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Le democrazie liberali in crisi

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda Robyn il 07/06/2018, 20:08

Romano Prodi afferma alla festa delle idee di Repubblica che le democrazie liberali sono in crisi perche hanno adottato modelli che ampliano le disuguaglianze e sù questa strada hanno perso la sfida per colpa dei liberisti.Infatti sono i liberisti che con proposte fuori di testa e stravaganti fanno rifiutare ai cittadini comuni i principi liberali,sono questi che hanno messo in crisi la democrazia liberale e nonostante tutto vogliono continuare ad essere protagonisti.E' paradossale allo stesso tempo che quelli che sono penalizzati dalla flat tax hanno votato quelli che vogliono la flat tax
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Re: Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda franz il 08/06/2018, 9:17

Riprendo da Repubblica, persso il cui festival si è svolto il dibattito, il periodo in questione:
"La gente non ha più fiducia nelle democrazie perché c'è un problema di diritti", risponde Prodi. E spiega: "Bisogna cambiare registro. La disparità è aumentata in quasi tutti i Paesi del mondo proprio perché i governi democratici hanno adottato modelli fiscali e di welfare che hanno aumentato la disparità. E ora Trump ha abbandonato il soft power, è tornato all'hard power: ritorniamo a esercitare un'economia dura che vuole controllare le altre".

Per prima cosa Prodi non parla di liberisti, anche perché sarebbe da ribaltarsi dalle risate all'idea che in Italia in questi anni abbiamo avuto governi liberisti. :lol: Anzi abbiamo avuto governi del tipo più spesa pubblica e più tasse, che sono l'esatto opposto dei principi liberali. Transeat.

In Italia sono aumentate lo stesso le disparità ed hanno vinto (separatamente) partiti populisti che insistono su maggiore spesa (reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni in senso "anti-fornero") e minori tasse e meno stranieri. Il duo si è poi unito in un mix che unisce il peggio delle due proposte.

Veramente il tema delle disuguaglianze è la chiave di volta per capire il successo dei partiti populisti?
E visto che ci siamo non è che sia invece che il combinato disposto di più spesa pubblica e più tasse (pensiamo all'aumento dell'IVA di questi anni) a creare maggiori disuguaglianze?

Qui un interessante aarticolo de l'Inkiesta che ci spiega che in Italia le disuguaglianze sono aumentate ma non certo per politiche liberiste, che non ci sono mai state.
http://www.linkiesta.it/it/article/2017 ... ich/32968/

Ovviamente nella mente di una popolazione perennemente illusa da decenni di politiche tendenti a farci credere che solo più spesa pubblica ci fa uscire dalla crisi, qualcuno può pensare che solo più spesa pubblica possa ridurre le disuguaglianze.
E di sicuro un reddito di cittadinanza ci rende tutti un po' più uguali. Solo che bisogna vedere chi paga.
Anche una flat tax potrebbe essere intesa un modo per renderci pù uguali (un analfabeta funzionale può credereci ed in Italia ne abbiamo a iosa) solo che con la flat tax le disparità aumenteranno.

Per contro se leggete bene l'articolo linkato vedrete bene che i paesi che maggiormente hanno impostato politiche di rigore hanno un indice di gini piu' basso (minori disparità) e le finanze in ordine, tanto che come formiche possono permettersi quelle politiche sociali che alle cicale invece appaiono precluse.
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Re: Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda mariok il 08/06/2018, 12:39

@franz come al solito hai totalmente ragione. Anche perché le tue tesi sono basate su dati.

Tuttavia, se il tema è quello della crisi delle democrazie liberali, che è un dato di fatto, bisogna pur chiedersi auali siano le ragioni di tale crisi.

Probabilmente dovremmo allargare lo sguardo dal solo campo dell'economia alle più complesse problematiche riguardanti l'egemonia culturale prima che politica.

Per buona parte della seconda metà del '900, si sono scontrate due visioni di società che in Italia schematicamente possiamo individuare nelle maggiori forze politiche in campo: la DC ed il PCI.

La prima ha basato le ragioni del consenso sull'idea di libertà, contrapposta alle dittature imperanti nel socialismo reale. I valori della democrazia erano qualcosa di chiaro e palpabile di fronte alle tragedie che si svolgevano a pochi passi da casa nostra, come in Ungheria e in Polonia.

