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Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda franz il 15/02/2018, 9:18

Sole24ore: Istat: crescita Pil 2017 a +1,4%: è la più alta da 7 anni
e sulla stessa linea gli altri grandi quotidiani.
solo il FattoQuotidiano precisa che: Crescita, Istat: “Nel 2017 pil a +1,4%. Ma resta sotto del 5,7% rispetto al livello pre crisi”

Verissimo, a tutti è però sfuggito un particolare (tranne a qualche amico su FB).

E' una crescita di poco sopra i 25 miliardi mentre il debito (banca d'Italia non ha ancora reso pubblico il dato di dicembre) da novembre 2016 a novembre 2017 è passato da 2.231.572 milioni a 2.275.045 milioni (+ 43 miliardi e 473 milioni).

Secondo alcuni tecnici forse il debito pubblico a dicembre si assesterà, con artifici tecnici a 2.267 miliardi ma a gennaio, scaduti gli artifici, salirà di colpo a 2'290 sino a raggiungere a giugno una cifra compresa tra 2.314 e 2.338 miliardi.

In linea di massima significa che il debito aumenta quasi ad un ritmo doppio rispetto al PIL e se questi sono i numeri a fronte di un +1.5% (destagionalizzato) del PIL avremo quasi un +2.6% del debito. E per il 2018 le previsioni sono di altri 33 miliardi di debito pubblico in più e molto probabilmente il QE (il materasso predisposto dalla BCE) finirà.

In attesa di vedere bene le cifre della spesa e delle entrate 2017, sembra proprio che far debito (+43.5 miliardi) non produca più PIL (+25 miliardi) e quindi il mitico moltiplicatore nel nostro caso sia una grande bufala.
D'altronde se funzionasse ... dovremmo avere da 30 o 40 anni un PIL stratosferico. :-)
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda gabriele il 15/02/2018, 10:01

Uno di quei temi che ti cambia la vita. Almeno in politica.

Non c'è un solo giornalista, però, che lo chieda ai politicanti italiani.

Ora, capisco che sia interessante sapere del perché i 5s di 24 milioni ne abbiano ceduti solo 23, ma chiedere a giggino cosa pensa di fare per questo problema? Oppure chiederlo al pinochietto del PD? Oppure al venditore di pentole seriale?

Di carne de mettere sul fuoco ce n'è a bizzeffe, ma niente, i nostri cari giornalisti si perdono in chiacchere.

Meglio parlare di 4 "ragazzotti" col busto del duce in casa invece di tegole come questa, per alcuni, è diventato uno sport nazionale
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda franz il 15/02/2018, 10:04

Vediamo il confronto internazionale:

http://www.ilmetropolitano.it/2017/12/2 ... aria-zero/

Secondo una ricostruzione statistica realizzata dall’Ufficio studi della CGIA, dall’inizio del 2000 fino al 2017 la ricchezza nel nostro Paese (Pil) è cresciuta mediamente di appena lo 0,15 per cento ogni anno. “Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – e sebbene la ripresa si stia consolidando in tutta Europa, anche a seguito di una congiuntura internazionale favorevole, gli effetti positivi non stanno interessando tutte le aree territoriali e le classi sociali del nostro Paese.

Il popolo delle partite Iva, ad esempio, continua ad arrancare; schiacciato come è da un carico fiscale eccessivo, da una burocrazia oppressiva e da una domanda interna che stenta a decollare”. Rispetto al 2007, anno pre-crisi, dobbiamo ancora recuperare 5,4 punti percentuali di Pil.

Tra le componenti che compongono quest’ultimo indicatore economico, nel 2017 la spesa della Pubblica amministrazione presenta una dimensione inferiore a quella di 10 anni fa di 1,7 punti percentuali, la spesa delle famiglie di 2,8 punti e gli investimenti addirittura di 24,3 punti percentuali in meno. La crescita registrata dai nostri principali partner economici dell’area dell’euro è stata molto superiore alla nostra. Se in Italia negli ultimi 17 anni il Pil è aumentato di soli 2,6 punti percentuali (variazione calcolata su valori reali), in Francia l’incremento è stato del 21,7 per cento, in Germania del 23,7 per cento e in Spagna addirittura del 31,3 per cento.

