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Ma che giustizia è?

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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda trilogy il 19/10/2016, 12:10

Mediatrade, la Cassazione annulla: assolti Confalonieri e Berlusconi jr Frode fiscale, cade la condanna. E Mediaset si riprende in Svizzera 148 milioni di dollari

[..]Vizio di correlazione
A chiedere l’accoglimento nel merito dei ricorsi proposti dai difensori (Filippo Dinacci e Nicolò Ghedini per Berlusconi jr., Franco Coppi-Alessio Lanzi-Lucio Lucia per Confalonieri) era stato anche il pg Fulvio Baldi, secondo il quale la condanna era minata da un vizio di correlazione tra l’accusa mossa agli imputati (essere incorsi nel reato attraverso la commissione di una determinata condotta) e la motivazione contenuta nella sentenza (esservi incorsi attraverso l’omissione di una condotta. A valle della compravendita di diritti tv nelle stagioni successive a quelle già costate nel 2013 la condanna definitiva di Silvio Berlusconi a 4 anni per frode fiscale, il vicepresidente figlio dell’ex premier (in questo filone assolto in udienza preliminare) e il presidente di Mediaset erano accusati di «frode fiscale» sull’annualità 2007 (circa 1,8 milioni di euro) dopo che la prescrizione era già passata sul 2006, mentre per il 2008 c’era stata assoluzione «perché il fatto non è più previsto come reato dalla legge».[..]

http://milano.corriere.it/notizie/crona ... eddf.shtml
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda mariok il 19/10/2016, 12:15

Qui va a finire che ogni volta che c'è una sentenza che lascia perplessi o insoddisfatti, il governo deve presentare un nuovo disegno di legge "ad hoc" per fare in modo che certe aberrazioni non si ripetano.

Forse sarebbe il caso di chiedersi se non ci sia un qualcosa di sistemico in tutto questo.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda flaviomob il 19/10/2016, 12:22

Bah... se anche li avessero condannati fra pochi giorni sarebbe scattata la prescrizione. Il reato c'è (e infatti Berlusconi Silvio è stato condannato).


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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda mariok il 20/10/2016, 8:44

dodici mesi di sospensione dell'attività e tutto va a posto! magari anche con una riduzione in appello

Salerno, schiaffi, minacce e insulti
a malati e anziani nella casa di cura



SALERNO - Maltrattavano anziani e minorati psichici in una casa di cura nel Salernitano, ad Acerno. Ad essere coinvolti il direttore della struttura, una comunità per persone non autosufficienti, e gli operatori, in tutto 18 persone, nei confronti dei quali i carabinieri della compagnia di Battipaglia, diretti dal capitano Erich Fasolino, hanno eseguito un'ordinanza interdittiva: la misura prevede il divieto di esercitare l'attività imprenditoriale di gestore di comunità tutelare per persone non autosufficienti e la professione di operatore socio-sanitario, per la durata di dodici mesi.

Razioni di cibo minime, schiaffi, minacce, bestemmie, strattoni. Erano queste, come dimostrano le intercettazioni audio e le riprese video agli atti dell'inchiesta, le condizioni quotidiane di vita per una trentina di anziani e sofferenti psichici ospiti nella casa di cura. Non avevano spesso neanche il permesso di comunicare con i propri parenti e non potevano usufruire liberamente dei servizi igienici.

Sotto inchiesta sono finiti il 28enne R.D.L., direttore della struttura Hotel Stella della società Villa Igea srl -comunità per persone non autosufficienti, anziani e minorati psichici - e gli operatori, in tutto 18 persone, nei confronti dei quali i carabinieri della compagnia di Battipaglia hanno eseguito un'ordinanza interdittiva: per gli indagati è scattato il divieto di esercitare l'attività imprenditoriale di gestore di comunità tutelare per persone non autosufficienti e la professione di operatore socio - sanitario, per la durata di dodici mesi.
Mercoledì 19 Ottobre 2016, 12:36
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda pianogrande il 20/10/2016, 10:44

Solo questo divieto?
E per di più temporaneo?
Qui siamo allo stesso livello di barbarie delle istituzioni riscontrato nella mancanza del reato di tortura.

