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Zelig

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Zelig

Messaggioda pierodm il 13/11/2008, 16:22

Una quindicina d'anni fa, quando avevo la responsabilità d'una rivista socio-politica, proposi ad uno sudioso di psicoanalisi di fare un excursus storico, a puntate, esaminando in chiave "psichica" i vari sistemi sociali che si erano succeduti in Europa, dallo Stato romano, agl'imperi medievali fino alle grandi monrachie moderne e infine alle democrazie contemporanee.
Non se ne fece niente, ma l'idea era, nelle mie intenzioni, provocatoria, dato che l'autore da me individuato era un tipo capace di paradossi e di divagazioni sorprendenti.

Al di là della provocazione, però, io credo che qualunque insieme umano e sociale può essere visto come "organismo": ovviamente il livello di complessità è molto vario, e ogni organismo (anche quelli più canonicamente biologici) dev'essere considerato come molto di più che una semplice somma degli elementi che lo compongono - parlavo qualche tempo fa delle teorie olistiche, che proprio nell'ambientalismo, nell'ecologia e nella biologia si stanno affermando da diversi decenni in qua.
Parallelamente a questo, c'è poi un problema che investe la medicina, ossia lo strumento che serve ad intervenire negli organismi: medicina invasiva, chirurgica, naturale, coercitiva, umanitaria, ... di medicine se ne sono succedute tante, dai tempi dei barbieri-dentisti e delle sanguisughe.

Se però la definizione di "organismo" deve servire per legittimare l'applicazione meccanica della logica chirurgica, o del determinismo chimico-invasivo, allora ritiro tutto, nego tutto: senza fare tutti questi giri, gl'interventi (come le bombe) "chirurgici" li abbiamo già conosciuti, così come la cura delle società "malate" di un eccesso di libertà, la preservazione della "purezza", l'eliminazione delle "devianze" ...
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Re: Zelig

Messaggioda franz il 14/11/2008, 9:39

pierodm ha scritto:Al di là della provocazione, però, io credo che qualunque insieme umano e sociale può essere visto come "organismo": ovviamente il livello di complessità è molto vario, e ogni organismo (anche quelli più canonicamente biologici) dev'essere considerato come molto di più che una semplice somma degli elementi che lo compongono - parlavo qualche tempo fa delle teorie olistiche, che proprio nell'ambientalismo, nell'ecologia e nella biologia si stanno affermando da diversi decenni in qua.
Parallelamente a questo, c'è poi un problema che investe la medicina, ossia lo strumento che serve ad intervenire negli organismi: medicina invasiva, chirurgica, naturale, coercitiva, umanitaria, ... di medicine se ne sono succedute tante, dai tempi dei barbieri-dentisti e delle sanguisughe.

Se però la definizione di "organismo" deve servire per legittimare l'applicazione meccanica della logica chirurgica, o del determinismo chimico-invasivo, allora ritiro tutto, nego tutto: senza fare tutti questi giri, gl'interventi (come le bombe) "chirurgici" li abbiamo già conosciuti, così come la cura delle società "malate" di un eccesso di libertà, la preservazione della "purezza", l'eliminazione delle "devianze" ...

Io piu' che "organismo" preferisco parlare di "sistema".
L'analogia tra corpo umano e società ricorre spesso nelle nostre discussioni e nella nostra cultura e come tutte le allegorie va presa per buona fino ad un certo punto, poi va abbandonata. Va tenuta fin tanto che ci aiuta a capire. Non oltre. Un sistema lo possiamo definire l'insieme di piu' parti che concorrono ad un obiettivo comune.
Una macchina (sia la nostra sia una F1) è un sistema; il nostro corpo lo è; la società è un sistema.
Megio sarebbe abbadonare il verbo essere ed invece di dire che la società è un sistema dire che noi possiamo concepire, immaginare la soceità come se fosse un sistema. la società (come il corpo umano) è tante altre cose, olte ad un sistema ma questo tipo di approccio ci puo' facilitare nel capire come intervenire per migliorarlo.

