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Si ricomincia a parlare di politica?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda mariok il 07/03/2017, 0:17

Si ricomincerà a parlare di politica?

La Sintesi delle linee programmatiche di Matteo Renzi postata oggi sul suo sito sembra un buon inizio.
http://www.matteorenzi.it/newsletter-te ... ozione.pdf

Non è molto, ma come al solito gli va dato atto di essere al momento l'unico a provarci.

Altri faranno altrettanto o continueranno a parlare di avvisi di garanzia, di mozioni di sfiducia, di tutto il male possibile sull'avversario (ovviamente innanzitutto di Renzi, il più gettonato) e sui suoi familiari?

E che spazio daranno i media ad una discussione che parli finalmente di futuro e di progetti?

Non credo ci sia da essere molto ottimisti.

Per quanto mi riguarda, segnalo questo passo della Sintesi che si riferisce al tema che secondo me è il più importante: quello del progetto europeo e del suo rilancio.

L’unica dimensione sufficientemente vasta per fronteggiare il cambiamento garantendo il rispetto
dei nostri valori e del nostro stile di vita. L'Unione Europea è il primo tentativo
nella storia di creare un insieme sopranazionale in tempo di pace, senza armi
e senza minacce, sulla base della libera adesione dei popoli. Nell'ultimo
quarto di secolo, si è trasformata da una zona di libero scambio costituita da
12 piccole nazioni, schiacciate tra due blocchi imperiali, a un colosso formato
da 28 paesi e popolato da mezzo miliardo di persone, la maggior parte delle
quali condivide un'unica moneta e un'unica frontiera.
Da molti punti di vista – e alla luce della storia del nostro continente – si tratta
di un miracolo. Ma purtroppo negli ultimi anni, la miopia di una classe
dirigente succube del pensiero tecnocratico ha ribaltato la percezione dei
cittadini. Per molti europei, oggi, l’Unione è diventata il problema, più che la
soluzione. Un ulteriore fattore di perdita di controllo sul loro destino, anziché
lo strumento per cogliere le opportunità di un mondo più grande. Lo si è visto
nel caso della Brexit e lo si vede anche nell’evoluzione dell’opinione pubblica
in paesi storicamente europeisti come la Germania, la Francia e l’Italia.
A 60 anni dai Trattati di Roma l’antidoto contro i sovranismi consiste in una
convergenza che faccia perno sulle tre più grandi democrazie europee
dell’Eurozona, su un modello originale che concilii integrazione e democrazia.
Un modello che distingua nettamente la zona di integrazione politica dall’area
di semplice cooperazione economica; che confermi la legittimazione diretta
del Presidente della Commissione di fronte all’assemblea parlamentare; e
che riduca l’area delle decisioni intergovernative e costruisca effettivamente,
sulla base del principio di sussidiarietà, un modello con due livelli di governo
ben distinti, uno federale con un adeguato bilancio da gestire e uno rinviato
alla responsabilità degli Stati, singoli o in forma associata nel Consiglio
europeo.

Questo dovrebbe essere il discrimine fondamentale delle prossime elezioni
francese, tedesca e italiana, chiarendolo sin d’ora ai cittadini. Europeizzando
così le elezioni nazionali in modo da ricevere un mandato chiaro per
un’integrazione amica della democrazia, in grado di invertire la spirale di
estraneità dei cittadini europei rispetto a scelte che impattano sulle loro vite.

