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1 milione in piazza per dire cosa?

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1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda Paolo65 il 30/10/2008, 14:55

In tutti questi giorni leggevo commenti della DX la quale diceva che chi manifestava non aveva neppure letto,specie tra i giovani, il decreto Gelmini: 8 articoli in tutto.

Nelle università è scoppiato il pandemonio quando nel decreto non c'è nulla che la riguardi.....per cui, si è manifestato e doccupato in nome di che??

Si è trattato di una "manifestazione ed occupazione preventiva"?

A mio parere il milione di oggi in piazza è soprattutto figlio dell'ignoranza. In secondo luogo gli unici ad essere veramente colpiti sono i prof delle elementari, i precari,per gli altri cambia poco e nulla.

Insomma, Berlusconi sbaglia ad essere sprezzante con i ragazzi che scendono in piazza ma che stia andando in onda una mezza truffa basata su informazioni fasulle girate ad arte, questo si.

Detto ciò è evidente che il referendum è uno strumento sproporzionato alla questione, ed infatti(se non sbaglio)i Radicali sempre critici sul governo non lo hanno nemmeno citato.

E loro sì che sono i maestri, usato spesso fuori luogo, di quello strumento costituzionale!

Paolo
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Due patti scellerati

Messaggioda franz il 30/10/2008, 19:00

LUCA RICOLFI
Il decreto Gelmini è stato convertito in legge, scuola e università sono in agitazione. Il mondo della scuola scenderà in piazza oggi (chissà perché dopo e non prima dell’approvazione del decreto?), mentre l’Università si mobiliterà il 14 novembre, per combattere tagli che furono decisi fra giugno e agosto, quando il Partito democratico riteneva inopportuno scendere in piazza («Noi manifesteremo il 25 ottobre»). Misteri della politica italiana.

Ma parliamo della sostanza. Che cosa sta succedendo nella scuola e nell’università? Perché studenti, docenti e genitori paiono trovarsi dalla medesima parte della barricata?

Quel che sta succedendo è relativamente chiaro, almeno per chi conosce i dati di fondo dell’istruzione in Italia e riesce a non farsi accecare dalle proprie credenze politiche. Sia la scuola sia l’università dissipano una quota di risorse pubbliche considerevole, nel senso che spendono più soldi di quanti, con un’organizzazione più efficiente, basterebbero a garantire i medesimi servizi. Su questo, quando si trovano al governo, destra e sinistra la pensano allo stesso modo.

Chi avesse dei dubbi può consultare due documenti del governo Prodi (il «Quaderno bianco sulla scuola» e il «Libro verde sulla spesa pubblica»). Credo non si sia lontani dal vero dicendo che, con una migliore allocazione delle risorse, sia la spesa della scuola sia la spesa dell’università potrebbero essere ridotte di almeno il 10 per cento a parità di output.

La novità di questi mesi non sta nella diagnosi, ma nella determinazione con cui si sta passando dalle parole ai fatti: la destra al governo sta facendo con la consueta ruvidezza molte cose che la sinistra stessa, magari con più garbo, avrebbe fatto se ne avesse avuto la forza, il tempo e il coraggio (fra queste cose c’è, ad esempio, il rispetto delle norme Bassanini sul numero minimo di allievi per scuola, varate dal centro-sinistra ben 10 anni fa). Del resto fu lo stesso Padoa-Schioppa, all’inizio della scorsa legislatura, ad avvertirci che certi sprechi non possiamo più permetterceli e a ricordarci che il problema di eliminarli dovremmo porcelo comunque, persino se avessimo i conti perfettamente in ordine: ogni spesa, infatti, ha un «costo opportunità», ossia è sottratta ad impieghi alternativi (se buttiamo al vento 8 miliardi per false pensioni di invalidità, automaticamente rinunciamo a una cifra equivalente in asili nido, sussidi di disoccupazione, aiuti ai poveri, sostegno ai non autosufficienti ecc.).

Su questo il governo ha ragioni da vendere, anche se non si può non rilevare che molte misure - pur condivisibili negli obiettivi - diventano criticabili per il modo in cui sono messe in pratica. È il caso, per fare l’esempio più importante, dei tagli all’università, che sarebbero ben più accettabili se punissero ancora più duramente gli atenei in dissesto, ma premiassero con più e non meno soldi gli atenei virtuosi.

Ma quella degli sprechi è solo una delle due facce del problema dell’istruzione in Italia. L’altra faccia è il tragico declino dei livelli di apprendimento, la scarsissima preparazione dei nostri diplomati e laureati, specialmente nelle regioni meridionali. Di questo sono corresponsabili ministri e docenti, ma anche gli studenti e soprattutto le loro famiglie. Il sistema dell’istruzione in Italia si regge su due patti scellerati: nella scuola, il patto fra insegnanti e famiglie, nell’università il patto fra docenti e studenti. Il cardine del primo patto è: l’importante è che il ragazzo sia sereno, vada avanti senza soffrire troppo, prenda il diploma; che poi impari molto o poco conta di meno. Il cardine del secondo patto è: l’importante è arrivare alla laurea, non importa in quanto tempo e imparando che cosa; noi professori pretendiamo sempre di meno da voi studenti, voi studenti non ci importunate e vi accontentate di quel poco che riusciamo a trasmettervi. Naturalmente ci sono anche - nella scuola come nell’università - isole felici e importanti eccezioni, ma il quadro generale è purtroppo diventato questo.

