavora­re intorno al progetto di un nuovo centrosinistra il cui fulcro sia il Pd. Questo sarà il nodo politico più im­portante della discussione congres­suale ».

Ultima domanda: che impres­sione le ha fatto Berlusconi che fe­steggia il 25 aprile?

«Certo, è un po' l'indice della si­tuazione triste del nostro Paese il fatto che questo debba essere salu­tato come un evento. Ma che lui fi­nalmente arrivi a riconoscere che le grandi forze antifasciste, com­presa la sinistra, hanno avuto il me­rito di contribuire alla liberazione del Paese è positivo. Ci sono voluti 15 anni perché partecipasse ai fe­steggiamenti del 25 aprile, può dar­si che tra altri 15 anni affronti an­che il tema del conflitto di interes­si... ».


Maria Teresa Meli
29 aprile 2009
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
ranvit
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Re: D'Alema: «Serve un congresso vero.

Messaggioda pierodm il 30/04/2009, 0:59

Leggendo quest'intervista, viene in mente subito che siamo in alto mare, a prescindere sull'accordo o il disaccordo sui punti specifici trattati da D'Alema.

Io credo - lo vado dicendo da quindici anni - che tutto nasce da qualcosa che nel discorso di D'Alema trova conferma, sebbene indiretta, quando afferma che bisogna costruire un partito ve­ro, radicato nella società.
Il partito che "si costruisce" è quello dei dirigenti, dell'organizzazione, quadri e nomenklatura.
L'altro partito, quello "radicato", significa un'altra cosa.
Ma il problema da diversi anni a questa parte viene giocato sempre su questo equivoco, e se ne parla come i partiti fossero delle "invenzioni" o delle piante che si travasano e si fanno appunto "radicare" nel posto e nel momento ritenuti più convenienti.

In realtà i partiti NASCONO per dare vita e rappresentanza politica a esigenze, idee e posizioni già presenti sostanzialmente nella società.
Qualche volta succede - è successo - che queste idee ed esigenze non siano consapevoli di se stesse e abbiano bisogno di un processo di coagulazione, di identificazione e di organizzazione: è qui, in questa fase, che si generano le illusioni delle mosche cocchiere e gli equivoci di chi pensa di aver "inventato" il partito, costruito, fondato, edificato.

Se è un partito di sinistra che si vuole "costruire", la notizia è che questo partito c'era ed è stato smantellato.
Se è un'altra cosa che si vuole "costruire, bisognerebbe prima capire bene se quest'altra cosa abbia o non abbia un humus sociale vero, reale, fertile nel quale "radicare" la pianta - o meglio, se c'è una spinta reale e unitaria di una parte della società che prema per dare vita a questa "altra cosa": comunque messa la questione, da quindici anni si risponde che sì, c'è questa "società che chiede e spinge". Ma non è vero: c'è soltanto come opposizione al berlusconismo (e manco tanto...).

Lo stesso Berlusconi - che sembra essere il fondatore e inventore di un partito che più artificioso e verticistico non si potrebbe - in realtà si è limitato a dare voce e forma ad un vasto partito già fortemente esistente nell'elettorato italiano, molto, molto più solido ed omogeneo della coalizione ulivista e delle altre che si sono succedute da questa parte: il qualunquismo, mescolato e innervato col nostalgismo fascista, il menefreghismo, il clericalismo ateo, l'affarismo, impregnati di una generalizzata ignoranza soddisfatta di se stessa.
Grazie al fatto di essere padrone di mezzi televisivi, Brelusconi ha proseguito l'opera già iniziata nel decennio precedente e trasformandola in un tramite ideologico con riflessi politici, e quindi "consolidando" questo partito. Ma non ha "inventato" niente, e nemmeno "costruito" un popolo e un pezzo di società.

Gira e rigira, ripeto oggi quello che, più o meno, scrivevo anni addietro: in Italia le correnti/partito sostanziali sono tre: quella democristiana, quella di destra para-fascista, quella di sinistra.
Ognuna di queste complessa e varia quanto si vuole, ma sono queste tre.
I conti e gli opportunismi elettorali possono far variare il peso percentuale, ma al di là di alleanze precarie o inciuci non si va: i democristiani possono flirtare con la destra sul piano del clericalismo, e con la sinistra sul solidarismo, ma niente di più.
La società italiana ha divisioni che corrispondono alla divisione in culture diverse: prima di pensare a mescolanze fatte di parole e di slogan - e organigrammi dirigenziali - bisognerebbe verificare che esista una sintesi reale di queste culture diverse.
A me sembra che questa sintesi sia ben lontana dall'esserci - e nel suo piccolo questo forum ne è una modesta ma chiara dimostrazione.
Il fatto di aver voluto ad ogni costo il bi-polarismo non è una ragione sufficiente per pretendere di far diventare circolare il triangolo, pensando di "costruire" qualcosa su una geometria sballata.
pierodm
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Re: D'Alema: «Serve un congresso vero.

