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UE analisi della crisi e prospettive

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda trilogy il 26/06/2016, 9:52

Buona riflessione, anche se ci sono molte analisi sulle cause della crisi europea, mentre sul "cosa fare" ci sono poche idee e anche confuse.
http://www.corriere.it/esteri/16_giugno ... f010.shtml
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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda mariok il 26/06/2016, 12:00

Anche questa, come tante altre "giuste" riflessioni, è alla fine poco convincente dal punto di vista del "che fare".

Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso: come dare corpo e legittimità democratica ad una politica europea che non sia condizionata dalle vicende elettorali dei singoli stati.

Bisogna creare le basi per una continuità europea con una sua propria dimensione politica. Non è possibile fare l'europa unita quando nei singoli stati prevalgono le forze progressiste e tornare indietro se a prevalere sono quelle conservatrici.

Un'istituzione non può essere legata ad una politica; non è possibile dire: "l'europa mi va bene se porta avanti le mie politiche, sciogliamola se a prevalere sono le politiche degli avversari".

Occorre un meccanismo democratico che determini e giudichi la politica europea e che dia la possibilità di un ricambio quando non riscuote più la fiducia dei cittadini, senza per questo mettere in discussione la stessa esistenza dell'istituzione.

E' come se, ogni volta che il governo nazionale fallisce o delude, rimettessimo in discussione il patto alla base dell'unità d'Italia. C'è chi ci ha provato, come la lega, ma ha dovuto fare macchina indietro.
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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda pianogrande il 26/06/2016, 13:15

E' sicuramente più facile trovare consenso su quello che non va.

Tra l'altro si continua imperterriti in questa acefala esaltazione del brillante futuro coi soldi degli altri negato dal potere bancario e da quei barbari avvoltoi che i soldi, dopo averveli prestati magari anche a bassissimo interesse dopo li rivogliono anche indietro.

E così il discorso va fatalmente e sbadigliosamente a finire sulla povera Grecia che è in recessione perché quella banda di sanguisughe ha preteso che si mettesse in riga e almeno ci provasse a pagare i debiti (comunque anche ampiamente condonati).

Mi dovrebbero portare l'esempio di un paese con debito leggero e affidabile nei pagamenti e che viene tartassato dalla triplice per il sadico gusto di imporgli l'austerità.

E allora si cerca il consenso su quello che non va e sul come uscirne (non è vero che non ci sono ricette) continuando a fare debito e cioè continuando a succhiare (impunemente) i soldi degli altri.

Podemos?
Podemos una ....... vabe' lasciamo stare.
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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda mariok il 26/06/2016, 23:27

Si ricomincia!

Effetto Brexit, Europa già divisa

di Francesca Pierantozzi

PARIGI Gli inglesi partono, le divisioni restano. Incorreggibile Europa: dopo i disaccordi su crescita, rigore, controllo di bilancio, unione bancaria e migranti, mancava soltanto il divorzio dal Regno Unito ad alimentare le innate divergenze dei futuri Ventisette. Lungi dal ricompattare - almeno per ora - la squadra, la nuova Brexit ripropone antiche divisioni e noti schieramenti. Con la solita linea Maginot tra Francia e Germania. Come salvare (e possibilmente rilanciare) l'Europa amputata dell'Inghilterra? Con più integrazione economica e solidarietà, come vorrebbero i francesi? Con maggiori trasferimenti di sovranità e prudenza di bilancio, come al solito auspicano i tedeschi? Meglio accelerare e spingere al più presto gli inglesi alla porta, come si chiede al sud? Prendere tempo, evitare di precipitarsi, avanzare gemeinsam, insieme, come si propende al nord?

GLI OBIETTIVI
Ieri i figli dei padri fondatori (nella fattispecie i ministri degli Esteri di Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo riuniti a Berlino) hanno fatto una prova generale di dichiarazione comune, che ha suonato più o meno così: «Cominciamo le procedure il prima possibile». Per andare dove? Come? Tutto da vedere anche perhè alcuni Paesi, Germania in testa con i Paesi nordici non mettono fretta a Londra nella sua uscita dalla Ue. Se ne parlerà domani a Berlino (di nuovo), tra Merkel, Hollande, Renzi e Tusk, e poi a Bruxelles, al consiglio di martedì e mercoledì.

