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no protezionismo

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

no protezionismo

Messaggioda Robyn il 28/01/2018, 16:57

Trump mettendo dei dazi sui pannelli solari e sulle lavatrici ha dato un colpo di grazia definitivo a questa forma di globalizzazione secondo il mito American First ,l'America protegge i suoi lavoratori.Il protezionismo è sbagliato perche possono esserci effetti collaterali a catena però la necessità di scambi commerciali equi senza damping sociale esiste.La Cina non può pretendere di vendere prodotti a basso costo in Europa a scapito dei diritti dei suoi lavoratori e sui bassi redditi che questi percepiscono.La Cina deve alzare i redditi e tutelare i suoi lavoratori altrimenti con scambi commerciali liberi và tutto a ribasso,vanno a ribasso i diritti dei lavoratori dei paesi industrializzati.Le norme antidumping europee sono giuste.Queste non sono dazi perche non impongono tasse sul volume delle merci importante.Stabiliscono solo che per vendere in Europa è possibile solo se il prezzo di vendita non è inferiore al prezzo di vendita europeo cioè non si stabiliscono limiti al volume di merci importante.Puoi vendere quanto ti pare ma il prezzo di vendita non può essere causa di damping sui lavoratori.La reazione cinese e dei fautori del liberismo senza regole non ha giustificazione legato a pura ideologia liberista perche Trump anche se in modo sbagliato ha posto finalmente sul tappeto il problema di una globalizzazione che impoverisce i paesi industrializzati
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Re: no protezionismo

Messaggioda franz il 28/01/2018, 17:23

Non è così che funziona l'anti-dumping europeo.
Scatta se un'azienda esporta sotto costo (e per farlo occorrono per forza aiuti di stato, altrimenti fallisce).
Il tutto collegato ad una procedura (istruttoria) che dura mesi.
Alla fine si impone un dazio. È successo verso l'acciaio cinese: dal 25 al 60%.
Naturalmente bisogna anche individuare le finte triangolazioni.

Se un'azienda estera vende ad un prezzo inferiore di quello europeo ma non è sotto costo, non viene fatto alcun intervento.
Anzi, ben venga. I consumatori europei ci guadagnano. Un dazio in questo caso sì che sarebbe protezionismo.

Deattagli:
http://formiche.net/2017/10/04/tutte-le ... anti-cina/

“Non siamo liberisti ingenui”. È racchiuso nelle parole del presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker l’accordo raggiunto a Bruxelles sulla riforma delle regole antidumping tra Europarlamento, Consiglio e Commissione europea. “Dobbiamo essere sicuri di avere gli strumenti per agire con la concorrenza sleale e al dumping di prodotti nel mercato dell’Europa, che ha come risultato la distruzione di posti di lavoro”. Un riferimento, neanche troppo velato, alle operazioni di vendite sottocosto perpetrate dalla Cina, e non solo, negli ultimi anni che hanno messo in crisi parecchi comparti industriali europei, dall’acciaio alla manifatturiera più classica.

ITER LUNGO E DIFFICILE MA IL MES ALLA CINA NON È PASSATO

Ma l’accordo raggiunto, e di cui adesso in molti si dicono soddisfatti, non ha avuto vita facile. Con un’Europa sempre più divisa tra paesi manifatturieri e paesi, soprattutto del Nord che vivono dei beni e servizi provenienti dall’ex Celeste Impero. Le premesse circa un anno fa, come raccontato più volte da Formiche.net erano altre, fino all’ipotesi che di fatto spalancava le porte alla Cina e alle altre economie emergenti di vedersi riconosciuto lo status di economia di mercato e, di conseguenza, di smantellare ogni forma di difesa come i dazi antidumping. La nuova metodologia di calcolo delle misure antidumping mette ora in piedi un sistema “neutrale per Paese”, eliminando la “lista nera” dei Paesi non a economia di mercato. Questo prevede la pubblicazione di rapporti da parte della Commissione su settori economici o Paesi per mettere in luce quelle che potrebbero essere le maggiori distorsioni. Si introduce quindi l’uso di costi e prezzi di produzione dei Paesi terzi per determinare se c’è il dumping quando questi sono estremamente distorti, e utilizza quelli domestici solo se questi intendono fissare un tetto ‘positivo’ sotto cui non si può scendere. E nella valutazione delle distorsioni, la Commissione europea, come chiesto dall’Europarlamento, dovrà anche tener conto del rispetto dei criteri ambientali e dei diritti del lavoro in linea con gli standard dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo).

