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Renzi, Camusso ... e Thatacher

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda franz il 20/09/2014, 15:52

ARTICOLO 18, IL DIRITTO DI ESSERE UN PARASSITA.
LA CAMUSSO E LE PRETESE DI UN'IDEOLOGIA FALLITA

Non amiamo confrontarci con la cronaca, ma le deliranti frasi di Susanna Camusso sul Presidente del Consiglio e le eccessive influenze che il pensiero di Margaret Thatacher avrebbe su di lui ci obbligano a intervenire.
Se la Camusso avesse il dono dell'intelletto e un livello culturale appena superiore a quello di un primate elementare avrebbe ragionato sulle differenze che vi sono tra il Regno Unito e l'Italia in termini economici, culturali e sociali, e questo dovrebbe condurla spontaneamente ad un dignitoso silenzio. Ma al di la di queste miserie sindacali la vera domada da porsi è questa, "cos'è questo articolo 18 che quelli come la Camusso si ostinano a difendere comese si trattasse di un comendamento divino e come si declina nella pratica in questo paese? "
Per rispondere pubblichiamo una lettera suggerita dall'amico Alessandro Francesco Giudice che crediamo sia illuminante.
Buona lettura.

"Dal 1970 lavoro come tecnica-modellista e responsabile della qualità in un'azienda di confezioni a conduzione familiare che occupa circa 50 dipendenti, ditta presso la quale inizialmente ero dipendente; poi ne sono diventata socia avendone acquisito una piccola quota di partecipazione. Nel 1990 la ditta assunse un'operaia cucitrice che, dopo circa 6 mesi di regolare lavoro, si rese assente dal lavoro con regolare certificazione medica per 13 mesi consecutivi: motivo della malattia, un forte esaurimento nervoso causato dalla morte della madre, avvenuta 5 anni prima.
Allo scadere del periodo di comporto, la dipendente, non avendo più diritto a restare assente senza perdere il posto, si presentò al lavoro e subito ebbe una discussione con me in quanto non trovò nello spogliatoio la propria divisa lasciata lì 13 mesi prima, giungendo a minacciare di rovinare dei capi in lavorazione.
Passata una settimana, la stessa dipendente incominciò a insultare l'amministratore accusandolo di essere un ladro in quanto non le aveva retribuito alcuni giorni di malattia (che le erano stati trattenuti in quando, durante il periodo di malattia, era risultata assente dalla sua abitazione a un controllo dell'Inps).
Durante questa discussione la dipendente finse di cadere a terra come se fosse stata spinta e addirittura picchiata dal datore di lavoro, aggressione smentita da tutte le altre dipendenti presenti alla scena.
Da qui ha inizio l'odissea della nostra azienda.
Su consiglio dell'Unione industriali di Bergamo l'operaia viene licenziata per insubordinazione; la stessa impugna il licenziamento e avvia la causa, a seguito della quale, dopo un anno, il giudice del lavoro di Treviglio dà ragione all'azienda.
In appello, anche il Tribunale di Bergamo conferma la legittimità del licenziamento. La dipendente allora propone ricorso alla Cassazione, la quale rimanda il fascicolo al tribunale di Brescia per appurare alcuni punti. Il tutto si risolve nuovamente con una sentenza favorevole all'azienda.
A questo punto, la dipendente propone un secondo ricorso alla Cassazione, la quale nuovamente rimette la causa al giudice di appello. Si arriva così alla data maledetta del 6 marzo 2003, quando il Tribunale condanna l'azienda al reintegro della dipendente e alla corresponsione di tutte le mensilità dalla data del licenziamento (anno 1992) sino alla data del reintegro (2003), con interessi e rivalutazione monetaria, contributi previdenziali e relative sanzioni per l'omissione nell'arco di undici anni, oltre a tutte le spese processuali per i sei gradi di giudizio.
Oltre a ciò - non dimenticando che abbiamo comunque sostenuto enormi spese per l'assistenza prestata dal nostro legale - poco dopo la sentenza, la dipendente ha comunicato che rinunciava al posto di lavoro, ottenendo così, sempre a norma dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, il pagamento di ulteriori quindici mensilità di retribuzione.
E adesso, come fare a pagare un debito così grosso, per una ditta che lavora nel settore tessile, noto per avere margini di guadagno bassissimi? Si sono prospettate due soluzioni: portare i libri in Tribunale e chiudere la ditta, lasciando senza lavoro cinquanta persone, oppure ipotecare i beni personali dei soci (nel mio caso, un appartamento a uso di prima casa acquistato dopo venticinque anni di lavoro con mutuo, lo stesso per quanto riguarda l'amministratore). Tra le due ipotesi abbiamo scelto la seconda, perché siamo persone corrette, che amano il proprio lavoro e la realtà che sono riuscite a costruire in oltre trent'anni di attività; e che altrimenti si sentirebbero in colpa verso gli altri dipendenti dell'azienda, i quali hanno anch'essi dei figli da mantenere e il mutuo da pagare. Così mi ritrovo, a 58 anni, a ipotecare il mio appartamento di nuovo per altri 15 anni, per poter pagare 11 anni di retribuzioni e contributi a una persona, che per questo periodo dice di non aver mai lavorato (ma siamo in una zona con tasso di disoccupazione praticamente inesistente)...Io ho sempre avuto fiducia nella giustizia, ma adesso non più. Mi scuso per lo sfogo".

