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PD in caduta libera

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

PD in caduta libera

Messaggioda Robyn il 17/03/2017, 0:18

Il PD è in caduta libera alcuni sondaggi lo danno al 23%.Sbagliata la scissione e la sua incentivazione,sbagliato un certo tipo di riformismo,sbagliata la comunicazione.Accanto a questo il csx cambia anche fisionomia perche la sinistra radicale dura e pura del senza se e senza ma non esiste più questo dovrebbe rendere più facile in futuro essere in alleanza maggioranza.Il controllo del PD passa nelle mani dei welfar liberism dei lib-lab che avranno l'ardua funzione di rimettere in piedi il csx
PS L'affermazione dei liberali e l'argine ai populisti in Olanda è una bella notizia.L'Europa ricomincia da qui?i liberal-democratici europei finalmente hanno fatto sentire la loro voce
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda mariok il 17/03/2017, 9:59

Ieri con il voto su Minzolin al senato è stata data un'altra bella botta.

Mentre in altri paesi si pone un argine ai populisti, qui da noi facciamo di tutto per farli arrivare al governo.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda pianogrande il 17/03/2017, 11:43

La manovra si fa nonostante tutte le dichiarazioni e il sarcasmo sullo 0,2 % e questa è comunque una buona notizia perché salva anche i bravi risparmiatori italiani che ancora mettono soldi nelle casse dello stato.

Non si possono salvare solo i risparmiatori delle banche private.

Il fatto di Minzolini fa davvero cascare le braccia.

Ieri sera ho visto un Travaglio raggiante e in picco di auto stima e (porco cane!) aveva ragione.

Non si può essere così arroganti e sprovveduti.

Ormai rischia di non reggere più neanche il giochino del meno peggio perché lo stanno tirando a rottura.

Oso perfino sperare che quando i ministri si dimettevano fosse merito di Renzi.

Il PD e se non si dà una mossa sta entrando in fase di suicidio e neanche assistito.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda mariok il 24/03/2017, 17:42

Grillo inquieta davvero

Mi sembra che ne emerga un quadro abbastanza rispondente alla realtà.

A me sembra che il problema principale sia che di fronte ad un leader in crisi, se poco o molto a causa dei suoi limiti e dei sui errori conta ormai poco in questo momento, c'è il vuoto di una classe dirigente inesistente.

A parte i velleitarismi di Emiliano e la scialba riproposizione di vecchie ricette da parte di brave persone come Orlando, Cuperlo e qualche altro, sono tutti "ammacchiati" in attesa di riposizionarsi nei nuovi assetti che usciranno dal congresso.

Si è tanto criticato e si continua a criticare "l'uomo solo al comando", che finché aveva il vento in poppa decideva per tutti, ma ora che non c'è più o che ha perso gran parte della sua energia e della sua presa, è emersa tutta la mediocrità sia di chi era saltato sul suo carro sia di chi ha lavorato negli ultimi tre anni per tagliare il ramo dell'albero dove erano seduti.

Ormai non c'è un talk show televisivo, un articolo di fondo di gran parte dei giornali nazionali, in cui non traspaia un gusto ed una mal simulata soddisfazione nell'infierire su un leader che ormai non incute più soggezione e rispetto.

Mario Lavia @mariolavia · 24 marzo 2017
La grande paura di un partito che non le azzecca più

Ora Grillo inquieta davvero. Gli errori recenti e un Congresso che stenta

Una sorta di panico non esplicitato circola nel Pd. La grande paura di perdere. Non le elezioni e basta ma qualcosa di più profondo: di perdere la scommessa di portare una nuova classe dirigente alla guida del Paese in grado di rinnovarlo radicalmente.

Una grande paura che si avverte fra i militanti, in una certa misura anche fra i dirigenti, specie alcuni. Se ne parla nelle cene, anche quelle dei massimi esponenti, di uno stato di cose che inquieta assai. “E’ dal 4 dicembre che il Pd sembra non azzeccarne più una”, ci ha detto uno di loro.

