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Il governo rosso-brunato. (I)

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Il governo rosso-brunato. (I)

Messaggioda franz il 04/08/2018, 8:10

gabriele ha scritto:Se Renzi non avesse dato personalizzazione al referendum del 4 dicembre, le cose sarebbero andate diversamente. E sarebbero cambiate anche senza una vittoria del sì.

Qui sta il perno che spezza in due il ragionamento di chi scrive.

Ormai la politica non è più una cosa statica. Non esistono colonne fondamentali. O meglio, esistono ma non sono così determinanti

Scusa Piano ma una cosa che non è successa non può inficiare un ragionamento.
La storia non si fa con i se.
E se Hitler non avesse invaso la Polonia?
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Il governo rosso-brunato. (II)

Messaggioda franz il 04/08/2018, 9:51

La seconda puntata

Il governo rosso-brunato. II
4 agosto 2018 • michele boldrin
Hanno vinto il 4 marzo e sono al governo per stare assieme quanto più a lungo possibile, ok. Ma: (i) come siamo arrivati a questo risultato, (ii) quali fattori hanno reso politicamente irrilevanti sia PD che FI (per non parlare di LeU), (iii) dov'è oggi l'opposizione al governo rosso-bruno? Vaste programme, lo so. Ci provo e scusatemi se riesco ad essere apodittico nonostante la lunghezza.

Per rispondere alle tre domande occorre ripercorrere almeno gli ultimi 27 anni (dal 1991, vedi sotto) di storia italiana. Pretesa ridicola, quindi ci provo. Prima il modello, poi le osservazioni e a seguito le argomentazioni a supporto della combinazione modello-dati da me scelta. Infine le conclusioni: questo è oggi un governo privo di opposizione politica e chi volesse costruirne una dovrà necessariamente passare sulle ceneri del PD e FI. No, non può essere Matteo Renzi o qualcuno dell'attuale dirigenza PD+FI+LeU.

Il mio modellino - banalissimo - è il seguente.

Da sempre (per quanto concerne questo articolo, dal 1946 ma, in realtà e come argomenterò in futuro, da quando uno stato chiamato "Italia" venne creato dai Savoia e dai Francesi nel 1860) per la stragrande maggioranza degli italiani lo schema interpretativo con cui si valutano le scelte politico-sociali è quello della contrapposizione fra una elite signorile/esclusiva/invidiata/remota/arbitraria/ladra/corrotta/incapace/elargitrice ed un popolo onesto e lavoratore, ma bisognoso (di elargizioni);
Il rapporto del "popolo" con tale elite è bimodale. Le si richiedono elargizioni, favori, garanzie e prebende; finché questi arrivano le rimostranze verso l'elite medesima vengono mantenute nell'ambito privato, mentre in quello pubblico si favorisce quel membro dell'elite che massimizza la speranza individuale di prebende per se stessi e la piccola comunità con cui ci si identifica (paese, associazione professionale, parocchia, famiglia). Quando praticamente tutti i membri dell'elite fra cui si era adusi scegliere diventano incapaci di offrire favori, garanzie e prebende, si opera per spodestarli a favore di chiunque prometta favori, garanzie e prebende.
Con mille dettagli e specificazioni (il PCI crebbe negli anni '70 perché sembrava essere in grado di offrire maggiori prebende che la DC, idem per il PSi di Craxi negli anni '80, eccetera) dal 1946 al 2011 circa (le avvisaglie per alcuni gruppi cominciarono ad arrivare già nel 1990-92) vi fu prima crescita reale (sino a circa i primi anni '80) e poi debito pubblico emissibile a sufficienza da permettere che alcune componenti delle elite promettessero credibilmente favori.
A partire dal 1992 e, in crescendo, sino al 2011-12 è diventato chiaro a sempre più gruppi sociali o di interesse che non c'era più nulla da elargire, ben via crescita o ben via debito pubblico. A quel punto i medesimi gruppi si son messi alla ricerca di nuove elite di riferimento a cui chiedere prebende. Il M5S e la Lega si sono offerte e sono state credute. Gli altri sono stati abbandonati: non hanno ALCUNA chance di essere recuperati, non è mai successo.
Lo so che in questa storia mancano la guerra fredda, le lotte sindacali e studentesche anni 60-70, lo shock petrolifero, la caduta del regime sovietico, le stranezze delle regole costituzionali ed elettorali italiane, la questione meridionale (no, questa non manca, anzi è uno dei fondamenti storici del modellino ...), la globalizzazione, i fenomeni migratori, il cambiamento tecnologico, l'euro ed un paio di altre cose (tipo i social).

Ma queste cose (eccezion fatta per la questione meridionale che, come ho annunciato, nel modellino c'è solo che ne parlo un altro giorno) sono state condivise da più di una dozzina di altri paesi europei, incluse le strane regole costituzionali ed elettorali, e non sono specifiche dell'Italia. Ovviamente hanno contato e contano moltissimo e per questo il modellino è banale. Ma, al momento, mi sto interrogando su ciò che è specifico dell'Italia - piaccia o meno siamo l'unico grande paese occidentale con una solidissima maggioranza degli elettori che appoggia un governo rosso-brunato - e vorrei cercare di spiegarlo con elementi specificatamente italiani. A questo serve il modello. Se l'argomento regge fra qualche settimana, quando proverò a riflettere sul mondo occidentale più in generale, cercherò di mettere in campo anche queste cose, ok? Torniamo al modellino banalissimo, quindi.

I fatti, ovvero perché è ovvio che oggi si identifichino "le elite nemiche del popolo" con il mondo del PD+FI.

1) Da un lato, il PD è andato raccogliendo praticamente tutto il personale politico, sopravissuto a Mani Pulite, che aveva controllato (sino al 1994) il potere politico in Italia. Ci son davvero TUTTI, con l'eccezione di qualche ladro del PSI che, dopo averla scampata, è passato a FI. Dall'altro lato, il PD si è venuto creando (per stadi successivi: c'è una ovvia linea rossa che va dal PDS del 1991 al PD del 2008) durante gli anni in cui la fine della crescita e della capacità di generare altro debito avevano reso impossibile elargire prebende per far dimenticare la contrapposizione elite-popolo.

2) Non a caso, a partire dal fallimento dell'ultimo governo di BS (2008-11) anche costui ed il suo partito sono, di colpo, diventati parte delle elite nemiche del popolo: BS ed accoliti erano quella parte dell'elite "di riserva" che per circa 17 anni è riuscito a promettere (ed in parte elargire) prebende e favori, facendo infatti scempio delle finanze pubbliche. Non è un caso che il crollo del 2011 sia avvenuto proprio su questo nodo: BS, Tremonti e soci han cercato d'ignorare il vincolo del debito, per continuare a comprarsi voti, in una situazione in cui era diventato oggettivamente impossibile farlo. Ed i fatti li hanno travolti sotto forma dell'oramai celebre spread, non a caso il nemico (da allora e particolarmente oggi) di ogni politico che voglia elargire favori in cambio di voti.