Antonia Lavelli
(Lettera pubblicata dalla "Rivista italiana di diritto del lavoro", III, 2003, pag. 185 )
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda pianogrande il 20/09/2014, 17:52

Ma c'è bisogno di tutti quegli insulti per discutere dell'articolo 18?
Giusta causa nei licenziamenti per un certo tipo di aziende.
Tutto qua.

La vera discussione sarebbe, semmai, non contro i lavoratori parassiti e mangiapane a tradimento o i sindacalisti quadrumani e decerebrati ma su quale livello di tutele (uguali per tutti) possiamo attestarci senza che ci siano più lavoratori (o, all'inverso, aziende) di serie A o di serie B.

Questo credo abbia in testa Margaret Renzi e questo dovrebbero avere in testa i sindacati che dovrebbero essere chiamati a una trattativa che abbia come risultato un livellamento non esclusivamente verso il basso (fine dei privilegi, divisione vecchi giovani, divisione aziende grandi e piccole, divisione tra diritto a mobilità o cassa integrazione etc.).

In questa trattativa peserebbe mica poco il rebus della rappresentatività dei sindacati che sta diventando un problema non solo per loro.

E quest'ultimo è già un argomento che anche il nostro Margaret, prima o poi, dovrà affrontare (e non lo invidio).
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda Robyn il 20/09/2014, 18:08

Non si possono utilizzare casi singoli per fare di tutta l'erba un fascio
Poi non si capisce bene sù cosa litigano Susanna Camusso e M Renzi,perche il contratto a tutele crescenti non è una cosa nuova,dopo tre anni scatterebbe l'art 18.La cosa invece dovrebbe essere che dopo due anni fatti con una conseguenzialità di contratti a termine della durata minima di quattro mesi scatta l'art 18 dove per discriminazioni maternità e assenza di causa c'è la reintegrazione mentre per gmo e disciplinari solo l'indennizzo.Se per gmo e disciplinari c'è solo l'indennizzo si equiparano i lavoratori delle piccole,delle medie e grandi aziende perche è la tutela obbligatoria attualmente applicata sotto i quindici dipendenti che si estende anche a chi supera questa soglia non c'è più quella reale.La parità tra piccole e grandi aziende già esiste per le discriminazioni,anche nelle piccole per le discriminazioni c'è la reintegrazione.Poi non si capisce le protezioni crescenti,crescenti che cosa verso che cosa se nel corso della vita si cambia più volte lavoro?Quel verso piace poco
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda franz il 20/09/2014, 18:28

MAGGIE, SCUSALI
La polemica tra Renzi e la Camusso sarebbe quasi una buona notizia, se non fosse che i due si sono permessi di scomodare lo spirito della Thatcher. Una che ha spazzato via sindacati trotzkisti e rendite parassitarie, e reso ricco il Regno Unito. Cose che voi umani...
di Marco Bassani

Renzi vs Camusso Devo confessare francamente l’unica cosa che del Matteo nazionale non mi dispiace (si badi bene, la sola ed irripetibile): l’ex giovane democristiano di Rignano se ne strasbatte dei sindacati e in particolare della signora Camusso. Attento ad ogni sospiro che si leva nel suo partito, ben conscio del fatto che, avendo Alfano nel taschino, il rapporto con Berlusconi risulta cruciale per la sua vita politica, Renzi ha deciso di liberarsi dall’unica cambiale che non ha proprio mai firmato: quella con i sindacati. Per arrivare dove è, in effetti, ha dovuto accettare tali e tanti compromessi che se vi fosse in soprammercato anche l’ipoteca sindacalista, l’immobilismo brezneviano, che già quasi impallidisce al confronto di quello suo governo, sarebbe definitivamente superato. Renzi non combinerà un bel nulla, quando la sua parabola si concluderà gli italiani saranno solo molto più poveri, enormemente più tartassati e sommamente infelici, ma la presa dei sindacati sulla società nel suo complesso sarà forse ridimensionata. Magra consolazione, certo, ma un gruppuscolo potente di facinorosi distruttori di ricchezza potrebbe al fine cadere nel più assurdo dei ricordi.