OPERA DELLA PROVA NON PIÚ A CARICO DELL’INDUSTRIA EUROPEA

Ma ciò che più conta dell’accordo raggiunto è che la prova della distorsione del mercato non è più a carico delle imprese europee che invece viene trasferito sull’esportatore extracomunitario. Questo è un punto dirimente sul quale la nostra Confindustria insieme a quella europea si è maggiormente battuta perché avrebbe caricato di costi insostenibili i dossier per vedersi riconosciuto il dumping. Eppure fino a qualche mese fa l’orientamento era che chi subisse il danno doveva dimostrarlo e solo in un secondo tempo la Commissione avrebbe agito per riequilibrare il mercato dalle distorsioni. Solo che seguendo questa strada non si andava da nessuna parte perché si sommava al danno, la beffa, in quanto per le aziende europee riuscire a dimostrare da sole la vendita sottocosto di un prodotto era praticamente impossibile. Come si è arrivati allora al punto di svolta?

ASSE ITALIA – FRANCIA COSÌ SI È SBLOCCATO EMPASSE

“Nella lotta al dumping in Europa è necessario avere risposte più rapide, più protettrici e più efficaci per le nostre industrie quando i concorrenti internazionali non rispettano le regole del commercio”. È stato qualche settimana fa il presidente francese, Emmanuel Macron, al termine dell’incontro con il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani a far capire che la musica sulla riforma antidumping doveva cambiare spartito. Trovandosi in piena sintonia con quanto ripetuto più volte dal governo italiano che spesso si è trovato isolato in questa battaglia di tutela della produzione industriale europea. Lo ha ricordato bene il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda: “All’inizio del 2016, le ipotesi avanzate dalla Commissione prevedevano, di fatto, il vero e proprio riconoscimento alla Cina del Status di Economia di Mercato (MES), moderato solo da alcuni correttivi. Da allora, l’Italia si è battuta in Consiglio spesso in una situazione di assoluta avanguardia e ha ottenuto che la proposta presentata dalla Commissione nel novembre scorso abbandonasse l’ipotesi del riconoscimento del MES, adottando un nuovo meccanismo di calcolo del dumping basato, invece, sul concetto della presenza di distorsioni significative”. L’asse italo francese ha avuto la forza di spostare sulla decisione anche la Germania che sul dossier ha sempre mantenuto una posizione ambigua, con la Merkel preoccupata di non rovinarsi i rapporti con Pechino, e a cascata anche l’Austria, la Spagna, la Polonia e la Romania da sempre attente a questa tematica ma che, di fatto, non erano mai uscite allo scoperto.

CONFINDUSTRIA: OK MA GUARDIA RESTI ALTA

Adesso c’è soddisfazione quasi unanime, molti settori che in questi anni sono stati salvati anche grazie alle misure antidumping potranno continuare a produrre e l’Italia ha al suo attivo oltre sessanta dazi proprio contro la Cina nei settori più disparati, dall’acciaio alla ceramica, passando per il comparto delle moto e biciclette fino a quello dei pannelli solari e delle valvole. “Quasi un anno fa siamo partiti in salita con una proposta della Commissione Ue che con pochi segni di penna avrebbe regalato lo status di economia di mercato alla Cina, mettendo fuori mercato interi settori produttivi. Questo tentativo è stato sventato grazie a un buon gioco di squadra di cui dobbiamo essere fieri”. Ha ricordato Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa. “Si tratta di uno dei dossier più delicati e controversi che avrà riflessi significativi sulla politica commerciale e su quella industriale della Ue. Il risultato finale rispecchia gli interessi divergenti che caratterizzano l’Europa. Non tutte le nostre richieste sono state accolte e Confindustria non abbasserà la guardia: vigileremo caso per caso affinché gli impegni vengano rispettati e attuati”

ADESSO SI ASPETTA IL SÌ DEFINITIVO

L’accordo informale – penultimo degli step previsti – sarà messo in votazione al Comitato per il Commercio internazionale il prossimo 12 ottobre. Passaggio definitivo, infine, in sessione plenaria a Strasburgo del prossimo 12 novembre. Quando la riforma antidumping sarà finalmente diventata realtà.
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Re: no protezionismo