3) L'attuale governo gode dell'appoggio di più del 60% dei potenziali elettori. Alle ultime elezioni ha ricevuto circa il 55% dei voti (includo Fd'I, il perché è ovvio). Sino a 5 anni fa questa stessa coalizione raccoglieva circa il 30%. Se facciamo il confronto con le europee del 2014 lo spostamento percentuale è persino maggiore (prossimo fatto). Durante questi anni è diventato palese a milioni di italiani che "qualcosa" che prima era sempre stato dato per garantito non c'era più.

4) Nella ricerca del qualcosa è naturale concentrarsi anzitutto sulla situazione economica: reddito, disoccupazione, crescita e quant'altro. Mi scuserete se non riporto i dati (sono facilmente rintracciabili partendo, per esempio, da qui) ma tutti gli indicatori economici italiani sono andati malissimo dal 2008 in avanti (in realtà da molto prima, ma questo lo sostenevano praticamente solo i redattori di questo blog ...) ed hanno raggiunto un minimo attorno al 2014 (un anno prima per alcuni, un anno dopo per altri, perdonate l'approssimazione). Il 2014 è stato l'anno in cui (alle elezioni europee) PD+FI e satelliti han superato il 60%, mentre la futura coalizione rosso-brunata neache sommava il 30%! Da allora TUTTI gli indicatori economici sono migliorati; di poco ed alcuni di pochissimo, vero, ma il segno è +. Nonostante questo, meno di 4 anni dopo il rapporto di voti si è invertito e tra i 10 ed i 15 milioni di elettori hanno abbandonato le antiche elite per andarsene a trovare di nuove! Epocale.

5) Lo tsunami verificatosi il 4 marzo 2018 era in formazione, ed aveva generato temporali e monsoni, da più di 25 anni. Telegraficamente: crisi del 1992; Mani Pulite; sparizione di DC+PSI&Co; emergenza Lega; vittorie BS basate su promesse mirabolanti; dodici cruciali anni (1996-2008) di opportunità per riformarsi, offerti dalla calma artificiale dell'euro e della great-moderation mondiale, buttati al vento nell'assoluto nulla o peggio; emergenza e crescita M5S; risultato M5S nel 2013. Nel mettere in fila questi eventi io ci vedo tre cose: (a) le elite storiche (Ulivo/PD) incapaci di riformare/rsi ed impantanate nella loro corruzione/privilegio, (b) le elite di riserva (FI/BS) dedite al brigantaggio politico ed al tentativo, fallito, di usare debito per elargire favori, (c) l'emergere, senza un piano ma per pura reazione istintiva, di un'opposizione di sistema: Lega+M5S. Basterebbero questi fatti, banali, a far capire non solo il 4 marzo ma anche il 5 marzo 2018: devono governare assieme perché sono loro oggi la cristalizzazione (per temporanea che sia) del movimento anti-sistema che delle elite incapaci, miserabili e financo brigantesche hanno alimentato dal 1992 in avanti.

6) I temi che da decenni dominano il dibattito pubblico italiano non sono quelli del merito, della crescita, della produttività, della globalizzazione, della scienza, del cambio tecnologico, della mobilità sociale, dell'educazione, eccetera. Per nulla: i temi dominanti sono quelli della corruzione, dello spreco, della casta, del paese tradito, del popolo abbandonato, dello stato che non attende ai cittadini ma è solo fonte di privilegi per i politici e di favori per il potentato economico, dei servizi pubblici che fanno schifo perché ci sono i "tagli alla spesa pubblica". I toni sono quelli della rivendicazione, della protesta, del dileggio e del totale cinismo: tutti ladri. Da decenni il discorso pubblico di massa si articola attorno ad alcune semplici contrapposizioni: (i) popolo vs casta politico-economica, (ii) onesti vs corrotti, (iii) tagli alla spesa pubblica vs privilegi delle elite, (iv) troppe tasse vs poca spesa.

Tutto questo non è successo per caso: è successo perché le "elite storiche" che hanno fatto il PD hanno anche scelto di fare quanto elencato brevemente sopra e perché le "elite di riserva" di BS/FI hanno fatto ancora peggio, giocando alla roulette russa sul debito pubblico nel tentativo di comprare i voti necessari a far stare BS fuori dalla galera (obiettivo, questo e solo questo, raggiunto in pieno).

Conclusione

Pur avendo come fondamento "intellettuale" le quattro colonne ed il loro collante menzionati nell'articolo precedente, questo governo ha le proprie radici storicamente contingenti in un gigantesco atto di rabbia contro e rigetto delle elite esistenti. Il voto del 4 marzo è il punto di arrivo di un processo di cambio di regime (il riferimento è alla terminologia di Massimo L. Salvadori, anche se la mia lettura dei meccanismi causali è diversa dalla sua ed io vedo tre e non quattro regimi dal 1860 ad oggi) iniziato nel 1991-93. Questa "insurrezione" si è venuta trasformando - a causa del contesto internazionale, ma su questo torneremo - in un tentativo di negare o bloccare processi in corso da quasi mezzo secolo a livello mondiale per paura di esserne travolti, essendo completamente incapaci di comprenderli prima ancora che di parteciparvi.

Due parole riassumono oggi l'atteggiamento mentale del 60-80% degli italiani: pessimismo e vendetta. Pessimismo sul proprio futuro e sulle proprie capacità di gestire positivamente quel che arriva dal resto del mondo; senso di inanità ed impotenza di fronte ad eventi e cambiamenti che appaiono troppo grandi per essere affrontabili. Desiderio di vendetta - motivato o immotivato esso sia, ed io propendo per la prima - diretto verso le elite (ovvero PD+FI) che raccolgono quanto ne rimane di coloro che hanno gestito il paese dagli anni '80 all'altro giorno.

Da questo segue quanto affermato in apertura: se mai dovesse emergere una classe dirigente alternativa a quella del nuovo regime rosso-brunato essa non potrà che emergere dalle ceneri di PD-FI.

http://noisefromamerika.org/articolo/go ... brunato-ii
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Re: Il governo rosso-brunato. (I)

Messaggioda gabriele il 04/08/2018, 10:06

franz ha scritto:
gabriele ha scritto:Se Renzi non avesse dato personalizzazione al referendum del 4 dicembre, le cose sarebbero andate diversamente. E sarebbero cambiate anche senza una vittoria del sì.

Qui sta il perno che spezza in due il ragionamento di chi scrive.

