La storia infinita

Non c'è dubbio che il regista è ancora una volta lui, il conte Max.
Per Bersani e Speranza non c'è nessuna novità, si sono sempre fatti pilotare.
Quello che è più difficile da credere è che della partita possa essere anche Emiliano. E' un'alleanza che non credo durerebbe molto.
Per Bersani e Speranza non c'è nessuna novità, si sono sempre fatti pilotare.
Quello che è più difficile da credere è che della partita possa essere anche Emiliano. E' un'alleanza che non credo durerebbe molto.
IL RETROSCENA
Renzi non cambia la linea: trattare? Hanno già deciso
L’idea voto a settembre. È convinto che Rossi e Emiliano resteranno.
Per dare il via al congresso dovrà dare le dimissioni dalla guida del partito
di Maria Teresa Meli
ROMA «In assemblea spiegherò che tra partito dei caminetti e partito delle primarie io scelgo il secondo»: Matteo Renzi si sente pronto per l’appuntamento di oggi. Lo spettacolo di ieri al Teatro Vittoria gli ha fatto una certa impressione: «Noi siamo la sinistra riformista che vuole governare. Dovremmo smettere di parlare tra di noi e di noi», ha detto ai suoi stupito per la kermesse, tutta bandiere rosse e «Avanti popolo».
I renziani, con Andrea Marcucci hanno sintetizzato così lo stato d’animo dell’ex premier: «La minoranza deve scegliere tra D’Alema e il Pd». Già, quel D’Alema che, rivela un suo fervente sostenitore, l’ex deputato Salvatore Buglio, «aveva deciso la scissione da tempo, da prima del referendum, perché sin da allora erano pronti i soldi e il nuovo partito». Perciò anche il solitamente cauto Lorenzo Guerini dice: «Basta ultimatum inaccettabili». Perché, come ha spiegato Renzi ai fedelissimi, la minoranza ha tutto il «diritto di volersi sentire a casa nel Pd, ma nessuno può porre ricatti».
Il segretario già ieri sera, leggendo le dichiarazioni del D’Alema scissionista, aveva capito quale fosse l’andazzo di una parte della minoranza. «Non c’è nessuna trattativa da fare con chi ha già deciso di andarsene», ha spiegato ai collaboratori. Perciò il ruolino di marcia resta lo stesso: Congresso ad aprile, primarie al massimo il 7 maggio. Del resto, ricorda il leader del Pd «la tabella di marcia rimane la stessa perché era quella che chiedeva la minoranza fino a poco tempo fa, quando minacciava carte bollate per avere il congresso subito». Ora quella minoranza a cui accenna Renzi, ossia Emiliano, sostiene che le assise anticipate sono uno strappo e chiede altro tempo. Ma non è detto che il governatore della Puglia alla fine rompa sul serio. Ha parlato con Renzi. Lui gli ha ripetuto quello che aveva già detto: «Sulla data delle elezioni non decido io e comunque noi sosteniamo Gentiloni». Ma Emiliano ha diffuso la notizia di un accordo in realtà mai nato. E i renziani hanno interpretato quell’uscita come il tentativo di fare marcia indietro rispetto alla scissione.
Il segretario ieri ha parlato anche con Speranza, che aveva già telefonato a Guerini ponendo come condizione, per evitare la scissione, di eleggere un nuovo segretario dopo le dimissioni di Renzi. «Ma dove pensi di andare?», ha chiesto il leader del Pd all’ex capogruppo. Come a dire: se pensi che Pisapia (con cui Renzi è in continuo contatto) si carichi tutti gli scissionisti ti sbagli. Secondo il segretario, comunque, sia Emiliano che Rossi stanno cercando di tornare sui loro passi e di non uscire dal partito, lasciando quest’onere a Bersani, Speranza e soci. Sì perché Emiliano preferirebbe fare il competitor di Renzi alle primarie, mentre Rossi ha un piccolo problema, e cioè che 20 dei 22 esponenti del Pd che fanno parte della sua maggioranza alla regione Toscana sono renziani. Un ostacolo non da poco: se invece rimanesse nel partito, potrebbe sempre ottenere in seggio al Senato. Per questa ragione ieri i renziani ironizzavano sulla minoranza in rivolta: «Si stanno già scindendo tra di loro».
Il segretario nel frattempo, convinto di non fare nessuna «trattativa a oltranza» pensa al dopo: è pronto a sostenere Gentiloni fino al 2018, ma ritiene che le elezioni il 24 settembre sarebbero un bene per l’Italia, perché quello «è l’ultimo momento utile per intavolare una trattativa sulla flessibilità con la Germania». È quella l’unica vera trattativa che interessa a Matteo Renzi.
18 febbraio 2017 | 23:09