Cosa c'è dietro la riconoscenza di Prodi verso Casini e Renzi
Il professore a Bologna sosterrà l'ex Dc, che lo piazzò all'Iri. E intanto fa pace col leader dem, che ha messo i suoi fedelissimi in lista. Già dimenticate le frizioni sui 101 franchi tiratori. E LeU s'infuria.
ALESSANDRO DA ROLD
Elezioni, Prodi: «Pd per unità del centrosinistra, LeU no»
Per decifrare le parole che Romano Prodi ha rilasciato in questi giorni ai quotidiani, scatenando la reazione del leader di Liberi e Uguali Pietro Grasso, bisogna partire dal soprannome che fu dato a Pier Ferdinando Casini negli Anni 80, quando l'ex leader Udc era uno dei collaboratori di Arnaldo Forlani. Casini veniva chiamato dai cronisti parlamentari "lo sfondo". Quando l'allora segretario Dc compariva in Rai per pronunciare storici virgolettati come «occorre una soluzione equilibrata e costruttiva», a destra e sinistra si intravedeva sempre, come in una scenografia da film d'inizio novecento, l'attuale candidato del Partito Democratico a Bologna. È iniziata in quegli anni la storica amicizia tra il professore e l'ex marito di Azzurra Caltagirone. Si tratta di un rapporto di lunga data, ma anche di riconoscenza, perché quella Dc lo piazzò alla presidenza dell'Iri, in una delle fasi più difficili di rilancio della politica industriale italiana. Su quale fu l'operato di Prodi allora si è molto discusso e per ricordarlo basta rinviare alle parole che gli dedicò l'ex numero uno di Mediobanca Enrico Cuccia.
SIRENE DEMOCRISTIANE. Vecchie storie. Adesso, invece, c'è che nelle sue ultime interviste e colloqui con Affaritaliani e con Repubblica Prodi si espone e non si espone. Critica da un lato Liberi e Uguali, ma allo stesso tempo non dice se voterà Pd, anzi spiega che in fondo preferisce la coalizione di centrosinistra, quindi elogia Emma Bonino e l'amico Giulio Santagata. In sostanza un ragionamento più arzigogolato non poteva esserci, frasi che non hanno fatto altro che scatenare un bagarre tra Pd e LeU, con accuse da una parte dall'altra. Alla fine, di sicuro, si è capito che il professore voterà per Casini a Bologna, preferendolo a Vasco Errani. Del resto, come biasimarlo, dopo tanti anni di onorata amicizia e collaborazione? Laura Boldrini, ex presidente della Camera, non ci crede: «Sarebbe singolare: non dobbiamo legarci ai vecchi schemi ma dobbiamo ricordare chi è stato Casini e cosa è stato il Pd. Non è mai stato di sinistra, è una persona rispettabilissima, ma mai espressione del Pd; è stato anche con Berlusconi». Ma le sirene democristiane sono troppo forti. Lo stesso Casini lo spiega in un virgolettato: «Io sono troppo amico di Prodi e troppo coinvolto personalmente per interpretare le sue parole o darne un giudizio. Mi sembra che il presidente sia stato chiaro; d'altra parte a Bologna sanno tutti che votare per Errani significa dare la possibilità ai 5 Stelle o alla Lega di vincere il collegio. Questa è la fotografia dello stato delle cose».
D'altra parte, come spiega un vecchio comunista, «Prodi è sempre stato un anti-comunista convinto». Certo, un anti-comunista che ora ha di fatto «sepolto il centrosinistra», come dice una storica penna di sinistra come Peppino Caldarola, che aggiunge che l'ex presidente del consiglio si è «renzizzato». L'ex padre dell'Ulivo ha avuto un atteggiamento altalenante con Renzi in questi anni, spesso lo ha criticato, ma ora pare che gli attriti di un tempo siano scomparsi. Anche le polemiche sui famosi 101 che lo affossarono nel 2013 nella corsa al Quirinale sono passate. Pensare che Gaetano Quagliariello, storico deputato centrista, ha raccontato ultimamente nel suo libro Scena e retroscena di una legislatura spericolata (Rubbettino) particolari inediti su come andò quell'elezione: «Tra i grandi elettori non c’è Renzi», si legge a pagina 26. «Il giovane virgulto è però attivissimo... In un capannello in Transatlantico, Alfano ci racconta di averlo sentito al telefono e di aver ascoltato una voce beffarda assicurare che avrebbe dato tutto il suo contributo alla giubilazione di Prodi». Per Quagliariello si tratta della prova che anche i renziani presero parte all’agguato contro l’ex presidente della Commissione europea. Tutto dimenticato quindi? E come mai?
PRODIANI CON RENZI. Chiara Geloni, candidata di Liberi e Uguali, invita con un tweet a riflettere sulle candidature nelle liste dem di uomini vicini al professore. Tra questi viene citato Sandro Gozi, arrivato alla sua quarta legislatura. Poi c'è Sandra Zampa, storica portavoce di Prodi, e quindi Santagata, anche lui alla quarta tornata in parlamento. Del resto il professore ha sempre tenuto che i suoi uomini lo rappresentassero a Montecitorio o a Palazzo Madama. Accadde anche con Silvio Sircana, suo storico portavoce, eletto nel 2006. Che le rassicurazioni su suoi fedelissimi abbiano portato Prodi a placare le acque in casa dem evitando nuovi malumori? «Io ho molto affetto per Prodi e per questo voglio usare una sua metafora. Al referendum aveva detto che si era convinto a succhiare l'osso, ora mi sa che ne succhia un altro...», spiega con un pizzico di ironia Pier Luigi Bersani. «Ho grande rispetto per Prodi e per la sua storia», dice Erasmo Palazzotto, candidato di Liberi e Uguali nel collegio di Palermo. «Ma mi pare che non abbia idea di quello che sta accadendo al suo partito. Se pensa che la candidatura di Casini sia un caso isolato può venire a fare una passeggiata in Sicilia dove ci sono più candidati del centrodestra nel Pd che in Forza Italia» .
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