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Gli italiani che non desiderano cambiare

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda ranvit il 10/12/2016, 16:47

Una storia di riformatori disarcionati
e i leader (Renzi, come Craxi e il Cav.) che gli danno un aiutino
Giuliano Ferrara
di Giuliano Ferrara
ferrara@ilfoglio.it
10 Dicembre 2016 alle

Un po’ di storia non fa male. Bisogna dare un seguito argomentativo di sfondo all’idea, affacciata ieri da Cerasa qui, che Renzi si sta dimettendo da Renzi, che questo è il rischio al di là delle minuzie consultazioniste.
Ecco qui. E’ assodato che gli italiani non desiderano cambiare la loro condizione, il loro sistema politico di decisione e le loro garanzie protettive in ogni campo. Dalla Prima alla Seconda Repubblica ci hanno portato non gli elettori, infatti, ma i magistrati, con la sorpresa a effetto della vittoria inaspettata di un Berlusconi, e conseguenze varie, ma senza le manette staremmo ancora col proporzionale e i partiti (quelli di un tempo, non i conati ora nascenti).
Nel 1987 Craxi aveva governato per tre anni, un tempo inaudito per la media di allora che era di un governo ogni dieci mesi, e aveva agitato le acque con un notevole successo di manovra e di iniziativa: aveva posto la questione di una Grande Riforma presidenzialista, della riforma garantista della giustizia penale dopo il caso Tortora (vincendo un referendum sulla responsabilità civile dei giudici), di una nuova politica riformista in economia e nelle relazioni sociali (e anche lì, sulla scala mobile, aveva vinto un referendum). La Borsa era alle stelle, l’inflazione galoppante a due cifre era stata domata. Il cinghiale sembrava un leone ruggente.
E che accade? Il capo dei comunisti (alla vigilia del crollo del Muro di Berlino) e il capo dei democristiani, Natta e De Mita, decisero di estromettere Craxi dal governo e di andare al voto con un governicchio di loro gradimento, presieduto dal presidente del Senato Fanfani. Un “ordinato percorso verso le elezioni”. Si votò e Craxi prese qualche ridicolo decimale in più, dopo tre anni di spallate e di spinte al cambiamento. Gli italiani non volevano, appunto, cambiare il sistema. E Craxi che cosa fece? Ebbe una reazione di sdegno rassegnato, si intortò nel pentapartito, e disse che, se non volevano il cambiamento gli elettori, lui ne prendeva atto e rinunciava all’ambizione sua, aspettando che il pallino di Palazzo Chigi gli tornasse tra le mani dopo un governo Goria e un governo De Mita. Con il consenso deluso del leader della Grande Riforma, fu pienamente restaurata la vecchia partitocrazia consociativa. Risultato: qualche tempo dopo furono tutti arrestati, più o meno. Alle origini di tutto, una rinuncia. Craxi si era dimesso da Craxi. Dopo la rivoluzione delle manette, suppletiva della rivoluzione riformista che non c’era stata, arrivò a sorpresa Berlusconi, che liquidò i suoi avversari uno a uno e governò anche quando era all’opposizione dell’Ulivo, invadendo l’immaginario italiano per un ventennio e modificando il linguaggio politico e facendo perfino funzionare, tra un ribaltone e l’altro, l’alternanza che era sempre stata negata a questo paese in cui cambiavano i regimi, non i governi.
Quando la crisi finanziaria portò alla crisi politica, ingigantita dalla decisione narcisista da parte di Berlusconi di rompere con quel nano di Fini, che poteva tenere a bada senza conseguenze e invece sfidò in una grottesca ordalia, Berlusconi non chiese le elezioni, che Napolitano si disse disponibile a dare non essendo accettabile un quarto ribaltone in vent’anni, ma si accordò con Napolitano, poi accusato di essere un golpista (malamente accusato) per la soluzione Monti, e fu di nuovo restaurata in versione tecnocratica la partitocrazia detta, come ricorderete, dell’Abc (Alfano, Bersani e Casini se non ricordo male). Un fallimento: gli italiani che avevano detto di no a Craxi nel voto non furono in grado di dire né sì né no a Berlusconi dopo la crisi al buio del 2011. Perché, di nuovo, Berlusconi si era dimesso da Berlusconi. Risultato, emergenza finanziaria a parte di cui si presero cura con le tasse Monti e Fornero, furono le elezioni del 2013, con lo smacchiatore Bersani smacchiato e lo stallo istituzionale e politico. Anche qui: gli italiani non fecero una masaniellata, erano pronti a farsi sudditi dei tecnocrati piuttosto che darla vinta al “liberismo” di Berlusconi, di nuovo non volevano cambiare: ma al centro di tutto ci fu una rinuncia, quella del leader della rivoluzione del 1994, Berlusconi, ad accettare la sfida delle urne.E veniamo a Renzi. Si è fatta molta confusione sul referendum, che Renzi ha perso e Zagrebelsky & C. hanno vinto. E’ di nuovo chiaro che gli italiani, con il possente e demente contributo dei giovani dai 18 anni ai 34 anni, quando sentono parlare di cambiamento, e magari ne vedono realizzato un pezzettino, mettono mano alla pistola e sparano voti contro. D’accordo. Però il tema del referendum e della battaglia connessa non era la riduzione dei costi e del numero dei parlamentari, come colpevolmente sebbene comprensibilmente Renzi si era rassegnato a dire, era altro, lo sappiamo tutti: la questione era un sistema monocamerale semplificato e una legge elettorale con il ballottaggio, seriamente maggioritaria. Ora se il leader Renzi non avesse già svenduto il ballottaggio addirittura prima del referendum nei negoziati interni al Pd, e se non si consegnasse come minaccia di fare alla volontà di Mattarella e alla Corte costituzionale di intraprendere un “ordinato percorso verso le elezioni”, che significa in concreto restaurazione del proporzionale e rinvio del voto con la legge maggioritaria per la Camera che c’è, mentre quella del Senato è diversa come lo è sempre stata; se non ci fosse la terza rinuncia del leader a essere sé stesso, le dimissioni di Renzi da Renzi, oggi avremmo una sia pur remota possibilità di andare alle elezioni con il ballottaggio e vedere nelle urne politiche se il paese sia capace di darsi un governo serio e di smentire il suo immobilismo. Il che sarebbe l’unica soluzione lineare: infatti è “inconcepibile” secondo gli ultimi due titolari del potere quirinalizio, che sono il democristiano Mattarella e prima di lui il comunista Napolitano, persone rispettabili ma estranee alle rivoluzioni riformiste passate e presenti. Gli italiani non vogliono cambiare, ma i loro leader rivoluzionari riformisti gli danno sempre un bell’aiutino.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda ranvit il 10/12/2016, 17:32