L’Area dell’euro (senza Italia), invece, ha riportato una variazione positiva del 25,9 per cento. Tra i 19 paesi che hanno adottato la moneta unica solo il Portogallo (-1,2 punti percentuali), l’Italia (-5,4) e la Grecia (-25,2) devono ancora recuperare, in termini di Pil, la situazione ante crisi. Se, però, sempre in questo arco temporale analizziamo l’andamento dei nostri conti pubblici, il rigore non è mai venuto meno. “Negli ultimi 17 anni – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – solo in un anno, il 2009, il saldo primario, dato dalla differenza tra le entrate totali e la spesa pubblica totale al netto degli interessi sul debito pubblico, è stato negativo. In tutti gli altri anni, invece, è stato di segno positivo e, pertanto, la spesa primaria è stata inferiore alle entrate.

A ulteriore dimostrazione che in questi ultimi decenni l’Italia ha mantenuto l’impegno di risanare i propri conti pubblici, nonostante gli effetti della crisi economica siano stati più pesanti qui da noi che altrove”. Anche sul fronte della produzione industriale, lo score dell’Italia registrato in questi ultimi 17 anni è stato abbastanza deludente. Rispetto al 2000, oggi scontiamo un differenziale negativo di 19,1 punti percentuali, con punte del -35,3 per cento nel tessile/abbigliamento e calzature, del -39,8 per cento nel settore dell’informatica e del -53,5 per cento nelle apparecchiature elettriche.

Di segno opposto, invece, solo gli alimentari e le bevande (+11,2 per cento) e la farmaceutica (+28,3 per cento). Se, come sostenevamo più sopra, negli ultimi 17 anni la produzione manifatturiera in Italia è diminuita di 19,1 punti percentuali, nessun altro tra i principali paesi avanzati dell’Ue ha fatto peggio. Sebbene Spagna e Francia abbiano ottenuto dei risultati con scostamenti non molto diversi dal nostro, è invece significativa la performance registrata dal settore industriale tedesco.

Tra il 2000 e il 2017 la produzione manifatturiera in Germania è aumentata di quasi 30 punti percentuali. Secondo la CGIA, comunque, il tema degli investimenti rimane centrale per delineare qualsiasi politica di sviluppo economico. “Gli investimenti pubblici – conclude Paolo Zabeo – sono una componente del Pil meno rilevante in termini assoluti, ma fondamentale per la creazione di ricchezza. Se non miglioriamo la qualità e la quantità delle nostre infrastrutture materiali, immateriali e dei servizi pubblici, questo Paese è destinato al declino.

Senza investimenti non si creano posti di lavoro stabili e duraturi in grado di migliorare la produttività del sistema e, conseguentemente, di far crescere il livello delle retribuzioni medie. Ricordo, altresì, che il crollo avvenuto in questi ultimi anni è stato dovuto alla crisi, ma anche ai vincoli sull’indebitamento netto che ci sono stati imposti da Bruxelles che, comunque, possiamo superare, se, come prevede il Fiscal Compact, introduciamo degli aggiustamenti come, ad esempio, la golden rule. Ovvero, alla possibilità che gli investimenti pubblici in conto capitale siano scorporati dal computo del deficit ai fini del rispetto del patto di stabilità fra gli stati membri”.

Immagine



Nota personale:
Guardando la tabella qui sopra possiamo concludere che non è più possibile parlare di PIIGS.
Visto dove e messa l'Irlanda (che era una delle due "i") e come sta adesso la Spagna ("s") ora abbiamo solo PIG.
La Spagna nel 2018 ci sta superando anche come PIL procapite PPP.
E il Portogallo sembra messo meglio di noi, in quella tabella.

Ora è innegabile che in Irlanda sia intervenuta la famigerata Troika (BCE, IMF, Commissione UE) e che quindi l'intervento sia stato un successo, anche che sappiamo che l'attrattiva fiscale è un fattore importantissimo (ma che potrebbero fare anche gli altri, se ne sono capaci). La Spagna si è rimessa in carreggiata da sola, senza Troika, ma avuto bisogno di un sostegno per il salvataggio delle sue banche. Il Portogallo ha subito una delle cure più draconiane della Troika (aveva un deficit che superava anche il 10%) ed ora viaggia attorno al 2% senza incrementi di entrate tributarie ma con un controllo accurato delle spesa ed una ottima spending review. A parole i portoghesi (governo di sinistra) dicono di non seguire piu' l'austerità della troika ma nei fatti hanno seguito lo stesso rigore dei conti di prima, come spiegato qui da Cottarelli.
E il Portogallo, che era sull'orlo del baratro, ora cresce piu' dell'Italia.
https://www.ilfoglio.it/economia/2017/0 ... lo-133983/

Diciamo che se non ci fosse la Grecia, l'Italia sarebbe l'ultima ma dal 2016 il tasso di crescita greco è maggiore di quello portoghese e italiano.

https://www.google.com/publicdata/explo ... &ind=false
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda franz il 15/02/2018, 11:08

gabriele ha scritto:Uno di quei temi che ti cambia la vita. Almeno in politica.