Dall'altra parte, di fronte ad un blocco occidentale, impropriamente identificato con le democrazie liberali, che aveva talvolto il volto di Pinochet, Salazar o di Papadopulos, era facile che si sviluppase una egemonia contrapposta alla prima, basata sul rifiuto dei presuopposti delle numerose storture presenti nel campo del capitalismo, alla ricerca di modelli alternativi di organizzazione politica e di sviluppo economica che che costituivano i presupposti.

Da un lato con la caduta dei regimi comunisti e, con essi, delle illusioni collettiviste e dall'altro con lo svilupparsi del fenomeno della cosiddetta globalizzazione, facilitato anche dal superamento della divisione del mondo in blocchi, la questione delle egemonia ha cambiato totalmente forme e contenuti.

Di fronte ad una economia mondiale che ha assunto, a torto o a ragione, sempre più nella mente di chi non guarda alla realtà tenendo tra le mani le analisi socio-economiche, i connotati di una finanza globale, potente, mimacciosa e fuori controllo, e all'impotenza delle istituzioni sovranazionali incapaci di assicurare le regole necessarie per un equilibrato sviluppo del mercato, la reazione da parte di molti è stata quella di arroccarsi nei "rassicuranti" recinti nazionali nell'illusione di trovare nel proprio stato le protezioni alle paure di un mondo difficile da comprendere.

Per farla breve, penso che le risposte alle domande sulla crisi delle democrazie liberali, dobbiamo ricercarla più che nell'economia, nella egemonia politica e culturale che non ha fornito, soprattutto alle nuove generazioni, gli strumenti per capire e per misurarsi con un mondo in grande trasformazione.

Per scendere dai massimi sistemi alle cose più concrete, basta pensare all'esempio della scuola, che da noi si chiama ancora "statale" e che può ben rappresentare il simbolo dell'inadeguatezza della capacità di contrasto alle montanti vulgate populiste e neo-nazionaliste.
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Re: Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda franz il 08/06/2018, 14:54

mariok ha scritto:Di fronte ad una economia mondiale che ha assunto, a torto o a ragione, sempre più nella mente di chi non guarda alla realtà tenendo tra le mani le analisi socio-economiche, i connotati di una finanza globale, potente, mimacciosa e fuori controllo, e all'impotenza delle istituzioni sovranazionali incapaci di assicurare le regole necessarie per un equilibrato sviluppo del mercato, la reazione da parte di molti è stata quella di arroccarsi nei "rassicuranti" recinti nazionali nell'illusione di trovare nel proprio stato le protezioni alle paure di un mondo difficile da comprendere.

Per farla breve, penso che le risposte alle domande sulla crisi delle democrazie liberali, dobbiamo ricercarla più che nell'economia, nella egemonia politica e culturale che non ha fornito, soprattutto alle nuove generazioni, gli strumenti per capire e per misurarsi con un mondo in grande trasformazione.

Per scendere dai massimi sistemi alle cose più concrete, basta pensare all'esempio della scuola, che da noi si chiama ancora "statale" e che può ben rappresentare il simbolo dell'inadeguatezza della capacità di contrasto alle montanti vulgate populiste e neo-nazionaliste.

Ok, ci siamo. Se vogliamo parlare della crisi innegabile delle democrazia occidentali, USA compresi, sgombriamo il campo dai falsi miti. E mi sento di insistere un attimo sul tema della disuguaglianza perché invece questo tema è stato messo al centro dalla sinistra intera: dalla sinistra-sinistra al PD stesso, che su questo ha puntato mi pare tutta la sua strategia (a partire dagli 80 euro).

Sotto allego un grafico, preso dal sito ISTAT, che mostra l'andamento delll'indice di Gini dal 2003 (pressapoco eravamo in tempo di seconda guerra del golfo). Purtroppo non ho altri dati ma ricordo che si veniva da 2001, con la sua crisi collegata a 11/9. Il 2003 segna l'inizio di un periodo di forte ripresa mondiale che termina bruscamente con la crisi dei subprime del 2007-2008.

