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acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda trilogy il 23/07/2017, 10:36

Dopo le grandi battaglie sull'acqua pubblica o privata è arrivata la siccità. La capitale è rimasta semplicemente senza l'acqua, dalla prossima settimana parte il razionamento. Servono investimenti, campagne informative per limitare gli sprechi, ma l'unica cosa abbondante sono le polemiche tra amministratori...Patetici

A meno di 24 ore dalla decisione di sospendere il prelievo dell'acqua del lago di Bracciano, per preservarne il bacino provato anche dalla lunga siccità, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, parlando ai microfoni di Tgcm24 ha spiegato che "purtroppo è una tragedia. Il livello del lago di Bracciano si è abbassato con il rischio di catastrofe ambientale fino a questo evento. Abbiamo tempo sette giorni per trovare tutte le possibilità al fine di limitare al massimo il disagio per i cittadini, ma è sbagliato chiudere gli occhi. Il problema c'è ed è grave. Sta finendo l'acqua a Roma".

Poi il governatore del Lazio ha aggiunto: "Acea preleva dal lago di Bracciano solo l'8% di tutto il fabbisogno e quindi immagino una quantità non importante dell'acqua - aggiunge- Per ridurre al massimo i disagi, Acea ha stabilito degli orari di eventuale blocco. Sui dati che ha fornito però dovete chiedere a loro".
Comunque per Zingaretti "basta andare con una fotocamera a Bracciano per capire che sta accadendo l'inimmaginabile - aggiunge - far uscire l'acqua dai rubinetti è un diritto ma dobbiamo fare i conti con un problema enorme che è la siccità. Mi piacerebbe invitare qui Donald Trump per fargli capire cosa significa non rispettare gli accordi sul clima".

Mentre il presidente di Acea Ato 2, Paolo Saccani, intervistato da Sky tg24, ha sottolineato che da qui "a sette giorni non ci sarà nessuna soluzione, se non quella di razionare l'acqua dei romani. Questo succederà dal 28 in poi per un milion e mezzo di cittadini".

Misure che per Saccani "impatteranno" su un milione e mezzo di persone, ma anche sui palazzi delle istituzioni, sulle ambasciate. "Parliamo della capitale dell'italia, non faremo certo del bene all'immagine internazionale del paese e tutto per 1,5 millimetri al giorno". Dunque, ribadisce, da qui al 28 non succederà niente, poi ci sarà "un piano di razionamento dell'acqua a Roma. Noi non la fabbrichiamo l'acqua".

Che ha spiegato quindi "riteniamo quest'atto della Regione abnorme e illegittimo ma soprattutto inutile per il lago di Bracciano, dal quale vengono prelevati 86 mila metri cubi al giorno, che sono pai un abbassamento di 1,5 millimetri, ma il profondo 164 metri. Azzerare la derivazione creerà pesantissimi disagi per gli abitanti", facendo poi notare che "azzerare la derivazione fa risparmiare 1,5 cm ma da qui a sette giorni non troveremo nessuna soluzione se non razionalizzare l'acqua a Roma, al Vaticano, ai palazzi istituzionali, alle attività produttive. Non faremo certo un bene all'immagine di Roma e dell'Italia e tutto per un centimetro e mezzo. Noi l'acqua non la fatturiamo, le soluzioni le abbiamo esposte al presidente della Regione in una mia lettera del 4 luglio scorso".

E non si è fatta attendere la reazione di Virginia Raggi che al riguardo ha rimarcato come "chiaramente la mia preoccupazione da sindaca di Roma è che sia fatto tutto il possibile per assicurare l'acqua ai cittadini, agli ospedali, ai vigili del fuoco, alle attività commerciali. Mi auguro che Regione e Acea trovino quanto prima una soluzione condivisa. Va fatto quanto necessario per aiutare e tutelare oltre un milione di romani"

Raggi ha ricordato che "come amministrazione capitolina siamo stati i primi a denunciare la situazione drammatica del lago di Bracciano e anche a subire critiche ingiustificate per alcune misure messe in campo per evitare l'emergenza. Acea ha ridotto la captazione di acqua dal bacino negli scorsi mesi: credo che in breve tempo sia passata da 1.500 a 900 litri al secondo. Allo stesso tempo l'azienda sta monitorando e riparando la rete idrica per mettere fine alle dispersioni. Insomma un bel cambiamento rispetto al passato. Spero che soluzioni siano trovate quanto prima da Regione e Acea".