Nei prossimi mesi, in ogni caso, l’assetto politico dell’Unione subirà una
trasformazione decisiva. Se le candidature progressiste ed europeiste in
Germania e in Francia troveranno uno sbocco positivo, si creeranno per la
prima volta le condizioni per una svolta che allenti la morsa dell’austerità e
rilanci la prospettiva di un’integrazione fondata sul progresso e sulla crescita.
Se, al contrario, a prevalere saranno i nazionalisti, in particolare il Front
National di Marine Le Pen, l’Unione si troverà di fronte alla crisi di gran lunga
più grave dal momento della sua fondazione.
In entrambi gli scenari, dovremo farci trovare pronti. Il PD è stato il primo, tra i
partiti del PSE, a promuovere con forza l’idea di un’Europa diversa, capace di
dare una risposta vera ai problemi che abbiamo davanti, a partire dalla crisi
economica, dall’immigrazione e dalla sicurezza. Su questi fronti, non
smetteremo di incalzare i nostri partner, perché siamo convinti che siano
quelli decisivi per restituire ai cittadini europei il sentimento di avere il
controllo del proprio destino.
Al di là delle necessarie riforme dell’assetto istituzionale, si devono da subito
porre le basi per una nuova politica europea in campo sociale, nella gestione
dei flussi migratori, rispetto alla difesa comune e in materia fiscale, per
esempio arrivando a regole fiscali comuni per le imprese europee e
stabilendo un indirizzo condiviso all’interno della nuova fase di competizione
internazionale.
Il progetto europeo non è incompatibile con l’orgoglio di essere italiani e con il
nostro interesse nazionale. Al contrario, nei suoi momenti migliori, i due
aspetti sono andati di pari passo, rafforzandosi a vicenda. Com’è accaduto
quando gli sforzi compiuti dai governi di Giuliano Amato, di Carlo Azeglio
Ciampi e di Romano Prodi ci hanno permesso di accedere alla prima fase
dell’euro.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda pianogrande il 07/03/2017, 0:47

OK.
La politica respira ancora e non è annegata sotto i grillismi, i salvinismi e altre volgarità e perdite di tempo.

L'unica cosa che non condivido nello scritto è l'immancabile attacco al rigore.

Per me, il rispetto delle regole economiche è uno dei pilastri fondamentali dell'Unione.

I poteri locali vorrebbero libertà di spesa e di debito ma il supporto dell'Unione per rimediare ai loro guai.

Un andazzo che deve essere tra le prime azioni di unificazione e che si può riassumere nell'espressione
basta furbi.

Cosa vogliamo?
Una Europa che sia 27 volte la Grecia?

La volgarità e la grettezza dell'eterna domanda chi paga? non è evitabile all'infinito.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda mariok il 07/03/2017, 10:22

Ho cercato invano sui siti dei maggiori quotidiani un riscontro su questi temi. Una qualche osservazione o un qualche commento nel merito.

Su repubblica c'è la lettera una lettera di Sala e Chiamparino che parte dalla necessità di un "progetto forte e ambizioso" da portare all'attenzione degli elettori, ma chiude (di solito è nelle ultime righe che si capisce il senso e l'obbiettivo di un intervento) con la solita attenzione autoreferenziale alle questioni dei rapporti tra "leader" e tra partiti, alla necessità
"di un cambiamento nella qualità della sua leadership politica [quella ovviamente di Renzi]".

La prospettiva proporzionale (a parole "non auspicabile", ma di fatto ritenuta ineluttabile e forse non del tutto sgradita) impone "una maggiore e diversa capacità inclusiva. Il Pd non ha e non avrà certamente la possibilità di governare da solo, ma ha il compito di restare il punto di riferimento del vasto schieramento di chi si riconosce nella sua cultura riformista".

Nostalgia, insomma, di caminetti, di vertici, di cabine di regia.

E poi il ricattuccio finale: "Per questo è decisivo per Renzi, non rinchiudersi in gruppi ristretti ma avere la disponibilità a veleggiare in mare aperto con nuovi equipaggi non necessariamente composti da persone di stretta osservanza del capitano. Anche da questa disponibilità dipende l'aggregazione al suo progetto di tante forze innovatrici, fra le quali ci annoveriamo anche noi, che possono aiutare il Paese a trovare la giusta rotta".

Della serie: o ci fai sedere al tavolo (insieme ad altri) delle decisioni o ti scordi il nostro appoggio.

Per fare cosa, con quali programmi, con quali tempi, è un dettaglio successivo.


