Più che tanti bei discorsi, aiutare concretamente queste iniziative, in un quadro normativo che incentivi queste forme di impresa, non potrebbe essere un modo per aprire una nuova strada per il lavoro e lo sviluppo?
Non che sia l'unica. Il ruolo delle grandi aziende è e resterà insostituibile.
Ma quello delle "public company" (che andrebbero rese più trasparenti e controllabili da un azionariato diffuso) e questo delle iniziative dal basso di imprenditoria diffusa dovrebbero essere i pilastri per un nuovo modo di produrre ricchezza.
E' in grado una nuova sinistra di far proprie queste battaglie?
Sarebbe bello, ma non ci credo troppo.
Porto Torres, le aziende rinascono dalla crisi ricreate dagli ex lavoratori
Il ministro Poletti: “Questo è il bel risultato della sinergia di molti soggetti che hanno lavorato insieme”
20/10/2016
NICOLA PINNA
PORTO TORRES
La popolazione aumentò del cinquanta per cento in pochi anni. Il grande petrolchimico era diventato il cuore pulsante di tutto il Nord Sardegna: fabbriche in funzione a pieno ritmo, migliaia e migliaia di assunzioni e un indotto sempre più largo. Cinquant’anni dopo, la zona industriale di Porto Torres è un cimitero di ferro: industrie ferme, disoccupazione a livelli record, terreni contaminati, bonifiche mai concluse, progetti di riconversione annunciati e quasi subito bloccati. Le proteste degli operai hanno alimentato le discussioni nei talk show, ma a parte l’eco mediatico anche l’Isola dei cassintegrati è finita nel solito dimenticatoio. Tutti sono stati licenziati, i sindacati hanno quasi perso la voglia gridare e ancora si aspetta che parta il grande piano della chimica verde. Nel frattempo qualcuno ha reagito. Mettendo insieme le poche forze di tanti. I licenziati sono diventati imprenditori e dalle macerie della vecchia zona industriale parte ora l’attività di due nuove aziende: una offre già lavoro a cinquanta persone. «Questo è il bel risultato della sinergia di molti soggetti che hanno lavorato insieme – ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, arrivato in Sardegna per battezzare una delle due nuove aziende – Queste esperienze sono davvero un bell’esempio: è stata premiata la perseveranza. La volontà è bastata a superare tutte le difficoltà affrontate nel progetto giorno per giorno».
Due anni fa lo stabilimento della Isolex stava abbassando le serrande del capannone, nascosto tra le ciminiere dell’ex petrolchimico Eni. Stop all’attività, lavoratori tutti licenziati. Ma gli operai non si sono arresi: hanno messo insieme i soldi della liquidazione e i pochi risparmi e così l’azienda è rinata. Addirittura rilanciata. La produzione è sempre la stessa, ma l’alta qualità sta facendo la differenza e così i materiali di isolamento termico prodotti a Porto Torres sono tra i più apprezzati sul mercato nazionale. La scommessa l’hanno fatta (e vinta) 19 ex lavoratori, ai quali ora si aggiungono 4 dipendenti, 1 consulente e 24 agenti commerciali che girano l’Italia. Il bilancio del 2015, primo anno di attività totalmente autogestita, è stato chiuso senza debiti. Anzi, con un piccolo utile che dà molta speranza. «Non solo siamo riusciti a far ripartire un’azienda destinata alla chiusura, ma stiamo raggiungendo livelli di eccellenza – dice Tonino Tanda, uno degli animatori del progetto – Per giocare una sfida così importante abbiamo scelto di puntare in alto e i risultati si vedono».
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La Turris Sleeve inaugura in questi giorni i suoi impianti ma il progetto è nato nel 2012: in dieci, tutti ex lavoratori del Petrolchimico, hanno pensato di avviare uno stabilimento per la produzione di etichette flessibili che servono per il confezionamento di bottiglie, farmaci, cosmetici e tantissimi altri prodotti. Lastre bio ad altissima tecnologia, per di più particolarmente richieste dalle multinazionali. L’iter per realizzare l’impianto è stato lungo, ma la cooperativa è formata da persone tenaci e la sfida è andata avanti. Il risultato giustifica l’orgoglio: ecco il primo stabilimento europeo che produce questo tipo di pellicola. Gli altri sono in Cina, Canada, Bielorussia e Giappone.
Tecnici esperti e operai hanno visto più lontano di molti manager: hanno chiesto all’Inps l’anticipo dei sussidi di mobilità, li hanno investiti e hanno formato la cooperativa che ora ambisce a far arrivare in mezzo mondo le produzioni sarde. «Questa esperienza ci dà una doppia lezione – dice Marco Dettori, segretario organizzativo della Uiltec – La prima è che il nostro territorio ha ancora molte potenzialità da sfruttare. La seconda è che non dobbiamo arrenderci, anche di fronte a scelte penalizzanti dei grandi gruppi industriali possiamo trovare la forza di reagire e rilanciare. L’industria nel Nord Sardegna non si deve considerare morta e sepolta».
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville