Una vigilessa che era stata licenziata perché aveva rubato una borsetta in discoteca, ed era stata identificata grazie alle telecamere di sorveglianza, ha ricevuto un indennizzo da parte del tribunale perché il licenziamento era "illegittimo". Il fatto è accaduto a Genova e il furto risale alla notte tra il 5 e il 6 gennaio 2013.
I suoi superiori, che non erano intervenuti fino a quando la notizia non era apparsa sui giornali, l'avevano prima sospesa e solo dopo licenziata. Ma il ricorso della donna è stato parzialmente accolto, visto che il giudice non ha ordinato la riassunzione ma ha optato per un indennizzo di 18 mensilità. Come scrive Il Secolo XIX, il magistrato ha preso questa decisione in seguito alla spiegazione della vigilessa, che ha dichiarato di avere agito perché in quel periodo aveva "grossi problemi psicologici". Erano stati i vigilantes della discoteca a smascherare la donna, che si era andata a nascondere in bagno con la refurtiva. Dunque adesso si scopre che un licenziamento, anche se impartito a causa di un furto, può non essere legittimo.
A mio avviso questa è la classica deformazione italica.
Se il datore ritiene che è venuto meno un rapporto di fiducia (e che dire di un vigile che ruba!) la sua decisione di licenziare dovrebbe essere inappellabile. Non c'è giudice che possa ripristinare un rapporto di fiducia. A questo punto l'art 18 diventa principalmente lo strumento a tutela di furbi, approfittatori ed anche ladri, i quali ricevono un indennizzo ed eventualmente il reintegro (anche se non in questo caso).