E’ l’effetto della campagna tambureggiante del M5S, certo. L’onda propagandistico-mediatico-psicologica sta sortendo i suoi effetti, complici talk show e social network e quant’altro. Per cui gli italiani si stanno convincendo che Grillo vincerà le elezioni e che è già al 40%. Nulla pare scalfire la forza del M5S. Non l’inettitudine di una Virginia Raggi, non la violenza verbale e fisica dei suoi parlamentari, non la banalità di un Di Battista né l’arroganza vacua di un Di Maio, tantomeno il cesarismo d’accatto di Beppe Grillo.

Tuttava il tempo sembra essere dalla loro parte. Il famoso spirito del tempo infatti è un grumo di insicurezza, insoddisfazione, odio per i governanti, antiparlamentarismo, anti-solidarismo. Grillo lo ha intercettato da tempo. Il “vaffa” fu sottovalutato. Non era solo colore, era l’antipasto del suo successo di oggi.

Non si tratta di uno spirito del tempo solo italiano. Se si legge l’intervista di Michel Houellebecq al Corriere della Sera si comprende che il nazionalismo (che oggi si declina come “sovranismo”), la ripulsa delle istituzioni democratiche classiche a cominciare dal Parlamento, la velleità di una democrazia diretta che non può che essere l’anticamera del caos o della dittatura, sono ingredienti che il M5S mescola a casaccio e che lo scrittore francese mette in tavola in maniera più “razionale” (fra virgolette), quasi che essi fossero il naturale approdo della Storia.

Lo scrive benissimo Ian McEwan nel suo ultimo romanzo: “La democrazia liberale non è più l’ovvio porto di destinazione. Il socialismo è in disgrazia. Il capitalismo corrotto, rovinoso e non meno in disgrazia. Nessuna alternativa in vista”.

La sinistra mondiale accusa i colpi. O rincula verso anacronismi identitari (Corbyn, Hamon, D’Alema) o si confonde, nella percezione popolare, con un establishment ripudiato dal senso comune (Hillary, Renzi).

Il Pd si trova nel bel mezzo di questa gigantesca crisi della politica. I suoi sforzi riformisti appaiono vacui. E’ come se giocasse a tennis ma senza la pallina, come in Blow up di Antonioni. E’ come se suonasse una sinfonia di Mahler ma senza violoncelli. Vuole fare politica senza più la cornice di un normale contesto politico. Vuole le regole in un Paese che ormai rifiuta le regole. Si trova insomma in una situazione surreale, nella quale suscita reazioni negative in chi non vuole cambiamenti e altre reazioni negative in chi vuole che cambi tutto.

Questo è il paradosso del renzismo. E’ forse il destino del riformismo, che funziona quando le cose vanno bene ma che nelle grandi crisi si smarrisce e perde. E’ successo negli anni Venti prima a Roma e qualche anno dopo a Weimar .

Però non è tutto imputabile alle grandi tendenze, alle macro-storia. E nemmeno all’economia. C’è poi la politica. Ed è su questo terreno che il Pd sta avendo problemi.

Per colpa dei mille giorni di Renzi o perché Renzi se n’è andato? Per entrambe le cose.

La sconfitta del referendum del 4 dicembre è stata la sconfitta dell’uomo politico che ne aveva fatto lo spartiacque della storia italiana. Portandosi via l’idea di una certa idea superomistica e salvifica del leader. Lo nota molto bene il report di questa settimana di Swg (qui un ampio stralcio).

La vera domanda riguarda pertanto il “nuovo” Renzi, non più leader solitario a capo del Giglio magico, ma guida politica di una squadra plurale. Ci sono dei segnali che vanno in questa direzione, ma è troppo presto per capire come finirà.

Nel frattempo la storia non aspetta il Pd e le evoluzioni di Renzi.

In questa fase di non-governo del partito, senza Renzi e comunque senza segretario, il “Pd reale” in questi giorni si è sparato sui piedi due volte: prima con il voto sulla decadenza di Minzolini – è passata l’idea di una “salvataggio” magari per inconfessabili scambi di favore – perché, come abbiamo già scritto, non c’è stata la forza di darsi una linea precisa (anche Renzi, fra parentesi, l’ha osservato).