Ormai la politica non è più una cosa statica. Non esistono colonne fondamentali. O meglio, esistono ma non sono così determinanti

Scusa Piano ma una cosa che non è successa non può inficiare un ragionamento.


Francesco, ti sei perso questo passaggio:

È l'esistenza di queste profonde e condivise fondamenta culturali (su quelle sociali ci torno un'altra volta) che mi ha prima indotto ad accettare che quanto accaduto tra il 4 marzo e l'1 giugno era oramai inevitabile (vedasi gli articoli menzionati all'inizio) e che mi fa oggi argomentare l'idea del partito nazione.


Concentrando il concetto, secondo l'autore c'è un'inevitabile deriva politica e culturale che ha portato l'Italia alla situazione italiana. Secondo me invece sbaglia. Non ha capito che nell'era di facebook la politica è molto più fluida e le derive sono imprevedibili. Basta una scelta sbagliata, in un momento di azioni di governo inefficienti e di congiuntura economica sfavorevole, per perdere buona parte del proprio elettorato.
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Re: Il governo rosso-brunato. (II)

Messaggioda gabriele il 04/08/2018, 10:13

Da sempre (per quanto concerne questo articolo, dal 1946 ma, in realtà e come argomenterò in futuro, da quando uno stato chiamato "Italia" venne creato dai Savoia e dai Francesi nel 1860) per la stragrande maggioranza degli italiani lo schema interpretativo con cui si valutano le scelte politico-sociali è quello della contrapposizione fra una elite signorile/esclusiva/invidiata/remota/arbitraria/ladra/corrotta/incapace/elargitrice ed un popolo onesto e lavoratore, ma bisognoso (di elargizioni);


Forse una volta. Ora le interazioni fra le ultime due generazioni e la politica è solo ed esclusivamente di causa/effetto. Questo perché, appunto, le ultime due generazioni sono state escluse completamente da meccanismo sopra descritto. Non a caso la maggior parte dei voti under 50 anni sono andati al m5s e alla lega.

Pur avendo come fondamento "intellettuale" le quattro colonne ed il loro collante menzionati nell'articolo precedente, questo governo ha le proprie radici storicamente contingenti in un gigantesco atto di rabbia contro e rigetto delle elite esistenti.


La rabbia è contro un sistema che li marginalizza. E' uno scontro generazionale fra chi è ancora dentro a un "sistema" e chi ne è fuori e ghettizzato
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Re: Il governo rosso-brunato. (I)

Messaggioda pianogrande il 04/08/2018, 13:00

Il problema di avere la classe dirigente giusta è che manca clamorosamente all'appello quella che dovrebbe essere la classe dirigente principe e cioè il popolo.

Sono d'accordo con l'articolo quando dice (pur con altre parole) che siamo un perfetto popolo di sudditi.

Se il popolo non migliora è assolutamente impossibile che migliori la classe dirigente perché essa si comporterà per ricavare il massimo (dei suoi interessi, of course) da questo tipo di popolo.

Quindi, pur accantonando per un momento il fatto che la classe dirigente sia una élite o espressione/filiazione del popolo, credo saremo d'accordo che essa si evolve adeguandosi al popolo che deve dominare (servire? mah).

Figuriamoci se possiamo definirci un paese (culturalmente) democratico.
Quale sovranità ha questo popolo suddito e implorante se non quella di farsi abbindolare in cambio di sfogatoi mediatici e una lista di nemici da distruggere da nutrire le prossime sette generazioni?

Ogni tanto mi torna in mente quel "buona notte popolo" di quel famoso film.

La fake news primordiale di questo periodo storico possiamo sintetizzarla in "L'Italia s'è desta.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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Re: Il governo rosso-brunato. (I)

Messaggioda franz il 04/08/2018, 16:12

gabriele ha scritto:Francesco, ti sei perso questo passaggio:

È l'esistenza di queste profonde e condivise fondamenta culturali (su quelle sociali ci torno un'altra volta) che mi ha prima indotto ad accettare che quanto accaduto tra il 4 marzo e l'1 giugno era oramai inevitabile (vedasi gli articoli menzionati all'inizio) e che mi fa oggi argomentare l'idea del partito nazione.


Concentrando il concetto, secondo l'autore c'è un'inevitabile deriva politica e culturale che ha portato l'Italia alla situazione italiana. Secondo me invece sbaglia. Non ha capito che nell'era di facebook la politica è molto più fluida e le derive sono imprevedibili. Basta una scelta sbagliata, in un momento di azioni di governo inefficienti e di congiuntura economica sfavorevole, per perdere buona parte del proprio elettorato.

Per prima cosa mi scuso per avere (a quanto pare) confuso pianogrande con la tua replica.
Il secondo luogo, la fluidità estrema di un sistema politico, per cui in pochi anni si passa da 30-60 a 60-30 pur in presenza tutto sommato di leggeri miglioramenti è sintomo di una pericolosa instabilità democratica.

In dettaglio, questa la mia ripsosta a Michele
---

Nordexit • Francesco Forti •4/8/2018 - 15:57
Torno su un problema appena accenato nella prima parte.

Dovesse annunciarsi il disastro annunciato sotto il nome in codice "spread" che poi implica il piano B (uscire o farsi buttare fuori, ... ma che differenza c'è?) cosa succederebbe all'unità italiana, o presunta tale?

Premesso che stante l'attuale governo l'eventualtà di cui sopra è probabilistica solo in termini di "quando", cosa prima o poi potrà accadere?

Mi pare verosmile che l'attuale compagine, per quanto voglia e possa rimanere tale a lungo, può gridare al complotto internazionale fin che si vuole, trovando l'appoggio del citato 60% ma se ci riferiamo alla parte produttiva del paese allora le % cambiano.

E questa parte può seguire individualmene (o reclamare pubblicamente) due principali strategie di exit.

1) la prima è individuale e si chiama delocalizzazione. È la più temuta dai rosso-brunati tanto è vero che hanno già iniziato a sanzionare nel cosidetto DL dignità l'eventualità che aziende che hanno goduto di aiuti pubblici possano andarsene senza pagare pegno. Tutto sommato in questi primi mesi non hanno fatto un tubo ma su questo tema hanno iniziato fin da subito a marcare il territorio. Non si scappa. Chiaro?

2) la seconda, più ardua e quindi meno temibile nel brevissimo termine, è che ampie fette di Nord (e dintorni) chiedano collettivamente di andarsene. Tutti insieme. Ora il problema come noto non è che riescano effettivamente a farlo, ma basta che potenzialmente possano minacciare in modo credibile di poterlo fare e che siano abbastanza credibili nella minaccia.
La potenzialità cambia tutto.

