Condivido! L'unico di Repubblica che ragiona....
http://www.repubblica.it/politica/2017/ ... P1-S1.4-T1
Veniamo ora alla legge elettorale in corso di discussione in Parlamento. È una legge che può essere ampiamente discussa nelle sue modalità ma non è ripugnante, forse potrebbe essere migliore ma nelle circostanze pressanti in cui ha dovuto essere varata non credo che ci fossero molte alternative. Del resto non si può dire che è una legge liberticida perché si direbbe il falso. Il vantaggio numero uno di essa è l'omologazione tra Camera e Senato. Se questa omologazione mancasse noi avremmo un Paese ingovernabile poiché una delle due Camere potrebbe spesso contestare e respingere un disegno di legge proposto dall'altra. Questo è avvenuto spesso nei governi della seconda metà del ventesimo secolo ed è stato uno dei motivi d'una politica lenta ad attuarsi, a meno che il capo non avesse una qualità leaderistica molto forte e in quanto tale anche alquanto pericolosa per la democrazia.
La legge in corso di discussione sana completamente questa diarchia tra le due camere, lasciando naturalmente a ciascuna un'ampia libertà di discutere e analizzare decreti e disegni di legge.
Quanto alla inopportunità di aver messo la fiducia, personalmente la ritengo incomprensibile: non c'è molto tempo per l'approvazione, dal novembre comincia in Parlamento l'esame, il dibattito e infine l'approvazione definitiva della legge di Bilancio. Nel corso di questo dibattito lo statuto delle Camere stabilisce che nessun'altra legge possa essere discussa fino a quando quella di stabilità non sia stata approvata, il che avviene normalmente alla fine del mese di dicembre. Dopo quel mese le vacanze natalizie portano alla chiusura del Parlamento fino al 10 di gennaio. Dal 10 di gennaio fino al termine della legislatura ci sono 40 giorni, pochissimi per appoggiare una legge elettorale diversa da quella presente poiché mancherebbe il tempo e per di più sarebbe molto difficile che il dibattito parlamentare portasse a una velocissima concordanza tra il populismo e la democrazia. Qui sta la chiave per la quale la legge attuale doveva essere presentata, si spera venga accettata dalla maggioranza del Senato (alla Camera è già avvenuta) ed entri dunque in vigore.
Ho letto sul nostro giornale nei giorni scorsi molti miei carissimi amici, che fanno parte dello staff di Repubblica, esprimersi nei loro articoli in modo decisamente contrario al mio, sia sul contenuto della legge sia sulla fiducia chiesta dal governo. Ricordo a questi amici che la fiducia copre la prima votazione ma viene poi seguita dal voto definitivo a scrutinio segreto e non nominale quando la fiducia c'è. Il finale cioè è senza fiducia la quale rafforza la convinzione sulla legge ma preserva la segretezza del voto decisivo e non a caso in quel voto alla Camera ci sono stati 50 deputati che avevano votato la fiducia ma poi nel segreto hanno votato contro. Ne deduco ovviamente che la libertà di voto è preservata.
Ieri Repubblica ha pubblicato un articolo di fondo in prima pagina di Gustavo Zagrebelsky. È un mio amico, gli voglio bene e ho grande stima per le sue capacità giuridiche ma sono da tempo in totale disaccordo sulla sua posizione politica. Lui ha molta considerazione per il popolo sovrano. È il popolo che deve decidere e decide e questa è la democrazia.
La mia tesi è molto diversa. La democrazia non ha mai affidato i poteri al popolo sovrano e quindi la sovranità è affidata a pochi che operano e decidono nell'interesse dei molti. È sempre stato così nella storia che conosciamo, a partire da quella di Roma antica quando ancora era una grande Repubblica con la cittadinanza di tutti i popoli italici che poi fu lentamente estesa a tutti gli abitanti delle terre che Roma conquistò. Chi governava era il Senato e c'era un tribuno della plebe che (coperto dalla sacralità) operava affinché le decisioni del Senato fossero favorevoli al popolo. Era cioè la realizzazione di quello che è sempre avvenuto: i pochi debbono governare nell'interesse dei molti. Senatus populusque romanus, i pochi governano per il bene dei molti. Se si vota in una piccola città per il sindaco gran parte degli elettori lo conosce e gli può piacere e non piacere e votarlo o non votarlo ma se si tratta di un intero Paese il popolo non conosce i candidati, vota per il partito al quale si sente più vicino. Questa è la libertà del popolo sovrano: non la scelta della persona ma la scelta del partito dal quale ci si aspetta il bene e non il male. E se il male arriva quel partito viene abbandonato a meno che non intervenga addirittura un potere indipendente e cioè quello giudiziario, per eventuali sanzioni del caso.
Non sono io che mi invento queste cose ma è la storia millenaria che ce lo insegna.