Intanto per Legambiente "il provvedimento della Regione Lazio è sacrosanto, bloccare le captazioni di Acea nel lago di Bracciano è giusto. I laghi sono una risorsa delicata e inestimabile", dice il presidente dell'associazione ambientalista, Roberto Scacchi .

E nel tardo pomeriggio il ministro dell'Ambiente, Gianluca Galletti, è intervenuto sulla vicenda spiegando, in una nota "C'è da scongiurare innanzitutto un danno ambientale per il lago e allo stesso tempo evitare un disagio forte a migliaia di cittadini romani. Il passaggio per il Lazio a una condizione di severità idrica alta - continua - permette di attivare sia le procedure a sostegno del settore agricolo che la concessione eventuale dello stato di emergenza da parte della Protezione Civile, su richiesta regionale".

La Regione Lazio, specifica che lo stop dei prelievi Acea è arrivato per "violazione delle prescrizioni". Tecnicamente "un decreto del ministero dei Lavori Pubblici ha concesso all'Azienda comunale elettricità acque Acea di prelevare acqua dal lago di Bracciano per usi potabili - spiega la Direzione regionale delle Risorse Idriche del Lazio - assicurando comunque il mantenimento delle escursioni del livello del lago nell'ambito di quelle naturali. Per questa ragione proprio nella relazione generale del Progetto del Nuovo Acquedotto del lago di Bracciano, redatto dalla stessa Acea, alla lettera B di pagina 39 si definiva il livello idrometrico minimo concesso per le captazioni, fissandolo a 161,90 metri sopra il livello del mare". Anzi, a tale proposito, rileva ancora la Regione Lazio, "si prescriveva quanto segue: verranno inserite le saracinesche di apertura e chiusura ed un sifone idraulico che provveda a disinnescare automaticamente le condotte, non appena il livello dell acqua scende sotto la quota minima di 161,90 metri", ma attualmente "il livello del lago di Bracciano è al di sotto di questa quota minima prefissata e ancor più lontano dallo zero idrometrico che corrisponde a quota 163,04".

http://roma.repubblica.it/cronaca/2017/ ... 8-P2-S2.5-
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda pianogrande il 23/07/2017, 10:53

Gli acquedotti sono dei colabrodo.

Perdono il 40 %

http://www.repubblica.it/ambiente/2016/ ... 140708572/

Questo problema anche se non è l'unico "ammazza" ogni altra discussione.

Pubblico o privato è il solito falso problema (a parte le tariffe).

Il vero problema non è da dove prendere l'acqua ma farla arrivare a destinazione.
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda mariok il 23/07/2017, 11:21

Sono tra quelli che votarono a favore nei referendum del 2011.

Ero (e resto tuttora) convinto che quello della fornitura dell'acqua sia uno di quei servizi di pertinenza pubblica.

Bisogna però riconoscere che, di fronte ai disastri (e questo dell'acqua non è certamente l'unico esempio) delle gestioni pubbliche è ben difficile non dar ragione a coloro che, partendo dall'equazione: pubblico = spreco ed inefficienza; privato = concorrenza = efficienza, propugnano la via delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni in ogni campo.

Poi magari si scopre che occorre comunque (e forse a maggior ragione) che vi sia chi regoli e controlli il mercato, vigli sull'insorgere di posizioni dominanti ed assicuri libertà e rispetto di regole comuni. Ed in mancanza di istituzioni pubbliche, oneste, trasparenti, capaci e competenti, stiamo da capo a dodici.

Così come, se è certamente vero che le reti di acqua potabile sono dei colabrodo, c'è tutto un sistema di canalizzazioni e di gestione idrica per usi agricoli, che richiederebbe investimenti ed interventi di razionalizzazione.