Una eventuale richiesta metterebbe in immediato pericolo il modello illustrato da Michele, che si basa tutto sommato sul fatto che esiste una questione meridionale e quindi le "maggiori prebende" susssistono in quanto la parte produttiva finanzia, con la spesa pubblica, la parte che consuma. E credo che nel M5S malgrado siano stupidi questo lo capiscano e confidino (non si sa fino a che punto) nell'alleanza con la Lega. Dura minga? Vedremo.

Nel caso 2) è quindi indispensabile una forza politica locale (unica o coalizzata) che riesca in modo rapido a clusterizzare in modo credibile forze produttive che spingano in tal senso.
Nord-Exit. Che sarebbe un disastro come Brexit, perché il nord sarebbe fuori dall'europa e dall'euro. Ma qui dovremmo vedere la UE cosa potrebbe decidere. Tra Nord e Sud perderebbe entrambi o terrebbe uno dei due? E quale?

Ora questa forza politica non esiste e non si vede all'orizzonte degli eventi (ciò che possiamo vedere).

Ma potrebbe nascere. Non per cso ma per necessità. Con quanta rapidità non è dato a sapere.
Il mio scetticismo a proposito è che tendono a crescere in modo rapido ed esponenziale solo gli aggregati di super-stupidi mentre quelli intelligenti ci mettono molto tempo e spesso si incagliano strada facendo, come la storia di FARE insegna. Ma non è detto.
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Il governo rosso-brunato. (III)

Messaggioda franz il 11/08/2018, 17:10

Il governo rosso-brunato. III
11 agosto 2018 • michele boldrin

I due articoli/capitoli inizali hanno ricevuto un certo numero di commenti e di critiche. Prima di continuare con gli ulteriori capitoli che ho in mente (la mia estate italiana è ancora lunga) discuto qui, brevemente, quelle che mi sembrano le osservazioni più rilevanti. Certamente altre ne verranno. Grazie a tutti per i commenti costruttivi, anche se critici.

- Lo spread che metterà fine a tutto. Forse sì, ma io credo (e spero) di no. Certamente i segnali non sono incoraggianti; certamente vedere che basta un niente perché i valori schizzino preoccupa; certamente vedere che il tasso reale d'interesse a cui il governo italiano si indebita è oggi sostanzialmente superiore a quelli a cui lo fanno i governi portoghese e spagnolo, preoccupa ancor di più. E, certamente, tutto questo sta già facendo molto danno agli italiani, anche se il minculpop dei nostri media non lo dice e dà spazio a loschi individui che blaterano di spread che non dovrebbero esserci. Ma, come vado ripetendo da più di un decennio, la soluzione finale con esplosione della baracca e troika al comando potrà avvenire solo se verranno fatti enormi errori da più parti o se - rischio più serio alla luce di certi comportamenti - una delle parti perseguirà ad ogni costo il disastro. Poiché la UE&BCE non hanno alcun interesse materiale in questa "soluzione" e, al redde rationem, finiranno per assorbire perdite pur di non far saltare completamente l'Italia, il problema sta ovviamente dall'altro lato, quello del governo rosso-brunato.

Questo fatto (che UE&BCE finirebbero per assorbire parte delle perdite per evitare comunque il peggio) è fonte di pessime tentazioni per la gentaglia irresponsabile che Lega (in modo particolare) ma anche M5S hanno portato al parlamento e nei paraggi del governo. Quelli sono i veri nemici, quelli vanno tenuti sotto controllo molto attentamente. Non credo, e lo ripeto per l'ennesima volta, che la maniera migliore di tenerli sotto controllo ed eventualmente sconfiggerli sia quella di rincorrere ogni affermazione idiota o pericolosa dei vari Borghi, Bagnai o Minenna. Meno ancora suonare ogni giorno il tam-tam dello spread che sale con un tono che oscilla fra la minaccia ed il compiacimento. Non è questo il terreno su cui chi vuole vincere la guerra con i rosso-bruni dovrebbe scegliere di combattere perché, come Argentina, Grecia e Turchia insegnano, il crollo finanziario può tranquillamente essere attribuito ai malefici poteri stranieri (o interni) accentuando l'isteria sovranista e rafforzando il regime. Detto altrimenti: sul terreno delle scelte economico-finanziarie vanno evidenziati gli effetti dannosi delle politiche adottate (quando ci sono) e va ossessivamente spiegato che le stronzate su BCE, spread e monete parallele tali sono, stronzate. Ma guai a cadere nella trappola di seguire ogni provocazione e, soprattutto, d'invocare il tanto peggio tanto meglio perché così arrivano gli elicotteri. Non arriveranno.

- Il ruolo di ignoranza, irrazionalità di massa, credenze varie. Dedicherò un capitolo a questo tema, perché sono fra coloro che ritengono esso abbia giocato e giochi un ruolo. L'executive summary, in due parti, è relativamente semplice. Il fenomeno è generalizzabile all'intero mondo "Occidentale", anche se con intensità diverse. Quindi dobbiamo chiederci quali fenomeni culturali, comuni all'intero Occidente, portino all'emergere, in forma nuova, di vecchi irrazionalismi. In Italia mi pare che la cosa acquisti una virulenza particolare ed investa aree che altrove sono sino ad ora rimaste immuni. Quindi occorre anche chiedersi cosa vi sia, di particolare, nella cultura e nel sistema educativo italiano che ci distingue dal resto. Ma la semplice "ignoranza" non risolve nulla: c'era anche 50 o 70 anni fa ed era molto peggiore. Quindi non può essere semplicemente una questione di "ignoranza" (almeno in livello assoluto, questa è diminuita ovunque, anche se in Italia più lentamente che altrove) né di crescita del numero di idioti (ogni misura di QI che io conosca è stabile o si è spostata leggermente a destra). La questione, a mio avviso, sta nel rapporto (i) fra complessità del sistema e capacità di comprenderne il funzionamento (fenomeno generalizzato all'intero Occidente) e (ii) fra tipologia delle conoscenze mediamente acquisite e loro adeguatezza alla comprensione dei processi in corso (qui l'Italia è vittima del suo essere tutt'ora preda d'una cultura funzionalmente inutile e distorcente, quella che altrove ho chiamato la cultura del classico).

- Il ruolo dei social e della rete in genere. Credo si tratti di un fattore che ha effettivamente giocato un ruolo importante, se non altro perché la velocità con cui certe opinioni o visioni o finti fatti vengono condivisi crea, o non crea, fenomeni sociali. Se la notizia che potrebbe creare panico ci mette due mesi a diffondersi, il panico non si crea. Se ci mette 6 ore il panico si crea e questo ha conseguenze. Ma, di nuovo, il fenomeno è mondiale e, da questo punto di vista, non vedo niente di particolare in Italia. Quindi ci torniamo riflettendo su democrazia rappresentativa nell'era dell'informazione prodotta in modo diffuso, perché il problema è tanto tedesco quanto italiano o giapponese.

