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Famiglie omogenitoriali, quali sono i nuovi modelli? Gli psicologi rispondono
di Eugenia Romanelli | 21 ottobre 2016
Scrittrice, giornalista e docente
Non è irrealistico pensare che la specie umana possa, a breve termine, prendere in mano la propria evoluzione, diceva Jürgen Habermas. E aveva ragione. Per discutere proprio di questo, la rivista semestrale Archivi di Psicologia Giuridica (al suo secondo anno di vita), in collaborazione con l’Istituto di Psicologia Forense, se ne esce con un nuovo numero (bozze in stampa) sulle famiglie omogenitoriali.
E il 24 ottobre organizza a Firenze (Gabinetto Viesseux – Palazzo Strozzi) un incontro dal titolo La filiazione nelle coppie omosessuali e il conflitto di Edipo. Alle presenza del Presidente del Tribunale di Firenze Marilena Rizzo, del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Firenze Sergio Paparo e del Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, Lauro Mengheri, Fernando Prodomo, Presidente della prima sezione del Tribunale di Firenze, introdurrà il presidente uscente della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, Domenico Cosenza.
Come si possono strutturare le relazioni familiari fondamentali del triangolo madre-padre-figlio, nel caso delle coppie omosessuali? Naturalmente è la domanda. Chi infatti si interroga laicamente sulla contemporaneità, osservando i fenomeni con l’occhio dello scienziato e non del partigiano, chi insomma preferisce il capire al giudicare, si sarà chiesto, al riguardo dell’omogenitorialità, quali nuovi modelli affettivi e relazionali andranno a formarsi, accanto ai tradizionali.
E’ con questo sguardo “nudo”, scevro da pregiudizio, con la stessa lente che impugnano bioeticisti, antropologi o sociologi, che Armando Ceccarelli, direttore di Archivi di Psicologia Giuridica, ha voluto sondare le nuove realtà familiari, all’alba di una legge che, pur rigettando la stepchild adoption (adozione del figlio del genitore biologico), anche in Italia finalmente riconosce l’unione tra due persone dello stesso sesso, allineandosi col resto d’Europa e con gran parte del mondo.
Se l’evento è principalmente rivolto a magistrati, avvocati, medici, psicologi (in particolare a coloro che operano nel campo della psicologia giuridica), è evidente che ha lo scopo di sollecitare una riflessione su una delicata questione di psicologia del bambino. “In Francia – spiega Ceccarelli – quando fu approvata una legge simile alla nostra, si accese un dibattito molto importante tra gli psicoanalisti, che di fatto li spaccò in due fazioni contrapposte. Alcuni infatti ipotizzavano una problematicità per i bambini figli di una coppia omosessuale, altri invece consideravano le funzioni genitoriali interpretabili da soggetti interscambiabili, ossia non identificando la funzione normativa con il genere biologico maschile e quella del care-giver con il genere femminile. Abbiamo pensato a Cosenza perché la scuola lacaniana è la più legata alla tradizione francese, e perché la mia rivista si muove in ambiente psicodinamico e psicoanalitico”.
Alla mia domanda su quale posizione avesse la rivista in merito alla problematicità dei bambini arcobaleno, Ceccarelli ha risposto così: “Non ho una posizione definita, tanto che la postfazione è stata affidata a Maura Anfossi, psicologa clinica e psicoterapeuta specializzata nella teoria dell’attaccamento, dunque con una visione direi opposta a quella lacaniana e psicoanalitica. Certamente mi sentirei di ipotizzare una maggiore problematicità nelle famiglie con da due padri, perché lì non c’è stata l’esperienza della gestazione, così importante anche per la teoria dell’attaccamento”. Ed è proprio la Anfossi a rassicurare, in linea con la posizione ufficiale e unanime della comunità scientifica internazionale che “non ci sono a oggi ragioni sperimentalmente documentate per credere che la presenza di genitori dello stesso sesso possa incidere sulla qualità dell’attaccamento, né sullo sviluppo in percentuale maggiore di relazioni di attaccamento insicuro. Possiamo pertanto dedurre che anche nelle famiglie arcobaleno si creino relazioni di attaccamento sicuro e di attaccamento insicuro”.
Ma le pagine scorrono tutte in modo intelligente, senza mai cedere al vizio della morale occasionale o a quell’opposizione sterile, tipica degli impianti culturali chiusi, concentrati solo a difendersi dagli smottamenti dei modelli tradizionali. Da leggere tutto e con avidità, quindi, il prossimo numero di Archivi di Psicologia Giuridica, perché, nelle sue due sezioni (Aspetti psicologici e Profili giuridici), fa il punto su una questione che in Italia è ancora orfana di un sua solida letteratura scientifica, nonostante sia già operativa una legge che regola nuovi modelli familiari.
http://www.huffingtonpost.it/giuseppina ... 52998.html
Gli studi sull'omogenitorialità: una guida per i perplessi
Accolgo sul mio blog un articolo di Tommaso Giartosio che risponde indirettamente a una certa stampa nata con lo scopo esclusivo di nutrire l'odio e buttare obbrobrio sulle persone omosessuali, transessuali e sulle famiglie omogenitoriali usando bugie, alterazioni di dati, storie strappalacrime fondate su presupposti sbagliati.
