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il sud senza ormeggi

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

il sud senza ormeggi

Messaggioda carlo gualtieri il 09/06/2008, 9:12

Copio qui un articolo del Senatore Colombo. Da tempo non trovavo una riflessione sensata sul Mezzogiorno, mi sembra che questa lo sia.

7 giugno 2008
Il Sud senza ormeggi
Emilio Colombo - Il Corriere della Sera
Caro direttore se potessi introdurre, nell'interessante dibattito che il Corriere — con il professor Galli della Loggia — ha aperto sul Mezzogiorno, come titolo aggiuntivo ed esemplificativo, proporrei il seguente: «Al Sud oggi manca la voce del Paese». Un titolo facile da spiegare perché si riferisce a un progetto antico iscritto nella storia italiana, che è poi divenuto, nel trascorrere del tempo, uno slogan: essere la questione meridionale, come espressione storico-politica del dualismo italiano, il fattore che ha condizionato e che (lo si voglia o no) condiziona il presente e condizionerà il futuro dell'Italia.

Galli della Loggia collega il declino della classe dirigente del Sud alla fine dell'intervento straordinario e quindi all'archiviazione di fatto della cosiddetta «centralità» della questione meridionale. Un declino in parte coincidente con la fine della Prima Repubblica, in parte accelerato dalla «perdita di profilo e di ruolo sulla scena nazionale» di un ceto politico apparso proiettato in una prevalente funzione mediatoria fra risorse pubbliche e potere locale.

È una lettura severa, che non rende giustizia ai tanti uomini politici e amministratori che, anche dopo il sacrificio di Aldo Moro, hanno operato perché il Sud non significasse dissipazioni, corruzione, eclissi dello spirito pubblico, ripiegamento nella morale privata per l'inaridimento del capitale civico e del senso dello Stato. Ma una lettura severa che è necessario condividere anche per risalire alle ragioni della identificazione di Sud e «questione criminale» e quindi alla sua rimozione come «occasione» di sviluppo e come risorsa per l'intero Paese.

Credo di comprendere bene l'osservazione che si ricava dall'analisi del professor della Loggia quando attribuisce al Mezzogiorno e alla sua classe dirigente di non aver saputo colmare il deficit progettuale sopravvenuto alla fine dell'intervento straordinario, mentre il Nord «bene o male» (sic?) una sua idea dell'Italia «l'aveva». Tant'è che ha saputo dotarsi «degli strumenti politici adeguati: quali la Lega e Forza Italia». Mentre il Sud, attraverso la Sicilia, tenta di «bypassare» Napoli e il Mezzogiorno per «mettersi direttamente d'accordo con l'Italia settentrionale».

Io conservo una tenace opinione, che trovo condivisa da autorevoli esperti e meridionalisti informati: che la chiusura dell'intervento straordinario abbia segnato la rottura fra Mezzogiorno e Stato e abbia determinato quella fluttuazione senza ormeggi di un'area civile che non ha saputo più pensarsi nella sua unità strategica.
Lo sforzo immaginativo di quel meridionalismo che ha puntato generosamente e finanche giustamente sull'autoreferenzialità, sulle virtù dell'ordinarietà, della buona amministrazione, dell'efficienza e del salto delle classi dirigenti dentro i paradigmi della modernità, della relazionalità virtuosa, della distrettualità, ha finito con il disperdere il senso di una missione che restava quella di riconnettere, in un stadio più avanzato, Mezzogiorno, Stato ed Europa: segnalando la funzione dello Stato non già solo come «mediatore» delle risorse interne e comunitarie ma come «ordinatore» della coesione sociale e civile e come regolatore delle diverse velocità con cui procedevano le due Italie.

Trovo, inoltre, paradossale (e un po' forzata) l'idea che il localismo siciliano possa nutrire l'ambizione di discorrere direttamente con il Nord. Mentre considero il voto meridionale al Popolo delle Libertà un'investitura che immagino reclamerà presto di essere tradotta in una strategia efficace: difficile da realizzare se la «trazione» politica continuerà a essere quella che Galli della Loggia ritiene possa essere esercitata con gli «strumenti» dell'egemonia nordista: Lega e Forza Italia.

Concludo osservando che mai come in questo momento è giusto che una forte riflessione autocritica si faccia strada, soprattutto nel Mezzogiorno e non solo. Una riflessione «trasversale », alla quale tuttavia il pensiero critico e storico che ha animato le più importanti battaglie meridionaliste dovrebbe dare un contributo decisivo. Una riflessione che si ponga dal punto di vista di un federalismo non solo solidale (com'è giusto in un Paese tuttora diviso nei redditi, nelle condizioni di sviluppo e nei livelli di benessere, come ha osservato il Governatore della Banca d'Italia), ma «meridionalista » nel senso di un progetto che si ponga nella condizione di «unire dal Sud» il Paese, fidando su una classe dirigente capace di liberarsi dei limiti tristemente noti e di declinare onestà, spirito pubblico ed efficienza, di assoggettarsi a criteri di misurazione dei suo «rendimento » gestionale e della sua capacità di gestire bene le risorse ordinarie e aggiuntive orientate al Mezzogiorno.

Ho vissuto una lunga storia politica e quindi so bene quanto sia difficile guardare al Sud dal punto di vista dello Stato e degli interessi nazionali. Ritengo tuttavia che non vi sia altra strada che questa. E che occorra batterla.
Basta guardare qualcuno in faccia un po' di più, per avere la sensazione alla fine di guardarti in uno specchio. (Paul Auster)
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