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Chi sarà il prossimo presidente USA?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda mariok il 22/07/2016, 19:37

Ha apertamente corteggiato i fans di Bernie Sanders per esempio, spiegando di essere d’accordo col senatore del Vermont sul fatto che il commercio libero ha distrutto tanti posti di lavoro negli Usa. «Sono io la vostra voce», ha dichiarato Trump, presentandosi come l’unico, autentico difensore della classe operaia, dei poveri, dei colletti blu. Ha promesso interventi di politica economica mirati a ridurre la disoccupazione e la povertà tra le comunità afroamericane e ispaniche. E ha speso parole in difesa della comunità LGBT, facendo riferimento al recente massacro nel nightclub gay di Orlando, Florida.


L’ANALISI
Piaccia o no, abbiamo visto un Trump presidenziale ed efficace
Dopo il discorso di investitura del candidato repubblicano
di Alan Friedman

C’era un’ampia dose di demagogia e populismo? Certamente sì. Ma piaccia o meno, il discorso di Donald Trump ieri sera, che ha chiuso la Republican National Convention, è stato davvero efficace, molto riuscito. Il discorso di Trump, durato oltre 75 minuti e interrotto più volte da standing ovation e applausi da parte dei 2.500 delegati, qui a Cleveland, è stato molto ben scritto e molto più presidenziale rispetto alle solite arringhe viste durante la stagione delle primarie, anche se i temi rimangono gli stessi: terrorismo, criminalità, immigrazione, economia e, in politica estera, l’idea un po’ isolazionista di America First, ovvero, come ha spiegato, «Americanismo, non globalismo, sarà il nostro credo».
shadow carouselUsa 2016, la convention del Partito Repubblicano tra proteste e misure di sicurezza

Trump ha dipinto un’America in crisi, sotto tiro da parte del terrorismo islamico e dilaniata dall’aumento della criminalità e della rabbia, culminate nelle uccisioni di poliziotti a Dallas e Baton Rouge degli ultimi giorni. E lui, naturalmente, sarebbe l’unico in grado di mettere il paese a posto. Tante promesse, quasi nessun dettaglio specifico: un populismo classico ma convincente per i meno istruiti, per gli americani più ignoranti e frustrati. «In questa campagna per la Casa Bianca sono io il candidato di law and order», ha detto Trump, citando una raffica di statistiche sugli omicidi e le sparatorie degli ultimi mesi e posizionandosi come l’uomo forte che prenderà misure pesanti per riportare l’ordine pubblico una volta arrivato alla Casa Bianca.


Ha legato la criminalità agli immigrati illegali, e qui sembrava molto vicino ai discorsi di Le Pen in Francia o Salvini in Italia, sfruttando apertamente le paure della gente povera e rabbiosa con molta efficacia. E ha promesso di chiudere le porte dell’America agli immigrati provenienti da paesi dove c’è il terrorismo, citando ad esempio la Siria. E se a casa ha promesso di essere l’uomo-forte, in politica estera ha garantito (senza dire come fare) che in caso di vittoria distruggerebbe presto l’Isis. Per quanto riguarda la Nato, secondo Trump dovrebbe essere più focalizzata contro l’Isis e, sotto la sua presidenza, i partner europei dovrebbero pagare la loro quota e smettere di essere sovvenzionati dalla generosità di Washington.
Ma a mio avviso, Trump è stato particolarmente furbo anche perché ha tentato di allargare la sua base ben oltre i conservatori repubblicani. Ha apertamente corteggiato i fans di Bernie Sanders per esempio, spiegando di essere d’accordo col senatore del Vermont sul fatto che il commercio libero ha distrutto tanti posti di lavoro negli Usa. «Sono io la vostra voce», ha dichiarato Trump, presentandosi come l’unico, autentico difensore della classa operaia, dei poveri, dei colletti blu. Ha promesso interventi di politica economica mirati a ridurre la disoccupazione e la povertà tra le comunità afroamericane e ispaniche. E ha speso parole in difesa della comunità LGBT, facendo riferimento al recente massacro nel nightclub gay di Orlando, Florida.

Anche sua figlia, Ivanka, in un discorso che precedeva quello di Trump, ha cercato di allargare la base elettorale, parlando di come suo padre abbia sempre premiato le sue dipendenti femminili, in termini di responsabilità e di uguaglianza salariale, e sottolineando come il magnate sia «daltonico per quanto riguarda il colore della pelle delle persone e cieco per quanto riguarda il genere del dipendente». In un chiaro tentativo di attirare più donne, ma anche democratici o indipendenti, Ivanka ha addirittura dichiarato davanti ai repubblicani nell’arena di Cleveland: «Non mi ritengo repubblicana né democratica».