Per quanto riguarda il nostro corpo, ci limitiamo a ripararlo quando funziona male o quando viene dannegiato.
L'idea di migliorarlo intervenendo sul progetto di base (per esempio genetico) viene solitamente associato ad idee criminali di stampo nazistico ed eugenetico. Ma l'allegoria si ferma qui.
Perché invece i prodotti del nostro fare (la macchina) e del nostro stare insieme (la società) non solo sono riparabili quando danneggiati ma sono anche migliorabili. Le macchine di oggi sono di base (motore a scoppio) simili a quelle di vari decenni fa ma sono state migliorate su tanti fronti. Principalmente sicurezza, consumi, comfort. La società è migliorata e nessuno pensa che l'invenzione e l'introduzione del welfare state, avvenuta circa un secolo fa sia paragonabile ad un immorale intervento teso a modificare cio' che la Natura (o la Storia, o Dio) ci avevevano affidato. Questo almeno è stato un caso di successo (forse dovuto al caso) e ci sono tanti altri interventi che sono invece stati piu' dannosi che altro.

Che quindi si pensi ad interventi tesi ad inserire elementi in grado di modificare un sistema, verso una certa direzione, mi sembra del tutto lecito e legittimo. Soprattutto se siamo insiddisfatti della situazione che abbiamo.
Ovviamente è possibile farlo solo se il sistema lo conosciamo. Gli ingegneri di F1 ogni 15 giorni introducono cambiamenti nel progetto, per adattare la macchina al circuito. Conoscono il progetto, conoscono il pilota e conoscono il circuito. Non potranno conoscere le condizioni di gara (asciutto o bagnato, caldo o meno caldo) ma possono fare ipotesi, previsioni scommesse. Possono puntare su soluzioni di compromesso, o puntare su una scelta secca. Ma di base conoscono bene l'oggetto che manipolano, avendolo costruito ed hanno una buona ide adi come reagità a certe sollecitazioni.

Con la società le cose sono simili ma solo fino ad un certo punto. In fondo la società umana l'abbiamo costruita noi, ma non dal punto di vista ignegneristico. Non siamo consapevoli del progetto. È venuta cosi', e solo da un paio di secoli abbiamo iniziato a capire i perché del nostro percorso storico-sociale. Iniziamo ora ad avere metodi e strumenti di indagine per capire il sistema sociale, le sue sottostrutture, le interelazioni. Iniziamo ad uscire da visioni sommarie e stereotipate di alcuni elementi sociali e a sostituire l'immagine ideologica (che andava bene in mancanza d'altro) con un modello piu' oggettivo. Non possiamo fare grandi cambiamenti ma possiamo già iniziare a fare piccole modifiche, pur consapevoli che ogni azione avrà anche effetti indesiderati. Rimane il fatto che non potendo conoscere il futuro, non sapremo come il sistema attuale (cosi' come è o per come stiamo tentando di modificarlo) impatterà con la diversa realtà del domani.
Inoltre diversamente da una F1, la società cambia da sola, anche se non lo vogliamo. Ce ne rendiamo conto solo a posteriori.

Sul piano politico, una cosa che reputo importante ed ormai acquisita è che le regole influenzano il comportamento dei "regolati". La teoria dei giochi (tra le varie) qui ci aiuta a capire che regole fare per ottenere un determinato esito.
Si tratta di studi della seconda metà del secolo scorso, che sono arrivati alla notorietà solo negli anni '90.
Si tratta dell'ambito giusto perché la politica ha come strumento principale quello di emanare leggi finalizzate a regolare alcuni aspetti della società. Leggi che in passato sonos tate scritte senza pensare a tutte le coseguenze sul piano comportamentale.
Diciamo che se chi in Italia ha scritto la legge sull'equo canone avesse conosciuto quella teoria (non poteva, ma immaginiamolo) e fosse stato in grado di usarla, probabilmente la legge sarebbe stata fatta in modo diverso (o non sarebbe stata fatta del tutto) ed al paese sarebbe stato risparmiato lo spappolamento del mercato degli affitti. Idem per il limite di 15 dipedenti per lo statuto dei lavoratori e per tante altre leggi e leggine particolari, che hanno affettato il paese in tanti sottosistemi soggetti a regole diverse e quindi comportamenti diversi.