Non c'è un solo giornalista, però, che lo chieda ai politicanti italiani.

Ora, capisco che sia interessante sapere del perché i 5s di 24 milioni ne abbiano ceduti solo 23, ma chiedere a giggino cosa pensa di fare per questo problema? Oppure chiederlo al pinochietto del PD? Oppure al venditore di pentole seriale?

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???
Hai inserito qui la risposta che era per l'altro thread? :-)
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda gabriele il 15/02/2018, 12:00

No no. Il posto è giusto ;)

Perché questo tema non viene trattato nei contenitori di informazione dai politici? Eppure di giornalisti esperti qui in Italia ne abbiamo a bizzeffe
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda pianogrande il 15/02/2018, 13:15

Il primo dato dell'articolo è che il confronto non va fatto con il nostro passato ma con gli andamenti dei paesi a noi più vicini.

Lì siamo perdenti in modo davvero lampante.

Il mio pensiero va dal fatto di non essere ultimi solo grazie alla Grecia alle promesse elettorali che dovrebbero portarci dritti dritti a questo primato.

Insomma e se non cambia niente e non vedo cambiamenti all'orizzonte, l'Italia prima la commissariano e meglio è.

Siamo un paese assolutamente immaturo per essere autonomo e che reclama "sovranismo" per buttarsi più in fretta nel baratro.
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda franz il 15/02/2018, 13:30

pianogrande ha scritto:Insomma e se non cambia niente e non vedo cambiamenti all'orizzonte, l'Italia prima la commissariano e meglio è.

La mia impresssione è che se vince il PD (come sembra per ora improbabile) si continua come è stato fatto in questi anni. Alla via così, galleggiando ma imbarcando quasi piu' acqua di quanta si riesca a buttar fuori.

Se invece vince il M5S, con le sue promesse di maggiore spesa che sono implicite (pur non quantificate) nel programma, si va a picco piu' in fretta. A maggior ragione se vince Forza Italia con il suo carico entieuropeo e sovranista di Lega salviniana e Fratelli meloniani, anche qui con forti e costose promesse elettorali.

Ma se come dici " l'Italia prima la commissariano e meglio è" allora invece di votare il meno peggio si potrebbe anche di votare il peggio. Secondo voi chi è tra M5S e FI + alleati?
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda pianogrande il 15/02/2018, 14:17

FI e alleati perché si sfasciano prima non avendo contratti da centomila a sgarro.

Si può ancora sperare che, nel frattempo, nella testa della gente qualcosa maturi.

Speranza vana?

E allora tanto vale calare le scialuppe e abbandonare la nave.
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda franz il 15/02/2018, 14:44

Capita a fagiolo ...


Colomban: da Raggi a Grillo L’Italia del M5S in stile Maduro

L’ex assessore alle Partecipate di Roma: «Vi racconto i 5 Stelle. Che tristezza il caso rimborsi, sembra la cronaca di un partito qualsiasi»
di Stefano Lorenzetto

Non è certo il tipo da buttarsi giù, per così poco, da una delle 400 finestre di Castelbrando, l’antico maniero che ha trasformato in hotel di lusso a Cison di Valmarino (Treviso). Però Massimo Colomban, 68 anni, fino allo scorso ottobre assessore alle Partecipate del Comune di Roma, sprizza delusione da tutti i pori, seppure tamponata con velluti veneti: «Beppe Grillo mi presentava così: “Ecco il nostro superministro dell’Economia”. Mi pregò di aiutare il sindaco Virginia Raggi, con l’intesa che poi avrei scritto il programma di riforme per l’Italia. Diceva di volerlo mettere ai voti sulla piattaforma Rousseau. Invece... Non sono riuscito a cambiare né lui né il Movimento 5 Stelle».