E' la storia che si ripete. Poiché siamo incapaci di contenere in limiti accettabili corruzione, malaffare, cattiva politica, non possiamo far altro che smantellare i santuari pubblici per lasciare che se ne creino altri privati.
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda ranvit il 23/07/2017, 11:58

Mi piacerebbe invitare qui Donald Trump per fargli capire cosa significa non rispettare gli accordi sul clima".



Zingaretti....ma che minchia c'entra???? Ma vai a cag.......e portati il mezzo Pd che ragiona come te!


Nel frattempo, piuttosto, fai rinnovare le tubazioni!
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda mariok il 23/07/2017, 18:59

Strano paese il nostro. Sulla carta sono aziende private, ma in realtà sono controllate dai comuni.

Come può l'ente che dovrebbe negoziare le migliori condizioni di fornitura e controllare successivamente i livelli di servizio contrattuali, essere contemporaneamente l'azionista di maggioranza del fornitore?

Il conflitto di interessi è inevitabile. Ed ovviamente le responsabilità sono sempre di altri.

Così, per esempio, la Raggi, azionista attraverso il comune per il 51% di Acea, chiede che "si trovi" una soluzione, come un qualunque utente di passaggio.

https://www.youtube.com/watch?v=oTHnL0gspHk

Le quattro sorelle dell’acqua. Ecco i padroni dei rubinetti italiani
I colossi Acea, Hera, Iren e A2a riforniscono quindici milioni di persone. Ma né la gestione privata né quella pubblica riescono a evitare gli sprechi

Pubblicato il 07/07/2017
ROBERTO GIOVANNINI
ROMA

Se l’obiettivo della gestione dell’acqua «privata» in Italia era quella di ridurre gli sprechi, si può ben dire che l’obiettivo sia stato mancato di gran lunga. In Italia, secondo il Blue Book di Utilitalia, su cento litri di acqua distribuiti ben 39 si perdono per strada. Va meglio al Nord (il 29%), va malissimo al Centro e al Sud (46 e 45%). E anche un’azienda pubblica ma gestita per produrre utili come Acea disperde circa il 40% dell’acqua. Del resto, le reti sono stravecchie: il 60% dei tubi è stato posato più di 30 anni fa, il 25% da più di 50 anni. Anche gli investimenti per migliorare il servizio sono scarsi: servirebbero 5 miliardi l’anno, e se ne spendono meno della metà, e di questo passo per rinnovare completamente la rete ci vorranno 250 anni. Infine, l’Europa ci massacra di sanzioni per la violazione delle regole.


È la dimostrazione del fallimento del processo di privatizzazione dell’acqua, dicono i sostenitori dell’«acqua pubblica». Sono aumentate le tariffe, arricchendo i gestori con ingenti utili, che di fatto, quando gli azionisti sono pubblici, si traducono in una tassa sui consumatori finali. E la qualità del servizio non è affatto migliorata. Al contrario, dicono i sostenitori della gestione privata dell’acqua: non si può certo chiedere a un inefficiente e impoverito settore pubblico di cambiare le cose. Soltanto con una gestione oculata - dicono ad Utilitalia - e con un aumento delle tariffe, che in Italia sono più basse del resto d’Europa (un metro cubo costa 6,03 dollari a Berlino, 3,91 a Parigi e 1,35 a Roma), si possono reperire le risorse per fare gli investimenti che servono.

L’acqua, diceva Stefano Rodotà, è un «bene comune»: non coincide né con la proprietà privata né con la proprietà dello Stato, ma è un diritto inalienabile dei cittadini. Il giurista da poco scomparso fu protagonista del referendum del 2011 in cui prevalse il sì alla cosiddetta «acqua pubblica», un voto che impedendo la remunerazione degli investimenti di soggetti privati avrebbe bloccato l’ingresso dei capitali privati nella gestione dei servizi idrici. Ma l’intervento del governo - con uno dei decreti Madia, poi parzialmente bloccato dalla Consulta - del Parlamento e infine del Consiglio di Stato ha di fatto azzerato il pronunciamento referendario. E ha creato un paesaggio dell’Italia dell’acqua in cui la presenza di aziende private è sempre più importante, sempre più predominante.

