pinopic1 ha scritto:Il concetto di "economicamente sostenibile" è relativo al sistema socio-economico dato. Rinunciare all'apporto degli schiavi in epoca romana o alla servitù della gleba in epoca medioevale era economicamente insostenibile.
Quindi è tutto relativo alla estensione reale del sistema economico, la quale ovviamente varia nel
tempo in funzione della estensione
spaziale della globalizzazione. Ma il concetto, fammose a capisse, è chiaro.
Oggi (2000) non è possibile proporre la sostenibilità di relazioni economiche locali-ristrette (familistiche, localistiche, clientelari, corruttive) quando la situazione della globalizzazione è quella che è (ben diversa da quella dell'impero romano e dal sistema medioevale). I pensatori liberali lo hanno capito a partire dal 1700; qualcuno fa finta di non capirlo nemmeno oggi (vedi chi nel centro destra sostiene dazi a difesa dalle importazioni cinesi).
Il tutto è legato e raltivo, come dici, al concetto di
sistema .
In epoca romana e tardo medioevale era possibile introdurre nel sistema schiavi presi dal di fuori. Il concetto stesso di schiavo è di colui che è fatto tale in operazioni di guerra, ai confini esterni del sistema o in apposite razzie. Nelle guerre, dai tempi degli egizi, chi perdeva era fatto schiavo (vedi gli ebrei, caso storico). Si trattava quindi della acquisizione di manodopera esterna gratuita. Lo facevano anche i nativi americani nel sud-america, con la particolarità che gli schiavi, ben nutriti e riveriti venivano alla fine del loro percorso lavorativo anche tradotti "in pentola". Questa "esternalità" è pero' possibile solo in un sistema in espansione dai confini ignoti. Appena i confini sono diventati noti e finiti, cessa anche la possibilità di attingere "gratis" a fonti
esterne e quindi il sistema "socio-economico dato" prende atto, razionalmente, che le migliori scelte economiche sono altre. Appena il concetto di mercato globale inizia a delinearsi nella sua totalità, vengono meno tutte quelle errate poltiche poste a difesa di interessi economici locali. Forse anche per questo nei posti in cui c'è maggiore resistenza, si manifesta una maggiore corruzione (Italia).
La corruzione in fondo è un sistema per mantenere un sistema localistico e clientelare-locale di potere.
Una difesa dalla globalizzazione liberista dei mercati.
Ovviamemente si tratta di una scelta antieconomica che impoverisce i piu', a favore di pochi.
Puoi leggerla in chiave di "giustizia" ma anche in chiave di "convenienza e sostenibilità economica".
Solo che il "giusto" o "non giusto" è soggettivo mentre il piano economico è molto piu' oggettivo.
Certo che se qualcuno volesse sostenere la sostenibilità (scusate il bisticcio) economomica della corruzione come strategia che ottimalizza e massimizza la produzione di ricchezza e risorse, si accomodi pure. Gli presto lo specchio.
Ciao
Franz
Ciao,
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)