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La questione morale secondo De Mita

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

La questione morale secondo De Mita

Messaggioda annalu il 14/12/2008, 17:51

Evidentemente quando i problemi sono seri, chi ha fatto sul serio politica se ne accorge.
Mi pare strano trovarmi d'accordo con De Mita, ma non solo penso che abbia ragione per quel che riguarda il PD.
Penso che le critiche che fa al PD in generale potrebbero applicarsi, nel nostro piccolo, anche al modo con il quale qui stiamo cominciando a dialogare tra noi: grandi temi di carattere teorico, concretezza prossima allo zero.

L'INTERVISTA
De Mita: la questione morale? Il Pd dovrebbe sciogliersi con Veltroni regna il cesarismo
«Il partito è diventato un ingombro e tutti si esercitano in concetti astratti, senza proposte»

ROMA — «Lei mi chiede cosa penso della cosiddetta questione morale che, secondo numerosi giornali, attanaglierebbe il Pd, giusto?».

Cosa ne pensa, e come immagina sia risolvibile.
«Io penso che il Pd risolverebbe ogni suo problema sciogliendosi».

Può ripetere il concetto?
«Ha capito bene: vede, si tratta di un partito nato sulle intenzioni, sugli auspici, su una non meglio precisata idea di nuovo. Così ora, purtroppo, questo partito è diventato, come dire? un autentico ingombro».

(È sempre un privilegio ragionare di politica con Ciriaco De Mita: ex gran capo della Democrazia Cristiana — di cui fu a lungo segretario nazionale — e poi anche ex presidente del Consiglio, con i suoi ottant'anni portati splendidamente, con il medico curante che era e resta un pediatra, De Mita continua a fornire sofisticate, e spesso sorprendenti, chiavi di lettura dei fatti).

L'idea di sciogliere il Pd è piuttosto forte.
«Sarà forte, ma è spiegabile. D'altra parte, non mi pare di essere il solo a nutrire qualche dubbio. Leggo certe profonde perplessità di Arturo Parisi, sulla Stampa leggo un'acuta analisi firmata da Emanuele Macaluso...».

A lei, presidente, cos'è, di preciso, che non la convince?
«Prendiamo il dibattito che s'è sviluppato sulla riforma della giustizia. Bene: mentre da un lato Berlusconi, davanti a una vera grande questione com'è questa, dimostra attenzione ma non un comportamento da vero statista, perché si rifiuta di parlare, di trattare con metà del Parlamento, nel Pd, cosa accade? Accade che i vari esponenti chiedano di convergere su una soluzione di rara astrattezza... Voglio dire che stanno tutti lì a ripetere che la riforma dovrà rispettare la Costituzione, l'autonomia della magistratura... Si esercitano in condivisibili concetti astratti, ma la sostanza? La loro proposta?».

Un po' complicata, in effetti, da decifrare.
«Appunto: analizzando il dibattito si coglie solo un insieme di desideri, e di no».

Magari, nel Pd, può però esserci qualche imbarazzo. Sono molte le questioni aperte. Ci sono i guai napoletani, c'è il sindaco Leonardo Domenici che si incatena, c'è un diffuso...
«Mi ascolti: la vera questione morale è quella politica».

Presidente, può essere più preciso?
«Dobbiamo fare un passo indietro, e tornare alla stagione che precedette la tragedia di Tangentopoli. Fino ad allora, l'attività della politica consisteva nella capacità che la maggior parte di noi aveva di interpretare i bisogni della gente. Voglio dire che tu venivi eletto per trovare soluzioni ai problemi che gli italiani speravano fossero risolti. Potevi averle vinte, le elezioni, o perse: ma la certezza che tu fossi lì a impegnarti per il bene comune ti conferiva una riconosciuta autorità morale».

Poi cos'è accaduto?
«Poi, progressivamente, la politica ha cominciato a considerare il potere non come un luogo dove trovare risposte alle istanze della gente, ma come qualcosa di fine a se stesso».

C'è una data, un fatto che segna questo cambio di direzione?
«Credo che si possa fare riferimento alla costituzione del cosiddetto Pentapartito, che ufficializzò questa nuova tendenza: era una coalizione nata non per governare il potere nell'interesse della comunità, ma per conquistare il potere. Purtroppo, quando poi stava per esplodere Tangentopoli, i partiti non ebbero la forza di capire come e perché il meccanismo si fosse inceppato... e, anzi, lasciarono il compito di ogni valutazione ai magistrati...».