Siamo un paese barbaro e incivile (ormai lo scrivo col copia incolla) dove i deboli non vengono protetti e il garantismo vale solo per i delinquenti blasonati.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda diffidente il 20/10/2016, 20:35

D'altrnde gli avvocat non fanno mai pressioni per iniziative legisative a favore delle vittime di reato, la cui difesa é affidata ai professionisti che non riescono ad inserirsi nel piu' prestigioso sttore della dfesa degli autori di reato, e vi é un certo snobbismo da parte dei professionisti legali per la dfesa stsssa della vittima di reato,, consderata nulla se non impiccio nel processo penale, tutti spingono perché vi sia garantismo per chi commette reati.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda flaviomob il 21/10/2016, 10:41

Credo però che l'ordinanza interdittiva dei Carabinieri abbia caratteristiche di urgenza: non siamo in presenza di una decisione dei magistrati ne' di una sentenza, che potrebbe (spero) aver effetti molto più estesi e permanenti.


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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda mariok il 03/11/2016, 21:50

Un altro buco nell'acqua.

Sei anni di indagini finiti nel nulla, anche per un errore procedurale: il gup Sergio Pezza, su eccezione della difesa, aveva dichiarato inutilizzabili i risultati delle analisi chimiche perchè i prelievi erano stati eseguiti all’epoca senza che ai primi cittadini fosse stata data la possibilità di nominare un proprio specialista

Inquinamento dei fiumi, assolti 22 ex o attuali sindaci
Accusati di disastro ambientale e omissione in atti ufficio. Il Tribunale: il fatto non sussiste

Benevento.
Tutti assolti. “Il fatto non sussiste”. L'ha sentenziato intorno alle 16.30 il Tribunale di Benevento per i ventidue ex o attuali sindaci (un ventitreesimo è nel frattempo deceduto) coinvolti nel processo sull’inquinamento dei fiumi Calore, Sabato e Isclero, nato dall’inchiesta del sostituto procuratore Antonio Clemente e della forestale.

L'assoluzione dalle accuse di disastro ambientale colposo ed omissione in atti di ufficio è stata stabilita per Biagio Supino (Airola, dal 2001 al 2011); Raimondo Mazzarelli (Casalduni), Fausto Pepe (Benevento, dal 2006 al 2016); Giuseppe Bozzuto (Castelpagano); Antonio Orlacchio (Cautano); Alessandro Crisci (Durazzano); Giovanni Mastrocinque (Foglianise); Cos­tantino Fortunato (Morcone); Domenico Ventucci (Ponte); Giorgio Nardone (San Giorgio del Sannio - dal 2001 al 2011); Angelo Ciampi (San Mar­ tino Sannita); Angelo Parrella (San Nicola Manfredi - dal 2006 al 2010); Pompilio Forgione (Solopaca - dal 2001 al 2011); Giovanni Cutillo (Torrecuso); Angelo Aceto (Paupisi); Giancarlo Schipani (Castelpoto - fino al 2011); Giuseppe Fuggi (Cautano - dal 2004 al 2009); Antonio Stasi (Durazzano- dal 2005 al 2008); Rosario Spatafora (Morcone -dal 2001 al 2007); Mario Meola (Ponte - dal 1999 al 2009); Michele De Figlio (San Martino Sannita - dal 2004 al 2009); Francesco De Nigris (Torrecuso - dal 2004 al 2009).

Come si ricorderà, il pm Donatella Palumbo aveva proposto la condanna ad 1 anno, ritenendo “provato il concorso nel disastro ambientale colposo”, per Mazzarelli Pepe, Bozzuto, Orlacchio, Crisci, Mastrocinque, Fortunato, Ventucci, Nardone, Ciampi, Parrella, Forgione e Cutillo; e l'assoluzione di Aceto, Supino, Schipani, Fuggi, Stasi, Spatafora, Meola, De Figlio e De Nigris. Inoltre, aveva chiesto che tutti fossero assolti dall'imputazione di omissione in atti di ufficio.

Una ricostruzione, quella della rapppresentante della pubblica accusa, contestata dai difensori per “l'assenza di qualsiasi prova sia rispetto al nesso causale tra le condotte addebitate agli amministratori e l'evento finale”, sia in relazione al disastro ambientale prospettato. Argomenti accolti dal collegio giudicante, che ha scritto la parola fine su un processo minato alle fondamenta durante l'udienza preliminare, quando il gup Sergio Pezza, su eccezione della difesa, aveva dichiarato inutilizzabili i risultati delle analisi chimiche perchè i prelievi erano stati eseguiti all’epoca senza che ai primi cittadini fosse stata data la possibilità di nominare un proprio specialista.