Caro Renzi, cambia mare se vuoi restare il capitano
di SERGIO CHIAMPARINO e GIUSEPPE SALA

07 marzo 2017

CARO direttore, viviamo mesi cruciali e difficili al tempo stesso. L'Europa è attraversata da tensioni fortissime, di cui vedremo i risvolti negli appuntamenti elettorali che interesseranno quest'anno anche i due più importanti Paesi dell'Ue, cioè Germania e Francia. Soffia impetuoso il vento della contestazione acritica, del "no" a tutto e tutti. In Italia negli ultimi anni un solo partito si è fatto carico quasi interamente della responsabilità di governo su scala nazionale e locale: il Partito Democratico.

È andato tutto liscio in questi anni? Certo che no. Il Pd ha preso quasi tutto sulle sue spalle, con onori ed oneri. E l'ha fatto anche, o forse soprattutto, grazie a migliaia di onesti e preparati amministratori, che si battono ogni giorno per far funzionare comuni piccoli e grandi, città metropolitane e regioni. L'ha fatto, a livello nazionale, grazie a gente seria come Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, Pierluigi Bersani, Enrico Letta e Paolo Gentiloni. Ma l'ha fatto grazie e soprattutto ad un leader coraggioso ed energico come Matteo Renzi.

Ora però siamo entrati nell'anno più critico, quello che ci condurrà alle elezioni politiche. Il progetto da portare all'attenzione degli elettori deve essere forte e ambizioso, ma deve essere ancora scritto e condiviso. Deve dire sì all'Europa, ma non a questa Europa. Deve contenere una rivoluzione fiscale nel senso dell'equità, consentendo di abbassare le aliquote attraverso il recupero delle risorse dove ci sono, introducendo, ad esempio, una ragionevole "web tax". Deve investire risorse sulle infrastrutture vere del Paese, sulla ricerca e la formazione e per sostenere le persone indebolite dai processi innovativi.

Occorre innanzitutto dare certezze indicando come termine elettorale la scadenza naturale della legislatura nel 2018. Questi mesi, infatti, devono servire per affinare una legge elettorale che ci permetta, dopo il voto, di essere in una condizione di governabilità migliore dell'attuale e gestire una legge di bilancio delicata e decisiva per il paese.

Serve poi mettere mano a testi di legge essenziali, che vanno dal testamento biologico ed una definizione di compiti e risorse delle aree metropolitane, che così come sono rappresentano una riforma largamente incompiuta. Inoltre vi sono sfide, come la candidatura italiana a sede dell'Ema, che necessitano di un governo nel pieno dei suoi poteri per i prossimi mesi. Cosi come molti altri progetti comuni a questa area vasta che va dal Piemonte a Milano nell'ambito dell'alta formazione, della ricerca, del turismo, del sistema finanziario e industriale e delle infrastrutture.

Il Pd deve affrontare i problemi derivanti dagli eventi divisivi delle ultime settimane: la recente spaccatura del partito può avere ripercussioni anche sugli assetti locali e questo mette in discussione quell'efficace rapporto tra centro del partito e periferia al quale il Pd e le formazioni da cui è gemmato hanno dovuto tanto della loro fortuna.

Di questo tempo di discussione dovrebbe approfittare anche Matteo Renzi. Egli è stato protagonista di un serio percorso riformista: si può discutere su tutto ma una buona parte delle sue riforme sono state coraggiose e molteplici saranno gli effetti positivi sul Paese che negli anni ne deriveranno. L'esito del referendum ha però tracciato una linea dopo la quale nulla è più come prima. Anche per lui. È quindi necessario che per riproporsi alla guida del Partito (e, ancor di più, alla guida del Paese), Renzi accetti l'idea di un cambio di passo, di un cambiamento nella qualità della sua leadership politica; è anche sempre piu' possibile, anche se forse non auspicabile, prospettiva proporzionale a suggerire una maggiore e diversa capacità inclusiva. Il Pd non ha e non avrà certamente la possibilità di governare da solo, ma ha il compito di restare il punto di riferimento del vasto schieramento di chi si riconosce nella sua cultura riformista. Per questo è decisivo per Renzi, non rinchiudersi in gruppi ristretti ma avere la disponibilità a veleggiare in mare aperto con nuovi equipaggi
non necessariamente composti da persone di stretta osservanza del capitano. Anche da questa disponibilità dipende l'aggregazione al suo progetto di tante forze innovatrici, fra le quali ci annoveriamo anche noi
, che possono aiutare il Paese a trovare la giusta rotta.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda ranvit il 07/03/2017, 10:43