Alcuni osservatori sostengono che i problemi giudiziari che gravano sul Pd siano, di fatto, la conclusione di quella stagione.
«Mah... Io ricordo che il Pci, all'epoca, si aggrappò con una certa forza a una lettura giustizialista degli avvenimenti. Forte di un metro di valutazione piuttosto discutibile».

Lo ricordi.
«I comunisti erano comunque virtuosi, e dunque non in discussione. Chi invece era nato democratico cristiano, beh...».

Lei non ha dimenticato, presidente, quei giorni.
«Io non dimentico ciò che era nella memoria di una certa cultura contadina: e cioè che qualunque peccato, prima o poi, si sconta, e che la pena peggiore è quella distillata nel tempo...».

Che consiglio dà a Bassolino: dovrebbe dimettersi, o no?
«Allora non mi sono spiegato: sbagliammo ai tempi di Tangentopoli, e sbaglieremmo adesso, ragionando così. Qui non dobbiamo correre dietro a questa o a quell'inchiesta. Qui bisogna avere la forza di comprendere le ragioni per cui la politica, ancora una volta, si dimostra in crisi».

Lei è preoccupato, presidente.
«Io osservo che la politica è ormai ridotta ad essere transazione tra potenti».

Una riflessione grave.
«Aggiungo che la causa di tutto questo può forse essere rintracciata nella personalizzazione della politica. Divenuta, appunto, solo ed esclusivo esercizio del potere. Un potere che non è più una funzione, ma una semplice condizione di dominio».

A chi sta pensando?
«Penso al sistema così com'è e al premier Berlusconi che lo interpreta, gestisce in maniera divina, dando così da pensare di essere in Paradiso... Insomma sto pensando a come tutte le fondamentali strutture del telaio democratico siano state rese inagibili. I consigli comunali e regionali sono ormai del tutto ininfluenti, il Parlamento è considerato un ostacolo, il voto è un rito e quanto poi alle primarie, beh, sono la legittimazione del tiranno».

Veltroni è stato eletto con le primarie.
«Guardi, non c'è struttura più antidemocratica della struttura del Pd».

In che senso?
«Tutti ricordano che mentre il segretario è stato eletto con voto, e dunque consenso popolare, poi lui ha assunto una gestione cesarista...».

Questa è un'accusa che...
«Scusi, ma come si può immaginare di far riferimento a una pratica democratica, se l'eletto nomina personalmente gli organi che poi dovrebbero controllarlo?».

Almeno sembra che Veltroni abbia fatto pace con D'Alema.
«Sarebbe stata più utile una bella litigata su una grande idea, invece che una pace di comodo... ma così finisco per parlar male di D'Alema, vero?».

Un po'.
«No, non voglio. C'è stima, tra me e lui».

Fabrizio Roncone
13 dicembre 2008
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda ranvit il 14/12/2008, 17:58

Ebbene si annalu', concordo anche io.
Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pierodm il 14/12/2008, 20:26

Mi dispiace non essere d'accordo con Annalu.
Non solo perché non ho mai sopportato De Mita - e non era solo una questione di faccia - ma perché si tratta veramente del bue che dice cornuto all'asino.
C'è un concetto che il Ciriaco pone quasi alla base dei suoi "ragionamendi" : " ...stagione che precedette la tragedia di Tangentopoli. Fino ad allora, l'attività della politica consisteva nella capacità che la maggior parte di noi aveva di interpretare i bisogni della gente ".
Quest'affermazione è falsa. Assolutamente, totalmente, vergognosamente falsa.
La tragedia di tangentopoli non si sarebbe verificata, se quello che dice De Mita fosse vero, tanto per dirne una.
Ma, peggio ancora, siamo tutti ancora vivi e contemporanei: in quel "prima" c'eravamo, e sappiamo bene che la politica era diventata una tonnara di corruzione, clientelismo, spartizione partitocratica, e chi più ne ha più ne metta.
Nessuno - nemmeno quelli che li votavano - s'illudeva che quei politici "interpretassero i bisogni della gente".
Questo, in generale.
Se poi andiamo nell'avellinese, in Campania, nel sud Italia, i politici dovrebbero scavare una buca profonda il doppio per nascondersi, quelli di "allora" e quelli di oggi.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pinopic1 il 14/12/2008, 21:58

E' la prima volta, da molto tempo, che mi capita di essere d'accordo con De Mita. L'ultima era stata quando ha fatto uscire la sua corrente dal governo per non approvare il decreto Berlusconi voluto da Craxi (se non ricordo male).
A Pierodm dico che Tangentopoli è esplosa per molto meno di quello che accade oggi. Solo che oggi il sistema è stato legalizzato e inoltre i partiti sono tornati ad essere più forti della magistratura. A parte il PD, forse.

