Ecco come funziona la legge sui sacchetti biodegradabili
di Jacopo Giliberto
Quattro giorni dopo l’introduzione è ancora incertezza fra i consumatori sull’obbligo di usare i soli sacchetti biodegradabili a pagamento per pesare e prezzare le merci sfuse.
Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, gli ecologisti e perfino il sindacato dei chimici Filctem difendono la normativa, che invece sui social network viene usata per mettere in difficoltà quella parte del mondo politico che l’ha promossa e approvata.
L’ex premier Matteo Renzi ha replicato su Facebook affermando che il Governo ha solo attuato la normativa europea.
La normativa europea dice cose diverse
La direttiva europea introduce l’obbligo di limiti ai sacchetti della spesa simili a quelli che esistono da anni in Italia, dove le buste del supermercato sono biodegradabili e a pagamento da anni. L’Italia anni fa era stata messa sotto accusa per avere imposto i sacchi biodegradabili, limite alla libera circolazione delle merci di produttori esteri sul mercato italiano. Ma dopo anni di contenziosi anche l’Europa si era adeguata agli standard italiani e aveva varato una direttiva modellata sull’esperienza italiana.
La direttiva 2015/720(clicca qui per leggere la direttiva 2015/720) che, modellata sull’esempio italiano delle borse biodegradabili della spesa, spinge a ridurre l’uso di sacchi di plastica e a fare ricorso alla bioplastica come in Italia.
Ma l’Italia, che aveva anticipato la direttiva, era in infrazione perché non l’aveva recepita con un atto formale.
L’Europa esclude le sportine ultraleggere
La direttiva 2015/720 non impone regole sui sacchetti leggeri, al contrario. Dice la direttiva: «Gli Stati membri possono scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron («borse di plastica in materiale ultraleggero») fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi».
Cioè dice l’esatto contrario di quanto ha appena fatto l’Italia.
La legge italiana di agosto
In estate il Parlamento ha approvato il decreto Mezzogiorno (clicca qui per leggere la legge di conversione 3 agosto 2017, n. 123) nel quale all’articolo 9-bis è stato aggiunto il recepimento della direttiva 720. Ma sono stati aggiunti anche emendamenti che impongono dal 1° gennaio l’uso esclusivo di plastica biodegradabile per i sacchettini “ultraleggeri” con i quali si pesano e si prezzano i prodotti sfusi come pane, ortaggi, frutta.
Sacchettini dell’ortofrutta ma anche della farmacia
La normativa riguarda tutte le borse di plastica ultraleggere (comma 2). Sono quei sacchetti sottilissimi con i quali nei supermercati i consumatori fanno la pesatura e la prezzatura di pane, frutti, ortaggi, formaggi e così via.
Ma la norma riguarda non solamente quelle confezioni da pesare e prezzare al supermercato: riguarda tutti gli utilizzi di piccoli imballaggi di plastica come i sacchetti del farmacista, in gran parte biodegradabili da anni ma finora offerti a titolo gratuito. Il sacchetto del farmacista va messo a parte sullo scontrino.
Non solo petrolio
I sacchetti ultraleggeri devono essere compostabili (cioè si devono dissolvere negli impianti di produzione di compost agricolo) e devono essere composti da materie prime rinnovabili (vegetali) al 40%, mentre rimarrà il 60% di componente petrolchimica. Nel 2020 dovranno avere almeno il 50% di materie prime rinnovabili enel 2021 il 60% (il resto da petrolio).
Obbligatorio pagare
La legge (comma 5) impone che questi sacchetti vengano pagati dal consumatore. Non fissa il prezzo e non dà un costo massimo.
La norma dice semplicemente: «Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati».
L’obiettivo è dare un valore al bene, prima in apparenza gratuito. Ciò induce a in consumatore comportamenti consapevoli.
I sacchettini sono usa-e-getta
Questi sacchettini ultraleggeri possono essere riusati in mille modi, soprattutto per raccogliere i rifiuti organici da destinare al compostaggio come già avviene per le borse della spesa, che sono già biodegradabili.
Ma questi sacchettini ultraleggeri non possono essere riusati per comprare altri prodotti alimentari sfusi.
È vietato il riutilizzo per lo stesso fine per cui sono stati prodotti e venduti, cioè contenere alimenti sfusi a contatto diretto.
Ecco il comma 3: «Sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei regolamenti (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006, nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare».
Significa che per l’igiene degli alimenti che vengono a contatto, l’imballaggio deve essere vergine e non deve provenire dall’esterno del negozio.
Rischi per i concorrenti
Queste norme, disegnate attorno agli standard industriali italiani più diffusi, tagliano fuori dal mercato materiali biodegradabili di origine fossile che si biodegradano in modo invidiabile, come le plastiche Pbs da acido succinico, che hanno impatti ambientali ottimi.
Rischi per il mercato
Potrebbero esserci effetti controproducenti sul mercato.
Per esempio, la produzione italiana ora non sarebbe adeguata alla domanda e sarebbe stato necessario convogliare verso l’Italia la produzione spagnola e francese.
Inoltre molti consumatori stanno respingendo dai negozianti il sacchettino a pagamento, rinunciando alla sua comodità. Il minore uso di sacchetti di plastica è fra gli obiettivi principali della direttiva europea 2015/720, e pare che lo strumento stia conseguendo l’obiettivo.
Si stringe il mercato, con rischi non s0lamente per i produttori di materia prima ma anche per le centinaia di aziende di trasformazione delle plastiche e di produzione dei sacchetti.
Negozi e altri consumatori si rivolgono alla carta, che è permessa e addirittura consigliata dal punto di vista ambientale.
Inoltre ci sono segnali che fanno sospettare un contrarsi del mercato interessantissimo dei sacchetti biodegradabili per i rifiuti umidi, i quali costano alcune decine di centesimi l’uno: c’è già chi nei supermercati accaparra a 2 centesimi il pezzo interi rotoli “ultraleggeri”.
Effetti ambientali contraddittori
Per evitare la noiosa procedura di pesatura e prezzatura degli alimenti, aggravata dal pagamento, molti consumatori si rivolgono a prodotti già confezionati in materiali non biodegradabili, come le vaschette di polistirolo espanso racchiuse in un film di Pvc.
Ciò potrebbe portare a un peggioramento dei rendimenti ambientali.
Benefici per il mare, dove il 53% dei rifiuti è prodotto dai bagnanti in spiaggia e il 14% dalla pesca e dalle attività marittime (fonte Arcadis-Commissione Ue): qui la nuova normativa potrà avere un qualche effetto benefico.
Ma le bioplastiche a base di amido, come le più note, diventano poco biodegradabili nell’acqua fredda e salata, dove invece hanno dato ottimi risultati i polidrossialcanoati Pha di cui è fortissima una piccola azienda italiana meno conosciuta, la Bio-On.
Il commento del ministro Galletti
«L’entrata in vigore della normativa ambientale sugli shopper ultraleggeri è un atto di civiltà ecologica che pone l’Italia all’avanguardia nel mondo nella protezione del territorio e del mare dall’inquinamento da plastiche e microplastiche», afferma il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. «Le polemiche sul pagamento di uno o due centesimi a busta sono solo un’occasione di strumentalizzazione elettorale».
Il parere della Filctem Cgil
Secondo Sergio Cardinali, Filctem Cgil, «la Novamont campione internazionale indiscusso sul fronte della ricerca e di nuovi brevetti è un’azienda capace di produrre una buona alternativa per recupero di siti produttivi industriali fortemente inquinati presenti anche ne nostro Paese. I rincari per i sacchetti, calcolati intorno ai 5-7 euro a famiglia l’anno, sono poi ben poca cosa rispetto a quelli dell'energia, gas e petroli previsti per questo anno, forse su questo bisognerebbe invece porre una certa attenzione».
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