Avviata nell'ottobre del 2010, l'inchiesta, che in prima battuta puntava ad accertare una possibile situazione di contaminazione per terreni e colture, e il conseguente rischio sanitario, è stata corredata da relazioni dell’Arpac e dell’Istituto superiore di sanità e da una consulenza tecnica sullo stato dei corsi d’acqua per lo scarico di acque non depurate o depurate in modo non corretto.

Inizialmente erano stati coinvolti altri ventotto primi cittadini: per tredici di loro era arrivata l’archiviazione, per gli altri quindici il proscioglimento. Ora l'assoluzione degli ultimi ventidue amministratori, così come sollecitato dai loro legali: gli avvocati Luigi Supino, Pasquale Matera, Vincenzo Sguera, Luigi Diego Perifano, Pierluigi Pugliese, Carmen Esposito, Enzapaola Catalano, Italo Palumbo, Gianleonardo Caruso, Renato Milone, Nico Colangelo, Giancarlo Caporaso, Angelo Leone, Giacomo Papa, Marcello D'Auria, Domenico Bianculli, Giuseppe Sauchella, Camillo Cancellario, Aldo Minauro e Luigi Giuliano. Due le parti civili che si erano costituite: il Ministero dell'ambiente con l'avvocato Michele Gelardo e l'associazione Anpana onlus con l'avvocato Maria Morena.
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda gabriele il 04/11/2016, 7:36

Un altro caso di mala gestione nelle indagini da parte degli enti di controllo e degli ufficiali di polizia giudiziaria.

Nei prelievi il diritto di difesa va sempre garantito, anche se esso é un mero atto amministrativo invece che giudiziale
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Re: Ma che giustizia è?

Messaggioda mariok il 04/11/2016, 10:01

Dal 1966, quindi tre anni dopo il Vajont che doveva segnare un cambio di approccio nella prevenzione, sono morte in Italia oltre 1.000 persone per inondazioni e alluvioni (2 mila eventi negli ultimi 15 anni, 293 vittime e 3,5 miliardi di danni ogni anno). Nessuno ha fatto un giorno di carcere per averle causate.

Per non parlare delle stragi, che sono rimaste tutte senza colpevoli.

E questa sarebbe giustizia?

Da Firenze a Genova: cinquant’anni di alluvioni senza colpevoli

La fine dei disastri? Prescrizioni, assoluzioni e risarcimenti negati. Il consulente giudiziario: «Decidono periti in conflitto di interessi»

04/11/2016
MARCO GRASSO MATTEO INDICE
ROMA

C’è voluto mezzo secolo per ripescare Mario Maggi dalla fossa comune della storia. Era uscito da casa il 4 novembre 1966. E di lui, prima vittima mai riconosciuta dell’alluvione di Firenze, la famiglia non seppe più nulla. Per cinque giorni il corpo rimase coperto di fango e senza identità nell’obitorio di San Giovanni di Dio. Il suo nome, come molti altri, non è mai comparso nella lista ufficiale delle 35 vittime. L’Italia del boom doveva dimenticare subito la furia dell’Arno, relegarla a un castigo di madre natura. E serbare solo la memoria degli eroi, i volontari accorsi per salvare libri antichi e opere d’arte. «Molti aspetti sono stati volutamente nascosti - dice la figlia Lina Maggi - e si ricordano soltanto di angeli del fango: grandiosi, ma dei morti si è parlato troppo poco. Il mio babbo aveva 44 anni e 4 figli, di cui una disabile. Non abbiamo avuto risarcimenti e siamo cresciuti in povertà».

La verità è riaffiorata nel 2011, quando con le sorelle si è rivolta a Franco Mariani, creatore del sito «Firenze promuove». Secondo una relazione dei vigili «dimenticata», Maggi fu investito da una frana causata dall’esondazione del Mugnone, affluente dell’Arno. Era sul camion della ditta da cui si stava licenziando, all’ultimo giorno di lavoro: «Il cinquantennale sarà ricordato in pompa magna – spiega Mariani - ma ancora non sappiamo con precisione cos’accadde davvero. Quando, a meta Anni 90, divulgai su una tv locale le ricerche compiute all’Archivio di Stato, in Comune trovai solo ostilità. La polizia municipale si prese le mie carte e le restituì dopo un mese».