Io quando votavo nella prima repubblica ero convinto che quelli che votavo interpretassero alcuni bisogni di una parte della gente. E pensavo che gli altri, che non votavo, o non li interpretavano bene o si rivolgevano ad un'altra parte della gente. Sapevo che era così anche se c'era in giro qualche disonesto e qualche meccansimo di finanziamento dei partiti. Perché le scelte politiche comunque venivano portate avanti.
Oggi siamo convinti che i partiti debbano amministrare; che la politica serva solo ad amministrare. E poiché ci sarà sempre qualche amministratore incapace, e qualche ladro, ci sarà sempre quella che chiamano questione morale. E il dibattito sulla questione morale affossa ulteriormente la politica.
Se poi le istituzioni sono sempre più strutturate in maniera tale da servire come aziende al servizio dei partiti, la "questione morale" emerge solo quando c'è qualche intoppo, causato magari da qualche amministratore particolarmente sprovveduto o preso di mira magari dai suoi stessi compagni di partito.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pierodm il 15/12/2008, 10:00

Pino, non vorrei farti un dispetto, ma sono assolutamente d'accordo con te. Su tutto, specialmente sulla rovinosa convinzione tracimante da qualche anno, che confonde la politica con l'amministrazione.
Poiché scrivo ormai da qualche tempo, dovrebbe essere "cosa nota", sia pure nel nostro microscopico mondo del forum.

Il fatto che dopo tangentopoli la situazione sia perfino peggiore (e in qualche modo "legalizzata") non toglie nulla alla perversità degli anni del pentapartito.
La lotta che si verificò a cavallo tra gli anni '80 e '90 sulla questione televisiva, che vide De Mita opposto a Craxi, fu - per quanto riguarda l'Irpino - una pura lotta di potere.
Se poi vogliamo estendere il discorso alla natura complessiva della vecchia DC rispetto alla "modernità" craxian-berlusconiana, potremmo essere d'accordo sul disperato grido di dolore: Aridatece er puzzone!, ma questo è davvero un altro discorso.

Per il resto, mi sembra azzardato affermare che eravamo convinti che "comunque le scelte politiche venivano portate avanti": poteva valere, sia pure con un certo accorto scetticismo, per il PCI, in omaggio a quella pur contestata "diversità" di cui abbiamo spesso parlato. Ma sappiamo bene quanta poca fosse la stima verso governi e sotto-governi dagli anni '70 in poi - e non sarei nemmeno tanto benevolo per i decenni precedenti, quelli delle Mani sulla Città e diTodo Modo, per capirsi.

Mi rendo conto, tuttavia, che rispetto ai problemi e ai personaggi che incalzano nell'attualità, prendersela con la sbiadita figura di De Mita può sembrare esagerato.
Però, nel quadro di quella continuità della storia che viene invocata per attribuire alla sinistra, e ai suoi errori, l'emergere di Berlusconi, Bossi, Fini, e le disgrazie più recenti, appare doveroso dare a ciscuno la responsabilità che gli spetta, in proporzione al potere che ha avuto e al tempo che ha governato.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda guidoparietti il 15/12/2008, 13:37

De Mita. Del Turco. E prima abbiamo avuto Dini. E nel mezzo tanti altri "minori" (ma ogni tanto la comparsata del grande Cossiga) sempre pronti a fare critiche di questo genere al PD – un genere, diciamo così, pentapartitico anche se De Mita ora critica il pentapartito. La politica non è scienza né filosofia, e una critica conta anche secondo chi la fa e da quale posizione. Mediterei un filo di più prima di allinearmi con le opinioni del De Mita furioso per essere stato estromesso dalle liste dopo aver passato soltanto 673 anni in parlamento.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda annalu il 15/12/2008, 14:20

guidoparietti ha scritto: La politica non è scienza né filosofia, e una critica conta anche secondo chi la fa e da quale posizione. Mediterei un filo di più prima di allinearmi con le opinioni del De Mita furioso per essere stato estromesso dalle liste dopo aver passato soltanto 673 anni in parlamento.