E poi ancora subendo l’iniziativa dei Cinquestelle, condotta con metodi fascistoidi, sulle pensioni dei parlamentari. Anche in questo caso l’impressione è che si vada un po’ a tentoni. Che si segua l’agenda altrui mettendoci qualche pezza. Il Pd ha la proposta di legge di Matteo Richetti. Bene, perché non la porta in aula e la fa votare?

Poi c’è stata questa scelta del Congresso, scelta obbligata nel momento in cui Renzi si è dimesso chiedendo una riconferma della sua leadership. Dalle primissime battute – si perdoni l’approccio un po’ tranchant – questo Congresso non parla per nulla al Paese.

Certo, ci sono ancora i militanti, quelli che vanno nei circoli per mantenere aperto un spazio di discussione. Che vorrebbero essere coinvolti sempre, giustamente. Sono degli eroi, di questi tempi. Se n’è curato abbastanza, in questi anni, il gruppo dirigente del Pd?

I documenti dei tre candidati non eccitano particolarmente, diciamo così. Si è capito che Renzi è Renzi un po’ più aperto del solito, Orlando è una variante del renzismo che parla molto a un certo mondo ex ds, Emiliano un energico demolitore del renzismo in salsa paragrillina. Obiettivamente, non è molto.

Perché questo Congresso finora sembra soprattutto un’occasione per i gruppi dirigenti, centrali e periferici, di posizionarsi. Renzi, Orlando e Emiliano sono come dei taxi: per molta gente si tratta di capire quel sia il migliore per arrivare a destinazione. E comunque non si vede l’ora di andare a votare alle primarie il 30 aprile e sciogliere il nodo gordiano (e pensare che c’erano quelli che volevano un iter ancora più lungo, e che, non essendo stati accontentati, hanno fatto un altro partito!).

Se, come i più pronosticano, Renzi vincerà il Congresso – nei circoli, e poi alle primarie – ci sarà una “ripartenza” vera del Pd? Ci sarà un segretario che faccia il segretario, che “diriga il partito”, come si diceva ai tempi dei partiti? Ci sarà un gruppo dirigente pacificato che discuta e susciti discussione? Ci sarà soprattutto un programma chiaro di riforme economiche (perché è su questo che il Pd è mancato) rigoroso, credibile, organico e di governo? E, insieme a mille altre cose (l’informazione e la formazione su tutti), saranno poste le condizioni per sfidare i nuovi sfascisti con Renzi indicato come premier alla guida di una grande squadra di governo, Paolo Gentiloni in primis?

E’ difficile, infatti, opporsi all’arroganza populista in un tempo in cui tutto deve essere ‘semplice’, facile da capire con pochissimo sforzo , con accenti che strizzano l’occhio alla violenza non solo verbale, tutto deve essere adattabile al numero di parole concesse dagli spazi sui social e che porta a risposte alla complessità tanto becere quanto inutili tipo: “L’immigrazione? Ruspe e rimandiamoli a casa loro!”; “l’economia non va? Colpa dell’Euro e dei politici che rubano…”; “la sicurezza? Fuori gli immigrati e pistola sul comodino per tutti…”.

Dicevamo di Weimar, ma le dittature fascista e nazista non proponevano anche loro soluzioni ‘semplici’ e banali alla complessità dei problemi del tempo? “Credere, obbedire, combattere”, oppure, “Un popolo, un Fuhrer”, e la criminalizzazione nemici comuni quali gli ebrei e le democrazie.

Reagire si può, ma occorre rendersi conto della gravità del momento e mettere a punto un piano di combattimento/comunicazione da attuare sui media e nel rapporto diretto con le persone in carne ed ossa.

Ascoltare, dunque. Per poi decidere. Come scrive Massimo Salvadori nel suo ultimo libro, Lettera a Matteo Renzi: “Un leader forte ha bisogno di affiancare alla volontà e alla determinazione le doti dell’attenzione, della valutazione prudente dei passi da compiere, della capacità di manovra e di trattativa, della disposizione non soltanto di parlare agli altri per trascinarli ma anche di ascoltare prima di scegliere”.