La polemica di ieri fra il premier e la Camusso, una persona che incarna con determinazione e fierezza tutto il grigiore di un mondo che fu e che trasparentemente mostra in ogni suo gesto o parola la propria incomprensione delle dinamiche del lavoro, sarebbe quasi un episodio edificante. Dico sarebbe, se i duellanti non avessero immediatamente deciso di evocare il sacro spirito di Maggie, una donna che definii “una statalista non pericolosa”, ma che, di fronte a questi personaggi da due soldi sarei tentato di rivalutare del tutto. Susanna Camusso ha affermato che le riforme (ma quali?) del premier hanno come modello la Thatcher. Al che Renzi ha risposto che difenderà “i diritti di chi non ha diritti in modo concreto e serio”, noncurante delle ideologie. Ma, ha tenuto a precisare, “non vogliamo il mercato del lavoro di Margareth Thatcher”. Insomma, la barzelletta di Renzi come Thatcher viene raccontata diuturnamente, solo che ha smesso di far ridere. Renzi, mi si perdoni la volgarità, non ha le palle della Thatcher, la quale ha preso in mano un partito in declino, lo ha portato alla guida di un Paese in declino e ha cambiato il corso della storia. Come minimo ha garantito alla sua generazione e a quella successiva un piccolo e salutare bagno in un mercato relativamente libero. Quel buon 20% di PIL pro-capite in più che ha il Regno Unito rispetto all’Italia, per tacere del ben più sostanzioso differenziale in termini di libertà economica e politica, sono anche opera della infaticabile Iron Lady.

I sindacati italiani di oggi non sono diversi da quelli trotzkisti combattuti e spazzati via da Maggie in una battaglia che ha segnato il punto più importante della modernizzazione inglese: quella contro le rendite parassitarie garantite da un gruppo di potere a scapito di tutti. Nessuno è in grado in Italia di iniziare una lotta senza quartiere contro le sacche di parassitismo esistenti perché queste si nutrono di potentissime ideologie propagate non solo dai sindacati e che non di rado fan breccia nel cuore della popolazione. Valga l’esempio dell’articolo 18 – quello che di fatto rende il datore di lavoro impossibilitato a liberarsi di un suo dipendente – che per la Camusso rappresenta “la libertà dei lavoratori”. Anche i fascisti cantavano “nel fascismo è la salvezza della nostra libertà”, ma libertà è una parola seria che non può essere usata per mascherare finalità che nulla hanno a che vedere con l’emancipazione umana. La libertà o è di tutti e due i soggetti di un contratto o semplicemente non è.

La giurisprudenza, mi ricorda un amico, Enrico Babini, non considera giusta causa di licenziamento praticamente nulla. Dall’assenteista a chi gioca col pc invece di lavorare, dal ladro che ruba negli armadietti dei colleghi fino alla nurse che rapisce i bambini a scopo di estorsione (non scherzo), la giusta causa semplicemente non esiste. Un mio amico ha dovuto dare centomila euro ad un cameriere del suo albergo purché firmasse la lettera di licenziamento: era stato riconosciuto colpevole di furto nelle stanze dei clienti dell’albergo da un magistrato della repubblica, ma un giudice del lavoro lo aveva comunque reintegrato. Parafrasando Gianfranco Miglio e la sua nota definizione del diritto di secessione, la libertà nel campo del lavoro è quella di “lavorare per chi si vuole e per chi ci vuole”. Come è totalmente assurdo e da schiavi anche solo immaginare una persona obbligata, seppur dietro giusto compenso, a lavorare per chiunque, allo stesso modo è folle credere che non sia vero il contrario. La questione è molto più importante e profonda di quella solitamente sottesa all’argomentazione fondata sull’elasticità, ossia l’ovvia osservazione che in una società nella quale non si può licenziare ben difficilmente si assume.

La libertà del lavoro passa attraverso la fine di una tutela, pelosa e di Stato, della presunta “parte debole del contratto”. In un contratto non esistono contraenti deboli, ma solo parti e la legge deve limitarsi a stabilire che non sia stato violato in alcun modo il diritto di disporre liberamente e interamente del proprio corpo e dei propri beni. Insomma, la libertà o è di tutti o non è. Inutile segnalare come siamo messi in questo bizzarro Paese nel campo della libertà: puro non essere.

http://www.lintraprendente.it/2014/09/maggie-scusali/
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda Robyn il 20/09/2014, 18:42

Il sindacato è sempre importante non me la prenderei con il sindacato ma penserei a come modernizzare il sindacato.Il sindacato deve pensare soprattutto a chi il lavoro non c'è l'ha a chi è precario al reddito minimo garantito alla legge contro le vessazioni a tante altre forme di modernizzazione nella legislazione del lavoro
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda pianogrande il 20/09/2014, 19:00

Articoli di parte (un po' troppo).