- Nord-Sud e l'Italia da disfare per rifarla federalista. Uno dei temi a cui intendo dedicare seria attenzione è quello del come son stati fatti gli italiani, ovvero di come venne costruita (a partire da Crispi ma soprattutto con la Prima Guerra Mondiale e poi con il regime fascista) la "nazione italiana". L'Italia unita del 1860-70 venne inventata da (parte delle) elite italiane (e franco-inglesi) del XIX secolo perché conveniva loro politicamente. L'argomento "economicista/marxistoide" della necessità di costruire un mercato nazionale per rendere possibile lo sviluppo economico del nord Italia, mi è sempre sembrato una cazzata anche quando l'economia non la sapevo; ora ancor di più. L'idea di una "nazione italiana" fu un'idea tutta politica e di potere, perseguita da alcuni gruppi sociali del nord e dalla monarchia sabauda. Venne poi fatta propria da tutte le elite locali che imitarono la siciliana e campana le quali, a partire da Crispi, fecero dell'amministrazione centrale dello stato italiano un proprio feudo. Quanto ne è risultato, 150+ anni dopo, è una specie di anomalous state/nation che andrebbe disfatto per ricucirlo altrimenti, su base federale, all'interno di una Europa federale. Anche se questo non è oggi possibile, credo sia meglio aver ben presente questa irrisolvibile tensione di fondo per capire cosa ci sia di fattibile affinché l'entità nazionale così costruita non continui nel suo confuso declino.

- Carattere nazionale vs istituzioni. Potrebbe essere che tutto il mio discorrere sul carattere nazionale, sulla cultura ed il sistema d'interessi delle elite italiane sia solo il frutto di una grande, eccessiva, confusione. Ovvero, potrebbe essere che non vi sia alcuna particolarità culturale o socio-economica nazionale che ci differenzia dal resto dell'Europa avanzata e che le particolari dinamiche politiche italiane degli ultimi 40 anni siano il frutto, semplicemente, di un sistema istituzionale (costituzione + sistema elettorale + sistema dei partiti) particolarmente e sfortunatamente distorto. È una tesi diffusa, che io fondamentalmente non condivido. Ho già espresso la mia opinione sul tema in precedenti occasioni (recentemente qui) ma era comunque mia intenzione farci un'ulteriore riflessione proprio alla luce degli eventi occorsi dal referendum istituzionale del 2016 ad oggi. Altro capitolo.

- Lo spiraglio, ovvero cosa ci avrebbe permesso d'evitare questa fine. Tante cose, a dire il vero. O nessuna: come sappiamo rifare la storia del mondo a botte di controfattuali dà la stessa soddisfazione che andare al cinema per vedere i film di Hollywood dove i buoni vincono sempre ed in modo assolutamente improbabile. Però è vero che, concretamente, uno spiraglio economico non minuscolo ed un'opportunità politica sostanziale, si crearono dopo la crisi del 1992 e soprattutto con la vittoria dell'Ulivo nel 1996. Ma le classi dirigenti italiane non ebbero alcuna capacità di approfittarne e di indicare al paese, con coraggio, la strada delle riforme per entrare nell'euro da leader, a cominciare dal mondo imprenditoriale che continuò a chiedere sconti e favori invece di chiedere coraggio e grandi, radicali, riforme. Le colpe della sinistra, in questa istanza, son maggiori di quelle della destra per la semplice ragione che al governo c'era la sinistra e, soprattutto, perché quel vanitoso idiota di D'Alema ed i suoi soci non capirono un cazzo e persero anni da un lato a cercare di "circuire" BS (che invece andava ignorato e battuto sul terreno dell'azione politica concreta) e dall'altro a cercare di fare le scarpe a Prodi per acquisire il potere. Il governo D'Alema fu un esercizio in futilità e grandeur da straccioni, mentre quello di Amato lo schifo che solo uno come Amato può produrre. Ovviamente poi ritornò BS, in compagnia di Tremonti, e lo spiraglio si chiuse.

- Quanto grande è stato lo spostamento degli elettori? Reversibile o no? Non lo so ed ammetto che questi articoli siano il frutto di una scommessa intellettuale. Io vedo questo voto, e le tendenze dell'elettorato che si sono ulteriormente manifestate nei cinque mesi seguenti, come il punto d'arrivo di un processo di regression to the historical mean di un paese per il quale il primo dopoguerra (1946-1970, più o meno) fu un grande shock che lo fece deviare (in meglio) dal sentiero intrapreso un secolo prima. Esaurito quello shock positivo, sono progressivamente emersi i caratteri nazionali di lungo periodo che definiscono il rapporto fra "classi dirigenti" e "popolo" che ho provato a descrivere qui. Lo shock positivo si esaurì sia perché andò scomparendo quella (eccezionale) classe dirigente politica che aveva guidato il paese dal 1946 alla fine degli anni '60, sia perché il mondo continuava a cambiare e le classi dirigenti italiane erano incapaci, senza "pressioni esterne", di comprenderlo prima ancora che di gestirlo, e probabilmente nemmeno ne vedevano il vantaggio. Questa incapacità di adattamento e di evoluzione ha causato il declino e la generalizzata corruzione che conosciamo; da essi il risentimento verso quelle classi dirigenti ed il (ri)sorgere di una identità nazionale "sopita ed antica" che chiede d'avere un ruolo del mondo rifiutandosi di accettarne le regole. Perché nessuno gliele ha insegnate.

Ed infine:

- Ma è colpa del popolo o è colpa delle elite? Tema annoso, in un certo senso sciocco - nel cercare di capire cosa guidi la storia di un paese mettersi a dare "colpe" a gruppi composti da milioni di persone, raccolte in collettivi che alla fine hanno confini incerti, tende a far degradare la qualità della discussione - ma nondimeno politicamente cogente perché, a seconda di dove penda l'angolo della bilancia, ne segue che l'attività politica abbia o non abbia un senso se intrapresa in una direzione o in un'altra. Ma questa riflessione vorrei lasciarla davvero per ultima, anche perché non son certo di avere delle cose rilevanti da dire.

http://noisefromamerika.org/articolo/go ... runato-iii
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Re: Il governo rosso-brunato. (I)

Messaggioda pianogrande il 11/08/2018, 19:29

Il sentimento più forte che mi provoca questo articolo è il rimpianto (l'incazzatura; to') del siluramento del governo Prodi da parte della congrega D'Alema Bertinotti.
Veri parenti serpenti e veri traditori del popolo e del mandato.

La seconda caduta, dovuta a un serpente neanche parente, mi fa meno male; può rientrare nel rischio calcolato.

Avevamo avuto l'occasione di diventare un paese degno dell'Unione Europea e siamo regrediti a fogna di ogni ragionevolezza.

