Le aziende lasciano l’Italia e vanno nell’Est Europa? È solo colpa nostraI Paesi dell’Est Europa non fanno dumping sociale, non speculano con gli incentivi europei. Solo, fanno meglio di noi quello che serve per attirare le aziende: ottime scuole professionali, zero burocrazia, servizi accettabili e fisco adeguato. Esiste qualcosa del genere in Italia?di Francesco Checcacci
Ad ascoltare alcune voci scatenatesi negli ultimi tempi, ci sarebbe un problema molto serio perché i nostri partner del V4 (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria) ci “portano via le fabbriche”. Addirittura!
La vicenda Embraco è stata usata per un attacco in particolare alla Slovacchia, che userebbe dumping sociale per accaparrarsi capacità produttiva dal resto d’Europa. Argomenti simili vengono usati nel caso della Polonia. In alcuni casi, condendo il tutto con discorsi filorussi e dipingendo i V4 come amici degli USA e della NATO. Come se non ci fosse stata l’opposizione ceca al sistema antimissile e come se, alla fine, Obama non avesse cambiato i piani.
E come se non ci fosse preoccupazione in Francia e Germania per i flirt con Mosca e soprattutto Pechino dei leader del Centro Europa.
Ma la parte più sbagliata delle critiche che leggiamo riguarda accuse di prezzi dell’energia più concorrenziali a causa dell’uso dei fondi europei e di dumping sociale. Uno dei motivi per cui in Italia la bolletta è più cara di quelle di quasi tutti i Paesi europei è il peso dei generosi incentivi alle rinnovabili di qualche anno fa, finiti ovviamente a gravare sui costi per imprese e famiglie. Questo oltre al peso fiscale, del quale non hanno certamente colpa gli stranieri.
Nella classifica mondiale della facilità di fare impresa la Slovacchia è trentanovesima, la Repubblica Ceca trentesima, la Polonia ventisettesima. L’Italia, al quarantaseiesimo posto, fa meglio solo dell’UngheriaCome certamente non è colpa loro se la burocrazia italiana è fuori controllo.
Il rapporto Doing Business della World Bank (
http://www.doingbusiness.org/rankings?r ... igh-income ) ci mostra la cosa in modo chiaro e senza molta possibilità di trovare scuse: nella classifica mondiale della facilità di fare impresa, la Slovacchia è trentanovesima, la Repubblica Ceca trentesima, la Polonia ventisettesima. L’Italia, al quarantaseiesimo posto, fa meglio solo dell’Ungheria, quarantottesima e non certo nota per la facilità di fare affari, anche a causa delle politiche non esattamente conduttive all’iniziativa imprenditoriale del governo Orban.
Per tacere delle ottime scuole professionali che aprono poi la strada dei politecnici, con percorsi simili a quelli tedeschi, e che finiscono per formare buoni operai specializzati e ingegneri capaci dal punto di vista pratico, anche se magari meno atti a risolvere problemi di analisi matematica rispetto ai nostri. Se un’azienda preferisca assumere un ingegnere in gradi di lavorare subito o uno con grandi basi teoriche ma che non ha mai visto una macchina industriale lasciamo pure concludere al lettore.
E questo ancor prima di parlare di tassazione: la fiscalità in Italia è esageratamente onerosa, penalizzante sia per le imprese che per i dipendenti a causa di un cuneo fiscale tra i più alti del mondo. Ma i risparmi effettuati negli ultimi anni hanno solo spostato la spesa altrove.
Insomma le aziende internazionali trovano nel cuore d’Europa una base con burocrazia meno pesante, fiscalità accettabile e servizi che funzionano bene (farsi un giro per Budapest, Varsavia o Praga con il trasporto pubblico farebbe bene ai nostri politici, o forse male), il tutto a rischio di cambio zero, considerato che la Slovacchia ha adottato l’Euro, e gli altri hanno cambi praticamente fissi. Peraltro gli industriali cechi e polacchi si sono espressi a favore dell’euro in molte occasioni, anche perché praticamente tutti hanno già operatività con clienti e fornitori in Euro: non a caso la maggioranza delle esportazioni è verso l’eurozona (particolarmente la Germania).
Volete dunque il vero motivo per cui le aziende scappano dall’Italia ed aprono in Europa Centrale?
Ebbene: i nostri partner europei hanno scelto di limitare il peso dello Stato nell’economia, incoraggiando la creazione di ricchezza e l’iniziativa privata, e dalla caduta del muro di Berlino, avvenuta, ricordiamo, nel 1989, hanno raggiunto livelli di benessere simili a quelli dei loro vicini occidentali.
Non sono Paesi perfetti (la perfezione non esiste) ma i politici, anche in tv, passano più tempo a parlare di sistema scolastico per preparare i giovani al futuro che di pensioni e privilegi per i vecchi.
E se ripartissimo anche noi da qui?
http://www.linkiesta.it/it/article/2018 ... tra/37214/
Che dire? Difficile confutare gli argomenti e credo che nessuno possa farlo. Quello che caso mai credo sia discutibile è il modo in cui certe aziende lasciano (brutalmente) l'Italia ed i lavoratori italiani. Ora c'è il Naspi ma credo che il governo non veda di buon occhio il suo utilizzo perché esso va a deperimento delle risorse dell'INPS, in un periodo che già non è felice per quell'ente. Meglio la cassa integrazione, che è pagata, se non ricordo male, da contributi delle aziende.
A parte questo, quando un'azienda lascia un territorio o licenza un gran numero di lavoratori è prassi predisporre un piano sociale e come minimo un outplacement.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)