Questo per ribadire il fatto che poi sistemare i problemi di oggi significa soprattutto capire i disastri che sono stati fatti con gli interventi sbagliati per risolvere i problemi di allora. L'equo canone fu un caso di "iniezione" con gravi effetti collaterali imprevisti per tutta l'economia e la società italiana, pur fatto in buona fede e con intenti ideali ed ideologici.

Io non penso certo a questo genere di "iniezioni" disastrose ma ritengo che comunque sia compito della politica intervenire nella società per regolare e modificare alcuni aspetti. Solo che occorre farlo con maggiore professionalità e scienza.
Oggi è sempre piu' possibile.
Ciao,
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Re: Zelig

Messaggioda pierodm il 14/11/2008, 10:29

Tutto giusto, o almeno infinitamente discutibile nei dettagli ma più che accettabile nell'insieme, il discorso di Franz.
Come allegoria è comunque perfettamente funzionale, se si tiene sempre ben presente che di allegoria si tratta

C'è però un particolare estremamente importante, che dev'essere notato.
Nell'organismo sociale - sistema - avviene un fenomeno che è estraneo a tutte le altre "immissioni" ingegneristiche: il cambiamento, le "scoperte", le tecnologie socio-economiche, etc, non provengono dall'esterno, ma sono il prodotto della stessa cultura sociale, siano esse consapevoli o inconsapevoli o una via di mezzo tra l'una e l'altra condizione.
Questa constatazione - per altro piuttosto ovvia - ha numerose implicazioni.

Il welfare, per esempio, se fosse solo il prodotto di una mente geniale, avrebbe potuto essere "immesso" in qualunque altra età della storia, dal medioevo all'Egitto dei Faraoni, che di genialità non sono mai stati avare.
Anzi, diciamo meglio. Accenni, singoli aspetti assimilabili al welfare, li rintracciamo in realtà in diversi sistemi sociali: se ne ha traccia nell'impero persiano, in alcune città-stato greche, nella stessa Roma imperiale, e nelle società tribali germaniche. Ma dobbiamo per la gran parte considerare questi aspetti come espressioni del valore di "solidarietà" o di un meccanismo di "pace sociale", variamente interpretati.
I sistemi sociali che si sono succeduti nella storia prima del liberalismo democratico moderno non potevano andare al di là di quel livello "solidale", né sul piano ideologico, né su quello pratico.
E' interessante analizzare, sotto questo aspetto, alcuni fenomeni paradossali della società romana, nella quale certi enormi latifondi senatoriali erano fondati sulla schiavitù, ma (in certi casi) prevedevano una serie di garanzie e di assistenze per queste "risorse umane essenziali" che appaiono molto "moderne".

Tutto ciò ci dà ampia esemplificazione del concetto sopra accennato: la "tecnologia sociale" che sopravviene fa parte della stessa storia che produce la "malattia" che la tecnologia ha lo scopo di "curare".
Un concetto, questo, piuttosto teorico, in quanto la storia è un fenomeno assai più sfaccettato di quanto non sembri vista nel suo insieme.
I fenomeni di rigetto, o di difficile assimilazione, di queste "immissioni" sono infatti proporzionali alla distanza che esiste in un un dato sistema dal main stream storico che produce la "tecnologia sociale": si vede bene con la democrazia liberale in paesi che non hanno una storia liberale, e con il destino del welfare in paesi abituati più alla carità o al clientelismo familistico.