E poi di nuovo, per mesi, anni, almeno due, quanti ne serviranno, come minimo, per finalizzare la separazione, e almeno cinque o sei, quanti ne serviranno, come minimo, per annullare, rinegoziare e riscrivere decine di migliaia di trattati e accordi commerciali. La lettera da Londra con la richiesta formale di divorzio non è ancora stata spedita che già sono cominciate le scaramucce sulla risposta. La mancanza di precedenti non basta da sola a spiegare l'ordine sparso con cui stati e istituzioni guardano oltremanica. Il Parlamento è stato finora l'unico istituto a dare una risposta veloce e chiara: inutile temporeggiare, tempi rapidissimi per il recesso britannico. Sul versante della Commissione, Jean-Claude Juncker fatica a farsi sentire, nonostante i suoi toni continuino a salire.

Tra «Unione Europea e Regno Unito non ci sarà un divorzio consensuale, ma non c'è stata neppure una grande storia d'amore», ha detto ieri il presidente della Commissione in un'intervista alla tv pubblica tedesca Ard. Nei nuovi, difficili, equilibri, che si immaginano nell'Europa a 27, il suo ruolo di fervente partigiano di una maggiore integrazione è per ora quello più in bilico. Non invitato a Berlino da Merkel con Hollande, Renzi e Tusk, Juncker ha subito chiarito che «l'Europa non sarà determinata in futuro da nessun altro trio, così come non è stata determinata dalla Gran Bretagna».

Domenica 26 Giugno 2016, 09:11 - Ultimo aggiornamento: 26-06-2016 14:00
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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda flaviomob il 26/06/2016, 23:44

Forse va ribaltato l'adagio che la presenza della CEE / UE ha garantito la pace in Europa. E' il contrario: la pace in Europa (frutto della tragica memoria di due guerre mondiali) ha permesso la costruzione dell'unità continentale. Oggi la perdita della pace - sul piano sociale e su quello bellico internazionale, con interessi divergenti e con politiche frammentarie e centrifughe su migranti e rifugiati - porta la disgregazione.
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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda pianogrande il 27/06/2016, 2:15

flaviomob ha scritto:Forse va ribaltato l'adagio che la presenza della CEE / UE ha garantito la pace in Europa. E' il contrario: la pace in Europa (frutto della tragica memoria di due guerre mondiali) ha permesso la costruzione dell'unità continentale. Oggi la perdita della pace - sul piano sociale e su quello bellico internazionale, con interessi divergenti e con politiche frammentarie e centrifughe su migranti e rifugiati - porta la disgregazione.


Non è certo l'esistenza dell'unione a portare la pace ma la volontà di pace ad aver partorito l'unione.
Ma non solo la volontà di pace; anche l'interesse economico di costituire una comunità, una sinergia, una massa critica, insomma.

Una volta fatta, l'Unione è diventata ulteriore strumento di pace perché ha creato regole e valori comuni e ha teso a creare una identità comune (forse l'obiettivo più importante ma che richiede molto più tempo).

Un processo da non interrompere.
Uscire significa rinnegare questi valori.

Uscire perché da soli si è più bravi è una illusione anti storica che l'UK rischia pagare molto cara.
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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda flaviomob il 27/06/2016, 3:23

No. Non ha creato un'identità comune. Ha creato il mito di un'identità neoliberale (ma liberista) comune, mentre distruggeva la coesione sociale, il welfare state, mentre trattava diversamente stati di diverso peso. Ha progressivamente abbandonato il modello di governo condiviso per arrivare di fatto a connotare la classe dirigente di un unico stato - la Germania - come riferimento (non eletto e non rappresentativo) di tutti.

Ad esempio: l'ingresso nell'UE è vincolato dal rispetto di diritti civili di fondo e al rispetto delle leggi di mercato riguardo alla concorrenza. Sul piano dei diritti sociali, però, l'Europa si guarda bene dal fissare dei paletti minimi (reddito minimo, paga oraria minima, contrattazione collettiva). Di fatto paesi in cui non vi è sostegno al reddito di chi non lavora (al di fuori di insufficienti sussidi di disoccupazione) come Italia e Grecia non vengono sanzionati ne' obbligati a modificare le proprie norme: si ritenevano più importanti le quote latte o le multe per gli aiuti di stato (che peraltro altri paesi elargivano ad aziende pubbliche, a banche in crisi, etc). Nulla si è fatto sul versante del precariato diffuso, il vero bloccante per l'economia: chi non ha la certezza di un lavoro almeno a medio termine, a meno che non abbia uno stipendio molto più elevato di un dipendente e/o un welfare che gli copra le spalle quando non guadagna, semplicemente smette di spendere al di là della sussistenza o poco più: l'economia cessa di crescere o quasi.
Se i lavoratori si spostano nei paesi dove il welfare è più elevato, anche questi stati percepiscono (magari anche in maniera paranoica) che non possono più sostenere questi sistemi.
Le politiche sociali sono fondamentali per una vera federazione di stati e rappresentano il progetto collettivo più direttamente percepibile e verificabile dalla popolazione. In Ue esistono finanziamenti frammentari, a pioggia, diretti a specifici progetti locali, con obiettivi ben delimitati e a termine, che talvolta si riducono a semplici sprechi oppure nemmeno vengono colti per mediocrità della classe dirigente locale, ma comunque mai vengono percepiti come strutturali e rilevanti (nemmeno quando in parte lo sono, vedi in Cornovaglia).

