L'Ulivo è forte, resistente, ben radicato nella sua terra.
È l'albero di un'Europa mediterranea, che conosce il mare e la montagna, la pianura, i laghi e le colline. Ama il sole e... resiste all'inverno. (Romano Prodi - 6 marzo 1995)
ci lamentiamo dei governi ladri eppure si continua a votarli e sostenerli, vedi islanda dove ci sono stati buoni risultati ma non sufficienti per determinare un cambiamento, idem dicasi in spagna dove si ripropone un rajoi del pp e politico esperto non si fidano ad affidare un governo agli "improvvisati" di podemos e comunque gli elettori vogliono cambiare ma fino a un certo punto, paura di perdere quello che sono le certezze dell'oggi ma allora vuol dire che non si sta poi così tanto male e diventa sono un modo di fare e dire quello di lamentarsi, non arrivo a fine mese è colpa del governo non mia...eppure renzi ci sta provando
poi c'è il fronte del no sempre e comunque e a prescindere, no europa, no riforma della costituzione...anche questo sarebbe cambiamento ma che non si vuole, non ho idea cosa voteremo noi italiani al referendum ma sono quasi sicuro che si cambia oppure no tutto rimane come prima, soldi buttati e, ritornano le province? ributtati inutilmente fatta eccezione per roma e torino mi sembra che tutto non si muova, teniamo sotto esame i 5stelle bisogna essere certi prima di fidarci e magari se ruberanno un pochino anche loro vuol dire che diventano affidabili ciao mauri
La paura di cambiare è una retorica ormai ammuffita più della mummia di Ramsete.
Cambiare devo andare peggio è una ipotesi da tenere sempre in considerazione.
Non voler cambiare non significa che si sta bene (altra retorica che potremmo definire quella del gregge) ma significa la consapevolezza che mandare al potere degli incompetenti, ignoranti, inaffidabili e capaci solo di chiacchiere a buon mercato non solo non risolve il problema ma lo aggrava.
Il mito del dilettante è duro a morire tra chi crede che la purezza stia nella estraneità.
La politica è un mestiere difficile e nel quale bisogna prendersi delle responsabilità vere.
Meglio stare dall'altra parte a dire di no.
Dulcis in fundo, mi permetto di far osservare che la paura di cambiare è in perfetta linea con il no e questo è logicamente innegabile.
Perché dico no a un salto nel buio La riforma avrà effetti imprevedibili, perché ha molti lati oscuri: per esempio non sappiamo ancora come verranno eletti i Senatori. La governabilità? È già garantita dall’attuale Carta
di Mario Monti
Caro direttore, in una recente intervista a Federico Fubini (Corriere del 18 ottobre) ho preannunciato il mio No al referendum sulla riforma costituzionale. Il beneficio che la nuova Costituzione arrecherebbe, in termini di qualità della governance, è a mio giudizio nullo o negativo, in quanto le modifiche peggiorative prevalgono su quelle migliorative. Elevato è peraltro il costo che il Paese sta già pagando da qualche tempo, a carico del bilancio dello Stato, per la creazione di un clima di consenso inteso a favorire il Sì al referendum. Mi è stato chiesto di chiarire meglio la mia posizione nel merito della riforma. Lo faccio ricorrendo di nuovo alla Sua ospitalità. Bicameralismo temerario. Per superare il bicameralismo paritario, non si è optato per una seconda Camera di riflessione e orientamento, come la House of Lords; o di raccordo strutturato con i governi dei territori, come il Bundesrat; o più semplicemente per l’abolizione del Senato. Si è optato per un bicameralismo alquanto «temerario» («di persona che affronta i pericoli senza calcolo, sconsiderato o ardimentoso», secondo il dizionario Sabatini Coletti). Si è scelto di accrescere di molto, nell’architettura della Repubblica Italiana, il ruolo degli esponenti politici dei Comuni e soprattutto delle Regioni, proprio di quel segmento della classe politica che negli anni scorsi, con le dovute eccezioni, non ha offerto l’esempio migliore di gestione corretta e avveduta della cosa pubblica. Poiché il nuovo Senato avrà pur sempre funzioni importanti (ancorché difficili da prefigurare concretamente oggi) in campo legislativo e di controllo, temo due conseguenze : da un lato, un’accresciuta e forse caotica capacità di pressione del personale politico territoriale sulle decisioni nazionali, con la possibilità di esigere «contropartite» a fronte del proprio consenso; dall’altro, un contributo di riflessione — ad esempio sulla dimensione europea e internazionale, così come sugli