Messaggioda Robyn il 28/01/2018, 17:39

Ecco il problema degli aiuti di stato che stabiliscono una concorrenza sleale.Però meritano approfondimenti l'economia ambientale e le crisi industriali.E giusto dare incentivi per far sviluppare l'industria ambientale?Se questa è concorrenza sleale allora bisogna finanziare la ricerca scientifica di cui l'industria ambientale si può servire per svilupparsi bypassando gli incentivi e le defiscalizzazioni.Altro capitolo le industrie in crisi?Se non è giusto dare incentivi e defiscalizzazioni che sono strutturali la via di uscita e aiutarle nell'innovazione tecnologica perche la produzione si ammoderna una sola volta senza cadere in defiscalizzazioni strutturali.Altra domanda è:un liberale può rinunciare all'ambiente pur di non fare favoritismi all'industria ambientale con le defiscalizzazioni?Penso di no perche essere liberale non significa non avere sensibilità ambientale.Allora la strada è quella della ricerca scientifica per favorire l'industria ambientale.Abbiamo in Italia 190,000 lavoratori che rischiano di essere espulsi dal ciclo produttivo.Probabilmente servirà un ministero per le crisi aziendali
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Re: no protezionismo

Messaggioda franz il 28/01/2018, 18:36

Robyn ha scritto:E giusto dare incentivi per far sviluppare l'industria ambientale?
...
Altra domanda è:un liberale può rinunciare all'ambiente pur di non fare favoritismi all'industria ambientale con le defiscalizzazioni?

Cosa intendi esattamente come "industria ambientale"?

In linea di massima sono contro gli incentivi, perché a parità di gettito c'è qualcun altro che li paga in modo indiretto.

Meglio fare così: Poni delle regole, dai il tempo per gli adeguamenti tecnologici e poi le fai rispettare.
Chi non le rispetta: multa in caso di danno lieve e chiusura in caso di danno grave.
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Re: no protezionismo

Messaggioda Robyn il 28/01/2018, 19:26

Per industria ambientale intendo ad ex industrie che producono materiale biodegradabile che a contatto con l'aria si dissolvono per ex contenitori di plastica biodegradabile,le industrie di pannelli solari e fotovoltaici,di produzione di pavimentazione in ceramica che emette il fresco d'estate senza l'utilizzo degli split che d'estate emettono anidride carbonica.Ad ex altri incentivi riguardano la terza eta.Le 750 euro al mese bastano oppure servono agevolazioni per il riscaldamento e per la luce in inverno?Ad ex oltre a dotare di alloggi popolari la terza età in cui si paga poco o niente potrebbe essere utile adottare sistemi per il risparmio energetico ,scaldare l'alloggio con split alimentati a pannelli fotovoltaici dotare di lampade a led l'illuminazione anch'esse alimentate con i pannelli utilizzare l'elettricità generata da pannelli solari per fornelli elettrici è cioè un modo per rispondere alla povertà senza utilizzo di agevolazioni per le utenze.E il canone Tv e il telefono che si fà?Infine la sensibilità liberale non può essere incompatibile con quella ambientale
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Re: no protezionismo

Messaggioda franz il 28/01/2018, 20:12

sono perplesso. La produzione di pannelli fotovoltaici è molto inquinante. Per nulla ecologico.
Il risultato lo è ma la produzione (e poi lo smaltimento) no.
Anche una casa in legno allora è industria ambientale.

Interessante ma niente incentivi, se vuoi la mia opinione.
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Re: no protezionismo

Messaggioda Robyn il 28/01/2018, 20:16

Il problema dei pannelli solari è che costano molto i processi di lavorazione del silicio che è il materiale più abbondante in natura.Per l'inquinamento si può sempre vedere la ricerca scientifica dà molte soluzioni.Più brevemente non c'entrano gli incentivi ma i costi di lavorazione.La ricerca scientifica può trovare delle soluzioni per diminuire i costi dei processi di lavorazione,per ex per il silicio,poi naturalmente bisogna dotarsi di processi di produzione adatti una volta che la ricerca scientifica ha risolto il problema,quindi si fà in modo che l'acquisto sia alla portata di tutti perche risolti i problemi non costano molto,non sono beni più inaccessibili come un tempo per il loro costo,di conseguenza non sono necessari più incentivi per abbassare il costo di un bene ambientale
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