Invito alla lettura chiunque voglia davvero capire dove sta la verità non solo sugli studi che dimostrano che le famiglie omogenitoriali funzionano ma anche chiunque voglia riflettere su presupposti molto più importanti come la legittimità, che dovrebbe essere indiscussa, a volere tutelare delle famiglie e dei minori nell'esclusivo interesse loro. Chi può sostenere in fatti che in qualunque modo una famiglia si formi, non sia un grande benefico per tutti quelli che la compongono trovare sicurezza, stabilità e riconoscimento legale?
Solo gli omofobi accecati dall'odio. Ricordo infine ancora che le famiglie arcobaleno, i genitori omosessuali, non chiedono altro e da sempre, la possibilità di prendere le proprie responsabilità nei confronti dei bambini che hanno messo al mondo. Niente di più, niente di meno. E questo non può mai essere sbagliato. Per nessuno.
Gli studi sull'omogenitorialità: una guida per i perplessi
Quando si parla di omogenitorialità, a volte i media danno spazio ad alcune ricerche scientificamente e metodologicamente inutilizzabili, ma abilmente sfruttate dal fronte omofobico. Vorremmo perciò offrire qualche strumento per smascherarle.
DUE PREMESSE IMPORTANTI
Prima premessa: tutte le famiglie vanno studiate, comprese quelle omogenitoriali; e gay e lesbiche devono essere i primi a incoraggiare ricerche simili e devono accettarne gli esiti con onestà intellettuale. In effetti moltissime coppie dello stesso sesso hanno consultato questi studi prima di decidere di avere figli. Ma l'esito delle ricerche non ha nulla a che fare con la legittimità delle famiglie formate da coppie dello stesso sesso.
Immaginiamo di confrontare i figli di famiglie di migranti giunte in Italia e i figli di famiglie autoctone. I primi probabilmente saranno più esposti a episodi di razzismo, chi lo negherebbe? E mediamente i genitori avranno maggiori difficoltà ad ambientarsi, con ricadute sulla vita quotidiana della prole. Ma chi userebbe questo dato come un argomento per sostenere che gli stranieri non debbono avere figli in Italia? O che i figli degli stranieri dovrebbero avere meno diritti in termini di riconoscimento familiare?
Se da una ricerca emergesse che le famiglie di stranieri sono più svantaggiate socialmente, come occorrerebbe reagire? Impedendo ai genitori, magari con l'aiuto del prefetto, di far riconoscere i loro figli all'anagrafe? No: compiendo un lavoro culturale e politico che dia a tutti pari diritti e pari opportunità. Che è appunto ciò che chiedono le Famiglie Arcobaleno.
Ed ora la seconda premessa.
Nell'opinione pubblica priva di conoscenze specialistiche si è diffusa (o è stata diffusa ad arte) l'impressione che, per quanto riguarda l'omogenitorialità, la scienza sia divisa. Si pensa che alcuni psicologi e sociologi abbiano raccolto dati che permettono di vedere nelle famiglie omogenitoriali una semplice variante della genitorialità, che non mette in pericolo i figli, e che altri psicologi e sociologi abbiano invece raccolto dati allarmanti, che mostrano una realtà famigliare drammatica.
Non è così.
Attenzione però: negli studi teorici - che siano veri e propri saggi oppure riflessioni, interviste, semplici prese di posizione - chiunque può sostenere e argomentare le sue idee senza bisogno di dimostrarne la validità con dati concreti. Uno psicoanalista freudiano classico, per esempio, può sostenere che le famiglie arcobaleno non permettono ai figli di affrontare il complesso di Edipo: e può dirlo senza tema di essere smentito, se rimane sul piano strettamente teorico, cioè se non presenta dati a sostegno della sua tesi. E ovviamente non c'è nulla di male nel fatto che psicoanalisti, filosofi, teologi lascino viaggiare liberamente i pensieri: è anzi necessario che lo facciano.
Ma se si passa alle ricerche sul campo le cose cambiano. Qui troviamo molte decine di studi pubblicati sulle riviste più autorevoli nel corso di più di quarant'anni, e le indicazioni che forniscono vanno sempre nella stessa direzione. Se non si trattasse di un tema reso controverso da pregiudizi ancestrali, il dibattito sarebbe inesistente e il discorso sarebbe già chiuso. Ormai tutto il mondo accademico serio - psicologi, sociologi, pediatri - ha tratto da anni le sue conclusioni, e le organizzazioni professionali si sono più volte espresse a sostegno dell'omogenitorialità. Non esistono dunque studi che si esprimano diversamente? Sì, ci sono, così come c'è ancora chi sostiene il creazionismo o il negazionismo. Si tratta comunque di pochissimi studi e molto discutibili, per tante ragioni che ora diremo.
(segue)
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