Sono precisamente i due patti non scritti che spiegano l’inconsueta alleanza fra una parte dei docenti, una parte degli studenti e una parte dei genitori. I docenti difendono i posti di lavoro (nella scuola) e le carriere (nell’università). I genitori difendono una scuola che insegna poco e male, ma in compenso non stressa i ragazzi e risolve non pochi problemi reali delle famiglie, specie quando la madre lavora. I ragazzi sono preoccupati per l’avvenire e temono di essere le uniche vittime dei cambiamenti che si stanno preparando per loro.

E hanno perfettamente ragione. Solo che indirizzano la loro ira verso il bersaglio sbagliato. Se fossero calmi e lucidi avrebbero già capito che il futuro non glielo ruba la Gelmini, ma glielo hanno già rubato molti degli adulti al cui fianco marciano con tanta convinzione. La precarietà dei giovani e il ristagno del sistema Italia sono anche il risultato non voluto e non previsto di una lunga e colpevole disattenzione per la qualità dell’istruzione. Il governo non è certo innocente, perché non c’è quasi nulla nei provvedimenti di cui da mesi si discute che lasci prefigurare un innalzamento apprezzabile del livello degli studi, e c’è persino qualcosa che fa temere un ulteriore declino. Ma coloro che aizzano bambini e ragazzi contro le misure del governo non la contano giusta: se davvero avessero a cuore il futuro dei nostri giovani si batterebbero come leoni per tagliare i rami secchi e rendere gli studi molto più seri, più rigorosi, più profondi. Perché lo smarrimento e l’angoscia di questa generazione sono genuini e pienamente comprensibili, ma sono anche il frutto della superficialità con cui gli adulti hanno permesso la distruzione della scuola e dell’università.
http://www.lastampa.it



Commento:
I tagli in una legge di spesa sono generici, sulle voci di bilancio. Nulla vieta poi, al momento opportuno, di premiare gli atenei piu' "viruosi" e punire quelli dove si sprecano troppe risorse.
L'articolista, a parte questo appunto, ha ragione. Avevo letto entrambi i documenti citati e noi siamo bravissimi a dire mentre siamo incapaci di fare. Anche per questo gli elettori hanno fatto vincere la CdL.

Franz
Ultima modifica di franz il 30/10/2008, 19:13, modificato 1 volta in totale.
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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda ranvit il 30/10/2008, 19:05

Molto bene Ricolfi. Molto bene franz.
Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda mario il 30/10/2008, 20:44

La legge Gelmini parla di maestro unico e di 24 ore di insegnamento settimanale nelle elementari.
Una vera cavolata, che abbasserà il livello qualitativo della nostra istruzione primaria a tutto danno delle classi più povere che non potranno inviare i propri figli nelle scuole private.
Questo succede quando al governo vanno incompetenti che pensano di poter decidere le leggi in 8 minuti, in disprezzo dei dibattiti parlamentari e di ogni obiezione.
Questi governanti sono pericolosi, perché allo stesso modo saranno capaci di distruggere tutto quello che toccano.
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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda gabriele il 30/10/2008, 22:09

Non è solo questo il problema.

Nella decreto è presente anche la possibilità di organizzarsi in autonomia da parte delle scuole per il tempo pieno. Purtroppo con i tagli al bilancio che si vogliono attuare per le scuole organizzare la cosa sarà cosa molto ardua.

A Ballarò hanno fatto un'ottima analisi della situazione. Per capire gli effetti della "riforma" Glemini occorre collegare il decreto alla legge finanziaria e agli sproporzionati tagli che ad esso sono collegati.

Dall'altra parte, a destra, si dice che ci sono troppi sprechi, tropi baronati, soprattutto nelle università. Bene. Si colpiscano i baroni, non chi fa ricerca e chi studia.

Gabrive

mario ha scritto:La legge Gelmini parla di maestro unico e di 24 ore di insegnamento settimanale nelle elementari.
Una vera cavolata, che abbasserà il livello qualitativo della nostra istruzione primaria a tutto danno delle classi più povere che non potranno inviare i propri figli nelle scuole private.
Questo succede quando al governo vanno incompetenti che pensano di poter decidere le leggi in 8 minuti, in disprezzo dei dibattiti parlamentari e di ogni obiezione.
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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda franz il 31/10/2008, 10:22

gabriele ha scritto:Dall'altra parte, a destra, si dice che ci sono troppi sprechi, tropi baronati, soprattutto nelle università. Bene. Si colpiscano i baroni, non chi fa ricerca e chi studia.

