No. Non ha creato un'identità comune. Ha creato il mito di un'identità neoliberale (ma liberista) comune, mentre distruggeva la coesione sociale, il welfare state, mentre trattava diversamente stati di diverso peso. Ha progressivamente abbandonato il modello di governo condiviso per arrivare di fatto a connotare la classe dirigente di un unico stato - la Germania - come riferimento (non eletto e non rappresentativo) di tutti.
Ad esempio: l'ingresso nell'UE è vincolato dal rispetto di diritti civili di fondo e al rispetto delle leggi di mercato riguardo alla concorrenza. Sul piano dei diritti sociali, però, l'Europa si guarda bene dal fissare dei paletti minimi (reddito minimo, paga oraria minima, contrattazione collettiva). Di fatto paesi in cui non vi è sostegno al reddito di chi non lavora (al di fuori di insufficienti sussidi di disoccupazione) come Italia e Grecia non vengono sanzionati ne' obbligati a modificare le proprie norme: si ritenevano più importanti le quote latte o le multe per gli aiuti di stato (che peraltro altri paesi elargivano ad aziende pubbliche, a banche in crisi, etc). Nulla si è fatto sul versante del precariato diffuso, il vero bloccante per l'economia: chi non ha la certezza di un lavoro almeno a medio termine, a meno che non abbia uno stipendio molto più elevato di un dipendente e/o un welfare che gli copra le spalle quando non guadagna, semplicemente smette di spendere al di là della sussistenza o poco più: l'economia cessa di crescere o quasi.
Se i lavoratori si spostano nei paesi dove il welfare è più elevato, anche questi stati percepiscono (magari anche in maniera paranoica) che non possono più sostenere questi sistemi.
Le politiche sociali sono fondamentali per una vera federazione di stati e rappresentano il progetto collettivo più direttamente percepibile e verificabile dalla popolazione. In Ue esistono finanziamenti frammentari, a pioggia, diretti a specifici progetti locali, con obiettivi ben delimitati e a termine, che talvolta si riducono a semplici sprechi oppure nemmeno vengono colti per mediocrità della classe dirigente locale, ma comunque mai vengono percepiti come strutturali e rilevanti (nemmeno quando in parte lo sono, vedi in
Cornovaglia).
Soprattutto l'Europa non ha dato ancora una risposta definitiva e chiara, dopo otto anni, alla drammatica crisi del 2008. Si procede in ordine sparso, i movimenti di protesta stanno diventando maggioritari, la classe politica scivola in una desolante mediocrità. I fattori identitari stanno tornando quelli nazionali ottocenteschi (forse nel caso della GB si arretrerà pure di qualche altro secolo), si alzano muri e filo spinato.
Tra parentesi quando si parla di regole comuni: il trattato di Lisbona prevede due anni per uscire dall'UE, mentre ora i suoi dirigenti parlano di tempi brevissimi quando il parlamento britannico non ha neppure ratificato, a fronte di un referendum semplicemente consultivo, alcunché. Cosa ne fanno degli italiani a Londra, ce li impacchettano e ce li rispediscono col dazio e il balzello?
Jean-Claude Juncker 1999 ha scritto:"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno".