Memorie

GLI ECCIDI FASCISTI IN GRECIA .
Tratto da di Enrico Arosio da l'Espresso n° 9 del 6 marzo 2008.
I partigiani avevano fatto fuoco dalla collinetta, quando il convoglio aveva rallentato in curva, a un chilometro dal Villaggio di Domenikon. Erano morti nove soldati italiani. Dunque i greci andavano puniti: non i partigiani, i civili, Domenikon andava distrutta. Per dare a tutti «una salutare lezione», come scrisse poi il generale Cesare Benelli, che comandava la divisione Pinerolo. «Qui al villaggio, prima, i soldati italiani venivano per un'ora o due, flirtavano con le donne, poi se ne andavano. A Elassona avevano fidanzate ufficiali. Erano dei dongiovanni», racconta un contadino davanti alla cinepresa. Prima, sì. Non il 16 febbraio 1943. Quel giorno gli italiani brava gente si trasformarono in bestie. L'eccidio di Domenikon, la piccola Marzaabotto di Tessaglia, è un crimine italiano dimenticato. In stile nazista, solo un po' meno scientifico. Fu il primo massacro di civili in Grecia durante l'occupazione, e stabilì un modello. Il primo pomeriggio gli uomini della Pinerolo circondarono il villaggio, rastrellarono la popolazione e fecero un primo raduno sulla piazza centrale. Poi dal cielo arrivarono i caccia col fascio littorio. Scesero bassi, rombando, scaricando le loro bombe incendiarie. Case, fienili, stalle bruciarono tra le urla delle donne, i muggiti lugubri delle vacche. Gli italiani gliel'avevano detto, raccontano i vecchi paesani: «Vi bruceremo tutti». Il maestro, che capiva la nostra lingua, avvertì: «Mamma. Ci ammazzano tutti». Molti non avevano mai visto un aereo. Al tramonto, raccontano i figli degli uccisi, le famiglie di Domenikon furono portate sulla curva dei partigiani. Dopo esser stati separati dalle donne, tra pianti e calci, tutti i maschi sopra i 14 anni, fu ordinato, sarebbero stati trasferiti a Larisa per interrogatori. Menzogna. All'una di notte del 17 gli italiani li fucilarono nel giro di un'ora, e i contadini dovettero ammassarli in fosse comuni. «Anche mio padre e i suoi tre fratelli», ricorda un vecchio rintracciato da Stathis Psomiadis, insegnante e figlio di una vittima che si è dedicato alla ricostruzione dell'eccidio, indicando la collina di lentischi e mini. La notte e l'indomani i soldati della Pinerolo assassinarono per strada e per i campi pastori e paesani che si erano nascosti: fecero 150 morti. Altro che fascisti buoni.
Tratto da di Enrico Arosio da l'Espresso n° 9 del 6 marzo 2008.
I partigiani avevano fatto fuoco dalla collinetta, quando il convoglio aveva rallentato in curva, a un chilometro dal Villaggio di Domenikon. Erano morti nove soldati italiani. Dunque i greci andavano puniti: non i partigiani, i civili, Domenikon andava distrutta. Per dare a tutti «una salutare lezione», come scrisse poi il generale Cesare Benelli, che comandava la divisione Pinerolo. «Qui al villaggio, prima, i soldati italiani venivano per un'ora o due, flirtavano con le donne, poi se ne andavano. A Elassona avevano fidanzate ufficiali. Erano dei dongiovanni», racconta un contadino davanti alla cinepresa. Prima, sì. Non il 16 febbraio 1943. Quel giorno gli italiani brava gente si trasformarono in bestie. L'eccidio di Domenikon, la piccola Marzaabotto di Tessaglia, è un crimine italiano dimenticato. In stile nazista, solo un po' meno scientifico. Fu il primo massacro di civili in Grecia durante l'occupazione, e stabilì un modello. Il primo pomeriggio gli uomini della Pinerolo circondarono il villaggio, rastrellarono la popolazione e fecero un primo raduno sulla piazza centrale. Poi dal cielo arrivarono i caccia col fascio littorio. Scesero bassi, rombando, scaricando le loro bombe incendiarie. Case, fienili, stalle bruciarono tra le urla delle donne, i muggiti lugubri delle vacche. Gli italiani gliel'avevano detto, raccontano i vecchi paesani: «Vi bruceremo tutti». Il maestro, che capiva la nostra lingua, avvertì: «Mamma. Ci ammazzano tutti». Molti non avevano mai visto un aereo. Al tramonto, raccontano i figli degli uccisi, le famiglie di Domenikon furono portate sulla curva dei partigiani. Dopo esser stati separati dalle donne, tra pianti e calci, tutti i maschi sopra i 14 anni, fu ordinato, sarebbero stati trasferiti a Larisa per interrogatori. Menzogna. All'una di notte del 17 gli italiani li fucilarono nel giro di un'ora, e i contadini dovettero ammassarli in fosse comuni. «Anche mio padre e i suoi tre fratelli», ricorda un vecchio rintracciato da Stathis Psomiadis, insegnante e figlio di una vittima che si è dedicato alla ricostruzione dell'eccidio, indicando la collina di lentischi e mini. La notte e l'indomani i soldati della Pinerolo assassinarono per strada e per i campi pastori e paesani che si erano nascosti: fecero 150 morti. Altro che fascisti buoni.