gabriele ha scritto:mariok ha scritto:[
Vuoi vedere che Craxi prima e Berlusconi poi, fautori del presidenzialismo, avevano visto lungo?
Questa rientra nella tattica del discredito di un'idea affiancando personaggi dalla condotta discutibile.
Vedi pianogrande ci sono alcuni che vorrebbero discutere, lanciando idee, altri che invece affossano il dialogo.
Mi dispiace che sia questa l'interpretazione di quello che vuole essere solo un po' di autoironia, forse a buon mercato, ma che non fa male in un periodo in cui i toni si accendono con tanta facilità.
Nel merito, poi, il dubbio è sincero. Appartengo ad una generazione per la quale alcuni "principi" erano sacri ed intoccabili: tra questi la democrazia parlamentare, ritenuta una fondamentale garanzia contro ogni deriva autoritaria.
A questo si aggiungevano alcuni radicati pregiudizi, che sebbene motivati, portavano a ritenere diaboliche le idee altrui solo perché sostenute da personaggi discussi e discutibili.
Il risultato di tutto questo sono stati decenni di sostanziale immobilismo, giustificato dalla paura, più o meno fondata, che dietro ad ogni cambiamento si nascondesse il peggio del peggio.
Ci ritroviamo così un paese ingessato ed anche abbastanza ipocrita, che difende la costituzione solo quando c'è qualcuno che prova ad aggiornarne certi meccanismi obbiettivamente obsoleti, ma che poi non si mobilita per le parti, talvolta ben più sostanziali, non attuate o palesemente violate (a solo titolo di esempio: democrazia dei partiti e dei sindacati, valore sociale dell'impresa e partecipazione dei lavoratori ecc.).
Sono d'accordo con ranvit sul fatto che una società progredisce quando la sua classe dirigente è migliore della maggioranza del popolo, non quando ne rispecchia fedelmente tutti i vizi ed i difetti: è la funzione storica delle cosiddette "elite", motori del cambiamento.
Le mie osservazioni, apparentemente pessimistiche, tendono a sottolineare questo aspetto della situazione che viviamo, mettendo innanzitutto me stesso in guardia dall'errore di considerare classe dirigente solo il ceto politico, nel quale è quasi naturale che prevalga la "conservazione dell'esistente" (cioè del proprio potere), mentre è da altri soggetti (come era per esempio ritenuta a torto o a ragione un tempo la classe operaia) che dovrebbero venire spinte al cambiamento.