Esistono ancora grandi aziende interamente pubbliche, come ad esempio l’Acquedotto Pugliese, che serve il 7% circa della popolazione italiana, o l’Abc di Napoli. Ma per circa 15 milioni di italiani i «padroni dell’acqua» sono aziende multiutilities su scala interregionale e internazionale, in alcuni case quotate in Borsa, che quasi sempre sono teoricamente controllate dagli enti locali che ne posseggono la maggioranza, ma in cui sono i partners privati a ispirarne le strategie e le politiche. Strategie «moderne», anche sul piano delle tariffe, che evidentemente puntano a generare utili oltre all’erogazione del servizio. Aziende che integrano, oltre al servizio idrico (che continua ad essere relativamente poco remunerativo) attività nel campo dell’energia e della gestione dei rifiuti.

Tra le protagoniste di questo processo di «industrializzazione», o di «finanziarizzazione» dell’acqua ci sono certamente le cosiddette «quattro sorelle»: Acea, Hera, Iren e A2a. Quattro colossi, quotati in Borsa, che già oggi forniscono acqua a circa 15 milioni di italiani attraverso gli «Ato» che controllano (le 64 aree territoriali omogenee in cui è diviso il territorio nazionale). In Acea il socio di maggioranza è il Comune di Roma con il 51% delle azioni, seguito dalla multinazionale francese Suez con il 23,3% e dall’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone con il 5,006%). Acea è il più grande operatore italiano nel settore, con 8,5 milioni di abitanti serviti a Roma, Frosinone e altre aree di Lazio, Toscana, Umbria e Campania. Hera (dopo Acquedotto Pugliese) è il terzo «padrone dell’acqua», con il 6,1% della popolazione servita in Emilia-Romagna, Marche, Veneto e Friuli-Venezia Giulia: i principali azionisti pubblici sono i Comuni di Bologna, Imola, Modena, Ravenna, Trieste e Padova. Iren è il quarto, con il 3,8%: per il 49% è di proprietà dei Comuni di Torino, Genova, Reggio Emilia, Parma e Piacenza. A2a, infine, è per la maggioranza dei Comuni di Brescia e Milano: per ora ha numeri relativamente più piccoli, ma come le altre «sorelle» è impegnata in una massiccia campagna di acquisizioni di altre aziende del settore (come la Lrh di Como e Lecco). Di recente Acea ha acquisito Idrolatina e gli Acquedotti Lucchesi, mentre Iren ha rilevato l’Atena di Vercelli. Un processo di concentrazione del mercato che pare destinato a continuare.
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda gabriele il 23/07/2017, 19:55

Ah! Ma qui siamo alla perdizione delle responsabilità. Chi gestisce i beni pubblici relativi alle acque potabili e di scarico urbane? Nonché i finanziamenti per l'ampliamento delle forniture? Le Aato. Chi nomina i loro vertici? Tutti gli enti possibili immaginari. Regioni, comuni e province.
Chi le finanzia? Sempre i medesimi di cui appena sopra.
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda pianogrande il 24/07/2017, 0:25

"Così, per esempio, la Raggi, azionista attraverso il comune per il 51% di Acea, chiede che "si trovi" una soluzione, come un qualunque utente di passaggio".

La raggi distribuirà l'acqua caso per caso.

Vorrei sapere quali interventi di riparazione delle tubazioni abbia fatto l'amministrazione Raggi.

E' quello il problema principale e invocare che "si trovi" una soluzione assomiglia alla speranza che la soluzione si trovi da sola (o che il problema si risolva da solo).

Siamo davvero alle comiche.
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda franz il 24/07/2017, 7:42

Riparare le tubazioni non è compito dell'amministrazione comunale ma di ACEA, la quale dovrebbe finanziare il costo della manutenzione usando i ricavi della vendita dell'acqua stessa. Qui pubblico o privato non fa differenza, o non dovrebbe farla.
Ma se gli utenti pensano che acqua pubblica sia acqua gratis, o a basso costo, questo è il risultato.