La serata è stata un successo per Trump, uscito da una settimana difficile in cui Ted Cruz gli ha fatto guerra, mercoledì, e dopo il discorso di sua moglie Melania, lunedì, oggetto di polemiche per alcune frasi copiate da un vecchio discorso di Michelle Obama. Ma forse, il momento che ha avuto più risonanza tra gli americani è quando Trump ha dichiarato che «non possiamo più permetterci di essere politically correct». Mentre il New York Times, che tifa per Hillary Clinton, ha subito attaccato Trump per il suo discorso «scuro e pesante», secondo me Trump ha toccato, da vero populista demagogico, i nervi scoperti degli americani, sfruttando le loro paure come fa ormai da mesi. E la frase più efficace contro la signora Clinton non riguardava i suoi errori in Libia o Iraq, o lo scandalo delle email. Trump ha dipinto la sua rivale democratica come un «pupazzo» nelle mani dei lobbisti, la preferita dell’élite dei media in America. «Le grandi imprese e le grandi lobby stanno gettando denaro in direzione di Hillary Clinton perché lei è il loro pupazzo, loro sono i burattinai che muovono le corde».

Dopo il discorso, la Cnn ha pubblicato i risultati di un sondaggio lampo che mostra come per il 57% di coloro che hanno seguito le parole di Trump l’effetto è stato «molto positivo»; «positivo» per un altro 18% . Nei prossimi giorni, la signora Clinton annuncerà la sua scelta per il candidato vice-presidenziale e poi lunedì comincerà la Democratic National Convention a Filadelfia. Ma non si può più dare per scontato che Hillary Clinton vincerà a novembre. Così, dopo una settimana burrascosa a Cleveland, il gran finale è stato positivo per Trump. Piaccia o meno, Donald Trump ne è uscito molto bene ieri sera, ha avuto successo, e secondo me avrà convinto qualche indeciso o addirittura qualche ex-fan di Bernie Sanders che odia il commercio libero e non vuole votare per Clinton. Per capire meglio però, bisogna lasciare passare un po’ di tempo dopo questa convention e dopo quella dei democratici della settimana prossima. Ma non mi sorprenderebbe se i prossimi sondaggi dovessero mostrare un vantaggio a favore di Trump.
22 luglio 2016 (modifica il 22 luglio 2016 | 12:08)
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda pianogrande il 22/07/2016, 23:49

Non per niente Berlusconi aveva fior di consulenti americani.

E' proprio così.
Le dittature e il populismo non si evolvono.
Forse perché la gente non si evolve; il livello culturale non si evolve.

Brutte notizie per l'umanità.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda Robyn il 23/07/2016, 9:24

Trump è un pò scemotto abbiamo importato di riflesso il berlusconismo anche negli stati uniti
E bene che vinca Illary perche subito dopo ci deve essere la messa al bando delle armi
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda mariok il 23/07/2016, 12:00

Io Trump non lo sottovaluterei. E' tutt'altro che uno scemotto (così come non lo era berlusconi).

Né d'altra parte la Clinton ha le caratteristiche di una convincente alternativa
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda trilogy il 23/07/2016, 12:48

mariok ha scritto:Io Trump non lo sottovaluterei. E' tutt'altro che uno scemotto (così come non lo era berlusconi).

Né d'altra parte la Clinton ha le caratteristiche di una convincente alternativa


Condivido. Tutt'altro che scemotto. La Clinton è intelligente ma ha combinato casini ovunque, libia in primis, è molto sopravvalutata. In Italia poi, con i suoi compensi da 250 mila dollari dalle banche per fare una conferenza sarebbe sommersa dalle inchieste giudiziarie.
In generale la clinton sembra pontenzialmente meno pericolosa di trump. Lui è più imprevedibile.
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda Robyn il 24/07/2016, 17:14

E meglio sempre che vinca Illary con tutti i difetti che possono esserci,perche con Trump non sappiamo dove finiamo.Pieno sostegno ad Illary
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda Robyn il 24/07/2016, 19:52

non ripetiamo l'errore della brexit perche è stato facile dire all'Inghilterra che se ne poteva andare senza calcolare le conseguenze dell'uscita,si spera solo che tutto vada per il meglio
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda trilogy il 25/07/2016, 21:49

Certo che tra i sostenitori di Sanders c'è simpatia per la Clinton :lol: l'hanno sommerso di fischi appena ha detto di votarla...
http://video.repubblica.it/dossier/elez ... 494/247612
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda mariok il 26/07/2016, 8:24

le sinistre in tutto il mondo mancano di realismo

è vero, la Clinton non è il massimo della candidatura, ma se la maggioranza dei democratici l'ha preferita a Sanders (forse con qualche ragione), che senso ha stare lì a protestare facendo obbiettivamente il gioco di Trump?
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Re: Chi sarà il prossimo presidente USA?