Il potere per il potere è il nostro problema principale.

Classi politiche intere che se ne fregano del paese e guardano solo a ricavarsi una fetta di potere (più grossa possibile) a costo di bruciarlo il paese.

Così l'attuale governo e così chi ha reso impossibili governi e condizioni per il paese che adesso ci vorranno ere geologiche per ricostruirle.

Così dicasi del livello intellettuale del popolo italiano.

Ormai è caduto così in basso che chi cerca di (osa) fare un ragionamento intero viene insultato e sbeffeggiato mentre si applaude chi si rivolge a un uditorio in romanesco, forzato allo scopo di spacciarlo per saggezza, e sparando stupidaggini che dovrebbero suonare ad offesa di chi ascolta e invece....

E quando lo avremo un altro governo Prodi?

Adesso, solo immaginarlo è fantascienza.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Il governo rosso-brunato. (I)

Messaggioda trilogy il 13/08/2018, 19:01

Bella intervista che smaschera una delle tante bufale diffuse dal governo sui social....

Kessler: “Io, magistrato anti-frode, sacrificato in un’operazione di “pulizia” politica”
Il direttore dell’Agenzia Dogane e Monopoli appena rimosso dal governo: «Di Maio mi definisce un trombato della politica? Non sa di cosa parla. In sette anni ho guidato l’Ufficio europeo che ha perseguito illeciti commessi da presidenti della Repubblica e leader come la Le Pen, truffe per svariati miliardi»


Fabio Martini

Con una storia professionale come la sua, Giovanni Kessler tutto si sarebbe aspettato tranne un benservito come quello che gli ha riservato Luigi Di Maio: «Quando ho sentito che mi definiva un trombato della politica, tra me e me ho pensato: ma il ministro sa di cosa parla? Sa di chi parla? Non mi lamentodell’avvicendamento che rientra tra gli eventi possibili, ma quella definizione sembra rispondere al bisogno di fabbricarsi delle ragioni, di urlare anziché spiegare. Una vicenda deludente e anche un po’ preoccupante…».

La sera dell’8 agosto Giovanni Kessler è stato rimosso dall’incarico di Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, incarico al quale era arrivato a conclusione di un lungo percorso nel quale la politica è entrata, ma in modo marginale. Sessantadue anni, nato a Trento ma sempre in giro per il mondo per effetto di un’attività da magistrato e da manager pubblico, italiano ed europeo, che lo ha visto trasferirsi volontariamente a Caltanissetta come pm antimafia e successivamente diventare vice-capo della missione Osce in Kosovo, Alto Commissario per la lotta alla contraffazione,Direttore generale dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode e dall’ottobre 2017 Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli su nomina del governo Gentiloni. Una storia professionale e politica, quella di Kessler, interessante perché aiuta a capire vizi e virtù delle nomine politiche.

Ci sono degli incarichi nei quali a decidere è la politica, nel bene e nel male. Di Maio è l’ultimo di una lunga sequenza…

«Di Maio fa il Di Maio, ma il suo modo di commentare l’avvicendamento è deludente. Un vicepresidente del Consiglio dovrebbe conoscere la storia delle persone. Definirmi un ex deputato è riduttivo, mentre definirmi trombato della politica semplicemente non è vero».

Nel 2010 lei assume l’incarico di direttore generale dell’Ufficio europeo anti-frode: la politica in che modo pesò?

«Neanche un po’. In Italia al governo c’era Silvio Berlusconi, che come primo atto aveva deciso la cancellazione dell’Alto Commissariato per la lotta alla contraffazione da me guidato e dove ero stato nominato dal governo precedente. A Bruxelles era stato indetto un concorso internazionale per l’Ufficio anti-frode e al quale potevano partecipare magistrati, giuristi, dirigenti delle Polizie dei 28 Paesi. Il concorso durò 9 mesi: alla fine restammo in sei. Fummo sottoposti a panel, colloqui, audizioni, valutazioni delle società specializzate e a tre distinte valutazioni da parte della Commissione, del Consiglio, del Parlamento europeo. Il tutto in una lingua che non è la tua. Ok?».

Ok, ma come finì?

«L’unico ritenuto idoneo da tutte e tre le istituzioni fu il sottoscritto. Divenni direttore e per anni abbiamo lavorato sodo».


Avete pestato i piedi a qualcuno?

«Abbiamo fatto il nostro dovere di cane da guardia delle istituzioni europee. L’Ufficio antifrode è un organismo investigativo indipendente, composto da 500 persone di 28 Paesi, che indaga sui casi di corruzione, di illeciti di tutti i membri delle istituzioni europee. La truffa di Marine La Pen l’abbiamo scoperta noi, abbiamo fatto dimettere un commissario maltese, il presidente della Repubblica ceca è sotto accusa nel suo Paese per un rapporto che abbiamo mandato noi. Per non parlare dell’Ungheria. O della truffa scoperta alle dogane inglesi, dove avevano chiuso gli occhi su merce cinese. Dopo un’indagine di due anni abbiamo calcolato 9 miliardi di dazi evasi in 4 anni. La Commissione li ha richiesti al governo inglese».


In un organismo del genere, quale è il ruolo del direttore?

«Per 7 anni è il sottoscritto che ha deciso di aprire e chiudere centinaia di indagini, spesso recuperando i fondi illecitamente accumulati».

Poi le è tornato in Italia ed è il governo di centro-sinistra che la nomina alle Agenzia Dogane e Monopoli. Sempre politica è…
«Stava scadendo il terzo mandato del mio predecessore (che era stato confermato da governi di diverso orientamento), ho mandato il mio curriculum e una lettera di interessamento. Non era previsto un concorso, era una nomina politica, il ministro Padoan mi ha voluto incontrare. Sono stato indicato dal Consiglio dei ministri, non dagli amici».

Avrà pesato il suo passato da parlamentare dell’Ulivo?

«Immagino che abbia pesato il mio curriculum. Naturalmente ho le mie idee, amo la politica e la legalità. Per una legislatura sono stato deputato, eletto come indipendente nelle liste dell’Ulivo. Nel 2006, con Porcellum non sono stato ricandidato. Nel 2010 ero presidente del Consiglio provinciale di Trento, eletto nelle liste Pd, ma ho lasciato io. prima della scadenza, per andare a Bruxelles. Trombato, non direi…».

Prima di essere stato rimosso, ha imbastito riforme che possono avere dato fastidio all’attuale governo?

«Non credo. Nel 2012 Monti decise la fusione tra strutture distinte e parallele come Dogane e Monopoli. Un matrimonio “combinato” e non consumato che noi stavamo completando. E abbiamo investito sul ruolo securitario delle dogane, dalle quali passano troppe cose diverse dalle merci».