Un piccolo contributo di un amico di FB, illustra la cosa in modo direi "scolastico"
---
Perchè Roma è a secco di acqua ?
La risposta risiede :
1) nella legge della domanda e dell'offerta.
2) nei costi.
Entrambe sono due leggi economiche che nessuno può cancellare e che valgono in qualsiasi sistema economico e in ogni tempo.
E non a caso l'intrecciarsi perverso delle due leggi ce lo spiega Aristotele, 2350 anni fa nel capitolo undicesimo del primo libro della "Politica".
Cosa dice Aristotele?
Leggiamo: " ...dicono che, avendo previsto in base a computi astronomici un abbondante raccolto di olive, ancora nel cuore dell'inverno, disponendo di una piccola somma, si accaparrò tutti i frantoi di Mileto e di Chio, dando una cifra irrisoria, perché non ce n'era richiesta alcuna: ma quando giunse il tempo della raccolta, poiché molti cercavano i frantoi tutt'insieme e d'urgenza, li dette a nolo al prezzo che volle e, così, raccolte molte ricchezze, dimostrò che per i filosofi è davvero facile arricchirsi, se lo vogliono..."
Abbiamo quindi che essendo i frantoi un bene da un costo certo ed ineliminabile e non producibili ex novo in tempo breve, nel momento in cui ce n'era poca richiesta il loro prezzo era basso, ma nel momento in cui la richiesta aumentava il prezzo saliva, stante l'impossibilità di soddisfare più o meno rapidamente la maggiore domanda di frantoi.

Va da sè che nel momento in cui la domanda sale quando i prezzi sono ancora bassi, la ragione della crescita dei prezzi risiede nel fatto che di questi frantoi in quel momento c'è scarsità.
Ecco la legge della domanda e dell'offerta.
Legge che opera sui prezzi e sulle quantità.
E sulle scarsità.
Come raccordare le due cose alla situazione di Roma attuale ?

Ce lo dice questo articolo di un mese fa
http://www.ansa.it/lazio/notizie/2017/0 ... 1b01c.html
Guardiamo i dati:
- la rete idrica di Roma è vecchia di 30-50 anni
- a causa di questo perde circa il 40% dell'acqua trasportata
- il prezzo dell'acqua, ESSENDO PUBBLICA, viene però tenuto artificialmente basso, pari a circa 34 euro l'anno a persona.
- ma per avere i soldi necessari per riparare la rete idrica il prezzo dovrebbe salire fino a 80 euro l'anno per abitante.
Tiriamo le fila del discorso.
Come si diceva all'inizio la gestione dell'acqua ha un costo.
Costo che non è eliminabile per decreto legge.

Ma se il prezzo di vendita dell'acqua è meno della metà del costo, diventa evidente che :
1) il consumo dell'acqua e quindi anche lo "sperpero" è di fatto incentivato dal prezzo "pubblico" artificialmente basso.
2) prezzo "pubblico" che non genera ricavi a sufficienza per riparare la rete idrica, di fatto sommando la perdita d'acqua al consumo elevato di questa.
Cosa succede però quando un prezzo non è adeguato alla quantità disponibile?
Come coi frantoi di Aristotele: scarsità.
La differenza è che coi frantoi il prezzo saliva riequlibrando la domanda.
Nella Roma del 2017 no.
I prezzi rimangono non adeguati e così abbiamo solo la scarsità del bene.
Risultato di tutto questo?
Crisi idrica.
Aristotele, 2350 anni fa, concludeva che per qualsiasi filosofo che conosceva la legge della domanda e dell'offerta era facile arricchirsi.
L'Italia del nuovo millennio non ha ancora imparato la lezione.
---
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda gabriele il 24/07/2017, 9:28

franz ha scritto:Riparare le tubazioni non è compito dell'amministrazione comunale ma di ACEA, la quale dovrebbe finanziare il costo della manutenzione usando i ricavi della vendita dell'acqua stessa


I ricavi della vendita dovrebbero coprire i costi di gestione.

Invece i finanziamenti attinenti al servizio, svolti tramite convenzione, per la realizzazione di nuove opere o per l'aggiustamento di quelle vecchie sono assegnati dalle aato.