Soprattutto l'Europa non ha dato ancora una risposta definitiva e chiara, dopo otto anni, alla drammatica crisi del 2008. Si procede in ordine sparso, i movimenti di protesta stanno diventando maggioritari, la classe politica scivola in una desolante mediocrità. I fattori identitari stanno tornando quelli nazionali ottocenteschi (forse nel caso della GB si arretrerà pure di qualche altro secolo), si alzano muri e filo spinato.

Tra parentesi quando si parla di regole comuni: il trattato di Lisbona prevede due anni per uscire dall'UE, mentre ora i suoi dirigenti parlano di tempi brevissimi quando il parlamento britannico non ha neppure ratificato, a fronte di un referendum semplicemente consultivo, alcunché. Cosa ne fanno degli italiani a Londra, ce li impacchettano e ce li rispediscono col dazio e il balzello?

Jean-Claude Juncker 1999 ha scritto:"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno".


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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda mariok il 27/06/2016, 9:25

Smettiamola con le ipocrisie!

Con questo referendum non ha vinto l'idea di un'Europa migliore e più solidale, ma l'intolleranza e il razzismo.

L’ora della “Jihad bianca”, a Londra razzisti scatenati
Insulti e aggressioni ai musulmani ma anche ai polacchi. Un fenomeno che è cresciuto nei giorni del referendum

27/06/2016
ALBERTO SIMONI
INVIATO A LONDRA

«Io parlo polacco, tu quale super potere hai?». Jacek viene da un paesino vicino a Varsavia e vive a Londra da qualche anno. Indossa una maglietta nera, la scritta gialla con la frase che tradisce l’orgoglio per le origini. È uno dei 600 mila sbarcati nel Regno Unito negli ultimi dieci anni. I polacchi oltre Manica erano 95 mila nel 2004, poi la via londinese è diventata facile e fruttuosa. Da qualche tempo però anche molto rischiosa. Sta appoggiato a una ringhiera di fronte all’ufficio culturale polacco ad Hammersmith, zona occidentale della capitale britannica e guarda i muri dell’edificio sul quale sono stati disegnati graffiti e scritti con la vernice insulti contro i polacchi, definiti «parassiti». La polizia pattuglia la zona e ha aperto un’inchiesta contro ignoti.

Ma la tensione da tempo è palpabile. Appena due giorni fa, nella zona orientale della città, alcuni musulmani e immigrati dell’Est Europa sono stati aggrediti da bande suprematiste inglesi. «È il clima post Brexit che non volevamo», dice la Baronessa ed ex ministro Sayeeda Warsi che una settimana fa aveva lasciato la campagna del Leave poiché diventata «razzista e odiosa».

Gli episodi di intolleranza sono aumentati nei giorni dopo il referendum. Una lavoratrice musulmana, nata in Galles, è stata apostrofata in strada e invitata a «fare le valigie»; nel Cambridgeshire è partita una campagna d’odio via posta contro la comunità polacca. E volantini sui «polacchi parassiti» sono stati recapitati anche a una scuola elementare.

La retorica incendiaria contro i migranti di Nigel Farage amplificata dal poster con le immagini di migliaia di profughi in coda in Slovenia con la scritta «punto di rottura» è ancora un punto di riferimento per alcune - non così minoritarie - frange della società.

La percezione che siano gli «altri», gli «stranieri» a sottrarre il lavoro agli inglesi, ad abbassare i salari, a congestionare i servizi pubblici ha alla fine ha pesato sul voto: il tema immigrazione è stato il secondo motivo a indirizzare le scelte degli elettori, sia conservatori sia laburisti. Soprattutto nelle zone rurali, nel Sud e nel Nord del Paese, fra le classi meno agiate. Farage proprio ieri ha ricordato che quelle zone - molte sono feudi laburisti - sono ora nel mirino dello Ukip.