Cosa vogliamo?
Una Europa che sia 27 volte la Grecia?



Non è esattamente quello che sta avvenendo grazie alla stupida visione ragioneristica dei tecnocrati europei... ? 8-)

Come ho detto mille volte ormai l'unica che ci ha guadagnato da questo rigore a senso unico fin'ora è la germania!
Regole a modo suo, banche piene zeppe di titoli tossici salvate con intervento statale di 270 miliardi, etcetc
La stessa Germania non sarebbe mai ripartita nel dopoguerra se non le avessimo concesso di tagliare il debito....anche a spese nostre!...
E ancora una decina di anni fa se non le avessimo consentito di sforare impunemente per assorbire l'Est....anche a spese nostre!...
Non si doveva concederle questi assist? Certo che si! Ma ora tocca agli altri, perbacco!

Del resto come le vuoi fare le unioni di popoli, costringendo alcuni a morire di fame per il bene comune???


PS Pianogrande fra poco resterai da solo a difendere l'austerità; persino i tedeschi hanno cominciato a capire che se si vuole stare insieme (e guadagnarci.... ;) ) è necessario essere un po' generosi :lol: :lol:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda pianogrande il 07/03/2017, 11:00

Mah.
Intanto mi soffermerei di più su un cambiamento di nome alle cose che confonde un po' le idee.

Al perfino banale e meno attaccabile rispetto delle regole si sostituisce disinvoltamente un vocabolo che c'entra molto poco: "austerità".

Fa più primo della classe antipatico, un po' ingobbito, con gli occhialoni e che non ti passa il compito e diventa più facile dargli contro.

La politica e la convivenza in generale è basata su accordi che hanno un difettuccio fastidioso e cioè vanno rispettati.

Naturalmente, chi pretende questo rispetto, per poter essere attaccato e fatto passare come il problema, deve essere dipinto con termini che aprano alla denigrazione.

Guai dire il Sig. Rossi pretende che il contratto che hai letto firmato e sottoscritto tu lo debba anche rispettare.
Ti direbbero: embe'?

Quando in una alleanza o unione o associazione o club o ... non riesce neanche a passare il principio che le regole vanno rispettate succede che ci si cominci a chiedere a cosa serve dannarsi l'anima per farle le regole e ci saranno sempre meno rispetto e meno regole e l'associazione, club, condominio, confraternita... smette semplicemente di funzionare.

Girargli intorno con le parole serve solo a girargli intorno con le parole.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda mariok il 07/03/2017, 11:55

Credo anch'io che la polemica sulla cosiddetta "austerità" ed il tentativo di far dipendere da essa la sopravvivenza stessa del progetto europeo, sia fuorviante e di fatto strumentale.

Possiamo avere idee diverse in tema di politica economica, essere più o meno keynesiani, ma l'affermazione che i nostri guai dipendono dalle "regole europee" e dalla "germania cattiva" è una truffa a cui ricorrono gran parte dei nostri politici.

E' troppo facile dire che tutti i problemi dipendono dalle "regole europee" e che basta liberarsene per risolverli miracolosamente.

E' così evidente che sono argomenti che non stanno in piedi e che vengono usati dai politici per nascondere le proprie inadeguatezze e la loro incapacità di indicare soluzioni serie che vadano oltre la pura propaganda, che non vale tornarci sopra.