Per Roma: http://www.ato2roma.it/investimenti.htm#chi

Chi progetta e realizza le opere
La Convenzione di Gestione del Servizio Idrico Integrato prevede che le opere attinenti il servizio (acquedotti, reti di distribuzione di acqua potabile, fognature e depuratori di acque di scarico di insediamenti civili) possano essere realizzate:
- dal Gestore del S.I.I. che anticipa le spese per la progettazione e la costruzione delle opere per poi recuperarle tramite i successivi proventi tariffari;

- dal Gestore del S.I.I. con fondi pubblici senza, ovviamente, alcun recupero dai proventi tariffari;

- direttamente dagli Enti Locali dell’ATO interessati.

I compiti dell’A.ATO e del Gestore
L’Autorità d’Ambito ed il Gestore hanno il compito comune di realizzare tutti gli investimenti necessari per estendere ed assicurare una elevata qualità del servizio, ovvero il rispetto della carta dei servizi e delle norme, su tutto il territorio dell’ATO. Tutto ciò limitando al massimo le spese a parità di interventi eseguiti ed assicurando la sostenibilità della tariffa da parte degli utenti e dell’impegno finanziario da parte del Gestore.
In particolare sono compiti dell’Autorità:

- nel periodo transitorio approvare l’inserimento nel piano degli interventi delle opere individuate dal Gestore;

- a regime aggiornare periodicamente il Piano d’Ambito con una puntuale individuazione degli interventi da realizzare negli anni successivi;

- controllare in continuo gli investimenti eseguiti o da eseguire;

- monitorare anche gli investimenti per opere idriche ed igieniche nell’ATO non afferenti alla tariffa idrica al fine di rendere disponibile il quadro esaustivo di tutte le iniziative in corso sul territorio dell’ATO (investimenti autonomi degli Enti Locali ed investimenti realizzati dal Gestore con fondi di terzi);

e sono compiti del Gestore:

- nel periodo transitorio individuare e proporre all’Autorità gli investimenti da realizzare;

- realizzare le opere a regola d’arte e nel rispetto delle leggi e norme esistenti;

- redigere gli studi previsti in Convenzione.
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Re: acqua pubblica o acqua privata? Semplicemente senz'acqua

Messaggioda mariok il 24/07/2017, 10:35

A me sembra che la legge della domanda e dell'offerta non sia del tutto applicabile in questo caso.

L'acqua è un bene indispensabile. Io non posso smettere di comprarla e quindi incidere sul suo prezzo. Nè tanto meno posso individualmente cambiare fornitore. Il caso dei frantoi di Aristotele mi sembra poco attinente.

Si tratta quindi di un servizio in concessione, che il comune dovrebbe mettere a gara indicando i livelli di servizio, inclusa eventualmente anche la manutenzione della rete sia ordinaria che straordinaria.

Quindi anche se materialmente non è il comune che ripara le tubazioni, comunque, nel ruolo di contraente del servizio di distribuzione, ne è di fatto responsabile.

Tutto ciò in teoria. Poi c'è la pratica che come al solito soprattutto nel nostro paese è tutta un'altra storia.

Intanto, come già osservato, sussiste un conflitto di interessi tra il ruolo di maggiore azionista (teso all'ottenimento del maggior profitto) e quello di ente appaltante, che dovrebbe tendere ad ottenere il miglior servizio al minor prezzo.

Ci sono poi altri "dettagli" che fanno crollare il castello. Come per esempio si verifica nelle concessioni autostradali, insorgono tutti gli ostacoli delle autorizzazioni alle opere di adeguamento e manutenzione che incidono spesso pesantemente sui tempi ed i costi di realizzazione.

Se per intervenire sulla rete bisogna sottostare a tempi assolutamente imprevedibili per l'ottenimento di vari pareri e benestare da parte di sovrintendenze e altri innumerevoli enti ed uffici, risulta praticamente impossibile responsabilizzare un'azienda rispetto ai livelli di servizio contrattualizzati.

Stiamo quindi da capo a dodici. Mercato, concorrenza, competizione, crollano miseramente di fronte ad un sistema pubblico inefficiente, burocratizzato e specializzato nella collaudata pratica dello scaricabarile.
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