Comincio col precisare che la mia voleva essere prima di tutto una provocazione.
Certo, sono la prima a sapere che le parole contano ANCHE per chi le dice, e per il contesto nel quale le dice.
Però, se in un qualsiasi contesto (che posso anche ignorare) un volpone della politica dice cose condivisibili anche se non del tutto, c'è davvero da preoccuparsi.

D'accordo, Guido è giovane ed io potrei quasi essere sua nonna, però "ai miei tempi" se per fare maneggi sporchi bisognava farli di nascosto e poi negare di averli fatti, significa che almeno la popolazione credeva ancora nella possibilità di una politica sostanzialmente onesta.
Ora al contrario non ci crede più nessuno, e se un chiunque rivendica principi di pulizia, semplicemente nessuno gli crede e tutti sanno di poter fare dietrologie con buona probabilità che siano vere.

La gente che tirava le monetine a Craxi sperava che, punito lui, potesse sparire il malaffare.
Adesso invece il malaffare ha vinto, nella coscienza di tutti. Sono preoccupata.

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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda guidoparietti il 15/12/2008, 14:24

annalu ha scritto:Comincio col precisare che la mia voleva essere prima di tutto una provocazione.
Certo, sono la prima a sapere che le parole contano ANCHE per chi le dice, e per il contesto nel quale le dice.
Però, se in un qualsiasi contesto (che posso anche ignorare) un volpone della politica dice cose condivisibili anche se non del tutto, c'è davvero da preoccuparsi.

D'accordo, Guido è giovane ed io potrei quasi essere sua nonna, però "ai miei tempi" se per fare maneggi sporchi bisognava farli di nascosto e poi negare di averli fatti, significa che almeno la popolazione credeva ancora nella possibilità di una politica sostanzialmente onesta.
Ora al contrario non ci crede più nessuno, e se un chiunque rivendica principi di pulizia, semplicemente nessuno gli crede e tutti sanno di poter fare dietrologie con buona probabilità che siano vere.

La gente che tirava le monetine a Craxi sperava che, punito lui, potesse sparire il malaffare.
Adesso invece il malaffare ha vinto, nella coscienza di tutti. Sono preoccupata.

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Ehy, io sono giovane ma i principi di giustizia li rivendico ogni volta (e ci prendo sempre sul naso, sia nella vita reale che qui sul forum, ma tant'è)! Sui bei tempi andati, non so, mi pare che chi ha tirato in ballo Todo Modo abbia detto tutto. Siamo sicuri che non si mitizza il passato semplicemente perché non ci piace il presente? A me pare che gli anni tra i '50 e i '70, rispetto agli attuali, avessero il grande vantaggio di una maggiore mobilità sociale e di un generale maggior dinamismo culturale e politico, ma quanto a onestà e principi, non mi pare che stessero così tanto meglio di adesso (e certamente non grazie a De Mita!).
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda pinopic1 il 15/12/2008, 14:54

pierodm ha scritto:Pino, non vorrei farti un dispetto, ma sono assolutamente d'accordo con te. Su tutto, specialmente sulla rovinosa convinzione tracimante da qualche anno, che confonde la politica con l'amministrazione.
Poiché scrivo ormai da qualche tempo, dovrebbe essere "cosa nota", sia pure nel nostro microscopico mondo del forum.

Il fatto che dopo tangentopoli la situazione sia perfino peggiore (e in qualche modo "legalizzata") non toglie nulla alla perversità degli anni del pentapartito.
La lotta che si verificò a cavallo tra gli anni '80 e '90 sulla questione televisiva, che vide De Mita opposto a Craxi, fu - per quanto riguarda l'Irpino - una pura lotta di potere.
Se poi vogliamo estendere il discorso alla natura complessiva della vecchia DC rispetto alla "modernità" craxian-berlusconiana, potremmo essere d'accordo sul disperato grido di dolore: Aridatece er puzzone!, ma questo è davvero un altro discorso.

Per il resto, mi sembra azzardato affermare che eravamo convinti che "comunque le scelte politiche venivano portate avanti": poteva valere, sia pure con un certo accorto scetticismo, per il PCI, in omaggio a quella pur contestata "diversità" di cui abbiamo spesso parlato. Ma sappiamo bene quanta poca fosse la stima verso governi e sotto-governi dagli anni '70 in poi - e non sarei nemmeno tanto benevolo per i decenni precedenti, quelli delle Mani sulla Città e diTodo Modo, per capirsi.