I problemi politici, in fondo, nascono tutti da qui, ossia dal fatto che la storia ha tempi e velocità diverse da quelle delle pure teorie e dalla pura "tecnologia sociale". E che la storia ha una psiche, mentre la tecnologia ha (vuole avere, deve avere) solo un logos, e non si può e nemmeno si deve cancellare o rifiutare l'una o l'altro dei due.
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Re: Zelig

Messaggioda franz il 14/11/2008, 11:13

pierodm ha scritto:C'è però un particolare estremamente importante, che dev'essere notato.
Nell'organismo sociale - sistema - avviene un fenomeno che è estraneo a tutte le altre "immissioni" ingegneristiche: il cambiamento, le "scoperte", le tecnologie socio-economiche, etc, non provengono dall'esterno, ma sono il prodotto della stessa cultura sociale, siano esse consapevoli o inconsapevoli o una via di mezzo tra l'una e l'altra condizione.
Questa constatazione - per altro piuttosto ovvia - ha numerose implicazioni.

Il welfare, per esempio, se fosse solo il prodotto di una mente geniale, avrebbe potuto essere "immesso" in qualunque altra età della storia, dal medioevo all'Egitto dei Faraoni, che di genialità non sono mai stati avare.

Chiaramente la definizione di sistema è abbastanza artificiale.
Per la F1 potremmo partire dalla parte fisica (motore, telaio, cambio, freni, sospensioni) ma sarebbe un errore non considerare anche il pilota. E credo che non sia del tutto sbagliato considerare tutto il team (ingegneri, meccanici, responsabili dei vari settori) come parte del sistema. Ecco che l'immissione ingegnerstica avrebbe molte caratteristiche interne. In realtà il sistema "F1" è un sottosistema di sistemi piu' grandi, che comprendono la ricerca e l'innovazione tecnologica, le gallerie del vento, gli studi sui carburanti. Ed il sistema sanitario che cura il meccanico che non sta bene. Ed il sistema di trasporti che permette gli spostamenti da circuito a circuito.
Via via possiamo allargarci fino ad arrivare all'intero sistema sociale. Cosi' come il sistema sociale possiamo suddividerlo in sotto sistemi fino ad arrivare a quello, minuscolo, della "F1".

Ovviamente in ogni "immissione" vi è il concetto di esternalità ma l'immissione è possibile solo in un certo momento. Il welfare è stato possibile solo in paesi che avevano le risorse per sostenerlo. Oggi non sarebbe possibile "iniettare" un sistema di welfare in Afghanistan, anche se è stato già "inventato". Infatti in Cina, molto piu' sviluppata dell'asfganistan, non esiste (ancora) un sistema di welfare paragonabile al nostro ma prima o poi sarà possibile introdurlo anche li'.

Ritengo che la tecnologia sociale, come la chiami, sappia perfettamente che le società hanno tempi e velocità diverse.
Se non lo considerasse non sarebbe cosa seria. Cosi' come un ing sa che non si puo' mettere un motore di F1 su una bicicletta. Infatti premettevo che la conoscenza del sistema è indispensabile per poter intervenire con cognizione di causa. Con questo pero' a scanso di equivoci non volevo e non voglio sosntenere che l'unica conoscenza sia quella tecnico-scientifica. Il problema infatti è mettere insieme piu' conoscenze, piu' letture.
Ma dobbiamo anche considerare che oggi in questa visione d'insieme sono quasi del tutto assenti gli aspetti tecnico-scientifici, portati da esperti del campo.
Sarebbe un erorre se ci fossero solo loro ma è un errore che siano praticamente assenti.

E basta vedere il background culturale di chi fa politica oggi per capire che c'è qualcosa che non va.
Abbiamo avvocati e professori di diritto (tanti, troppi) ex magistrati, qualche raro economista, giornalisti, comunicatori, idelisti, funzionari di partito (o ex) ed anche qualche avventuriero o bandito che dir si voglia.