Di queste cose bisogna discutere. E predisporre le condizione per sviluppare liberamente una profonda riflessione, a tutti i livelli. Chiamando anche esterni, intellettuali, competenze. E tutte le personalità dentro e fuori il Pd che abbiano voglia di parlare.

Un Lingotto non basta. Un Congresso nemmeno.

Non sappiamo cosa riservi il futuro. Ma il passato ormai è passato e il presente è abbastanza tempestoso. Se non cambia passo, per il Pd si fa notte fonda.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda pianogrande il 24/03/2017, 18:14

La situazione richiede programmi di ampio respiro ma non c'è il tempo.

Questo sarebbe niente se non fosse che anche disponendo di secoli (o millenni), il personale non è assolutamente all'altezza.

Questa è la cruda realtà.

E allora?

E allora bisogna tentare ugualmente.
Se non altro per mantenere in vita quello che ancora respira; quello che in questo partito azzoppato e ansimante ancora conserva sapore/odore/tracce di politica e di laboratorio di idee.

Di gente di buona volontà ce n'è ancora tanta.

Renzi (eh, sì, ancora lui) potrebbe provare a lavorare di più e costruire di più al di là dei 500 caratteri e perfino al di là delle prossime elezioni.

Senza uno spirito del genere, abbiamo davanti il solito ventennio di sofferenze e di prepotenze.

Abbiamo davanti il solito ventennio senza democrazia per averla sprecata dopo averla conquistata a caro prezzo.

Ricomincia un ciclo nuovo.
Ricomincia comunque; in un modo o nell'altro.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda trilogy il 24/03/2017, 19:09

Rifare il governo dopo il referendum è stato un errore tragico e del tutto prevedibile. Mattarella non vuole le elezioni? Faccia lui un governo. Speranza vuole una nuova legge elettorale? Faccia lui un governo con Bersani. Grillo vuole la sua leggina elettorale? Faccia il governo e se la voti. Il pd all'opposizione a massacrarli.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda mariok il 24/03/2017, 19:45

Infatti, Renzi il governo non lo voleva. Ma non aveva più il partito dietro.

E sono convinto che non lo ha nemmeno ora.

Forse solo con una vittoria del congresso di dimensioni bulgare potrà riprendere in mano la situazione.

Ma oltre che improbabile, non basterà e sarà troppo tardi.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda ranvit il 25/03/2017, 8:51

Il problema non è Renzi, ma il Pd! I quattro scafessi che hanno fatto la scissione hanno dato l'immagine, purtroppo reale, di un Partito che "suona la lira, mentre Roma brucia"....... E il guaio è che anche tra chi è rimasto c'è una folta schiera di politicanti che sono rimasti solo per paura di perdere la poltrona....avessi di meglio voterei altro :mrgreen:
Che politici di merda!
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda mariok il 25/03/2017, 10:51

Piano B? Mi sembra pieno di insidie. La maggiore è che il 40% lo prenda Grillo.

Comunque, mi sembra l'unica via realisticamente perseguibile, invece dei continui farfugliamenti delle minoranze, tipo premi di coalizione ed altre fantasie del genere.

Anche l'ipotesi che tutto rimanga come è anche al senato, avrebbe il vantaggio dello sbarramento all'8%, meglio della legge alla camera con una soglia del 3% ed un improbabile permio di maggioranza.

Legge elettorale, il piano B di Renzi: votare con i due sistemi in vigore
Il leader del Pd vuole far approvare il Mattarellum dalla Camera e addossare agli altri partiti la probabile bocciatura in Senato. Poi andare alle urne in autunno

Pubblicato il 25/03/2017
Ultima modifica il 25/03/2017 alle ore 07:28
FRANCESCA SCHIANCHI
ROMA
Continuare la battaglia sul Mattarellum fino all’ultimo, per poter dire all’opinione pubblica, dinanzi alla bocciatura del voto, «ora è evidente chi non vuole la legge elettorale». Avendo in realtà già in mente il piano B: tenersi strette le due leggi uscite dalle sentenze della Consulta, al massimo estendendo quella della Camera anche al Senato. Mentre Matteo Renzi ultima il suo libro («farà molto rumore») e si dedica alla campagna congressuale (oggi, quando il suo successore a Palazzo Chigi, Gentiloni, siederà accanto alla Merkel e Hollande, lui sarà coi militanti Pd del modenese), i suoi sherpa continuano a ragionare di legge elettorale.

