Renzi, Moscovici attacca: “Nessun Paese ha avuto la flessibilità accordata all’Italia, ora Roma riduca il debito”
Zonaeuro
Nuova puntata dello scontro tra Roma e Bruxelles. "Non si può assolutamente dire che questa commissione sia ostile al governo italiano - ha detto il commissario europeo agli Affari economici - sì, sta facendo le riforme ed è una cosa positiva. Sì, sta riducendo il deficit, può anche usare la flessibilità. Ma è necessario che anche in Italia il rapporto debito-Pil diminuisca"
di F. Q. | 20 gennaio 2016
Dopo Jean-Claude Juncker e Manfred Weber, è il turno di Pierre Moscovici. “Quale altro Paese beneficia di tutta la flessibilità prevista dal Patto di stabilità, inclusa la clausola sugli investimenti e quella sulle riforme strutturali? – è la domanda retorica posta a margine del forum mondiale di Davos dal Commissario Ue agli Affari economici – nessuno”. Non si placa, quindi, il fuoco di fila aperto da Bruxelles in direzione di Roma e di Matteo Renzi, accusato venerdì dal presidente della Commissione Europea di “vilipendere” le istituzioni comunitarie. “Dobbiamo anche prendere in considerazione” la richiesta di ulteriore flessibilità per l’accoglienza italiana ai migranti, ha puntualizzato Moscovici concludendo: “No, non si può assolutamente dire che questa commissione sia ostile all’Italia”.
Al di là dei tentativi di riportarla entro i livelli di guardia (Non c’è nessuna guerra” con l’Italia, “ora occorre abbassare la tensione e lavorare insieme con grande oggettività”, la mano tesa da Moscovici), la tensione tra Roma e Bruxelles rimane altissima. La seconda rasoiata del commissario arriva sulla questione del debito: “E’ chiaro che l’Italia debba ora muoversi per ridurre il debito – la sentenza emessa da Moscovici, in un’intervista a Bloomberg Tv a Davos – sì, il governo italiano sta facendo le riforme ed è una cosa positiva. Sì, sta riducendo il deficit, può anche usare la flessibilità. Ma è necessario che anche in Italia il rapporto debito-Pil diminuisca”, ha sottolineato Moscovici.
Dopo i richiami, i toni si fanno più distesi. “Il presidente del Consiglio italiano è un leader ambizioso e attento alle riforme concede Moscovici – e la Commissione Europea ha avuto molte occasioni per mostrare il suo apprezzamento verso quelle riforme”. Parole che somigliano a un invito a seppellire l’ascia di guerra: “Abbiamo bisogno di un rapporto positivo. Junker ha espresso i suoi pensieri perché ha ritenuto che la commissione avesse ricevuto delle critiche ingiuste. Ma capiamo la situazione (di Renzi ndr) e vogliamo discuterla”.
Le discussioni, quelle intese a ricomporre la questione, però devono ancora iniziare. I dossier sul tavolo sono molti, e tutti spinosi. A cominciare da quello sulle banche: la Commissione ha bocciato ogni progetto italiano di usare il supporto pubblico per ripulire i conti degli istituti italiani gravati da oltre 200 miliardi di sofferenze. L’Ue considera, invece, problematico il blocco dell’Italia sul finanziamento del fondo di 3 miliardi di euro a favore dei profughi siriani in Turchia: Roma chiede che i fondi per Ankara non siano inseriti nel calcolo nel deficit. Ed anche sulla flessibilità, a Bruxelles si osserva che già alla fine del 2015 è stato raggiunto l’accordo politico perché possano essere cumulate quella per gli investimenti, quella per le riforme strutturali e quella per i rifugiati. Ma sono ancora da discutere nel dettaglio le cifre.
Così lo scambio di accuse tra Roma e Bruxelles va avanti da un mese. Ad aprire il fuoco era stato Renzi il 18 dicembre, quando nel Consiglio europeo era andato allo scontro con la cancelliera Angela Merkel. “Non potete raccontarci che state donando il sangue all’Europa, cara Angela”, disse Renzi. Il ‘casus belli’ era stato il raddoppio del North Stream, il gasdotto annunciato a settembre da Gazprom che dovrebbe collegare la Germania alla Russia attraverso il Mar Baltico. Progetto che l’Italia non condivise e contro cui si sono subito schierati i Paesi dell’ex Unione sovietica, con Polonia e Slovacchia capofila, che lo vedono come un modo per bypassare l’Ucraina e temono di essere definitivamente tagliati fuori dal grande gioco del gas. Soprattutto dopo lo stop dei “gasdotti del sud”: il Turkish Stream, che doveva collegare la Russia alla Grecia, e il South Stream, che doveva attraversare il Mar Nero e i Balcani.
Bruxelles aveva lasciato trascorrere le festività e poi, venerdì scorso, Juncker, era partito con un attacco frontale al premier: “Il primo ministro italiano ha torto a vilipendere la Commissione a ogni occasione – sibilava il numero uno dell’esecutivo comunitario nella conferenza stampa di inizio anno– non vedo perché lo faccia”. Per poi circostanziare le accuse: “Sono stato molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto davanti al Parlamento che è stato lui ad aver introdotto la flessibilità, perché sono stato io, io sono stato”. “Non ci facciamo intimidire. L’Italia merita rispetto – replicava il presidente del Consiglio in un’intervista al Tg5 – la flessibilità è arrivata dall’Ue solo dopo molte insistenze da parte dell’Italia”. Poche ore prima fonti di Bruxelles avevano fatto trapelare che Roma era l’unico Paese a opporsi al piano di dare 3 miliardi di euro alla Turchia per arrestare i flussi migratori provenienti dal Medio Oriente.
Martedì nella querelle si era inserito Manfred Weber, il presidente del Partito Popolare Europeo: “Quando vediamo che l’Italia non è disposta ad aiutare la Turchia se non in cambio di una contropartita – ha detto durante la plenaria di Strasburgo – tutto ciò va a svantaggio dell’Europa, della sua forza e della sua credibilità. Renzi sta mettendo a repentaglio la credibilità europea a vantaggio del populismo”.
Renzi ha risposto sostituendo l’ambasciatore italiano presso le istituzioni Ue: al posto di Stefano Sannino a Bruxelles arriverà Carlo Calenda. Un politico di stretta ortodossia renziana al posto di un diplomatico: il vice ministro allo Sviluppo Economico – manager, molto vicino un tempo a Montezemolo, poi in Confindustria, dove ha lavorato sui principali dossier relativi al commercio e agli investimenti internazionali e negli ultimi anni spesso in viaggio con il premier o ad anticipare le missioni di Renzi nel mondo – è noto per la sua competenza sui dossier, ma anche per la sua concretezza e i suoi modi diretti che puntano ad arrivare dritto al cuore del problema. Per questo per Renzi è ‘l’interlocutore’ giusto con Bruxelles.
di F. Q. | 20 gennaio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01 ... o/2390542/
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.