"Per la prima volta nella sua storia, è diventato significativamente più piccolo. Di circa un quinto. Rispetto al momento di massima dimensione (databile, a seconda delle variabili considerate, fra il 2004 e il 2008), al 2014-15 gli immatricolati si riducono di oltre 66 mila, passando da circa 326 mila a meno di 260 (-20%); i docenti da poco meno di 63 mila a meno di 52 mila (-17%); il personale tecnico amministrativo da 72 mila a 59 mila (-18%); i corsi di studio
scendono da 5634 a 4628 (-18%). Il fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO) diminuisce, in termini reali, del 22,5%. L’ Italia ha dunque compiuto, nel giro di pochi anni, un disinvestimento molto forte nella sua università. Si tratta di una trasformazione opposta a quelle in corso in tutti paesi avanzati (e ancor più negli emergenti) che continuano invece ad accrescere la propria formazione superiore: basti ricordare che mentre il finanziamento pubblico dell’università in Italia si contraeva del 22%, in Germania cresceva del 23%; anche i paesi mediterranei più colpiti dalla crisi hanno ridotto molto meno il proprio investimento sull’istruzione superiore. Non è certo solo effetto della crisi: in Italia, la riduzione della spesa e del personale universitario è stata molto maggiore che negli altri comparti dell’intervento pubblico: fra il 2008 e il 2013 i docenti universitari si riducono del 15% circa, il totale del pubblico impiego di meno del 4%.
La decrescita avviene per di più a partire da dimensioni notevolmente inferiori. [...] L’Europa si è data l’obiettivo, al 2020, di avere il 40% di giovani laureati. L’Italia è nel 2014, al 23,9%: questo la colloca all’ultimo posto fra i 28 stati membri; contemporaneamente l’Italia si è data un obiettivo al 2020 – che è dubbio raggiungerà – pari al 26-27%, che continuerebbe a collocarla all’ultimo posto: alla luce delle dinamiche in corso potrebbe essere superata anche dalla Turchia. La regione con la percentuale maggiore di laureati (30-34 anni), il Lazio (31,6%), si colloca su livelli pari al Portogallo. Quattro regioni italiane, tutte del Mezzogiorno, sono fra le ultime dieci nella graduatorie delle 272 europee; la Sardegna (17,4%) è penultima: la sua percentuale di giovani laureati è superiore solo alla regione bulgara dello Severozàpad, ed è poco più di un terzo rispetto alla Svezia.".
Dal rapporto RES in corso di pubblicazione presso Donzelli, "Nuovi divari. Un'indagine sull'Università al Sud e al Nord"
http://www.resricerche.it/