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Ma che giustizia è?

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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda pianogrande il 13/03/2017, 22:41

trilogy ha scritto:Però le ricostruzioni dei vari giornali coincidono, ed è plausibile con la tradizione della giurisprudenza che privilegia la tutela del minore. Certo in questo caso all'origine di tutto c'è un errore o addirittura un abuso di diritto e qualcuno dovrebbe risponderne.



E questa è la prima gravissima lacuna.

Nel paese delle gerarchie infinite e indefinite, qualcuno ne risponderà?

Mi piacerebbe tanto saperlo.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda gabriele il 14/03/2017, 9:17

trilogy ha scritto:Però le ricostruzioni dei vari giornali coincidono, ed è plausibile con la tradizione della giurisprudenza che privilegia la tutela del minore. Certo in questo caso all'origine di tutto c'è un errore o addirittura un abuso di diritto e qualcuno dovrebbe risponderne.


Più che altro vedo articoli fotocopia. Potrebbero anche essere giusti, ma in passato i giornali hanno enfatizzato, travisato, distorto il senso delle sentenze, le quali non si possono commentare e sintetizzare con 4 righe.

Ciò non toglie che i giudici possano aver fatto una benemerita ca...a
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda mariok il 17/03/2017, 15:00

Io licenzierei chi ha mandato la lettera di licenziamento senza firma

Sanremo, giudice reintegra
furbetto del cartellino: ecco perché


Il giudice del lavoro del tribunale di Imperia ha reintegrato, per un vizio di forma relativo alla pratica di licenziamento, l'ex messo del Comune di Sanremo, Mirko Norberti, che era rimasto coinvolto nell'inchiesta «Stachanov», che nell'ottobre del 2015 fece finire sotto inchiesta - penale e amministrativa - circa 200 impiegati accusati dell'infedele timbratura del cartellino. Si tratta del primo reintegro per quanto riguarda quei fatti. La lettera di licenziamento non era stata firmata.

A Norberti, 53 anni, coordinatore dei messi notificatori, era stata contestata una decina di timbrature compiute da altri e una decina di omesse timbrature. L'inchiesta sull'assenteismo al Comune di Sanremo era divenuta famosa per alcune immagini fornite dalla Guardia di finanza che durante l'indagine aveva immortalato un vigile che viveva nel palazzo comunale, che timbrava in mutande e poi tornava a casa e di un altro dipendente che durante l'orario di lavoro andava in canoa.

L'inchiesta aveva portato a 43 misure restrittive: 35 arresti domiciliari, 8 obblighi di firma e 196 persone indagate per truffa e falso, complessivamente circa il 70% della forza lavoro dell'amministrazione comunale era rimasta coinvolta dall'inchiesta. L'indagine amministrativa della Commissione disciplinare del Comune si era chiusa con 32 licenziamenti, 98 sospensioni (da alcune settimane a sei mesi), 21 sanzioni, 19 rimproveri e 28 archiviazioni.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda pianogrande il 17/03/2017, 15:26

Ma non possono licenziarlo di nuovo e questa volta con la firma e il licenziamento del responsabile del disguido?

Il comune di San Remo guadagna tanti soldi col casinò che credo potrebbe permettersi ben altro che il 70% di dipendenti assenteisti.

Quel 70% significa innanzitutto che non basta essere ricchi per amministrare bene.
Il potere (forse ancora più dei soldi) non basta mai e il lassismo e il permissivismo sono una forma di esercizio (mafiosissimo) del potere.

Mi piacerebbe sapere quanti di quei licenziati rientreranno da qualche furbesca finestra.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda ranvit il 17/03/2017, 17:07

Bisognerebbe licenziare molti giudici.....
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda pianogrande il 17/03/2017, 19:27

ranvit ha scritto:Bisognerebbe licenziare molti giudici.....


Solo se non applicano la legge.

Se le leggi sono fatte per confondere le idee e autorizzare gli abusi, la colpa non è dei giudici (e nemmeno degli avvocati) ma della politica e quindi un po' anche nostra.

Le leggi fatte male (o ad arte) permettono quello sporco meccanismo che si chiama cavillo e che fa la fortuna degli avvocati e dei furbi in genere.

Poche leggi ma chiare e certezza della pena.

