La Sintesi delle linee programmatiche di Matteo Renzi postata oggi sul suo sito sembra un buon inizio.
http://www.matteorenzi.it/newsletter-te ... ozione.pdf
Non è molto, ma come al solito gli va dato atto di essere al momento l'unico a provarci.
Altri faranno altrettanto o continueranno a parlare di avvisi di garanzia, di mozioni di sfiducia, di tutto il male possibile sull'avversario (ovviamente innanzitutto di Renzi, il più gettonato) e sui suoi familiari?
E che spazio daranno i media ad una discussione che parli finalmente di futuro e di progetti?
Non credo ci sia da essere molto ottimisti.
Per quanto mi riguarda, segnalo questo passo della Sintesi che si riferisce al tema che secondo me è il più importante: quello del progetto europeo e del suo rilancio.
L’unica dimensione sufficientemente vasta per fronteggiare il cambiamento garantendo il rispetto
dei nostri valori e del nostro stile di vita. L'Unione Europea è il primo tentativo
nella storia di creare un insieme sopranazionale in tempo di pace, senza armi
e senza minacce, sulla base della libera adesione dei popoli. Nell'ultimo
quarto di secolo, si è trasformata da una zona di libero scambio costituita da
12 piccole nazioni, schiacciate tra due blocchi imperiali, a un colosso formato
da 28 paesi e popolato da mezzo miliardo di persone, la maggior parte delle
quali condivide un'unica moneta e un'unica frontiera.
Da molti punti di vista – e alla luce della storia del nostro continente – si tratta
di un miracolo. Ma purtroppo negli ultimi anni, la miopia di una classe
dirigente succube del pensiero tecnocratico ha ribaltato la percezione dei
cittadini. Per molti europei, oggi, l’Unione è diventata il problema, più che la
soluzione. Un ulteriore fattore di perdita di controllo sul loro destino, anziché
lo strumento per cogliere le opportunità di un mondo più grande. Lo si è visto
nel caso della Brexit e lo si vede anche nell’evoluzione dell’opinione pubblica
in paesi storicamente europeisti come la Germania, la Francia e l’Italia.
A 60 anni dai Trattati di Roma l’antidoto contro i sovranismi consiste in una
convergenza che faccia perno sulle tre più grandi democrazie europee
dell’Eurozona, su un modello originale che concilii integrazione e democrazia.
Un modello che distingua nettamente la zona di integrazione politica dall’area
di semplice cooperazione economica; che confermi la legittimazione diretta
del Presidente della Commissione di fronte all’assemblea parlamentare; e
che riduca l’area delle decisioni intergovernative e costruisca effettivamente,
sulla base del principio di sussidiarietà, un modello con due livelli di governo
ben distinti, uno federale con un adeguato bilancio da gestire e uno rinviato
alla responsabilità degli Stati, singoli o in forma associata nel Consiglio
europeo.
Questo dovrebbe essere il discrimine fondamentale delle prossime elezioni
francese, tedesca e italiana, chiarendolo sin d’ora ai cittadini. Europeizzando
così le elezioni nazionali in modo da ricevere un mandato chiaro per
un’integrazione amica della democrazia, in grado di invertire la spirale di
estraneità dei cittadini europei rispetto a scelte che impattano sulle loro vite.
Nei prossimi mesi, in ogni caso, l’assetto politico dell’Unione subirà una
trasformazione decisiva. Se le candidature progressiste ed europeiste in
Germania e in Francia troveranno uno sbocco positivo, si creeranno per la
prima volta le condizioni per una svolta che allenti la morsa dell’austerità e
rilanci la prospettiva di un’integrazione fondata sul progresso e sulla crescita.
Se, al contrario, a prevalere saranno i nazionalisti, in particolare il Front
National di Marine Le Pen, l’Unione si troverà di fronte alla crisi di gran lunga
più grave dal momento della sua fondazione.
In entrambi gli scenari, dovremo farci trovare pronti. Il PD è stato il primo, tra i
partiti del PSE, a promuovere con forza l’idea di un’Europa diversa, capace di
dare una risposta vera ai problemi che abbiamo davanti, a partire dalla crisi
economica, dall’immigrazione e dalla sicurezza. Su questi fronti, non
smetteremo di incalzare i nostri partner, perché siamo convinti che siano
quelli decisivi per restituire ai cittadini europei il sentimento di avere il
controllo del proprio destino.
Al di là delle necessarie riforme dell’assetto istituzionale, si devono da subito
porre le basi per una nuova politica europea in campo sociale, nella gestione
dei flussi migratori, rispetto alla difesa comune e in materia fiscale, per
esempio arrivando a regole fiscali comuni per le imprese europee e
stabilendo un indirizzo condiviso all’interno della nuova fase di competizione
internazionale.
Il progetto europeo non è incompatibile con l’orgoglio di essere italiani e con il
nostro interesse nazionale. Al contrario, nei suoi momenti migliori, i due
aspetti sono andati di pari passo, rafforzandosi a vicenda. Com’è accaduto
quando gli sforzi compiuti dai governi di Giuliano Amato, di Carlo Azeglio
Ciampi e di Romano Prodi ci hanno permesso di accedere alla prima fase
dell’euro.