Il problema

Mi sembra opportuno fare il punto, non solo del nostro dibattito sparso in questi forum, ma di quello che si agita in questi anni recenti, a sinistra.
Fare il "mio" punto, ovviamente.
Primo.
Il problema non sono le elezioni, né la prospettiva che Berlusconi e la destra governino per trent'anni - sempre che non succeda qualcosa di traumatico, ossia una svolta radicale in direzione autoritaria, che non escluderei affatto, ma questo è un altro discorso.
L'elettorato italiano ha una quota molto elevata di gente che non ha alcuna idea politica, nemmeno imprecisa.
Di gente alla quale non solo non frega niente delle eventuali "ideologie", ma non frega niente nemmeno dei propri interessi, che per altro non riesce a capire bene quali siano in relazione alla politica - cosa piuttosto difficile per chiunque, dobbiamo dire onestamente.
E' questo un fenomeno di "democrazia ignorante" comune a tutte le democrazie moderne, ma limitiamoci all'Italia.
Quindi, fatti salvi gli "zoccoli duri", sono possibili tutte le trasmigrazioni elettorali: certamente, la destra è favorita dalle sue stesse caratteristiche genetiche e fondanti, in relazione alla nostra storia, ma ugualmente le suggestioni, la noia, il qualunquismo stesso rendono l'elettorato imprevedibile, o meglio, prevedibile nella sua probabile oscillazione pendolare.
Quindi, dopo una o due legislature questa parte - chiamiamola "sinistra" - tornerà al governo.
Questa mia convinzione spiega perché presto poca attenzione ai pronostici catastrofici, che per esempio nutre Ranvit, in rappresentanza di molti altri.
Secondo. Il vero problema.
Quello che invece presenta un gagliardissimo punto interrogativo è: al governo per fare che cosa?
Questa domanda è ciò che genera tanti dubbi e tante polemiche, che si manifestano spesso in forme sbieche, che prendono di mira la storia recente o passata, la gradazione di massimalismo o moderatismo, le puzze sotto al naso o dietro la nuca, etc.
Personalmente, è proprio questo il problema che mi preoccupa, che non proietto soltanto sulle capacità "propositive" in senso programmatico, ma vedo equamente diviso tra identità e programmi - a dir la verità, non proprio equamente, visto che i programmi discendono dall'identità e dunque hanno un ruolo subordinato.
Purtroppo, invece, mi sembra che sia esattamente questa la parte che manca, o che ha un peso marginale, nel dibattito di questi anni: quale tipo di società, quali priorità, quali riforme per ottenere che cosa, etc.
Terzo. Il modo di comunicare identità e programmi.
Questo punto si ricolelga al primo, e lo lascio in sospeso, dato che l'obiettivo era quello di mettere in evidenza il secondo punto, ossia il problema che vedo come centrale.
Fare il "mio" punto, ovviamente.
Primo.
Il problema non sono le elezioni, né la prospettiva che Berlusconi e la destra governino per trent'anni - sempre che non succeda qualcosa di traumatico, ossia una svolta radicale in direzione autoritaria, che non escluderei affatto, ma questo è un altro discorso.
L'elettorato italiano ha una quota molto elevata di gente che non ha alcuna idea politica, nemmeno imprecisa.
Di gente alla quale non solo non frega niente delle eventuali "ideologie", ma non frega niente nemmeno dei propri interessi, che per altro non riesce a capire bene quali siano in relazione alla politica - cosa piuttosto difficile per chiunque, dobbiamo dire onestamente.
E' questo un fenomeno di "democrazia ignorante" comune a tutte le democrazie moderne, ma limitiamoci all'Italia.
Quindi, fatti salvi gli "zoccoli duri", sono possibili tutte le trasmigrazioni elettorali: certamente, la destra è favorita dalle sue stesse caratteristiche genetiche e fondanti, in relazione alla nostra storia, ma ugualmente le suggestioni, la noia, il qualunquismo stesso rendono l'elettorato imprevedibile, o meglio, prevedibile nella sua probabile oscillazione pendolare.
Quindi, dopo una o due legislature questa parte - chiamiamola "sinistra" - tornerà al governo.
Questa mia convinzione spiega perché presto poca attenzione ai pronostici catastrofici, che per esempio nutre Ranvit, in rappresentanza di molti altri.
Secondo. Il vero problema.
Quello che invece presenta un gagliardissimo punto interrogativo è: al governo per fare che cosa?
Questa domanda è ciò che genera tanti dubbi e tante polemiche, che si manifestano spesso in forme sbieche, che prendono di mira la storia recente o passata, la gradazione di massimalismo o moderatismo, le puzze sotto al naso o dietro la nuca, etc.
Personalmente, è proprio questo il problema che mi preoccupa, che non proietto soltanto sulle capacità "propositive" in senso programmatico, ma vedo equamente diviso tra identità e programmi - a dir la verità, non proprio equamente, visto che i programmi discendono dall'identità e dunque hanno un ruolo subordinato.
Purtroppo, invece, mi sembra che sia esattamente questa la parte che manca, o che ha un peso marginale, nel dibattito di questi anni: quale tipo di società, quali priorità, quali riforme per ottenere che cosa, etc.
Terzo. Il modo di comunicare identità e programmi.
Questo punto si ricolelga al primo, e lo lascio in sospeso, dato che l'obiettivo era quello di mettere in evidenza il secondo punto, ossia il problema che vedo come centrale.