P.S. e comunque i primissimi colpevoli sono i dirigenti responsabili.
Se succedono queste cose è perché non si vigila; perché non si fa il proprio dovere; perché i meccanismi manageriali sono regolari da ben altro che il buon funzionamento del servizio.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda ranvit il 18/03/2017, 8:36

Molti giudici non applicano nè la legge nè il buonsenso, ma solo la loro smania di visibilità. Ma concordo che la principale responsabilità di questi loro comportamenti è della politica e, in ultimo, della gran maggioranza degli elettori che votano con la pancia! 8-) :mrgreen: :mrgreen:
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda mariok il 22/03/2017, 11:00

«Ha detto basta, ma non ha urlato»
Cadono le accuse di violenza

di Elisa Sola

Per fermarlo, mentre lui la toccava, gli avrebbe detto “soltanto” le parole: «No, basta». Più volte. Ma siccome non ha gridato, non ha chiesto aiuto e non ha «tradito quella emotività che pur doveva suscitare in lei la violazione della sua persona», il tribunale di Torino ha assolto l’uomo accusato di violenza sessuale nei suoi confronti perché «il fatto non sussiste». Adesso la donna, una torinese che lavorava con contratto interinale alla Croce rossa di Torino e che aveva querelato il collega per una serie di presunti abusi subiti sul luogo di lavoro - in vari ospedali del capoluogo piemontese - non solo dovrà accettare il fallimento della sua causa. Ma dovrà rispondere di calunnia, perché la prima sezione penale presieduta dalla giudice Diamante Minucci ha trasmesso gli atti al pubblico ministero non ritenendo «verosimile» la sua versione dei fatti.
Laura (il nome è di fantasia), avrebbe un’infanzia segnata dagli abusi da parte del padre, che si sarebbero protratti per sette anni a partire da quando ne aveva cinque. Il pm Marco Sanini, che ha svolto l’indagine e che aveva chiesto dieci anni per l’imputato, ha prodotto durante il processo un profilo psicologico che denota una «esperienza traumatica di abuso infantile reiterato intrafamiliare subito». E la stessa Laura, tra le lacrime, quando era stata sentita durante il dibattimento, aveva spiegato che quel collega, più anziano e più stabile di lei – che era precaria, assunta a tempo determinato - le ricordava il padre, «persona fredda, cruda e dura.
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Seduta davanti alla corte, incalzata dalle domande di chi le chiedeva perché, quando lui la toccava sul lettino della stanzetta del pronto soccorso dell’ospedale Mauriziano, non aveva reagito spingendolo via, o gridando «aiuto», Laura aveva risposto: «Uno il dissenso lo dà, magari non metto la forza, la violenza come in realtà avrei dovuto fare, ma perché con le persone troppo forti io non... io mi blocco». Le crisi di pianto avevano interrotto più volte una testimonianza sofferta, a tratti confusa, vaga nei dettagli, sia perché si tratta di fatti risalenti nel tempo – l’imputato era stato arrestato dalla polizia nel novembre 2011 – sia perché l’emozione aveva probabilmente fagocitato la lucidità del riportare dettagli.
Secondo i giudici, in quanto ha dichiarato, la teste «rimane sul vago». Non solo. «Non urla» quando l’uomo che la voleva, un 46enne difeso dagli avvocati Cosimo Maggiore e Vittorio Rossini, tenta di spogliarla. E ancora, la donna «non riferisce di sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo». Infine, rimarca il collegio tutto femminile, Laura, quando le viene chiesto cosa ha provato su quelle barelle, risponde: «disgusto». «Ma – scrive la presidente di sezione - non sa spiegare in cosa consisteva questo malessere». «Non grida, non urla, non piange – rimarca la corte - pare abbia continuato il turno dopo gli abusi».
Anche il fatto di non raccontare nulla a nessuno compone il quadro che porta le giudici a sentenziare che la giovane donna, entrata in Croce rossa come autista barelliere nel 2008, avrebbe reso «un racconto inverosimile». L’imputato, che secondo la versione della parte lesa l’avrebbe costretta a presunti rapporti sessuali «come pegno per poter continuare a lavorare» ed evitare turni scomodi o in luoghi come il Cie, non ha mai negato i palpeggiamenti e alcune effusioni, ma ha sempre sostenuto che la collega fosse consenziente. L’uomo ha respinto l’accusa di minacciare la crocerossina e si è dichiarato vittima di un procedimento penale che gli avrebbe rovinato la vita familiare e lavorativa. Secondo il suo legale, Cosimo Maggiore, «la credibilità di lei era gravemente compromessa da una quantità di contraddizioni e illogicità». Ma per il pm Sanini, che valuterà il ricorso in Appello, l’uomo avrebbe «approfittato della fragilità della vittima e del suo ruolo di indubbia supremazia nella Croce rossa». «Lei ha tenuto a lungo il silenzio su questa dolorosa vicenda – aveva precisato il magistrato durante la requisitoria - ma questo non significa che non sia attendibile nel raccontare cosa le è stato fatto”.
21 marzo 2017 (modifica il 22 marzo 2017 | 07:23)
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda mariok il 28/04/2017, 10:22

Della questione sbarchi abbiamo detto abbastanza in altro 3d.