«Io adesso mi occupo di congresso. Di sistema di voto se ne riparla dopo il 30 aprile», ha ripetuto spesso in queste ore ai collaboratori, rinviando a dopo le primarie ogni discussione. Interrogato sull’argomento dal Corriere della Sera, però, ieri ha insistito che «i numeri per il Mattarellum con il Pd, la Lega e altri ci sono», nonostante tre giorni fa, in Commissione affari costituzionali a Montecitorio, Fi e gli alleati centristi di Alfano abbiano messo agli atti la loro contrarietà. «Alla Camera abbiamo i numeri, al Senato no», sintetizza chi, tra i renziani, sta lavorando alla questione. Una constatazione di realtà che non porta a cambiare strategia: andiamo avanti col Mattarellum – la posizione nell’entourage dell’ex premier – provando eventualmente a «correggerlo» rivedendo le quote di proporzionale e maggioritario. Se nemmeno questo basterà, ragionano, facciamolo approvare ai deputati, e poi portiamolo a Palazzo Madama. A quel punto la bocciatura è certa, ma anche la possibilità di scaricare sugli altri la responsabilità di non aver cambiato la legge.

Ottenendo in questo modo il massimo risultato possibile: perché, sotto sotto, al Pd di Renzi mantenere le due leggi uscite dal taglia e cuci della Corte Costituzionale non dispiacerebbe. In quella della Camera resta comunque il premio di maggioranza per chi raggiunge il 40 per cento. Un obiettivo molto alto, si direbbe irraggiungibile per i dem oggi, eppure l’ex segretario ricandidato ci crede: «In passato ci è capitato, chissà che non ricapiti in futuro». Tanto che resta viva l’ipotesi tra i renziani di applicare anche a Palazzo Madama la legge della Camera: lo ha detto esplicitamente in un’intervista ieri il ministro Maurizio Martina, che con Renzi corre in ticket, attirando le critiche di vari compagni di partito, sostenitori di Orlando al congresso. Ma, insistono renziani di rango, la Direzione del Pd diede l’ok all’Italicum prima, e al Mattarellum poi: solo quelle possono essere le proposte dem.

Se non ci si riuscisse, però, dal punto di vista di Renzi non sarebbe un dramma: anche il Porcellum stagliuzzato dalla Corte, in vigore al Senato, andrebbe bene. Non prevede premio di maggioranza, è vero, ma un implicito effetto maggioritario è provocato da soglie di sbarramento alte, all’8 per cento. Un’asticella difficile da superare per i piccoli partiti, a cominciare dagli odiati ex amici di Mdp, gli scissionisti di Bersani e D’Alema. Nel mirino del Pd renziano ci sono loro, e si capisce da prese di posizione pubbliche e private: il no assoluto al premio alla coalizione, informalmente ribadito da molti, ma anche la chiusura a un rapporto con loro pronunciata ieri da Martina: «Con Mdp non vedo dialogo possibile».

Mantenere le due leggi così come sono, tra l’altro, avrebbe il non trascurabile vantaggio di portare in qualunque momento alle urne. Perché ora Renzi è concentrato sul congresso. Ma dal 1° maggio, a primarie finite, già rischia di aprirsi un’altra campagna elettorale.
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Re: PD in caduta libera

Messaggioda pianogrande il 25/03/2017, 11:24

La soglia di sbarramento all'8% potrebbe essere un favore troppo grosso al partito di maggioranza relativa che, in realtà, potrebbe non raggiungere il 40% con i voti ma raggiungerlo con i resti dato che lo sbarramento non è che lasci seggi vuoti.

Più lo sbarramento è alto e più il 40% diventa facilmente raggiungibile.
A meno che la legge non faccia distinzione tra le due componenti.
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