Direi, sommessamente, che i lavoratori dovrebbero scegliersi loro (liberi di farlo) i propri rappresentanti.

E' questo che manca nel nostro paese.

Sopratutto il liberi di farlo.

Se ci fosse questa libertà, garantita dall'obbligatorietà (ed è solo apparentemente un paradosso) le associazioni sindacali potrebbero funzionare come quelle imprenditoriali la cui legittimità (strano e vero) è molto meno attaccata sia dai politici che dai giornalisti.

Le associazioni di categoria, di per sé, è normalissimo che esistano mentre iscriversi a un sindacato dei lavoratori dipendenti è sempre di più un atto di coraggio da parte di un lavoratore e sempre di più mano a mano che le tutele diminuiscono.

Questa problematica (quasi una dicotomia) tra avere un rappresentante e avere un lavoro non è un problema che possa essere rimandato ancora per molto.
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda Robyn il 20/09/2014, 21:08

Secondo me nel PD esistono ancora due riformismi che fanno fatica ad unirsi.La parte destra che segue l'allungamento del periodo di prova la parte sinistra che non vuole toccare l'art 18 allora ecco che nasce il contratto a protezioni crescenti.La sintesi è due anni con contratti a termine e fine della reintegrazione per gmo e disciplinari.Poi bisogna sentire in un partito di csx no al reddito minimo garantito alla legge contro le vessazioni,quando invece non si può prendere solo quello che piace.Dopo M Renzi non ci sarà nè un nuovo M Renzi nè un nuovo Bersani bisogna dare spazio all'area lib che è una piccola area degli ex DS.Per quando riguarda i lavoratori quando c'è crisi disoccupazione sono deboli.La flessibilità richiede soprattutto tanto lavoro che questa classe dirigente a parole dice di voler creare ma che intimamente è contraria,tanto lavoro di modo che il passaggio da un lavoro all'altro avviene nel più breve tempo possibile di modo che il lavoratore possa scegliersi il datore di lavoro e il sindacato a cui iscriversi.Non può esistere flessibilità senza lavoro
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda franz il 21/09/2014, 9:39

Certo che sono articoli di parte.
L'attacco di Camusso a Renzi è stato troppo forte e quindi è ovvio che le reazioni sono state fortemente partigiane,
Anche Renzi è stato chiaro (immagiono abbiate visto il suo videomessaggio).
Già ieri Camusso sembrava piu' ammorbidita, ed anche isolata rispetto agli altri sindacati.
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda gabriele il 21/09/2014, 10:06

Se qualcuno gentilmente mi spiegasse l'idea che ha il renzismo del Paese...gliene sarei profondamente grato.

Da quello che percepisco, come per altri temi, anche per l'articolo 18 si naviga a vista. Si mette mano ad un diritto (di alcuni) perché ce lo chiede l'Europa.
Purtroppo l'articolo 18 rappresenta ancora uno di quei paletti fondamentali di stato sociale che danno un minimo di sicurezza alle famiglie italiane.
Dico "purtroppo" perché in un paese moderno non dovrebbe nemmeno esistere. In un paese moderno l'impegno del governo dovrebbe essere quello di mettere le aziende nelle condizione di creare posti di lavoro e non di impedire che queste licenzino. Il licenziamento è fisiologico in un paese che adotta il libero mercato e il lavoratore non dovrebbe preoccuparsi di perderlo ma semmai di trovarne subito un altro.
Allora lo stato sociale a cosa deve puntare se non alla difesa del reddito?
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.
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Re: Renzi, Camusso ... e Thatacher

Messaggioda mauri il 21/09/2014, 10:20

credo sia stata solamente una provocazione per riportare sui media e sul tavolo della trattativa il problema lavoro e la sua riforma, il governo si deve dare una mossa ed ascoltare tutte le proposte ovunque vengano e tenerne conto
dobbiamo ringraziare i sindacati e la cgil in particolare se i lavoratori hanno condizioni migliori, vanno aumentati gli sforzi per il sussidio e una rendita minima di sopravvivenza per uscire dalla povertà, condizione inaccettabile per un paese sviluppato
l'articolo 18 deve esistere fino a quando il mondo del lavoro non sarà più subordinato ai familiarismi ma sul merito, la flessibilità, la formazione come avviene nei paesi del nord europa
ciao mauri

ps
queste cose sono inammissibili, chi commette questi errori deve essere licenziato e non pagato
http://www.repubblica.it/economia/2014/ ... ref=HREA-1
mauri
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