Ma, a prescindere dalle nostre opinioni in merito, è accettabile che un magistrato vada in TV e sui giornali a lanciare i suoi sospetti dicendo "Io so" e dando di fatto un formidabile assist a Lega e M5S per poi precisare: «La Procura di Catania ha delle ipotesi di lavoro, che non sono al momento prove, neppure quella sui loro finanziamenti»?

«Le Ong finanziate dagli scafisti»
L’accusa del pm, rabbia del governo
Il procuratore di Catania in tv, Minniti: vanno evitate generalizzazioni e conclusioni affrettate. Orlando: parli con gli atti. In serata la precisazione: non ho prove

di Fiorenza Sarzanini

Le reazioni dei ministri dell’Interno e della Giustizia all’ennesima sortita del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro sugli sbarchi di migranti, fanno ben comprendere l’irritazione del governo. Perché di fronte alla scelta del magistrato di andare in televisione per ribadire il sospetto che «alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti di uomini» e addirittura che «le finalità potrebbe essere quella di destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi» prima Marco Minniti e poi Andrea Orlando lo invitano a «non trarre conclusioni affrettate» e soprattutto a «parlare con gli atti». Tanto che in serata Zuccaro è costretto a precisare: «La Procura di Catania ha delle ipotesi di lavoro, che non sono al momento prove, neppure quella sui loro finanziamenti». L’appello alla cautela del governo non viene però accolto da Luigi Di Maio del Movimento Cinque Stelle che ormai da giorni soffia sul fuoco della polemica e ora rilancia: «Non so se è chiaro: Ong forse finanziate dagli scafisti! Gli ipocriti continuino pure ad attaccarmi, io vado fino in fondo.» Una posizione che lo accomuna al leader della Lega Matteo Salvini secondo il quale «bisogna arrestare i trafficanti e affondare tutte le navi usate!».

Lo scontro
Sceglie «Agorà» su Raitre il procuratore per ripetere le sue accuse. «Io so» dichiara sibillino, e forse è proprio questa sua affermazione a provocare la reazione del governo. Mentre Orlando auspica che «la procura di Catania parli attraverso le indagini, gli atti, perché credo sia il modo migliore. Se il pm ha elementi in questo senso faremo una valutazione. In generale, non è giusto ricostruire la storia delle Ong come la storia di collusi con i trafficanti, è una menzogna», Minniti spiega in Parlamento: «Vanno evitate generalizzazioni e conclusioni affrettate. Deve esserci una rigorosa valutazione degli atti». Poi sottolinea che oltre alle indagini svolte a Catania «la commissione Difesa del Senato sta svolgendo una serie di audizioni, e ha preannunciato sue conclusioni entro la prima settimana di maggio».

La Guardia costiera
Uno degli appuntamenti chiave dell’indagine parlamentare è fissato il 4 maggio con l’audizione del comandante generale della Guardia Costiera Vincenzo Melone. Perché sarà l’occasione per comprendere cosa accade nel Mediterraneo. Nessuno nega che possa esserci un interesse dei trafficanti a caricare sulle navi il maggior numero possibile di disperati che cercano di arrivare in Europa. Il problema è che i mezzi utilizzati dalle organizzazioni criminali non hanno alcuna capacità di effettuare l’intera traversata. E dunque, spesso, sono gli stessi scafisti a contattare con i telefoni satellitari il Centro Nazionale di Soccorso Marittimo della Guardia Costiera a Roma. A questo punto la procedura prevede di allertare i centri competenti, ma spesso dalla Libia non arrivano risposte e dunque la legge impone che «chi ha ricevuto per primo la chiamata di emergenza ha l’obbligo giuridico di proseguire nell’attività di soccorso». E quindi di contattare il mezzo navale più vicino e adatto a svolgere il salvataggio. Non c’è possibilità di sottrarsi, più volte il comandante Melone ha chiarito che «la violazione di tale obbligo, oltre alle implicazioni di ordine morale, prevede conseguenze penalmente rilevanti».

La Libia
Di fronte a tutto questo si sta cercando di far funzionare l’accordo con la Libia che invece incontra numerose difficoltà. l’Italia si è impegnata a consegnare motovedette e chiede in cambio il controllo delle coste e delle spiagge. Un negoziato che le polemiche non aiutano. Soprattutto se, fanno notare al Viminale, si basano su «generiche accuse non suffragate ancora da riscontri concreti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
27 aprile 2017 | 21:46
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda trilogy il 28/04/2017, 12:29

Quello ha in mano documentazione proveniente dai servizi segreti di vari paesi. Per cui "sa" ma non può utilizzare queste informative come prove in tribunale. Quindi continueremo a subire il ricatto dei libici e di alcuni paesi complici del governo di tobruk e ad essere invasi da centinaia di migliaia di immigrati irregolari. Quest'anno visto l'andazzo supereremo i 200 mila sbarchi.
L'italia è un paese totalmente incapace di farsi rispettare in qualunque contesto internazionale.
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