I tecnici sono tagliati fuori e stanno tutti lavorando su fronti tecnici, per migliorar ei sistemi da altri punti di vista.
Medici che sconfiggono il vaiolo, tecnologie sui trapianti per allungare la vita e sconfiggere malattie, nuove tecnogogie per i trasporti, la comunicazione. Cosi' la società cambia molto di piu' di quanto i politici (sempre in ritardo) riescano a fare nelle loro torri d'avorio.

Ciao,
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Re: Zelig

Messaggioda pierodm il 14/11/2008, 14:10

Potrà forse risultare sorprendente e apparentemente contraddittorio - visto quello che s'è deto fino a questo momento nella nostra conversazione - ma io credo che sia giusto considerare l'ingegneria sociale proprio sotto il profilo scientifico.
Solo che la scienza non è solo quella che segue il modello fisico-positivistico.
I diversi accenni che ho fatto al comparto ecologico-ambientale si basano - per quelle che sono le mie conoscenze, più che altro da responsabile di redazione che ha avuto molti contatti con scienziati veri e propri, e una discreta mole saggistica - proprio sul fatto che, attraverso gli studi nel settore, risulta evidente come bisogna elaborare un modello scientifico molto più complesso di quello sopra detto.
Diciamo, sotto questo aspetto, che l'ecosistema umano rappresneta l'estensione e la complessità massima del concetto stesso di ecosistema: ma ciò non toglie che una visuale scientifica possa essere non solo utile, ma in certi casi indispensabile per un vero progresso.

Detto questo, io non penso, però, che la ricerca in questo senso sia da indirizzare verso una "formula di società perfetta" - o qualcosa di simile - che sarebbe l'equivalente della ricerca (che pure aleggia nel campo scientifico classico) verso la "formula di dio", che racchiude in sé la risposta e la causa suprema di ogni fenomeno cosmico.
Credo invece che la cultura e il metodo scientifico siano da applicare nella soluzione di problemi specifici, in un rapporto reciproco che faccia crescere sia la responsabilità politica, sia la scienza stessa, che verrebbe messa alla prova forse più difficile.
Faccio un esempio, con l'ovvia avvertenza che si tratta solo di un esempio.
La questione nucleare.
Fin dal tempo del referendum, sono rimasto veramente sconcertato dal fatto che si sottoponeva al giudizio popolare un tema che avrebe dovuto essere analizzato e trattato in sede scietifica.
Le implicazioni della scelta nucleare - così come quelle della rinuncia al nucleare - sono estremamente complesse, ma sono in massima parte determinabili da una serie di studi e di analisi scientifiche. Non è una questione di "simpatia" o di generica "paura".
Ricordo bene, invece, che la questione fu avvolta da un grande polverone politico-partitico, con il relativo arruolamento di qualche scienziato da una parte e dall'altra: era quello il segnale inequivocabile che al vertice della società non c'era uno strato di cultura e di consapevolezza razionale, ossia di una classe super partes fornitrice di "saggezza, ma c'era la contrapposizione politica nel suo senso peggiore.
Questa mia affermazione potrebbe evocare il "governo dei filosofi" di Platone, ma non è questo il senso.
Intendo dire che, se in un sistema scienza e tecnologia creano (giustamente) cose al di fuori di un controllo politico, deve esistere uno speculare livello di responsabilità extra-politico in grado di fornire conoscenze adeguate a interpretare i fenomeni creati dalla scienza e tecnologia: un problema specialmente sentito proprio in un sistema democratico, nel quale deve esistere anche a questo livello una "istituzione" di garanzia, sottratta al gioco delle contrapposizioni, equivalente per esempio alla Corte Costituzionale o alla Cassazione - istituzoni che, non a caso, ragionano infatti non per arbitrio, ma per applicazione tendenzialmente "razionale" e "oggettivo" del corpus giuridico di riferimento.

Mi rendo conto che sto camminando sul filo del rasoio, e soprattutto che tutto questo è probabilmente altrettanto utopico della Città del Sole.
Ma vale la pena tener presente il discorso come riferimento, se non come obiettivo.
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