Basta per esempio osservare, a fronte di tante chiacchiere, che la BCE sta continuando a mettere sul piatto 60 miliardi al mese per l'acquisto di titoli, tra cui quelli del nostro debito, per smontare la parola stessa di "austerità".

C'è da dire che per invertire in modo più robusto il ciclo economico, ciò non basta. E' vero: non basta la moneta, ma occorre una politica di investimenti per imprimere maggiore sviluppo.

Ma occorre ripetere che per fare questo occorrono gli strumenti politici che non possono essere quelli della contrattazione perenne tra i governi di 27 stati?

Che sono necessarie vere e proprie istituzioni democratiche comuni e che occorre lavorare in tal senso, invece di puntare a distruggere anche quel poco o tanto che si è costituito finora?

Si può anche (ci mancherebbe) sostenere che la via è un'altra. Che è quella di riprenderci la famosa "sovranità". Ma chi lo sostiene deve anche dirci che uso intende farne.

La questione riveste una tale rilevanza per il futuro di molte generazioni che non può essere risolta con una delega in bianco. Soprattutto a chi non fa altro che raccontare frottole e non ha mostrato, finora, la benché minima capacità di saper governare il paese dopo averlo trascinato in un'avventura dagli esiti assolutamente incerti e preoccupanti.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda ranvit il 07/03/2017, 13:06

Possiamo avere idee diverse in tema di politica economica, essere più o meno keynesiani, ma l'affermazione che i nostri guai dipendono dalle "regole europee" e dalla "germania cattiva" è una truffa a cui ricorrono gran parte dei nostri politici.


Non è questo il punto. E io non sono populista...

E' chiaro che è colpa ns se siamo ancora nella merda. Ma gli italiani e gli spagnoli e i greci, etc sono fatti cosi. Secoli di Storia e vicende ci hanno condotti a questo punto.....vuoi fare l'Unione europea o no? Se si, prendere o lasciare, perchè il carattere, bello o brutto, di un popolo non lo cambi con le regole scritte da ragionieri e l'unica cosa che puoi ottenere è una rivolta popolare con populisti o peggio fascisti al governo!

Credo che ci siano modi e modi di andare avanti insieme senza affamare la gente, ma se prevalgono le regole tecnocratiche il destino è quello di spaccare tutto.

Del resto quando la Germania Ovest ha dovuto "digerire" l'Est non l'ha fatto aggratis....ma l'obiettivo era piu' importante dell'investimento.
Se ci si integra maggiormente è pensabile che la fiscalità possa essere comune, cosi' come il mercato del lavoro, la gestione delle autonomie locali, di quelle bancarie, elettorali ed istituzionali, la difesa, i servizi di intelligence, etc etc....solo cosi' si puo' andare verso l'unione.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda mariok il 07/03/2017, 19:31

Il tema richiamato, quello relativo al progetto europeo, è senza dubbio un primo punto di discussione congressuale.

L'ispirazione europeista del PD non mi sembra in discussione. Tuttavia non mi sembra che gli altri due candidati pongano l'esigenza di uno scatto in avanti sulla via dell'integrazione politica con la stessa determinazione e concretezza con le quali la pone Matteo Renzi.

Un secondo tema, quello della leadership nel partito e della cosiddetta premieship, riveste una notevole importanza ed è ben più di una mera questione organizzativa interna o di "potere".

E mi sembra che qui le differenze tra il candidato Renzi e gli altri due siano ancora più nette.