Da qualche giorno la delusione di Colomban ha raggiunto il diapason: «Parlamentari che non versavano i rimborsi sulle loro indennità; miserabili vicende di scontrini e di pasti; David Borrelli, un amico, numero 3 del M5S, che a Strasburgo si dimette dal gruppo adducendo motivi di salute... Sembra di leggere le cronache di un partito qualunque. Che tristezza». Di imprese difficili il fondatore e presidente onorario della Permasteelisa, multinazionale delle costruzioni, ne ha compiute parecchie e tutti gli riconoscono una notevole abilità nel dare forma ai sogni dei visionari, come ha fatto con le archistar Frank Gehry, Norman Foster e Richard Rogers: sono made in Treviso la Freedom Tower e altre due delle cinque torri sorte attorno al cratere di Ground Zero, le vele della Sydney opera house in Australia, le sedi del Parlamento europeo a Strasburgo e Bruxelles e quella della Apple a Cupertino, a forma di astronave, una commessa da circa 400 milioni di dollari. Ma in politica il sarto dei grattacieli ha dovuto deporre ago e filo: «Più facile vestire gli edifici con vetro e metallo – facciate continue, si chiamano – che togliere la camicia rossa ai grillini». Colomban pensava di applicare la sua teoria: «Fino ai 30 anni s’impara, fino ai 60 si fa, fino ai 90 s’insegna». Voleva lasciare in eredità al M5S un patrimonio di esperienza, come quando regalò il 40 per cento di Permasteelisa agli 83 manager più meritevoli (il resto delle azioni, in parte proprie, era quotato alle Borse di Milano e Singapore). «Mia moglie Ivana, a distanza di 20 anni, ancora mi rimbrotta: “Sei stato troppo generoso”. Ma non si è mai troppo generosi».

Come ha conosciuto Beppe Grillo?
«Attraverso Gianroberto Casaleggio. Poco prima delle elezioni politiche del 2013 mi telefonò, raccontandomi della nonna nata a Oderzo. Era rimasto impressionato dal programma del mio movimento Rete SI, acronimo di Salviamo l’Italia. “Voglio adottarlo”, mi disse. Venne a trovarmi con Grillo al Bhr hotel di Treviso. Portò il figlio Davide, che ascoltava senza intervenire. In seguito anche Luigi Di Maio è salito a Castelbrando per chiedermi suggerimenti».

Che impressione le fece Grillo?
«Un istrione e un sognatore. Di economia capisce poco. Adatta il socialismo reale al terzo millennio. Tende a mandare in vacca gli argomenti. Se affronti una questione seria, svia il discorso, prende tempo».

Ma se ne andrà dal M5S o resterà?
«Il 95 per cento delle decisioni le prende lui. Nessuno ha il coraggio di contraddirlo. Chi lo fa, viene messo in disparte».

Che tipo di Italia si prefigura Grillo?
«Ha presente la Città del Sole immaginata da Tommaso Campanella? Utopia pura. Mi toccava riportarlo con i piedi per terra. Beppe, questo lo faranno i nostri nipoti, lo raffreddavo. Per lui le auto devono essere tutte elettriche e in grado, marciando, di produrre un surplus di energia che illumini le città».

L’elettricità si ricava dagli idrocarburi.
«“Tu ami suv e gru”, mi prendeva in giro. Io gli rispondevo che la Silicon Valley è avveniristica perché prima i vari Steve Jobs hanno fatto i soldi con cui costruirla. Il fatto è che Grillo disegna un modello di società che non deve creare ricchezza. E pretende che a guidarlo sia solo lo Stato, con la Cassa depositi e prestiti a finanziare le imprese».

Un vecchio comunista.
«L’ha detto lei».

Suona come una conferma.
«È un fatto che Casaleggio, alla fine di un raduno al Circo Massimo, invitò i presenti a intonare Bandiera rossa e fui costretto a dissociarmi. Beppe mi dà del nazileghista. Durante le nostre colazioni all’hotel Forum di Roma gli ho affibbiato vari soprannomi: Raúl, come il fratello di Fidel Castro, Chávez, Maduro. Vuoi ridurmi l’Italia come il Venezuela, lo rimproveravo. Una cosa è sicura: se arriva al governo, lo sviluppo si ferma. Grillo pensa che sia un pericolo».

Per questo lei se n’è andato?
«Ho esaurito la pazienza. Pretendeva di convertirmi alla sua filosofia. O a quella del sociologo Domenico De Masi, che per il 2025 prevede un saldo negativo di 9 milioni fra i posti di lavoro creati e quelli distrutti dai robot. Una tesi per giustificare il reddito di cittadinanza. E io a dirgli: Beppe, ma chi paga? Non lo spiega. Però si capisce benissimo dove andrà a parare».

Dove?
«Tassa sui patrimoni. Tassa sulle eredità. Tassa sulle rendite speculative».

È come Robin Hood. Toglie ai ricchi per dare ai poveri.
«Raffronto improprio. Togliere alle imprese per dare a chi non fa neppure la fatica di cercarsi un lavoro, è una follia».

