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Marchionne

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Marchionne

Messaggioda franz il 22/07/2018, 14:33

Mentre si accavallano le notizie sulle sue gravi condizioni di salute, l'occasione è propizia per ricapitolare i successi di un AD che ha saputo rilanciare un marchio decotto (FIAT) da anni di conduzione quasi parastatale (Romiti, piu' frequentatore di salotti romani che vero manager) a marchio mondiale con FCA.

Eppure ammettiamolo, in questo forum diversi compagniucci della parrocchietta (ct. Alberto Sordi) hanno piu' volte vomitato fango su FIAT e Marchionne, come nemico unico della sinistra-sinistra e della FIOM.

Anche con Renzi all'inizio non ci fu buon sangue (diverse polemiche al vetriolo) ma poi Renzi ebbe l'intelligenza di capire che ubi maior, minor cessat. Ed il minor non era Marchionne.

Qui le intereressanti considerazioni di un amico di FB (Massimo Fontana)


E quindi siamo giunti alla fine della parabola di Sergio Marchionne.
Un uomo tra i più odiati nell'Italia del pensiero unico social-statalista.
Purtroppo per gli italiaci “geni” che straparlano quotidianamente di economia e similari, non solo Marchionne è stato il più grande amministratore delegato del paese degli ultimi 50 anni, ma è senza ombra di dubbio un esempio da seguire, sia nella gestione aziendale, sia da un certo punto di vista anche nella eventuale gestione del paese.
Per capire il perchè di questo elogio bisogna innanzitutto conoscere il settore economico con il quale si è andato a confrontare e un minimo di storia economica del bel paese.

Partiamo da questo ultimo punto e facciamo un salto indietro di 32 anni.
Era il 1986 e l'Iri, la società statale che possedeva Alfa-Romeo dal 1932, guidata allora da Romano Prodi, decise di privatizzarla vendendola alla Fiat.
Il punto dirimente della questione è che all'epoca e un po' come oggi, parlare di privatizzazioni in Italia, era letteralmente come dire una eresia.
Si veniva crocefissi al solo pensiero di privatizzare aziende statali.
Eppure Alfa-Romeo venne ceduta ai privati.
Perchè?
Per due ragioni fondamentali che ci permettono di capire quasi tutto:

1) il settore automobilistico già allora era dal punto di vista economico “maturo”.
Ovvero aveva raggiunto la massima estensione possibile del mercato, con un livello elevato di concorrenza.
In questo contesto la profittabilità di una azienda cade.
A meno di:
- cambiare prodotto, cosa che ovviamente non si voleva fare
- delocalizzare la produzione in paesi a basso costo del lavoro
- costruire un marchio esclusivo per poche auto di alta gamma, quindi ripercorrere la via intrapresa dal settore tessile e da tutti i settori nelle stesse condizioni.
Cosa questa però difficile da farsi, dai costi enormi ed aleatori e last but not least, da un numero relativamente ristretto di lavoratori.

2) Il break-even del settore auto è devastante per i conti.
Infatti, a causa dell'alto costo relativo di produzione di ogni singola auto e dell'elevato numero di queste venduto e quindi prodotto, basta essere poco sotto il break-even per perdere una quantità enorme di denaro.
Ovviamente il contrario se si è sopra, ma bisogna esserci.
Sopra.

In sostanza la congiunzione dei due punti portava l'Alfa-romeo non solo in rosso nei bilanci, ma ad essere in ristrutturazione perenne da anni, e senza nessuna capacità di tornare in utile.
A quel punto era diventata un costo insopportabile da gestirsi anche per uno stato.
Ecco allora la vendita a Fiat e la privatizzazione.

Adesso facciamo un salto di qualche anno e arriviamo al 2002.
I due punti descritti sopra caratterizzanti il mercato automobilistico, non solo erano ancora vivi e vegeti, ma anzi si erano inaspriti notevolmente.
Il settore era sempre saturo e la concorrenza era aumentata ulteriormente.
Con l'arrivo negli anni '80 dei giapponesi, negli anni '90 e primi 2000 dei coreani, l'ombra delle case cinesi e indiane già all'orizzonte e della delocalizzazione produttiva in Cina operata dalle grandi case occidentali, in primis Volkswagen e Renault, ecco, in questo contesto bastava sbagliare un prodotto e non riuscire a contenere i costi, che scattava subito il problema del break-even descritto nel punto 2.
Cosa che puntualmente successe.