Si fronteggiano nettamente posizioni politiche fortemente divaricate:

- tra chi (Orlando e Emiliano) ritiene ormai inevitabile un ritorno al proporzionalismo, non solo come meccanismo elettorale, ma anche come impostazione dei rapporti tra le forze politiche e chi invece (Renzi) cerca ancora di resistervi ribadendo la veltroniana "ispirazione maggioritaria" del PD;
- tra chi considera la frattura con il gruppo dei fuorusciti un incidente occasionale da sanare, se non con un ricongiungimento, almeno con una forte alleanza, e chi invece ritiene che essa abbia profonde e non facilmente risanabili motivazioni politiche;
- tra chi pensa ad una riedizione del modello dell'Unione prodiana basato su una "larga" alleanza di una miriade di piccoli partiti in grado di porre il veto alla candidatura alla presidenza del consiglio del leader del maggiore partito (non a caso Prodi non aveva alle spalle alcun partito) e chi invece pensa che anche un'eventuale alleanza debba partire, come avviene in gran parte delle maggiori democrazie europee anche a sistema proporzionale, dal riconoscimento del ruolo del partito maggiore e della sua leadership.

Temi di sostanza (finalmente), sui quali confrontarsi e scegliere entrando nel merito.

Mario Lavia @mariolavia · 7 marzo 2017
Renzi aggiusta la strategia: una nuova vocazione maggioritaria

Nella sua mozione riafferma la coincidenza di leadership e premiership

Il “nuovo” Renzi riprende il “vecchio” Renzi su un punto qualificante e addirittura preliminare a tutto il resto: il Pd conferma la sua vocazione maggioritaria, si candida a guidare il Paese e anzi candida il suo leader a palazzo Chigi. Sembra una cosa da poco. E invece, nell’Italia post 4 dicembre battuta dal vento proporzionalista, si tratta di idee controcorrente. E innovative, di fronte alla restaurazione del vecchio.

La presa di posizione di Renzi nella sua mozione congressuale è netta: “Analogamente a quanto accade in tutte le democrazie parlamentari, anche in quelle basate sui sistemi proporzionali, crediamo che la leadership che si propone per il governo del Paese debba essere la stessa che guida il partito”. Coincidenza fra leadership e premiership, come disegnata da Veltroni all’atto di nascita del Pd.

Così, l’ex premier ripropone il percorso che egli stesso seguì: conquista della premiership del partito con le primarie e conquista della premiership (con una manovra interna nel 2014, con le elezioni nel 2018).

Andrea Orlando e Michele Emiliano, nel momento stesso in cui escludono che il segretario del Pd venga indicato come leader di governo, vanno una direzione opposta.

Peraltro sia il prima che il secondo hanno ormai aderito – non si quanto per convinzione, quanto per rassegnazione – all’ipotesi del ritorno al proporzionale, o meglio, all’idea della coalizione. Il recupero del cosiddetto “ulivismo” da parte loro allude alla necessità di formare un cartello, non importa quanto frazionato, in grado di essere competitivo per la vittoria finale, mandando poi al palazzo Chigi non necessariamente – anzi – il capo del partito più forte.

Di qui anche una profonda differenza fra Renzi e gli altri sul rapporto fra Pd e Mdp. Mentre per il primo si tratta di una rottura incomponibile e in ultima analisi quasi fisiologica, per i secondi è un accidente momentaneo in vista, se non di una ricomposizione organica, almeno di un’intesa forte di governo.

Insomma, per Renzi resta fermo il principio che deve animare la legge elettorale: garantire ai cittadini il potere di nominare non solo chi li rappresenta in Parlamento ma anche chi li governa. E’ un punto fondante dell’identità del partito nato nel 2008 che giustifica la costruzione di un partito fondato sul leader e sulle primarie che ne costituiscono la fonte di legittimazione (senza vocazione maggioritaria le primarie non hanno senso).

La novità semmai è nel superamento della leadership solitaria. Per la prima volta, a Otto e mezzo (la frase è passata inosservata perché l’attenzione di tutti era sul caso-Consip e il coinvolgimento di suo padre) Renzi ha parlato di “squadra”, una “squadra” di cui naturalmente egli si sente il “capitano”: e aver istituito un “ticket” con Maurizio Martina ne è certamente una spia.