Nello spoil system del nuovo governo sembra prevalere una vocazione da piazza pulita, che non distingue meritevoli e non. Lei è stato con l’Osce in Kosovo: si sente vittima di un’operazione di pulizia etnico-politica?

«La legge non obbligava a mandarmi via. Ma aver compreso nello spoil system le Agenzie, soggetti per definizione indipendenti dalla politica, è un doppio errore. Induce i prescelti a privilegiare conformismo, opportunismo, inerzia. E favorisce operazione da “pulizia” politica»

fonte: http://www.lastampa.it/2018/08/11/itali ... agina.html
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Re: Il governo rosso-brunato. (III)

Messaggioda Robyn il 13/08/2018, 22:31

Illudersi che questa situazione sia tutta colpa degli elettori è quantomeno ingenuo perche sono le elite che hanno portato a questa deriva.Il problema è che se le riforme sono fatte con i piedi poi gli elettori ti si rivolgono contro.Ad ex servirebbero alcuni pezzi di riforma del mercato del lavoro,che non specifico quali perche non interessano ma che sono necessarie,ma farle fare ai liberisti è imprudente perche questi sono "ostili" ai lavoratori.La prima riforma fatta con i piedi è stata la Biagi che tutto era tranne la Biagi.Le formule flessibili costavano meno di quelle stabili cosa che ha precarizzato il lavoro e non c'erano gli ammortizzatori sociali.Poi c'è stata la liberalizzazione dei vuocher che andavano a tallonare da sotto le formule stabili.Adesso il contratto a protezioni crescenti che dequalifica il lavoro e contratti a termine che erano senza limiti,per non parlare del part-time obbligato quando dovrebbe essere una libera scelta di come è stato riformato l'articolo 18 con l'indennità che và con l'azianità quando dovrebbe esserci un sistema equitativo del taglio della spesa che anziche tagliare quella inutile tagliava quella necessaria PS ma che cosa è successo al forum perlulivo?Ah si c'è stato un'attacco informatico da Putin
franz ha scritto:Il governo rosso-brunato. III
11 agosto 2018 • michele boldrin

I due articoli/capitoli inizali hanno ricevuto un certo numero di commenti e di critiche. Prima di continuare con gli ulteriori capitoli che ho in mente (la mia estate italiana è ancora lunga) discuto qui, brevemente, quelle che mi sembrano le osservazioni più rilevanti. Certamente altre ne verranno. Grazie a tutti per i commenti costruttivi, anche se critici.

- Lo spread che metterà fine a tutto. Forse sì, ma io credo (e spero) di no. Certamente i segnali non sono incoraggianti; certamente vedere che basta un niente perché i valori schizzino preoccupa; certamente vedere che il tasso reale d'interesse a cui il governo italiano si indebita è oggi sostanzialmente superiore a quelli a cui lo fanno i governi portoghese e spagnolo, preoccupa ancor di più. E, certamente, tutto questo sta già facendo molto danno agli italiani, anche se il minculpop dei nostri media non lo dice e dà spazio a loschi individui che blaterano di spread che non dovrebbero esserci. Ma, come vado ripetendo da più di un decennio, la soluzione finale con esplosione della baracca e troika al comando potrà avvenire solo se verranno fatti enormi errori da più parti o se - rischio più serio alla luce di certi comportamenti - una delle parti perseguirà ad ogni costo il disastro. Poiché la UE&BCE non hanno alcun interesse materiale in questa "soluzione" e, al redde rationem, finiranno per assorbire perdite pur di non far saltare completamente l'Italia, il problema sta ovviamente dall'altro lato, quello del governo rosso-brunato.

Questo fatto (che UE&BCE finirebbero per assorbire parte delle perdite per evitare comunque il peggio) è fonte di pessime tentazioni per la gentaglia irresponsabile che Lega (in modo particolare) ma anche M5S hanno portato al parlamento e nei paraggi del governo. Quelli sono i veri nemici, quelli vanno tenuti sotto controllo molto attentamente. Non credo, e lo ripeto per l'ennesima volta, che la maniera migliore di tenerli sotto controllo ed eventualmente sconfiggerli sia quella di rincorrere ogni affermazione idiota o pericolosa dei vari Borghi, Bagnai o Minenna. Meno ancora suonare ogni giorno il tam-tam dello spread che sale con un tono che oscilla fra la minaccia ed il compiacimento. Non è questo il terreno su cui chi vuole vincere la guerra con i rosso-bruni dovrebbe scegliere di combattere perché, come Argentina, Grecia e Turchia insegnano, il crollo finanziario può tranquillamente essere attribuito ai malefici poteri stranieri (o interni) accentuando l'isteria sovranista e rafforzando il regime. Detto altrimenti: sul terreno delle scelte economico-finanziarie vanno evidenziati gli effetti dannosi delle politiche adottate (quando ci sono) e va ossessivamente spiegato che le stronzate su BCE, spread e monete parallele tali sono, stronzate. Ma guai a cadere nella trappola di seguire ogni provocazione e, soprattutto, d'invocare il tanto peggio tanto meglio perché così arrivano gli elicotteri. Non arriveranno.

- Il ruolo di ignoranza, irrazionalità di massa, credenze varie. Dedicherò un capitolo a questo tema, perché sono fra coloro che ritengono esso abbia giocato e giochi un ruolo. L'executive summary, in due parti, è relativamente semplice. Il fenomeno è generalizzabile all'intero mondo "Occidentale", anche se con intensità diverse. Quindi dobbiamo chiederci quali fenomeni culturali, comuni all'intero Occidente, portino all'emergere, in forma nuova, di vecchi irrazionalismi. In Italia mi pare che la cosa acquisti una virulenza particolare ed investa aree che altrove sono sino ad ora rimaste immuni. Quindi occorre anche chiedersi cosa vi sia, di particolare, nella cultura e nel sistema educativo italiano che ci distingue dal resto. Ma la semplice "ignoranza" non risolve nulla: c'era anche 50 o 70 anni fa ed era molto peggiore. Quindi non può essere semplicemente una questione di "ignoranza" (almeno in livello assoluto, questa è diminuita ovunque, anche se in Italia più lentamente che altrove) né di crescita del numero di idioti (ogni misura di QI che io conosca è stabile o si è spostata leggermente a destra). La questione, a mio avviso, sta nel rapporto (i) fra complessità del sistema e capacità di comprenderne il funzionamento (fenomeno generalizzato all'intero Occidente) e (ii) fra tipologia delle conoscenze mediamente acquisite e loro adeguatezza alla comprensione dei processi in corso (qui l'Italia è vittima del suo essere tutt'ora preda d'una cultura funzionalmente inutile e distorcente, quella che altrove ho chiamato la cultura del classico).