La Fiat nel 2002 perse in un solo anno 4,2 miliardi di euro.
Ripetiamo: 4,2 miliardi di euro.
A questo punto iniziò un drammatico piano di ristrutturazione del gruppo automobilistico italiano, ma rimanevano sempre i due punti dirimenti descritti sopra.
E infatti nel 2003 Fiat perde quasi 2 miliardi di euro.
E nel 2004 1,5 miliardi di euro.
In totale in soli tre anni Fiat perse 7,7 miliardi di euro.
Per capire il livello di cui stiamo parlando, la perdita cumulata di questi tre anni è pari alla perdita cumulata da Alitalia in trent'anni circa.
Il break-even automobilistico in tutto il suo dramma insomma.

In questo contesto arriva Marchionne.

Il quale prende quindi in mano una azienda che perde letteralmente miliardi di euro ogni anno, lavora in un settore stramaturo, ipercompetitivo, con un prodotto dal basso appeal commerciale e con un unico asset di valore: Ferrari.
Cosa avrebbe dovuto fare un amministratore delegato in tale situazione?
Banalmente vendere o al limite chiudere Fiat auto, ovvero il buco nero del bilancio dell'epoca, vendere l'Alfa ai tedeschi, e se proprio si voleva continuare a produrre auto, integrare Ferrari con Maserati e Lancia in un gruppo del lusso e ovviamente investire in altri settori gli eventuali ricavi ottenuti dalla liquidazione del gruppo.

Ovviamente straparlavano e ancora straparlano i soliti geni nostrani che urlano che Fiat doveva fare come i tedeschi.
Straparlano perchè con ogni evidenza non sanno che le grandi case automobilistiche tedesche e del resto del mondo, producono i modelli della fascia medio-bassa, ovvero quella di Fiat, quasi esclusivamente nei paesi emergenti, ovvero li dove il costo del lavoro è basso.
Non esisteva e quasi non esiste casa automobilistica del pianeta che produca utilitarie di massa in paesi ad alto costo del lavoro.
E li dove lo fa su tale prodotto ha marginalità zero.
Fare quindi come i tedeschi voleva dire portare le fabbriche fiat in Cina.

Cosa fa invece Marchionne?
Per un po' riesce miracolosamente a riportare i conti in ordine senza delocalizzare.
E questo fu un vero e proprio miracolo di gestione dei costi che solo una società privata sa e può fare.
Con la crisi del 2008-2009 però il contenimento dei costi non bastava più.
Bisognava rispolverare il progetto liquidatorio.
A quel punto però Marchionne ebbe il vero lampo di genio.
Lampo di genio che aveva un nome: Crysler.
Crysler che era nel mentre fallita miseramente.

Ma con due particolarità:
a) durante il fallimento aveva iniziato un piano di ristrutturazione che aveva superato uno dei principali motivi che ne avevano causato il fallimento, ovvero i salari bloccati a 70 dollari orari contro i 50 dei principali concorrenti.
b) il proprietario pro-tempore era lo stato americano che aveva tutta intenzione di venderla a chiunque, anche gratis, pur di non accollarsi le perdite che ogni casa automobilistica in simili condizioni produce.

In sostanza Chrysler era fallita, e quindi non costava nulla acquistarla, esattamente per i due motivi di crisi strutturale del settore automobilistico visti all'inizio, ma che proprio per la crisi intercorsa erano stati all'incirca superati.
Ma dopo il fallimento.
Con l'acquisto di Chrysler il buon Marchionne quindi stava acquistando per un “tozzo di pane” la terza società automobilistica statunitense, dai costi di produzione ridotti di almeno il 30% e con alcuni impianti, quelli meno redditizi, comunque chiusi.
E tutto questo grazie al governo Usa stesso.
Come diceva il barone De Rothschild, i migliori affari si fanno quando il sangue scorre nelle strade.
E nel 2009 di sangue “economico” ne scorreva a fiumi.

Ma il colpo di Marchionne non è stato solo finanziario.
Lo fu su tutti i fronti.
Acquistando Cherysler al 100% infatti non solo acquistava una società già risanata, ma riusciva anche a fare ciò che la Fiat non è mai riuscita a fare, ovvero entrare nel mercato statunitense.
E last but not least, tagliando la produzione in Italia degli impianti meno produttivi fin dove la politica permetteva e integrando il tutto in un nuovo gruppo, di fatto annacquava il vero problema dei conti, ovvero la produzione delle auto di fascia bassa in Italia, in una azienda mondiale dove l'Italia risultava talmente piccola da non essere più un pericolo per i conti.