effetti di lungo periodo dei provvedimenti — che non si preannuncia necessariamente distaccato e autorevole. In un disegno di legge costituzionale che avevo presentato in Senato come contributo alla riforma, si prevedeva che anche figure rappresentative della società civile e della cultura operanti nelle regioni potessero essere elette dai Consigli regionali a far parte del nuovo Senato. Quel disegno di legge, lo dico en passant, prevedeva che ai senatori a vita (a parte gli ex presidenti della Repubblica) non spettassero né indennità né immunità. Costituzione dagli effetti imprevedibili. Nel momento in cui saremo chiamati a scegliere tra la nuova Costituzione e quella vigente, non sapremo come avverrà l’elezione dei senatori. Sapremo che avverrà «in conformità alle scelte espresse dagli elettori», ma in un modo che sarà determinato da una legge ordinaria, che verrà presentata e adottata dopo il referendum. Inoltre, non sapremo con quale legge elettorale andremo a votare in futuro per eleggere i membri della Camera dei Deputati. È vero che al referendum non saremo chiamati ad esprimerci sulla legge elettorale, ma è ovvio che gli effetti concreti della nuova Costituzione, su cui ci dovremo esprimere, dipenderanno in buona parte dalla legge elettorale. Una scelta storica, ma al buio. Invidio quei cittadini che, di fronte a questi limiti e a queste incognite, si sentono sicuri nel dire che la nuova Costituzione, destinata a reggere la vita italiana per decenni, è migliore di quella attuale. Anche a me farebbe piacere votare Sì. È più facile. E poi, diciamolo, sentirsi dalla parte del «nuovo» gratifica, anche se più d’una volta in Italia il «nuovo» è stata la scorciatoia per tornare al «vecchio» però con la coscienza a posto. Ma trovo poco serio che si chiamino i cittadini ad una scelta, di portata storica, su un oggetto che per molti aspetti è ancora misterioso. Io non sono affatto sicuro che la Costituzione che ci viene proposta sia migliore di quella attuale. Costituzione, ricerca del consenso, governabilità. Non sono mai stato tra coloro che hanno esaltato la Costituzione attuale come «la più bella del mondo». Ne vedo i limiti. Ma so anche che essa non ha mai impedito la governabilità dell’Italia, quando i governi sono stati sufficientemente risoluti. Con le molte decisioni che ha preso, diverse delle quali ho condiviso e sostenuto, il governo Renzi lo ha dimostrato chiaramente. E il governo Ciampi, il primo governo Amato, il primo governo Prodi che ha portato l’Italia nell’euro, per citarne alcuni, hanno o no governato? Sono stati governi che hanno governato con efficacia, pur con la Costituzione attuale, anche perché — soprattutto questi ultimi — non hanno esitato, quando necessario, a prendere decisioni impopolari e non hanno cercato il consenso a carico del bilancio dello Stato. Costi della politica. Trovo impeccabile la parte del quesito referendario che parla di «contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni», che certo si verificherà con la riduzione, opportuna, del numero dei parlamentari. Non si parli però, come fa uno degli slogan, di riduzione dei «costi della politica». Il costo per il bilancio dello Stato delle molte misure prese per favorire il consenso alla nascita della Costituzione è un multiplo di quanto si potrà risparmiare sul funzionamento delle istituzioni. E ha ritardato un più solido ancoraggio dell’Italia nel porto della stabilità finanziaria, nel caso arrivi una nuova tempesta. Pur affidata alle cure solide e sagge del ministro Padoan, la politica del bilancio pubblico non è certo stata insensibile — nei grandi saldi e nella minuta composizione delle misure — alle esigenze di creare consenso a destra e a manca, con effetti limitati sulla domanda aggregata e sul prodotto interno lordo, ma forse maggiori sulla gratitudine complessiva e sulla propensione a esprimerla nell’urna. Detto questo, a differenza di molti sostenitori del No non ho mai sostenuto che, ove vinca il Sì, la nuova Costituzione metterebbe a rischio la democrazia. E ho sempre detto che, anche in caso di vittoria del No, non riterrei né doveroso né auspicabile che il premier Renzi si dimettesse. Mantengo questa opinione, pur trovando fuori luogo i toni sprezzanti che, sul tema del referendum, il presidente del Consiglio sta usando nei confronti non solo dei suoi avversari politici ma anche di chi, al di fuori della battaglia politica, si sforza di ragionare con la propria testa.