- Il ruolo dei social e della rete in genere. Credo si tratti di un fattore che ha effettivamente giocato un ruolo importante, se non altro perché la velocità con cui certe opinioni o visioni o finti fatti vengono condivisi crea, o non crea, fenomeni sociali. Se la notizia che potrebbe creare panico ci mette due mesi a diffondersi, il panico non si crea. Se ci mette 6 ore il panico si crea e questo ha conseguenze. Ma, di nuovo, il fenomeno è mondiale e, da questo punto di vista, non vedo niente di particolare in Italia. Quindi ci torniamo riflettendo su democrazia rappresentativa nell'era dell'informazione prodotta in modo diffuso, perché il problema è tanto tedesco quanto italiano o giapponese.

- Nord-Sud e l'Italia da disfare per rifarla federalista. Uno dei temi a cui intendo dedicare seria attenzione è quello del come son stati fatti gli italiani, ovvero di come venne costruita (a partire da Crispi ma soprattutto con la Prima Guerra Mondiale e poi con il regime fascista) la "nazione italiana". L'Italia unita del 1860-70 venne inventata da (parte delle) elite italiane (e franco-inglesi) del XIX secolo perché conveniva loro politicamente. L'argomento "economicista/marxistoide" della necessità di costruire un mercato nazionale per rendere possibile lo sviluppo economico del nord Italia, mi è sempre sembrato una cazzata anche quando l'economia non la sapevo; ora ancor di più. L'idea di una "nazione italiana" fu un'idea tutta politica e di potere, perseguita da alcuni gruppi sociali del nord e dalla monarchia sabauda. Venne poi fatta propria da tutte le elite locali che imitarono la siciliana e campana le quali, a partire da Crispi, fecero dell'amministrazione centrale dello stato italiano un proprio feudo. Quanto ne è risultato, 150+ anni dopo, è una specie di anomalous state/nation che andrebbe disfatto per ricucirlo altrimenti, su base federale, all'interno di una Europa federale. Anche se questo non è oggi possibile, credo sia meglio aver ben presente questa irrisolvibile tensione di fondo per capire cosa ci sia di fattibile affinché l'entità nazionale così costruita non continui nel suo confuso declino.

- Carattere nazionale vs istituzioni. Potrebbe essere che tutto il mio discorrere sul carattere nazionale, sulla cultura ed il sistema d'interessi delle elite italiane sia solo il frutto di una grande, eccessiva, confusione. Ovvero, potrebbe essere che non vi sia alcuna particolarità culturale o socio-economica nazionale che ci differenzia dal resto dell'Europa avanzata e che le particolari dinamiche politiche italiane degli ultimi 40 anni siano il frutto, semplicemente, di un sistema istituzionale (costituzione + sistema elettorale + sistema dei partiti) particolarmente e sfortunatamente distorto. È una tesi diffusa, che io fondamentalmente non condivido. Ho già espresso la mia opinione sul tema in precedenti occasioni (recentemente qui) ma era comunque mia intenzione farci un'ulteriore riflessione proprio alla luce degli eventi occorsi dal referendum istituzionale del 2016 ad oggi. Altro capitolo.

- Lo spiraglio, ovvero cosa ci avrebbe permesso d'evitare questa fine. Tante cose, a dire il vero. O nessuna: come sappiamo rifare la storia del mondo a botte di controfattuali dà la stessa soddisfazione che andare al cinema per vedere i film di Hollywood dove i buoni vincono sempre ed in modo assolutamente improbabile. Però è vero che, concretamente, uno spiraglio economico non minuscolo ed un'opportunità politica sostanziale, si crearono dopo la crisi del 1992 e soprattutto con la vittoria dell'Ulivo nel 1996. Ma le classi dirigenti italiane non ebbero alcuna capacità di approfittarne e di indicare al paese, con coraggio, la strada delle riforme per entrare nell'euro da leader, a cominciare dal mondo imprenditoriale che continuò a chiedere sconti e favori invece di chiedere coraggio e grandi, radicali, riforme. Le colpe della sinistra, in questa istanza, son maggiori di quelle della destra per la semplice ragione che al governo c'era la sinistra e, soprattutto, perché quel vanitoso idiota di D'Alema ed i suoi soci non capirono un cazzo e persero anni da un lato a cercare di "circuire" BS (che invece andava ignorato e battuto sul terreno dell'azione politica concreta) e dall'altro a cercare di fare le scarpe a Prodi per acquisire il potere. Il governo D'Alema fu un esercizio in futilità e grandeur da straccioni, mentre quello di Amato lo schifo che solo uno come Amato può produrre. Ovviamente poi ritornò BS, in compagnia di Tremonti, e lo spiraglio si chiuse.

- Quanto grande è stato lo spostamento degli elettori? Reversibile o no? Non lo so ed ammetto che questi articoli siano il frutto di una scommessa intellettuale. Io vedo questo voto, e le tendenze dell'elettorato che si sono ulteriormente manifestate nei cinque mesi seguenti, come il punto d'arrivo di un processo di regression to the historical mean di un paese per il quale il primo dopoguerra (1946-1970, più o meno) fu un grande shock che lo fece deviare (in meglio) dal sentiero intrapreso un secolo prima. Esaurito quello shock positivo, sono progressivamente emersi i caratteri nazionali di lungo periodo che definiscono il rapporto fra "classi dirigenti" e "popolo" che ho provato a descrivere qui. Lo shock positivo si esaurì sia perché andò scomparendo quella (eccezionale) classe dirigente politica che aveva guidato il paese dal 1946 alla fine degli anni '60, sia perché il mondo continuava a cambiare e le classi dirigenti italiane erano incapaci, senza "pressioni esterne", di comprenderlo prima ancora che di gestirlo, e probabilmente nemmeno ne vedevano il vantaggio. Questa incapacità di adattamento e di evoluzione ha causato il declino e la generalizzata corruzione che conosciamo; da essi il risentimento verso quelle classi dirigenti ed il (ri)sorgere di una identità nazionale "sopita ed antica" che chiede d'avere un ruolo del mondo rifiutandosi di accettarne le regole. Perché nessuno gliele ha insegnate.

Ed infine:

- Ma è colpa del popolo o è colpa delle elite? Tema annoso, in un certo senso sciocco - nel cercare di capire cosa guidi la storia di un paese mettersi a dare "colpe" a gruppi composti da milioni di persone, raccolte in collettivi che alla fine hanno confini incerti, tende a far degradare la qualità della discussione - ma nondimeno politicamente cogente perché, a seconda di dove penda l'angolo della bilancia, ne segue che l'attività politica abbia o non abbia un senso se intrapresa in una direzione o in un'altra. Ma questa riflessione vorrei lasciarla davvero per ultima, anche perché non son certo di avere delle cose rilevanti da dire.

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