Se a questo ci aggiungiamo lo scorporo della gallina dalle uova d'oro, la Ferrari, e il trasferimento della sede all'estero per metterla al riparo dai soliti "geni" italiani, ecco che torniamo a grandi linee li dove si era partiti nel 2004, ovvero alla quasi liquidazione di Fiat auto, all'integrazione di ciò che vale in un nuovo gruppo, anche se non esclusivamente del lusso e infine alla concentrazione sull'unica cosa che conta e deve fare una azienda privata: la ricerca della massima redditività.
Solo così infatti un sistema economico avrà sempre un saggio del profitto naturale positivo e non consumerà più risorse economiche di quante ne produce.

Concludendo.
Marchionne ha preso una azienda tecnicamente fallita, con un prodotto debolissimo, una concorrenza fortissima, in un settore che soffre da 40 anni di sovraproduzione cronica.
Nonostante questo l'ha risanata, l'ha portata all'utile e l'ha di fatto blindata da nuove crisi devastanti.
Ha fatto esattamente quanto un ottimo amministratore delegato deve fare.
Sia chiaro: un amministratore delegato.
Non un imprenditore.
Un impreditore fa altro.

Ma nella catena Fiat, l'imprenditore è la famiglia Agnelli.
Quindi non si può imputare a Marchionne ciò che riguarda qualcun'altro.
Cosa sarebbe successo alla Fiat senza Marchionne?
Impossibile saperlo.

L'unica cosa certa è che prima di lui Fiat era quasi morta, oggi è viva, vegeta e redditizia e mentre aziende dal marchio più blasonato e dalla forza economica più grande come GM e Chrysler, fallivano miseramente, lui aveva la forza di comprarne una e di farla un nuovo cavallo di razza.
Più di così era impossibile fare.
Altro da dire non c'è.
Buona giornata.
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Re: Marchionne

Messaggioda Robyn il 22/07/2018, 15:45

Auguriamo a Marchionne una veloce guarigione e facciamo gli auguri al nuovo Ad di Fca dal momento che il suo mandato era in scadenza.L'internazionalizzazione della Fiat e gli investimenti nessuno li contesta.Marchionne ha introdotto la contrattazione aziendale in Italia in modo traumatico rompendo un'equilibrio,quando parlò di deroghe,ma non era consapevole che il messaggio che poteva mandare alle aziende poteva essere sbagliato,potevano aver capito un'altra cosa.Ha detto che i lavoratori dovevano formarsi e che serviva legare un premio alla retribuzione e questo è un suo merito.Il "turbine" sulla contrattazione aziendale che era senza regole finisce quando si stabilisce che questa deve essere nei limiti della costituzione e si introduce il principio di rappresentanza senza il quale la Fiom era esclusa,Fiom che aveva dato suggerimenti,inascoltati dalla Fiat.In genere Marchionne possiamo paragonarlo alla Thatcher che nel Regno Unito aveva scassato tutto.Fù necessario un Blair che senza venire meno a principi di fondo,ridiete alle cose una giusta classificazione e significato ed introdusse l'ERA l'Employment Relation Act.Poi che Blair abbia successivamente fatto altri errori è un'altra cosa
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Re: Marchionne

Messaggioda pianogrande il 22/07/2018, 19:13

E quello che ha fatto Marchionne non lo ha fatto neanche la politica della pur liberista America.

Potrebbe essere la dimostrazione che i meccanismi che esistono nel privato nel pubblico non è che non funzionino; è proprio che non ci sono e magari ce ne sono altri come il clientelismo e la corruzione (almeno, da noi sicuramente).

E quindi sono d'accordo che le attività produttive debbano essere private.

Poi però bisogna sfatare l'equivoco del "meno stato" nel senso che regole da rispettare ce ne debbono essere ma equilibrate in modo che non diventino letali ma impediscano abusi nei confronti di altre categorie di cittadini (i consumatori) o tutta la comunità (inquinamento etc).

Insomma, una bella divisione dei poteri e delle responsabilità (e dei profitti).

In questo periodo in cui lo stato si sta reindirizzando sulle attività economiche (tra l'altro con pessimi dilettanti) è il caso di richiamare qualche concetto di fondo.

Lo stato deve rappresentare tutta la comunità; anche i risparmiatori, anche i consumatori.anche chi paga le tasse... tutta.
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Re: Marchionne

Messaggioda franz il 22/07/2018, 20:49

Una cosa è certa.
I giornalisti del Manifesto (e scusate l'esagerazione) non li ricorderà nessuno.
...
..
Allegati
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Re: Marchionne

Messaggioda pianogrande il 22/07/2018, 21:45

Il Manifesto fa una confusione davvero sconcertante.

Dimentica che Marchionne non è un politico ma un manager privato.

A prescindere dalla giustezza delle affermazioni (è vero, non è vero, ha fatto bene, ha fatto male) indirizza le colpe sull'entità sbagliata.

Dovrebbe semmai prendersela con la politica che queste cose le ha permesse/condivise.

Quello è il bersaglio del cittadino e ce lo dimentichiamo troppo spesso.

Gli imprenditori inquinano, prendono finanziamenti aggratis e li spendono a donne champagne e fanno bancarotta coi soldi in Svizzera e pagano le tasse in Tasmania e .... Ueh! Politica! Ueh! Governo! Svegliaaa!
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Re: Marchionne

Messaggioda gabriele il 23/07/2018, 9:16

pianogrande ha scritto:Il Manifesto fa una confusione davvero sconcertante.

Dimentica che Marchionne non è un politico ma un manager privato.

A prescindere dalla giustezza delle affermazioni (è vero, non è vero, ha fatto bene, ha fatto male) indirizza le colpe sull'entità sbagliata.

Dovrebbe semmai prendersela con la politica che queste cose le ha permesse/condivise.

Quello è il bersaglio del cittadino e ce lo dimentichiamo troppo spesso.

Gli imprenditori inquinano, prendono finanziamenti aggratis e li spendono a donne champagne e fanno bancarotta coi soldi in Svizzera e pagano le tasse in Tasmania e .... Ueh! Politica! Ueh! Governo! Svegliaaa!


Oggi sentivo per radio (Radio Radicale, tanto per cambiare) uno dei sindacalisti (Marco Bentivogli) che ha avuto il coraggio di firmare i contratti che hanno portato al successo di fca affermare che senza il rilancio dell'azienda i lavoratori non avrebbero avuto alcun diritto perché sarebbero rimasti a casa.
Lo stesso sindacalista aveva invitato più e più vole giornalisti e politici contrari agli accordi e al rilancio a venire a vedere la situazione in FIAT, senza ricevere alcuna risposta. Questa gente scrive e pontifica senza sapere nulla. Per questo motivo si autodescrive come un'Italia pigra che vive alle spalle degli altri.

l'intervista la trovate qui
La fine dell'era Marchionne. Intervista a Marco Bentivogli
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.
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Re: Marchionne

Messaggioda pianogrande il 23/07/2018, 10:36

Italietta pigra che ha aperto la strada ai populisti.

Gli abusi mangiano i diritti
.

Tutte affermazioni che sbattono violentemente contro il problema delle malattie di lunedì e venerdì e durante le partite di calcio.

La conosco questa Italia (pigrizia e invidia) e capisco benissimo quanto i populisti ci possano sguazzare dentro.
Certo non è tutto lì il problema ma questa ne è una delle radici principali.
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Re: Marchionne

Messaggioda flaviomob il 27/07/2018, 0:09

L’altro volto di Marchionne: il racconto di un operaio della Maserati
Se negli scorsi giorni in molti hanno lodato le indubbie capacità manageriali di Sergio Marchionne, c'è anche un altro lato, quello degli operai, da ascoltare con attenzione
https://www.globalist.it/news/2018/07/2 ... 28432.html
globalist
24 luglio 2018

Negli scorsi giorni in molti hanno sottolineato le indubbie capacità manageriali di Marchionne, del suo salvataggio della Fiat e della nascita della Fca, che ha dato un volto internazionale allo storico marchio italiano.


Ma questa trasformazione ha comportato una grande durezza sia nei rapporti dei lavoratori che con i sindacati, ben raccontata in questa lettera di un operaio della Maserati, pubblicata su InfoAut, che riportiamo:


"Lavoro alla Maserati di Grugliasco Torino, ex officina Bertone, annessa dalla Fiat per produrre la nuova vettura. Ci lavorano circa 1000 operai su due turni (per adesso). Nel turno di notte ci sono pochi operai per recuperare qualche vettura e mettere a posto le postazioni e i magazzini. Si producono 35 vetture al giorno, ma molto probabilmente la produzione è destinata a salire fino a 50 vetture per turno.
Le condizioni lavorative sono da caserma, per noi della logistica (riforniamo le linee di produzione con il materiale) i carichi di lavoro sono a dir poco asfissianti. Nel turno di lavoro non si smette mai di lavorare, non esistono tempi morti, ci sono tre pause di 10 minuti, ma la gran parte degli operai della logistica le sfrutta per mettere a posto le postazioni per non rimanere indietro quando riparte la produzione. C’è mezzora di pausa mensa, ma tra lavarsi le mani, raggiungere la mensa e la lunga coda per prendere il vassoio e farsi servire dagli addetti… ci si gioca la metà del tempo, quindi si mangia di corsa. I primi tempi ho visto anche operai che iniziavano a mangiare in piedi prima di sistemarsi nei tavoli.
Varcato il cancello, prima di entrare in officina, hanno messo un tabellone digitale dove c'è scritta la data dell’ultimo infortunio (che se non erro è dicembre 2012) e sotto la data corrente con il numero zero _infortuni_, però anche lì ci sono forzature da parte dei capi e direttori sugli operai. In pratica, chi si fa male non deve denunciare l’infortunio, altrimenti finisce in cassa integrazione. Per l’azienda quel tabellone deve rimanere sullo zero per la bella figura del marchio FIAT.
In officina, durante le ore lavorative ci sono parecchie visite esterne di gentaglia vestita come manichini che osserva le lavorazioni e ci sono tantissime riunioni tra capi capetti ecc. ecc. per far funzionare meglio la lavorazione del prodotto.
Sono stato addetto alla meccanica. Il personale è carente e andando alla velocità' che vogliono loro si rischiava di farsi male o, peggio, di far male a qualcuno. I capi fanno pressione per andare più veloce, per non rischiare di fermare la produzione. Praticamente, uscendo dal magazzino, per entrare in officina, bisogna attraversare una strada dove passano tir e furgoni che hanno lo stop, ma che raramente osservano: si rischia spesso di esser investiti. Ci sarebbe bisogno di semafori, ma, a quanto pare, l’azienda non vuole affrontare questa spesa, per il momento, sostiene che ci sono altre priorità! Quali, se l'azienda fa tanta pubblicità sia con il tabellone elettronico e sulle continue raccomandazioni per evitare gli infortuni?! Tutta ipocrisia! Esiste una vera e propria contraddizione: se si va a 6 chilometri orari sei a norma ma fermi la produzione, mentre se vai a 12 km orari non sei più a norma e superi la velocità consentita in officina, quello che fanno tutti, per non rischiare di fermare e prendere richiami dai capi.
Non esistono organizzazioni sindacali che si occupano veramente delle nostre condizioni. Fim Uil e Fismic sono latitanti e la Fiom che, aveva la maggioranza dei consensi, anzi praticamente erano tutti iscritti alla Fiom, è stata sfrattata; con essa sono rimasti fuori i delegati e molti operai loro simpatizzanti. D'altronde, la stessa Fiom, quando era presente in fabbrica, non ha mai portato avanti forme reali di lotta.
Molti operai sono rientrati dopo 10 anni di cassa integrazione, in officina ci sono molti operai e capi di Mirafiori che sostituiscono quelli del ex Bertone.
Questo è il sistema e il metodo Marchionne degli stabilimenti Fiat in Italia e all’estero. Chi si ribella veramente, chi fa mutua o va in infortunio dopo che si è fatto male lavorando, viene parcheggiato in cassa integrazione a disposizione dell’azienda per un eventuale prossima chiamata per rientrare a lavorare".


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Marchionne

Messaggioda pianogrande il 27/07/2018, 5:42

Spero che alla fine si trovi un equilibrio in queste situazioni che sono figlie di innegabile estremismo da entrambe le parti.

Potrei scrivere anche io (che ho fatto parte di "capi e capetti") una lunga e argomentata "lettera" sulla "rigidità della forza lavoro"; definizione che, da sola, sintetizza la posizione di vari sindacati e che comprendeva la produzione per ogni addetto a procedimenti di tipo prevalentemente in mano all'operatore.

Si raccontavano storie di confezionamenti disfatti perché superavano la quota e mi sono trovato a discutere con un operatore a un reattore perché la produzione era pronta e non veniva scaricata perché non era ora.

Mi sono trovato a dover spiegare a operatori di ditte esterne perché una materia prima additivata di niente dovesse stare sotto agitazione (mescolamento) per non mi ricordo quanto tempo e potrei continuare con un po' di sforzo di memoria.

Più restiamo arretrati tecnologicamente e più il problema diventa questo (come componente dell'unica competitività possibile che è il costo del lavoro).

All'inizio il rimedio principe era la "terziarizzazione" a cui si è aggiunta, abbastanza subito, la delocalizzazione.
Ultima modifica di pianogrande il 27/07/2018, 5:46, modificato 2 volte in totale.
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Re: Marchionne

Messaggioda Robyn il 27/07/2018, 5:45

Praticamente ci si ammala di stress,la pausa pranzo per evitare di andare di corsa meglio farla a fine turno poi servirebbero dei sottopassi o delle sopraelevate per attraversare la strada perche anche i semafori sono pericolosi.Le città che vediamo le superstrade le aree industriali gli aeroporti gli aerei le vetture tutto questo è stato fatto dagli operai ,mentre gli altri parlano senza sapere le cose
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