Tra i dettagli semisconosciuti c’è l’abbozzo di un’inchiesta, avviata da due magistrati che sarebbero diventati famosi, Antonino Caponnetto e Pierluigi Vigna. Le indagini s’incardinano sull’effetto di due dighe Enel, filone che non trova sufficienti riscontri, e sul mancato allarme. Sul secondo fronte gli inquirenti vorrebbero chiedere il rinvio a giudizio del prefetto Manfredi De Bernart. Ma finisce con il procuratore generale Aldo Sica che avoca il fascicolo e non se ne fa nulla. Da quel momento Firenze è passata alla storia come la catastrofe naturale per antonomasia, sebbene in seguito si sia fatto molto per colmare i vuoti di sicurezza. «Mi viene ancora una lacrimuccia», confidò Vigna in un’intervista a fine carriera, parlando di quegli accertamenti all’improvviso stroncati.

Inchieste abortite
Dal 1966, quindi tre anni dopo il Vajont che doveva segnare un cambio di approccio nella prevenzione, sono morte in Italia oltre 1.000 persone per inondazioni e alluvioni (2 mila eventi negli ultimi 15 anni, 293 vittime e 3,5 miliardi di danni ogni anno). Nessuno ha fatto un giorno di carcere per averle causate. E allora chi paga? I parenti delle vittime non hanno quasi mai l’ossessione delle manette ai colpevoli. Ma individuare la responsabilità è l’unico modo perché certe cose non accadano di nuovo.

Maurizio Garrone aveva 12 anni il 3 novembre 1969, quando la provincia di Biella fu devastata dalla pioggia e dal torrente Strona (72 morti): «Mio padre Carlo era il sindaco di Vallemosso e lì morirono in 52. Passò un mese accampato in municipio, gli portavo il cambio della biancheria. Inchieste? Impensabile. Lui è scomparso otto anni fa e abbiamo sempre pensato che parte dello scempio derivasse dall’eccessivo avanzamento delle fabbriche sul corso del fiume. Da allora i vincoli per allargarsi sono diventati stringenti, forse non era una leggenda metropolitana…».

Cercare la mano dell’uomo è sembrato a lungo sacrilego, davanti a sequenze che sapevano di soprannaturale. A Genova dopo l’ottobre 1970 (44 vittime) non ci furono indagini specifiche. Eppure il problema era chiarissimo, la portata insufficiente di due torrenti ingabbiati dalla cementificazione. Si decise di costruire scolmatori e deviatori, ma gli scavi si impantanarono in un ginepraio di sospette tangenti, sequestri e processi incompiuti. Risultato: quarant’anni dopo la città era identica, con le sue speculazioni e i lavori rimasti sulla carta, e l’acqua ha continuato a uccidere. I cantieri fondamentali, invece, sono stati aperti sei mesi fa.

I periti complici
Nel fango scavano gli eroi, non si trovano colpevoli e si perdono tante esistenze «normali». Come quella di Anna Ragnedda, che il 18 novembre 2013, invalida, è al pianterreno nella sua casa di Olbia. L’acqua invade la stanza dov’è immobilizzata a letto e muore affogata. «A giugno - spiega Mario Perticarà, l’avvocato che assiste la famiglia - era stata trasferita in una residenza per anziani durante un’esercitazione, ma poi se la sono dimenticata». E in pieno marasma non viene nemmeno convocato il Comitato operativo comunale, che dovrebbe coordinare l’emergenza. Nel processo per il fallimento delle più banali misure di prevenzione sono imputati in sei, tra loro gli ex sindaci di Olbia e Arzachena. E l’autodifesa è giocata sull’imprevedibilità delle piogge, jolly sempreverde che dilata i dibattimenti, mescolandoli ai fardelli procedurali d’un sistema a perenne rischio flop. Per dire: chi conosce il nome di Giuseppe Vignera? E’ un giudice alessandrino alluvionato nel novembre ‘94, quando il maltempo flagellò la Valle Tanaro e morirono in 70. L’indagine sulle inadempienze degli amministratori, per il potenziale conflitto d’interesse d’una toga, finì a Milano, chiudendosi dopo dieci anni con un nulla di fatto tra prescrizioni e assoluzioni.