D’altra parte, da molte parti Renzi viene invitato ad essere non più solo leader di un gruppo di sodali – il famoso Giglio magico e dintorni. Lo hanno fatto Beppe Sala e Sergio Chiamparino (renziano della prima ora, si badi) mentre anche una sostenitrice di Orlando come Anna Finocchiaro critica il ritorno al proporzionale e si augura “la ricostruzione di un soggetto politico, di un partito”, e da Areadem non contano le pressioni per una leadership che tenga conto della complessità del partito. Per esempio, Marina Sereni ha scritto due giorni fa che “l’esperienza di questi anni ha troppo spesso rimandato l’immagine di una forte leadership, fatto in sé positivo, poco disposta tuttavia all’ascolto”.

Ovvio che tutti questi appelli insistano in una situazione di debolezza dell’ex premier e che siano mosse da naturali e legittime istante di protagonismo.

Renzi lo sa e capisce che deve tenere conto di una situazione nella quale ha bisogno di altri: e nel frattempo – e forse proprio per questo – riafferma in un documento congressuale per il quale chiede i voti di iscritti e elettori la forza della leadership e la sua coincidenza con la premiership. Come a voler dire: terrò conto di tutti, ma il leader per il partito e per l’Italia resto io. E non c’è dubbio che una sua vittoria congressuale fermerebbe il vento proporzionalista che soffia sulla politica italiana, facendo ri-andare l’orologio dell’innovazione istituzionale.

Solo i fatti diranno se questa “novità nella continuità” sarà risultata vincente ma l’impressione – solo un’impressione – è che Matteo Renzi abbia ricominciato a dare le carte.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda pianogrande il 07/03/2017, 19:49

Sempre per parlare di politica, pare che Gentiloni a questo punto vada avanti e, se questo servisse come pausa di riflessione per la gente per capire quali sono i partiti di governo e quali quelli delle chiacchiere, che vada pure avanti Gentiloni.

Su questo aspetto il PD non insiste mai abbastanza.

Invitare la gente a confrontare chiacchiere e fatti deve essere una azione instancabile come lo è quella dell'attacco e del no a tutto e tutti che è il problema politico culturale del momento.

Ogni volta che una persona in più storcerà il naso davanti a una bufala dei grillini o a una accusa di deriva autoritaria etc. quella sarà una vittoria politico culturale e il PD (partito di governo) ne ha un gran bisogno.

Ogni volta che si avvierà qualcosa di positivo e la gente vedrà quello e non i bankieri e le multinazionali del farmaco e l'Europa cattiva che ci possono stare dietro, quella sarà una vittoria politico culturale.

I primi fatti positivo che mi salta all'occhio sono la lotta all'evasione fiscale (sembra che si stia muovendo qualcosa) e la lotta alla criminalità (ripeto che finora mi piace questo ministro dell'interno).

Facciamone una bandiera e non perdiamo l'occasione come è tragicamente e stupidamente successo con Roma.
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Re: Si ricomincia a parlare di politica?

Messaggioda Robyn il 07/03/2017, 20:08

Più che coincidenza serve l'elezione contemporanea leadership,viceleadership di partito con la leadership che sceglie una figura di fiducia viceleadership prima del congresso che però una volta eletta guiderà il partito e non sarà possibile rimuovere da chi l'ha prescelta,ma solo dal parlamentino dei delegati e naturalmente se si starà all'opposizione la vice leadership avrà meno influenza e conterà la leadership.Fare ambedue le cose gestire il partito e stare a Pzzo Chigi non è una cosa facile si è visto che il partito è finito in stato di abbandono non è stato possibile renderlo più leggero e più funzionante.Da quando si parla di proporzionale in poche settimane sono nati 20 partiti credo che non si andrà in senso proporzionale perche rischiamo la Repubblica di Weimar.Infine sul cuneo fiscale si deve scegliere una strada incisiva uno shok e non disperdere le risorse un pò di qua un pò di la perche gli effetti sarebbero dispersivi e modesti.Quindi devono andare tutti alla diminuzione del cuneo fiscale
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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