Toninelli ha ragione: la flat tax può essere progressiva
Il capogruppo al Senato del M5S preso di mira sui social network. Ma la sua affermazione è corretta: Nicola Rossi, economista ed ex parlamentare Pd, spiega come è possibile far pagare di più i ricchi con un'aliquota unica.
Dal 23 aprile sui social network imperversano gli sberleffi nei confronti del capogruppo al Senato del Movimento Cinque Stelle Danilo Toninelli che, nel tentativo di lasciare uno spiraglio aperto nei confronti del segretario della Lega Matteo Salvini, ha spiegato che «una flat tax che non svantaggi le fasce più deboli e rispetti il criterio della progressività scolpito nella nostra Costituzione per noi va bene».
NON C'E' CONTRADDIZIONE. Al di là dei giudizi di merito rispetto alla coerenza del partito di Luigi Di Maio la domanda è: può esistere una flat tax progressiva oppure, come dice il nome, è una contraddizione in termini? Nel quotidiano commento in prima pagina della Stampa, Mattia Feltri scrive: «Ecco, la flat tax per definizione non è progressiva: se è progressiva non è una flat tax. Un politico che dice sì alla flat tax purché progressiva è come un meteorologo che dice sì alla pioggia purché asciutta: la comunità scientifica si porrebbe delle domande senza timore di ledere il diritto di opinione. E siccome Toninelli si occuperà di legge elettorale, potremmo ora aspettarci un maggioritario purché proporzionale, o un doppio turno purché unico».
"Basta conoscere le quattro operazioni fondamentali per capire che la flat tax può essere progressiva" NICOLA ROSSI
Secondo Nicola Rossi, economista, ex parlamentare nelle file del Pd, estensore di una proposta di flat tax per l'Istituto Bruno Leoni (Flat tax. Aliquota unica e minimo vitale per un fisco semplice ed equo, Marsilio), gli sberleffi nei confronti di Toninelli sono fuori luogo e «basterebbe conoscere le quattro operazioni fondamentali: somma, sottrazione, soddivisione e moltiplicazione» per capire che la flat tax può essere progressiva.
IN ITALIA CINQUE SCAGLIONI. Ma prima un passo indietro: in Italia, come nella maggioranza dei Paesi europei e anche negli Stati Uniti, la principale imposta sul reddito (nel nostro caso l'Irpef) è costruita a scaglioni, secondo il principio che chi guadagna di più paga una percentuale maggiore di tasse. Questo principio si chiama progressività della tassazione ed è inserito in Costituzione. In particolare, in Italia i redditi fino a 15 mila euro sono tassati al 23%, da 15 mila a 28mila si passa al 27%, da 28 mila a a 55mila il 38%, da 55 mila a 75 mila il 41%, oltre i 75 mila il 43%. Nel caso della flat tax, scompaiono gli scaglioni e a tutti si applica la stessa aliquota. In campagna elettorale la Lega aveva proposto una flat tax con una aliquota unica al 15%. Forza Italia aveva una proposta simile, ma con una aliquota al 20%. E quindi, come è possibile mantenere la progressività?
LA QUOTA ESENTE. Perché la progressività sia mantenuta, spiega Nicola Rossi, la flat tax va applicata con un accorgimento, ovvero prevedere una quota di base esentasse. Nella proposta dell'istituto Bruno Leoni, infatti, «fino a 12 mila euro non si paga un euro di tasse», dopo il 25%. In pratica ci sarebbe un primo scaglione "fittizio" - da 0 a 12 mila euro - a cui si applica una tassazione pari a zero. Facciamo due esempi: se io guadagno 13 mila euro, pago zero fino a 12 mila euro mentre sui mille euro eccedenti pago il 25%, ovvero 250 euro. Quindi la tassazione complessiva è di circa il 2%. Se invece io guadagno 20 mila euro, pago il 25% sulla differenza tra 20 mila e 12mila euro, quindi 8 mila euro, pari a quota del 10%. «Se andiamo avanti alzando ancora il reddito», spiega Nicola Rossi, «vedrete come i più ricchi pagano il 25%. La progressività, come vedete, è mantenuta».
Ovviamente c'è un'obiezione molto facile da fare a Nicola Rossi. Ovvero: la progressività ci sarà pure, ma rimane il fatto che i "Paperoni" pagherebbero comunque una quota relativamente bassa sui redditi eccedenti i 75 mila rispetto a quanto fanno adesso. Si tratta di un'obiezione, tuttavia, che Rossi respinge: «Già oggi, con il sistema attuale, nessuno paga realmente il 43%».
DETRAZIONI, CEDOLARI, ETC. La ragione di questa affermazione di Rossi va cercata in due meccanismi del fisco: uno è quello che regola le detrazioni e le deduzioni, l'altro è quello che regola la tassazione specifica in determinati ambiti. Nel caso di detrazioni e deduzioni, ad esempio quelle applicate alle ristrutturazioni, secondo Rossi «recenti studi dimostrano che queste vanno ad abbattere soprattutto le tasse di chi guadagna di più». Inoltre, e siamo al secondo meccanismo, ci sono regole specifiche sui redditi dall'affitto di case, cui si applica la cedolare secca al 21%, gli investimenti in titoli pubblici (12%) o altri patrimoni finanziari (26%). «Gli scaglioni», conclude Rossi, «si applicano a chi lavora, non ai redditi da patrimonio, che sono quelli che contraddistinguono le fasce di popolazione più ricche. Parlare di progressività del sistema attuale è una presa in giro».
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Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.