Il geologo Alfonso Bellini ha seguito da consulente giudiziario otto disastri: «Fino agli albori della Protezione civile (Anni 90) ha imperato l’idea d’una natura ingestibile e matrigna. E quando si è investigato di più, i giudici hanno di fatto abdicato alla presunta superiore competenza dei periti, il cui pronunciamento è decisivo pur trattandosi di consulenti privati. Su di loro aleggia sempre l’ombra di un potenziale conflitto d’interesse. E chi lavora per le Procure viene isolato, non ottenendo più incarichi da committenti che in altre occasioni dovrebbe far condannare. Le relazioni su cui il tribunale baserà il verdetto sono infarcite di scappatoie, generando dubbi anziché certezze». Dopo la catastrofe di Stava (1985, 268 persone sepolte in Trentino da una colata di fango per il crollo d’una discarica mineraria) i parenti delle vittime dovettero cercarsi un esperto in Inghilterra, il professore Dick Chandler: nessuno, in Italia, voleva mettersi contro la Montedison.

Risarcimenti impossibili
Il 5 maggio 1998 il comprensorio di Sarno in provincia di Salerno è sommerso da 2 milioni e mezzo di metri cubi di fango, e il monte Pizzo d’Alvano si trasforma per mezza giornata in un fiume di detriti. Ci sarebbe il tempo di evacuare, prima che l’ultima ondata uccida - da sola - 70 persone (149 i morti totali). Nel 2013 l’ex sindaco Gerardo Basile è condannato a 5 anni: tre sono spazzati dall’indulto, il resto scontato con i servizi sociali. E le vittime? «Per ottenere qualcosa abbiamo pignorato i conti Bankitalia della presidenza del Consiglio, siamo stati i primi - racconta Antonio Carrella, legale dei familiari -. Un emendamento del 2015 ha quantificato il valore d’una morte in 100 mila euro, un terzo rispetto alla strage di Viareggio. E nel frattempo nessuno aveva accantonato nulla». Scendiamo fino a Soverato, provincia di Catanzaro. Egidio Vitale oggi ha ottant’anni e si paragona «alla cruce, come si dice qui per indicare l’attaccapanni, appeso e spoglio». È un capro espiatorio perfetto. Era il titolare del camping «Le Giare», disintegrato fra il 9 e il 10 settembre 2000: 13 morti nell’alluvione, perlopiù disabili su un appezzamento ricavato nel letto d’un torrente. Lo aveva comprato da un imprenditore, scoprendo poi di dover versare concessioni demaniali. «Sono stato di fatto l’unico condannato (3 anni e mezzo, qualche settimana di domiciliari ma niente carcere) dopo aver corrisposto regolari rate allo Stato. Non ho nulla, mi sono piombate addosso richieste per 22 milioni. Soldi virtuali. E ancora trovo nella posta istanze per 40 o 50 mila euro: le leggo e le metto in un cassetto».

Flamur Djala invece è un imprenditore edile originario di Tirana. Il 4 novembre 2011 (stesso giorno di Firenze, 45 anni dopo) perde la moglie, Shpresa, 29 anni, e le sue figlie Gioia e Janissa, 8 anni e 10 mesi, in una strada di Genova chiamata via Fereggiano come il torrente che le scorre accanto. Nessun amministratore si premura di chiudere traffico e scuole, Shpresa va con la bimba più piccola a prendere la sorella maggiore ed è travolta dalla piena mentre cerca rifugio in un portone. I giudici processano il sindaco di allora, Marta Vincenzi (Pd), e un gruppo di funzionari. «Ho chiesto al Comune d’essere risarcito - spiega Flamur - poiché avevano mandato il loro avvocato in tv a dire che avrebbero pagato. Mi hanno fatto rispondere da un’agenzia di mediazioni assicurative, la Sircus: “Non si ritiene vi siano allo stato le basi per una trattativa stragiudiziale. Attendiamo l’esito della consulenza tecnica d’ufficio”. Ho visto cose incivili prima e durante le udienze, ma questo nel bene e nel male è ormai il mio Paese. Ho ottenuto la cittadinanza italiana, io comunque ci credo ancora».
http://www.lastampa.it/2016/11/04/itali ... agina.html
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