Il «mercato radicale» per cambiare il capitalismo
di Massimo Gaggi
Sostenere la crescita spostando la tassazione da lavoro e produzione alla proprietà (di tutto, non solo di case e attività finanziarie), ma lasciando ogni cittadino libero di fissare il valore di ciò che possiede. Con una clausola per evitare stime troppo basse: l’obbligo di vendere il bene se arriva un’offerta superiore alla valutazione che viene data. E’ una delle idee più provocatorie contenute in Radical Markets, un saggio zeppo di proposte di riforma di un capitalismo che nell’era digitale sembra avere il fiato grosso. Un libro scritto da due intellettuali abituati ad andare controcorrente: il giurista Eric Posner, docente della Law School della University of Chicago e Glen Weyl, un filosofo passato all’economia che ora fa il ricercatore in Microsoft e, part time, al dipartimento economico dell’università di Yale. Il saggio, uscito tre giorni fa, è già molto discusso: viene respinto con sdegno da chi considera sbagliato mettere in discussione i diritti di proprietà, destabilizzanti le proposte di modificare il sistema elettorale affidando a ogni cittadino un pacchetto di voti da usare con intensità diversa nelle elezioni che lo interessano di più (esprimendosi, nel caso, non solo a favore ma anche contro un candidato), e giudica addirittura oltraggiosa la proposta di consentire a ogni cittadino americano di diventare (a pagamento) sponsor di un immigrato.
Ma Radical Markets, con la sua idea di riformare il capitalismo trovando vie per distribuire il reddito in modo più equo basate non sulla politica di funzionari statali, ma su meccanismi comunque di mercato (anche se di un mercato diverso), sta attirando anche molto interesse e il consenso di personaggi come Vitalik Buterin, il fondatore di Ethereum, la più promettente delle piattaforme di servizi basate sulla blockchain, o il filosofo di Harvard Michael Sandel. Posner e Weyl sono di certo dei provocatori, ma in un’era di grande malessere politico e sociale nella quale ormai anche The Economist giudica necessaria la riforma di un capitalismo che non funziona più, la loro analisi dell’inefficacia degli strumenti antitrust e della necessità di affrontare il problema dei monopoli in termini diversi rispetto al secolo scorso può essere preziosa. Mentre le idee sulla proprietà, sicuramente invise ai cittadini più avanti con gli anni, potrebbero piacere ai giovani cresciuti in un mondo virtuale nel quale è più importante usare le cose che possederle.