Giusto, ma se l'Università è autonoma, non tocca al governo stabilire chi (quale barone) punire ma deve essere l'Università stessa a sapersi curare. Io ritengo che oggi le inefficenze del sistema superino il 10% della spesa per cui con tagli del 3% in 5 anni, se si smette di giocare al vittimismo ed agitare le piazze, c'è l'occasione per mettere mano a meccanismi virtuosi e bloccare l'endemico magna-magna. La nostra università ha tra i docenti una elevatissima età media, con importanti percentuali di settantenni ed ottantenni (quando ritrovo i dati li metto a disposizione).

Tocca quindi all'Università colpire gli sprechi e non chi studia. Non al governo. Il governa fissa dei limiti di spesa, impone risarmi.
Invece se da un lato vedo positivo il risveglio dal coma profondo del movimento studentesco, noto che questo legame tra professori e studenti (il patto scellerato descritto da Ricolfi) rischia di far perdere il lume della ragione anche al PD.

Ciao,
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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda pierodm il 31/10/2008, 10:53

Sui provvedimenti Gelmini possiamo discutere, e buona parte di ciò che dice Ricolfi è condivisibile, cos' come ci sono aspetti inaccettabili.

Ma se ci limitiamo, sparagnini, a considerare la Gelmini in sé non riusciremo mai a capire cosa spinge oggi qualche milione di persone della scuola-università ad agitarsi.
Detto in breve: c'è inquietudine, insicurezza, scontentezza, sia nei ranghi dei cittadini-genitori dei piccoli, sia in quelli degli universitari.
Precarietà della vita, stipendi magrissimi, lavoro introvabile o dequalificato: la popolazione di destra o poco politicizzata - così si afferma - risolve la propria inquietudine e la propria paura prendendosela coi Rom e gli extracomunitari, quella di sinistra o più politcizzata la risolve prendendosela con la politica e il governo.
Più in generale, le agitazioni stanno a significare: noi ci siamo, stiamo qui, a studiare - bene, male, poco, tanto - lavorare, vivere, e abbiamo la sensazione di essere abbandonati a noi stessi, la sensazione che dei nostri problemi non gliene frega niente a nessuno.

Di fronte a questo, stare a discettare sui dettagli della Gelmini è politicamente e sociologicamente miope.

A ben guardare, le divisioni all'interno del mondo della scuola non avvengono tra destra e sinistra "ideologiche", ma tra destra e sinistra sociologiche, vale a dire tra chi sente di meno l'angoscia esistenziale pratica e chi la sente di più, tra chi si sente garantito e chi no, tra chi è costretto a dipendere dalla speranza di una buona politica e chi può farne a meno.
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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda annalu il 31/10/2008, 15:21

franz ha scritto:Giusto, ma se l'Università è autonoma, non tocca al governo stabilire chi (quale barone) punire ma deve essere l'Università stessa a sapersi curare. Io ritengo che oggi le inefficenze del sistema superino il 10% della spesa per cui con tagli del 3% in 5 anni, se si smette di giocare al vittimismo ed agitare le piazze, c'è l'occasione per mettere mano a meccanismi virtuosi e bloccare l'endemico magna-magna.

C'è un solo sistema per consentire alle proposte di Franz (ed a quelle di Pagheca) di funzionare: abolire il valore legale dei titoli di studio.
Perché le "clientele" universitarie non si sconfiggono mettendo in competizione le università, in quanto le università potrebbero competere con successo solo per quel che riguarda la facilità con cui si ottiene il titolo, titolo che poi viene utilizzato in concorsi a loro volta clientelari ... ed il cerchio diventa infrangibile.
Quanto ai fondi per la ricerca ... a proposito, a che cosa ed a chi serve la ricerca? In Italia sembra non servire proprio a nessuno, e d'altra parte l'interesse verso la scienza pare in calo in larga parte del mondo, salvo forse alcuni paesi emergenti, come la Cina e l'India.

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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda franz il 31/10/2008, 15:23

annalu ha scritto:C'è un solo sistema per consentire alle proposte di Franz (ed a quelle di Pagheca) di funzionare: abolire il valore legale dei titoli di studio.

Concordo.
Avevo sentito di questa proposta da tanti anni ma non avevo mai realizzato il nesso con questo problema.

Ciao,
Franz
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Re: 1 milione in piazza per dire cosa?

Messaggioda franz il 31/10/2008, 15:29

i dati dello sciopero.
ieri il TG3 (che non è certo filogovernativo) dava la notizia di una adesione del 56% allo sciopero, da parte degli insegnanti.
A meno che non abbia io sentito male (oggi non trovo la notizia da nessuna parte) mi pare che sa un dato deludente.
Per una riforma (che non è una riforma) che "distrugge e smantella la scuola ed il nostro futuro" l'adesione doveva essere bulgara, non poco piu' di uno su due.

Ciao,
Frant
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