Messaggioda mariok il 29/07/2016, 8:10

SCONTRI
E Bloomberg demolisce il mito di Trump miliardario
L’ex sindaco di New York descrive il candidato repubblicano come un «imbroglione». «La sua è stata una carriera di bancarotte, liti, inganni e lavoratori in nero»
di Giuseppe Sarcina, nostro inviato a Filadelfia

FILADELFIA «Io sono di New York e i newyorkesi sanno riconoscere un imbroglione quando ne vedono uno». Michael Bloomberg è stato sindaco della Grande Mela per dodici anni, dal 2002 al 2013 e nei mesi scorsi più volte ha pensato di candidarsi alle presidenziali, proprio per tagliare la strada a Donald Trump. Alla fine ha rinunciato, sulla base di un calcolo pragmatico ed ora eccolo qui a Filadelfia a schierarsi «imperativamente» con Hillary.
Bloomberg, 74 anni, editore e uomo d’affari con molteplici proprietà al sole, è la figura che al gruppo dirigente democratico oggi sembra la più adatta per esorcizzare la sensazione di insicurezza, una sottile paura, un sinistro presentimento che percorre la convention. E cioè che alla fine Trump possa davvero convincere gli elettori, presentandosi come un businessman di successo, dotato di fiuto istintivo per le scelte più vantaggiose, capace di negoziare anche con l’interlocutore più difficile.
Dal palco di Filadelfia, Bloomberg ha completato l’opera di demolizione cominciata da altri oratori, come il vice presidente, Joe Biden, e il sindaco di New York Bill de Blasio: «Lungo la sua carriera Trump si è lasciato dietro una ben documentata serie di bancarotte, migliaia di cause, azionisti arrabbiati e imprenditori che sono stati ingannati, consumatori delusi. Trump dice che vuole gestire la nazione, come gestisce i suoi affari. Dio ci aiuti».
Trump ha fatto soldi comprando e vendendo palazzi: in definitiva la sua essenza è quella del broker, del mediatore. Le bancarotte di cui parla Bloomberg sono quattro: negli Stati Uniti sono disciplinate dal «Chapter 11», l’equivalente della nostra amministrazione controllata. Il caso più clamoroso risale al 1987, con il fallimento del Taj Mahal, uno dei tre casinò di Atlantic City: un progetto semplicemente megalomane, finanziato con titoli spazzatura e travolto dalla crisi di Wall Street del 1987. Sono gli anni della finanza corsara, degli speculatori. Il tycoon newyorchese partiva in vantaggio rispetto a tutti gli altri, perché, come gli ha ricordato l’altro ieri Bloomberg, ha cominciato con «un assegno da un milione di dollari del padre». Il suo impero si fonda sulla ricetta antica dei palazzinari di tutto il mondo: comprare terreni a basso prezzo, costruire edifici di lusso, frazionarli e rivenderli. Se va bene sono miliardi, altrimenti c’è il tribunale fallimentare.
Ma la contestazione precisa, e quindi insidiosa di Bloomberg, è un’altra: chi ha lavorato nei cantieri di Trump? «Quegli stessi immigrati clandestini, pagati con paghe irrisorie, che ora vorrebbe cacciare, perché non hanno i documenti in ordine». E ancora: «Ha ingannato i sub appaltatori e i fornitori».
È un attacco rivolto all’essenza del sistema Trump, alla sua credibilità, alla sua compatibilità con i valori base dell’America, così come li ha ricordati Barack Obama: onestà, affidabilità. Ecco perché Bloomberg e gli altri insistono anche su imprese oggettivamente marginali o periferiche dell’impero. Per esempio la Trump University, fondata nel 2005 a New York e sommersa prima da critiche per le sue scadenti performance accademiche e poi da un’inchiesta condotta dal procuratore generale di New York, nonché da due class action, le cause collettive intentate dagli studenti.
In sintesi Trump è accusato di essere un imbonitore: la sua «Università» offriva corsi di laurea senza neanche avere l’autorizzazione per farlo. Gli studenti pagavano rette da 35 mila dollari per ritrovarsi davanti professori improbabili e con titoli di studio sostanzialmente senza valore. Il 10 marzo scorso, durante una conferenza nel suo resort di Palm Beach in Florida, il «front runner» repubblicano si è presentato con una serie di prodotti «made in Trump»: vino, bistecche, acqua minerale, vodka. Soltanto il vino esiste ancora, tutto il resto faceva parte di attività cedute, liquidate o, semplicemente, fallite.
Negli Stati Uniti, il Paese delle comunità cristiano protestanti, la ricchezza non è considerata una realtà di cui vergognarsi. Ma sull’etica non si fanno sconti. A Filadelfia, giusto o sbagliato che sia, Michael Bloomberg si è contrapposto a Donald Trump: il miliardario onesto e l’imbroglione.

28 luglio 2016 (modifica il 28 luglio 2016 | 22:17)
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