Nel periodo di crescita mondiale l'indice di Gini italiano migliora (diminusce parecchio) mentre torna lentamente a salire con la crisi. Cosa posso personalmente arguire? Che con la crescita mondiale (di cui l'Italia è sempre a rimorchio ma in qualche modo approfitta) le disparità diminuiscono e con le crisi invece aumentano. Fatti i conti sul periodo 2003-2015 il valore italiano è leggermente migliorato (quindi non sarebbe veritiero parlare di un aumento delle disuguaglianze in Italia) ma bisogna anche vedere lo sviluppo regionale. Le disparità sono aumentate al Sud e diminuite al Nord. Forse per questo ha vinto al sud chi ha proposto il reddito di cittadinanza e al nord chi ha proposto la flat tax. Tuttavia sono piccoli cambiamenti; poca cosa rispetto ai cambiamenti politici, che sono epocali. Quindi mi dispiace per Prodi ma non ci siamo.

Ma su questo magari farò un approfondimento in seguito. Intanto questo è il link http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=4836 da cui partire e sotto trovate il grafico.

Venendo al tuo discorso, in effetti quello che emerge è una crescente paura verso a) la globalizzazione; b) gli stranieri; c) il terrorismo; d) l'insicurezza del futuro in genere. Tutto questo ha portato diverse nazioni a vedere il successo di formazioni populiste di destra (o anche di sinistra e no-global o senza precisa collocazione) cominciando da Haider in Austria per proseguire con Le Pen in Francia, Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, M5S e Lega Nord in Italia.

E non dimentichiamo anche il ruolo piu' o meno nascosto della Russia nel finanziare tutti i movimenti politici che si mettono in contrasto con L'unione Europea.
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Re: Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda pianogrande il 08/06/2018, 15:33

Giustissimo parlare di disuguaglianza ma il concetto che mi gira di più nella testa è quello di quanto ognuno ha da perdere da uno sconvolgimento della situazione.

Insomma la stabilità di una società è garantita da quella specie di mare della tranquillità formato da chi non se la passa poi malissimo e quindi si comporta da sostenitore/difensore della situazione attuale.

E quindi il solito vecchio a volte vituperato ceto medio.

Mi piacerebbe tanto vedere l'andamento di questo volano stabilizzatore e sono sicuro che quando va sotto una certa massa critica la società stessa diventa instabile, volatile, inaffidabile => rivoluzionaria e con tutte le incognite che un suo sconvolgimento ci può riservare.

Quando la parola d'ordine diventa buttiamo giù tutto (tanto non ho niente da perdere e intanto glie la faccio pagare a chi sta meglio di me) si apre la strada alla destabilizzazione e di solito non per il meglio perché chi provoca questa destabilizzazione, qualsiasi intenzione abbia, apre normalmente la porta a una presa di potere basata sulla violenza e chissà su quali interessi.

Tutto diventa ingestibile per definizione.

E per chi si mette malissimo?

Proprio per i deboli e cioè quelli che sono stati il motorino di avviamento di una macchina che sarà guidata da altri.

Ogni tanto è bene metterle o rimetterle giù queste riflessioni.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda franz il 08/06/2018, 17:26

Non so da che parte iniziare per cercare indicatori sul ceto medio ma se è medio (e vasto) allora bastano dati generali.

Uno di questi è il calo generale dei consumi alimentari. E non solo per comprare l'Iphone, visto che decenni prima c'èra il TV a colori, la macchina, gli elettrodomestici o addirittura la casa.
http://www.repubblica.it/economia/2016/ ... 150448184/

De Rita prova a spiegarlo qui http://www.repubblica.it/economia/2016/ ... 150448180/ ma secondo me non coglie il punto.

Non lo coglie perché io guardo questo grafico e mi faccio un po' di domande.
https://www.google.com/publicdata/explo ... &ind=false
E non mi incazzo solo perché vivo da 30 anni fuori d'Itala ma se ci vivessi ancora sarei adirato. E non poco.

Come vedi nel 1988 l'Italia aveva una pressione fiscale che era la metà della "mitica Svezia" (31 contro 61) mentre ora, complice il nostro aumento e la loro diminuzione, siamo praticamente uguali: quasi il 49%. Il ceto medio produttivo, a cui ritengo di far parte, ragiona e vede che in Italia non abbiamo certo le prestazioni sociali del mitico welfare svedese!

Ma vede che la busta paga è sempre più leggera. Se un padre di famiglia nel 1988 guadagnava 100, in tasse e contributi ne sparivano 30, quindi in tasca da spendere ne aveva 70. Oggi fatto 100 il guadagno (quindi non considerando l'inflazione) in tasca da spendere ne ha 50 ma i servizi fanno pena, perché in 40 anni sono stati erosi continuamente da finanziarie lacrime e sangue. E nemmeno sa se avrà una pensione decente. Hai voglia a dover risparmiare sulla spesa ed essere incazzato.

