La storia come malattia - ucci ucci sento odor di popperinucci.
C'è una differenza, tra il corpo sociale e quello fisico individuale, che è appunto "curato" dalla scienza medica (quando ci riesce).
La cosiddetta "salute", sia pure con tutto il relativismo individuale del caso, è determinabile in gran parte per tabulas, ossia per parametri abbastanza misurabili e definiti: ne so qualcosa, personalemnte, da quando ho subito l'asportazione della tiroide, e da quel momento ho cominciato una continua analisi dei valori tiroidei indotti dai farmaci, allo scopo di mantenere un supposto equilibrio ottimale.
E' vero che ho un amichevole contenzioso aperto col mio amico endocrinologo, perché ritengo di essere stato abituato per decenni a valori meno ottimali, ma che con un leggero ipertiroidismo mi davano una reattività che mi piaceva di più.
Però, tutto sommato, me la cavo, e spero di vivere abbastanza a lungo da crearmi un'abitudine consolidata anche a quelli ottimali.
Sulla "salute" della società il discorso è infinitamente tumultuoso e incerto.
Tutti coloro che hanno creduto di individuare uno stato ottimale - qualche volta solo a livello teorico, altre volte in via pratica - sono caduti in un burrone più o meno profondo e pieno di rovi.
Nel mio post precedente ho già accennato all'eugenetica nazista e alla "rieducazione" maoista, e credo sia sufficiente per chiarire il concetto.
Un filosofo spagnolo, per altro, ha ipotizzato un mondo liberato dai Vizi Capitali, che risulterebbe assolutamente invivibile.
Per altri versi, non è difficile constatare che la pura e assoluta razionalità porta a conseguenze tanto sorprendenti, quanto contraddittorie con le eventuali, anzi probabili buone intenzioni iniziali: tanto per dirne una, un mio personale dilemma razionalistico mi segue da gran tempo, e mi porta a concludere sistematicamente che non è affatto la democrazia, né la libertà individuale, a creare un sistema efficiente. Molto meglio una rigida organizzazione di tipo nazi-soviet-spartano.
Certo, bisogna decidere che cosa s'intende con "efficienza", e più in generale che cosa si vuole ottenere dall'organizzazione sociale.
La storia occidentale (Popper permettendo), in relazione ad altre civiltà e altri grandi imperi, è uno spot eccellente a favore del caos, della diversità: un vero e proprio elogio della follia.
Direi che la scienza stessa nasce dal caos, e che ha il suo più alto significato nella negazione dell'ordine e del concetto stesso di "norma", sia pure intesa come "dogma provvisorio": non è un caso che il pensiero scientifico nasca in Grecia, ossia nella nazione più frammentata e caotica storicamente conosciuta, fatta di piccole città-stato in perenne lotta reciproca.
Tutto questo non significa disprezzare o minimizzare l'importanza della scienza, o di una buona dose di cultura, di mentalità scientifica, o di un'applicazione delle conoscenze scientifiche ai problemi della nostra vita.
Il fatto è che si è creata, nel tempo, una specie di discrasia, se non proprio di contrapposizione, tra scienza e filosofia, quando in realtà non può esistere una scienza senza filosofia. La scienza stessa "è" filosofia.
Un fisico, un biologo, un matematico non credo che sia un governante migliore di un avvocato o di un laureato in scienze politiche, e nemmeno peggiore.
Può portare dentro la politica qualche conoscenza in più, di tipo pratico, e un modo di affrontare i problemi più ordinato, questo sì: soprattutto se la cultura giuridica e quella "umanistica" sono, nel raffronto, di scarsa qualità, ossia accademiche, approssimative e trombonesche.