Mi rendo conto, tuttavia, che rispetto ai problemi e ai personaggi che incalzano nell'attualità, prendersela con la sbiadita figura di De Mita può sembrare esagerato.
Però, nel quadro di quella continuità della storia che viene invocata per attribuire alla sinistra, e ai suoi errori, l'emergere di Berlusconi, Bossi, Fini, e le disgrazie più recenti, appare doveroso dare a ciscuno la responsabilità che gli spetta, in proporzione al potere che ha avuto e al tempo che ha governato.


Il pentapartito degli anni 80-90 infatti è anche per De Mita l'inizio della fine.
Oggi nessuno farebbe un film come "Le mani sulla città" e chi lo vedesse oggi direbbe "embè?".
L'aspetto affaristico e torbido della politica se vogliamo emergeva già negli anni 50 e primissimi anni 60. Però c'era anche la politica, quella dei progetti, delle riforme, del governo e della opposizione. In una situazione di obiettiva inferiorità (rispetto all'attuale) a causa dell'impossibilità dell'alternanza.
In un 3D di qualche tempo fa ho fatto l'elenco delle riforme realizzate negli anni 60-70 e primi 80. Ma basta prendere un qualsiasi quindicennio della prima repubblica e confrontarlo con questo della seconda cosiddetta. Idem per le opere pubbliche.
Inoltre sono abbastanza poco giovane per ricordarmi come eravamo e in che paese vivevamo sul finire degli anni 50. Bisognerebbe giudicare tenendo presente la situazione di partenza e le difficoltà del sistema politico.

Io non attribuisco alla sinistra l'emergere di Berlusconi, Bossi e Fini però rivedendo su RED vecchie tribune politiche con Moro, Togliatti, Longo mi pare di capire che l'anomalia del nostro sistema fosse la posizione del PCI. E che questa anomalia ha impedito alla sinistra di governare con piena legittimazione. Per cui l'implosione della DC ha creato il vuoto dove quei singolarissimi e improbabili personaggi si sono infilati.
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Re: La questione morale secondo De Mita

Messaggioda Manuela il 16/12/2008, 10:30

Scusate, ma come si fa ad avanzare una critica al PD (che certamente ne merita tante) e alla politica attuale, avendo come punto di riferimento la politica della prima repubblica? E' evidente che de Mita, e con lui chi lo trova ragionevole, ha in mente, e per questo propugna lo scioglimento del PD, il ritorno alla prima repubblica, al proporzionale, agli aghi della biancia, alle convergenze parallele, ai governi balneari, ecc.ecc.
Non solo la politica era anche allora corrotta come giustamente fa notare qualcuno (manipulite è stato un complotto di giudici politicizzati, o il sistema politico era corrotto fino alle radici?), ma era il portato di un mondo paralizzato dalla divisione in blocchi, e di partiti ideologicizzati.
Non voglio fare adesso la storia di una sinistra che non è riuscita ad uscire dalla prima repubblica rigenerandosi, nei contenuti, nei metodi e nelle persone, ma è stata capace solo di operazioni trasformistiche - di cui il PD è l'ultimo esempio in ordine di tempo. Ma la cosa impossibile è ricreare le condizioni che dettero vita alla prima repubblica ed illudersi, nonostante il ripristino del proporzionale e la voglia di preferenze, che i partiti possano tornare quelli che erano; ci si impaluderà invece sempre di più in una deriva demagogica e populistica, sotto cui fioriscono grandi e piccoli potentati.
Occorrerebbe ripensare al ruolo dei pariti nel futuro, non nel passato, e di conseguenza, riportare nelle mani degli elettori la scelta dei loro rappresentanti e il sistema di "premi e punizioni".
Il PD è nato, originariamente, su un'ipotesi di sistema non solo bipolare, ma maggioritario; sistema nel quale aveva un senso la fusione di più partiti e la creazione di un soggetto unico del centrosinistra. E' evidente che, mettendone in discussione i presupposti, anche il PD perde di significato, e "dovrebbe sciogliersi", come auspica de Mita.
Il problema del PD è che anche al suo interno il proporzionale è molto quotato,e si è perso di vista un serio progetto (che, forse, qualcuno ha avuto in qualche momento) di riforma istituzionale ed elettorale che porti finalmente il paese fuori da un'interminabile transizione.
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