Messaggioda Iafran il 30/04/2009, 9:56

pierodm,
questa tua affermazione (“In realtà i partiti NASCONO per dare vita e rappresentanza politica a esigenze, idee e posizioni già presenti sostanzialmente nella società”) è sacrosanta, ma la conclusione a cui giungi (“La società italiana ha divisioni che corrispondono alla divisione in culture diverse: prima di pensare a mescolanze fatte di parole e di slogan … bisognerebbe verificare che esista una sintesi reale di queste culture diverse. A me sembra che questa sintesi sia ben lontana dall'esserci”) sa tanto (concedimi “l’ardire”) di un dato di “fatto” immutabile … quasi di rassegnazione; la stessa analisi la si riscontra in pachega (“persone con opinioni fondamentalmente inconciliabili con quelle di altri, in Italia ce ne sono abbastanza da fare si che sia impossibile costruire un terreno comune talmente vasto da poter fare maggioranza a sinistra”).

E’ veramente colpa del bipolarismo se il CS non è stato abbastanza efficace, nelle risposte globali che dava, a soddisfare anche le richieste delle diversissime frange sociali?
Non si pensa minimamente che le varie forze politiche (ma anche i singoli parlamentari) hanno mostrato solo autoreferenzialità.
Si deve, allora, governare guardando con un occhio particolare i bisogni (anche spiccioli) del proprio elettorato, con tutte le implicazioni possibili e inimmaginabili?
Non può risultare discutibile il ricorrere facilmente alla frase “lo avevamo detto in campagna elettorale” per trovare giustificazioni a qualche “stranezza” dell'Esecutivo e che farebbe gridare “all’assurdo” o “all’inconcepibile” perché, magari, accontenta i pochi a danno dei più?

Nelle altre democrazie più evolute non appare una contrapposizione interna così esasperata, fino alla litigiosità, che ha invece caratterizzato i Governi Prodi.
Iafran
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Re: D'Alema: «Serve un congresso vero.

Messaggioda ranvit il 30/04/2009, 11:03

Concordo con piero sulla necessità che i partiti rappresentino le idee e posizioni già presenti nella società. Ma sono piuttosto dell'idea che queste siano riassumibili in due posizioni "centrodestra" (democristiani e fascisti) e "centrosinistra" (cattolici progressisti e ex-cosiddetticomunisti.

In questo quadro non c'è alcun dubbio che, introducendo in qualche modo un bipolarismo, Berlusconi ha saputo rappresentare bene un certo italiano, tra il "furbo" senza coscienza civica e il cafone-plebeo. Come è altrettanto vero che nel centrosinistra nessuno ha saputo rappresentare (ma qui il compito è piu' arduo...) l'altro italiano, il "fesso" con coscienza civica e solidale-buonista. Restano fuori i fascisti, non nel senso ideale ma del tipo-ultras, e gli estremisti di sinistra, nostalgici di un mito piu' immaginario che reale.

Tutto sommato quindi io sono favorevole al proseguimento dell'esperienza bipolare...nonostante Berlusoni!
Il chiarimento fra le due parti in cui si dividono gli italiani farà "crescere" la coscienza di coloro che oggi votano Cd in buona fede. Pensando cioè che quella è la casa anche dei socialisti, dei liberali e dei cattolici anche se non tradizionalisti.

In questa ottica manca all'appello, per ora, una ridefinizione del Pd..... che non puo' che passare attrraverso la disfatta elettorale prossimo venturo!

Checchè ne pensi D'Alema che indubbiamente non è stupido....ma solo stracotto. E farebbe bene a ritirarsi a vita privata, insieme a tantissimi altri.
La riproposizione di un sistema proprzionale anche se alla tedesca con una coalizione con l'Udc non farebbe altro che procrastinare per altri 50 anni l'italietta democristiana, senza neanche piu' i grandi ideali di alcuni interpreti di allora.

Vittorio
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