Perché il senatore Monti queste critiche non le ha esposte nei momenti e nella sede più opportuna, cioè il senato al momento delle discussioni in aula?
Invece ha preferito votare sì la prima volta ed assentarsi le altre due, per poi criticare a posteriori dichiarando il suo no.
E' quanto mai lecito pensare che i difetti della riforma, alla quale dice di non essere comunque contrario in linea di principio, siano più che altro un pretesto per tentare di prendersi una piccola rivincita rispetto al fallimento delle sue ambizioni politiche.
E ciò lo accomuna a buona parte dei politici schierati per il no.
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
Quello dei costi della politica a mio parere è un tema senza senso perche la democrazia ha i suoi costi,naturalmente bisogna essere contro i privilegi avere una certa sobrietà lasciando intatte tutte le garanzie.I costi della politica incidono in maniera quasi infinitisemale sul bilancio.Chi ha infilato il nostro paese pericolosamente sui costi della politica non si sà"Montezemolo".La riforma è imperfetta,ma pensare di respingerla in pieno non và bene perche porta almeno in prima istanza al superamento del bicameralismo lasciando intatta la natura della nostra democrazia che è una <Repubblica Parlamentare> e sono fiero di questo che siamo una Repubblica Parlamentare,Parlamentare significa è che il popolo che esercita la sua sovranità attraverso il Parlamento nei limiti della costituzione,nei limiti significa che anche il popolo non è un sovrano assoluto come è nella concezione lockiana dove c'è la distribuzione del potere.La riforma in seguito se passa avrebbe bisogno di alcune modifiche.La prima è elevare a duecento i membri del senato e stabilire una rappresentanza paritetica dove ogni regione manda lo stesso numero di membri perche nel federalismo le regioni hanno pari considerazione.La seconda è un bene che non ci sia la sfiducia costruttiva perche un pò per la storia un pò per la confusione che potrebbe generare porterebbe ad un premier invadente che può rendere insignificante il parlamento prestarsi a derive autoritarie.Altra cosa è a fianco della nomina la revoca di un ministro dal presidente della repubblica che si può fare.La legge elettorale che è una legge ordinaria non si sà qual'è.Cuperlo immagina un collegio dove ogni partito presenta un candidato e viene eletto il candidato che abbia almeno superato il 35% delle preferenze e gli altri vengono attribuiti in senso proporzionale,ma non si sà se da una maggioranza,renzi è per il collegio plurinominale.In sintesi Cuperlo vede il collegio dall'alto verso il basso renzi lo vede per esteso da sinistra verso destra.Per me la migliore legge è il collegio con primarie di collegio che permette le alleanze,perche il collegio non necessita di premio,il premio è già implicito nel collegio.Alla fine dovrà essere la corte costituzionale che disegna una legge elettorale che dà rappresentatività, governabilità e alternanza per la democrazia parlamentare PS Selfie Boschi Cuperlo domani sposi
E' stato Renzi a sostenere che si sarebbe autorottamato in caso di NO. Chi è causa del suo mal...
Intanto i 5S sono davanti al PD nei sondaggi di La7. Insomma, anche se vince il Sì, il regalo è tutto per loro. In quel caso Renzi, colto da delirio di onnipotenza, cercherà di andare al voto anticipato e otterrà lo stesso risultato che ha già avuto a Roma e Torino. Geniale!
"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine". (Stephen Hawking)