Il punto cruciale è che il lavoratore italiano si è sicuramente impoverito ma non certo per la globalizzazione o l'aumento delle disparità. Si è impoverito perché una grossa e crescete fetta del suo reddito viene prelevata dallo Stato sotto forma di tasse e contributi. Praticamente il 20% in meno di stipendio netto in 40 anni. Tutto questo senza vedere in cambio alcun miglioramento sul fronte delle prestazioni sociali, anzi con la sensazione di un lento e costante peggioramento.

Non si può che essere adirati con questo andazzo, a cui va detto hanno contribuito CD e CS in pari misura o quasi.
Il successo dei 5S con l'anti-casta, i vitalizi etc sta tutto qui. Il successo della Lega con la Flat Tax al 15% sta tutta qui.
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Re: Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda Robyn il 08/06/2018, 18:39

Le disuguaglianze sociali hanno cominciato a prendere piede quando con l'ingresso nell'euro è stato eliminato il doppio prezzo lira/euro che dava la possibilità al cittadino di confrontare i prezzi questo grazie al cdx.Infatti il doppio prezzo lo avrei fatto rimanere per molto tempo prima di toglierlo perche è stato eliminato troppo frettolosamente provocando le speculazioni.Avrei anche chiesto alla Bce di fare i 50 centesimi 1 euro e 2 euro di carta perche ci si dava più valore.Le disuguaglianze però iniziano molto prima quando a seguito di tangentopoli si decise di bloccare l'edilizia pubblica per via di più scandali legati alle tangenti.Poi le disuguaglianze riprendono piede con la precarietà e con l'abbandono del metodo della meritocrazia.Adesso all'orizzonte c'è la flat tax che si appresta ad aumentare ancora le disuguaglianze.Ad ex sono favorevole ad aumentare l'IVA e diminuire l'IRPEF per mantenere il potere d'acquisto inalterato perche l'IVA è meno soggetta ad evasione ma sempre rimanendo nell'ambito della progressività dell'IRPEF delle cinque aliquote.Il problema sono i redditi della no tax area.Se non sono tassati cosa detraiamo per fare una cosa equa nei confronti dei redditi detassati?Per ex Renzi aveva messo gli 80 euro ma per la no tax aerea non c'è stato niente venendo meno l'equita.Infatti cosa si poteva detrarre dalla no tax area?
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Re: Le democrazie liberali in crisi

Messaggioda pianogrande il 08/06/2018, 19:05

Sempre Grazie Franz.

De Rita fa un po' il puritano e non considera che in una società non vale solo l'impoverimento nel senso di essere poveri o no ma vale il confronto con il passato (si migliora o si peggiora) e il confronto con gli altri (e qui entrano le disuguaglianze).

Poi vale anche il confronto con altri paesi e quello con la Svezia è effettivamente un pugno nello stomaco.

E quindi la gente non si incazza solo quando ha fame (l'unico parametro di povertà di De Rita che dire che "non coglie il punto" è trattarlo troppo bene).

La gente si incazza perché non può più permettersi quello che poteva permettersi prima (ma altri continuano a permettersi) e perché paga carissimo uno stato arretrato e arrogante etc.

L'unico parametro da incazzatura mortale stranamente non così sentito è l'evasione fiscale che invece è da guerra civile.
Questa cosa cerco di capirla con una specie di comprensione per il furbo che è innata nel nostro paese ma non è tutto lì.
Forse è anche una sorta di pigrizia mentale/culturale.

insomma, gli elementi per far sollevare il popolo (peraltro pacificamente e democraticamente) c'erano tutti e qualcuno ha cavalcato la cosa ma per una prospettiva che fa ancora più paura dove i voti dei poveri serviranno per fare altri favori ai ricchi e non sarà la prima né l'ultima volta.

Perché le lezioni della storia siano determinanti nelle decisioni del popolo c'è bisogno di un popolo istruito e attento e quindi consapevole.

La mancanza di questa condizione, così come tante altre deficienze dello stato e della politica, sta sia a destra che a sinistra.
Ma se l'azione della destra si può capire perché lì si tende a creare élites e corporazioni, l'azione (o non azione) della sinistra su questo parametro costituisce un vero e proprio tradimento.
Fotti il sistema. Studia.
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