Aldilà di quello che dice Ferrara è un fatto che gli italiani (la maggioranza) non vogliono cambiare mai niente...il che fa il paio con la situazione in cui ci troviamo.
Stiamo per tornare ancora una volta nella palude: proporzionale, governo non eletto quindi debole e incapace/impossibilitato a prendere decisioni forti.... una botta al cerchio e uno alla botte...
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Re: Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda Robyn il 10/12/2016, 19:16

Io non credo che gli italiani non vogliono cambiare,dipende da come cambi e da chi fai fare i cambiamenti,se prometti un futuro peggiore gli italiani rigettano tutto.E anche vero che gli italiani dimenticano le cose in fretta hanno la memoria corta,e questo spesso porta a ripetere gli stessi errori.Fino a quando ci sarà il folclore costituzionale,presidenzialismo sfiducia costruttiva diminuzione dratica parlamentari elezione diretta del premier e non si saranno depurati gli aspetti negativi la riforma costituzionale sarà difficile da fare
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Re: Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda Robyn il 10/12/2016, 21:06

La riforma di Craxi l'ho letta.Pretendeva per il parlamento un sistema proporzionale e un presidente eletto dal popolo ma così si squilibrano le cose significa un parlamento debole con un presidente forte.La riforma Iotti De Mita anche prevedeva la fiducia al governo in seduta comune del parlamento,di cose incomprensibili se ne sono viste molte.Per ex quella della bicamerale presiediuta da D'Alema in cui si prevedeva il presidenzialismo ma in cui berlusconi voleva indebolire l'indipendenza della magistratura.Per l'Italia una riforma c'è ed è il modello westminster,cioè quella di un parlamento forte con esecutivi più o meno stabili in cui la frequenza delle crisi è limitata e non si risolve andando ad elezioni ma cambiando primo ministro sempre rimanendo la stessa maggioranza e senza sfiducia costruttiva.Per fare una riforma bisogna escludere in partenza alcune cose,tra cui presidenzialismo,semipresidenzialismo,sfiducia costruttiva,elezione diretta del premier,vincolo di mandato,diminuzione drastica parlamentari,tentativi di indebolire la magistratura.Infatti tutte queste cose ,come ad ex la diminuzione dei parlamentari,non sono il problema della costituzione,ma il problema della costituzione sono bicameralismo paritario e frequente caduta dei governi.L'unica cosa che ci sarebbe in più per il governo sarebbe la possibilità di nominare e revocare i ministri dal presidente della repubblica,ma per insediarsi c'è bisogno del voto di fiducia e può essere sfiduciato non c'è elezione diretta del premier ed inoltre non è previsto che il presidente della repubblica debba scegliere in base alla maggioranza,sceglie il leader del partito che ha vinto le elezioni anche se non c'è scritto in costituzione che debba essere così,così come non è necessario scrivere il nome del leader sulla scheda elettorale e prevedere per legge che sia scritto sulla legge elettorale.Per un parlamento forte serve un collegio uninominale con primarie di collegio.Non è necessario comprimere a cento i senatori ne basterebbero duecento non è necessario eliminare i delegati regionali perche in questo modo si mette a repentaglio l'equilibrio degli organi di garanzia,non è necessario scendere sotto i seicento diciotto deputati alla camera,non è necessario il vincolo di mandato basta che i parlamentari siano scelti dagli elettori,sarebbe invece necessaria la rappresentanza paritetica al senato,con elezione di secondo livello nell'ambito di scelta degli elettori.Inoltre in merito al numero di parlamentari e alla distribuzione del potere ci si è dimenticati di un principio semplice e banale che fà parte del classico modello liberale di parlamento e cioè che la democrazia è fatta da tante persone ognuno con compiti definiti in un'ambito ben definito e limitato
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Re: Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda Robyn il 11/12/2016, 7:21

Fino a quando si penserà che gli orsi bruni possono cambiare la costituzione i cambiameti falliranno perche gli orsi bruni vogliono essere ciò che non sono,e far apparire gli altri cio che non sono,Craxi era un orso bruno Berlusconi un orso bruno Onofri un'orso bruno.Sarà difficIle anche quando poteri forti e finanza si metteranno in mezzo.Per la finanza c'è una bella riforma:il ripristino della stellglass act,perche la sua eliminazione gli ha dato un potere senza limiti.Potrebbero per ex organizzare delle manifestazioni di piazza per impedire il ripristino della stellglass act e far credere che c'è il rischio comunismo
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Re: Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda mariok il 11/12/2016, 10:32

Probabilmente va cambiato approccio.

Occorre prendere atto che non è epoca di grandi costituenti. Non si possono riscrivere le regole tutte insieme.

Non solo perché il popolo italiano ha paura (forse a ragione data la scarsa affidabilità dell'attuale classe politica) dei cambiamenti troppo drastici, ma anche perché mancano le condizioni e le capacità per portare a compimento progetti tanto ambiziosi.

Forse l'unico modo per cambiare, in questo paese, è quello dei piccoli passi.

Ed è qui che Renzi probabilmente ha sbagliato. Se si cominciava per piccoli passi, come l'abolizione del CNEL, quella delle province, per poi passare alla riscrittura del titolo V, chi avrebbe potuto mettersi contro con qualche successo?

Troppi cambiamenti insieme creano panico e confusione, lasciando buon gioco a chi punta sulle paure per non cambiare nulla.
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Re: Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda Robyn il 11/12/2016, 14:28

Sull'abolizione del cnel sono d'accordo e lo stesso per le province perche sostituite dalle citta metropolitane.In merito alla legislazione concorrente la corte costituzionale aveva già fatto chiarezza magari si poteva riprendere quella.In merito al principio di supremazia già c'era nella costituzione del 48 in caso si ledesse l'interesse unitario.Poi normale che una strada come materia di interesse nazionale non può essere regionale.Sono sempre esistite le strade comunali,le strade provinciali in questo caso sarebbero delle città metropolitane,le strade regionali e le grandi comunicazioni nazionali come le strade a scorrimento veloce le ferrovie.In merito alla forma di governo e al bicameralismo la cosa è molto semplice.Per il governo il modello westmister per il bicameralismo differenziato leggi ordinarie della camera dei deputati e materie costituzionali e diritti civili di competenza paritaria perche bisogna ricercare un'ampio consenso.Giusta la camera delle regioni che può richiamere una legge ordinaria e introdurre emendamenti ma è la camera in terza lettura ad accettare o rigettare.Naturalmente poi le leggi devono essere costituzionali e sù questo vigile il presidente della repubblica e la corte costituzionale.La camera di riflessione con la quale richiamare una legge e il vaglio di costituzionalità impediscono la dittatura della maggioranza evitabile ascoltando le opposizioni e le minoranze in parlamento che devono essere garantite in parlamento attraverso la tutela delle minoranze.In merito all'enpechament fare una camera di 618 deputati e un senato a 200,220 evita al partito di maggioranza relativa di avere la maggioranza assoluta a camere riunite in grado di ricattare il presidente.Giusto era il referendum propositivo e le leggi di iniziativa popolare che integrano la democrazia parlamentare giusta l'elezione di secondo livello nell'ambito di scelta degli elettori in senato.Mancava la rappresentanza paritetica e la nomina e revoca dei ministri dal presidente della Repubblica.La dichiarazione dello stato di guerra poteva rimanere a camere riunite anche perche è ormai inapplicabile perche si è sotto le nazioni unite e la nato.Giusto che i senatori consiglieri se non hanno tempo possono delegare qualcun'altro a votare secondo le istruzioni del senatore
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Re: Gli italiani che non desiderano cambiare

Messaggioda ranvit il 11/12/2016, 16:32

Ed è qui che Renzi probabilmente ha sbagliato. Se si cominciava per piccoli passi, come l'abolizione del CNEL, quella delle province, per poi passare alla riscrittura del titolo V, chi avrebbe potuto mettersi contro con qualche successo?


Per ogni modifica alla Costituzione tra una balla e l'altra (2 passaggi per ogni camera etc) ci vogliono almeno un paio d'anni..... :roll:
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