Se c’è una protesta visibile contro i migranti, talvolta violenta ma comunque molto rumorosa, c’è ne è una che corre sul Web, si nutre di adepti su Twitter, Facebook e sguazza nei video su YouTube. L’intelligence britannica monitora molti gruppi. Ieri il «Sunday Times» ne ha fatto una radiografia. L’estrema destra (suprematista, razzista, isolazionista, anti-migranti) fa proseliti e ha un seguito crescente. Materiale estremista è disponibile ovunque sulla Rete. Un gruppo come National Action, quello che è nato per «celebrare» la morte della deputata Jo Cox, ha appena sessanta adepti, ma i suoi video su YouTube hanno quasi 2800 adepti. Pochi, nel mare del Web, molti, spiegano gli esperti dell’antiterrorismo, se si considera che la visibilità il gruppo la sta avendo solo da poco tempo. Proclamano una «White Jihad», una guerra santa bianca, che significa rendere omogenea e aderente «ai valori tradizionali inglesi» questa terra che oggi invece ospita persone provenienti da ogni angolo del mondo ed è un crogiolo di culture. «I rifugiati non sono i benvenuti» si legge in uno dei loro proclami che va di pari passo alla proclamazione che «Hitler aveva ragione, i rifugiati devono tornare a casa».

Sabato a Newcastle, città nel Nord-Est, vivace, gli estremisti hanno manifestato dinanzi alla stazione centrale scandendo slogan contro i migranti. Negli ultimi tempi è nata un’altra associazione, NorthWest Infidels, derivata dalla English Defense League, che vorrebbe «l’impiccagione di Corbyn» e ha nell’islam il nemico dichiarato. Così come Britain First, l’associazione che ha invocato il killer di Jo Cox. A proposito dell’aggressore, Thomas Mair, proprio NorthWest Infidels ha rilanciato un messaggio nel quale invita i suoi a continuare la difesa dell’Inghilterra «dall’invasione dei profughi affinché il sacrificio di Thomas Mair non sia stato invano».
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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda flaviomob il 27/06/2016, 10:50

L'intolleranza e il razzismo quando vincono? Nascono dal nulla? Sono una risposta sbagliata a problemi reali o inventati?

Il fascismo, il nazismo sono nati per caso o hanno avuto della cause ben precise? E quali?

Crisi economica del 1929 --> Nazismo 1933

C'è un nesso o nascondiamo la testa sottoterra?


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Re: UE analisi della crisi e prospettive

Messaggioda mariok il 27/06/2016, 14:22

Brexit, Romano Prodi: "Patetica la petizione per chiedere nuovo referendum. Ue decisa subito, o sarà un disastro"
L'Huffington Post | Di Redazione
Pubblicato: 27/06/2016 10:40 CEST Aggiornato: 36 minuti fa ROMANO PRODI

L'idea della petizione online per un nuovo referendum sull'uscita del Regno Unito dalla Ue "è patetica e non ha alcun senso". È duro il giudizio di Romano Prodi sui due milioni di firme raccolte per chiedere un'altra consultazione popolare sulla Brexit. Secondo l'ex presidente della Commissione Ue, è giunta l'ora, per tutti, di fare sul serio: a cominciare dai leader europei, che "devono sbrigarsi a decidere", oppure sarà un disastro.

"L'incontro di oggi (tra Germania, Italia e Francia a Berlino, ndr) è non solo positivo ma di grandissima importanza, si devono decidere cose fondamentali", ha detto l'ex premier intervistato da Rainews 24. Il primo punto, secondo Prodi, "è cosa facciamo della Brexit: Francia e Italia devono dire che non si può far finta di nulla, facciamo un passo in avanti... L'idea dei due milioni di firme è patetica, non ha alcun senso, si è appena concluso un referendum".

Prodi critica duramente anche l'idea della cancelliera tedesca Angela Merkel di aspettare a trarre le conclusioni della Brexit e vedere cosa succede nel giro di due anni. Per Prodi, sarebbe "la rovina dell'Europa": "il messaggio che hanno avuto i cittadini è che l'Ue non sa decidere; se continuiamo così è il disastro, serve qualche idea che sia un passo in avanti da presentare subito fin da domani".

Prodi si dice "angosciato dall'idea che comincino delle trattative che non finiscono più". "Qui c'è un referendum - aggiunge l'ex premier -, per anni gli inglesi hanno sempre rallentato ogni cammino dell'Europa, gli stessi primi ministri che hanno fatto campagna per il Remain mi hanno fatto morire durante il mio incarico. Se cominciamo due anni di trattative, per cui siamo paralizzati, allora l'Ue è finita". "Il cambiamento - conclude Prodi - deve cominciare oggi pomeriggio quando Merkel, Hollande e Renzi si incontrano. I britannici non possono fare un referendum colossale che ha scosso il mondo e poi far finta di nulla".
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