A quanto ammonta il deficit di Roma?
«A circa 15 miliardi di euro. Ogni anno le partecipate lo aggravano di 500 milioni, una perdita generata per il 90 per cento dall’Atac. Mi sono ritrovato a gestire 13 sigle sindacali e autisti pagati per sei ore al giorno che prestavano servizio per quattro».

Il suo rapporto con Virginia Raggi?
«Di rispetto reciproco. Forse, per la mia età e per i miei trascorsi, mi vedeva come un controllore».

Ha dato buoni consigli al sindaco?
«Non me li ha mai chiesti. Non si lascia guidare da nessuno. È una stakanovista ambiziosissima».

La voterebbe?
«Vivo a Conegliano, dove c’è già un bravo sindaco, Flavio Chies, un umile ingegnere che ascolta tutti e poi fa sintesi delle idee migliori».

Le ripeto la domanda: la voterebbe?
«No».

È dura per un veneto governare la Capitale?
«Il primo giorno arrivai in Campidoglio alle 8. Gli uscieri erano ancora senza giacca e senza cravatta. Il mio dipartimento funzionava come un’azienda, orario continuato fino alle 20. Unico svago: i 40 minuti di corsa alle 6 del mattino, tra Fori imperiali e Colosseo, con il mio braccio destro Paolo Simioni, che oggi è amministratore delegato dell’Atac».

Un marziano a Roma. L’episodio più surreale?
«In via della Madonna dei Monti, dove abitavo, mi ero stufato di vedere cicche per strada e auto parcheggiate sulle strisce pedonali. Con il permesso del sindaco, convocai Diego Porta, il comandante dei vigili urbani. Gli dissi: lo sa che a Conegliano chi getta a terra una sigaretta paga 300 euro di multa? Strabuzzò gli occhi: “Dotto’, qui nun se po fa’!”. Allora mandi almeno gli agenti a controllare se bar e ristoranti pagano il plateatico per i tavolini all’aperto, insistetti. Con Grillo alla fine avevo individuato un generale a riposo che ristabilisse legge e ordine, come fece Rudolph Giuliani a New York. “Ma voi siete matti!”, insorse Virginia Raggi».

Ha fatto molte nomine?
«Non io: la sindaca. Ogni tanto si degnava di sottopormele, spesso dopo aver già individuato i candidati. Alcuni di dubbia professionalità».

Ma è riuscito a combinare qualcosa di buono?
«Grazie alla legge Madia, ho deliberato la chiusura di 20 delle 31 aziende partecipate, senza licenziare nessuno. In Permasteelisa avevo 42 società in quattro continenti e una sola regola: the best is the standard, la migliore è il modello. Ho ordinato una comparazione fra le città metropolitane. Milano ha gli stessi abitanti dell’area di Roma e vanta una produttività dal 15 al 30 per cento superiore alla Capitale. Se non si riparte da qui, è tempo sprecato».

Chi comanda nella Città Eterna? Il sindaco? Il Papa? Francesco Gaetano Caltagirone?
«La burocrazia. Più del sindaco, più dei ministri. Il Papa non fa sentire il suo peso, al contrario dell’editore Caltagirone, che tiene un profilo basso però mette sul piatto della bilancia Il Messaggero e il suo 5 per cento in Acea, la società multiservizi che eroga acqua, luce e gas».

Luigi Di Maio sarebbe un buon premier?
«È uno dei migliori. Ma è circondato da troppi pasdaran. Ha le idee giuste. Bisogna vedere se Grillo gli consentirà di applicarle all’economia».

Pare che in Veneto le urne gli daranno poche soddisfazioni.
«Siamo gente pragmatica. Qui ogni famiglia è un’azienda».

Lei lo voterà?
«Sono un liberal-sociale. Dobbiamo produrre più di quello che consumiamo. Non credo nei sogni social-comunisti».

http://www.corriere.it/elezioni-2018/no ... 3df1.shtml
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Re: Grande enfasi per la crescita del PIL ma ...

Messaggioda flaviomob il 15/02/2018, 23:48

Se la spesa primaria è inferiore alle entrate e il debito continua a lievitare, sul banco degli imputati ci sono gli interessi sul debito. Poi se tra le entrate mancano quelle degli evasori, è chiaro che sugli spalle degli onesti il peso del fisco diventa un macigno e le aziende (e i consumi) ne risentono.

http://www.wallstreetitalia.com/debito- ... ardi-euro/

Debito, 2017 annus horribilis. In 20 anni interessi per 1.700 miliardi


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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