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L'Italia e la crisi

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L'Italia e la crisi

Messaggioda carlo gualtieri il 28/10/2008, 11:21

Soldi alle banche, ma non ai piccoli e medi imprenditori che hanno tenuto in piedi l'economia nazionale fin'ora, e, per quanto riguarda i poveracci (15 milioni di italiani con meno di 500 euro al mese), il problema non riguarda il governo, possono pure morire. L'insieme delle politiche economiche è volto a tranquillizzare con aiuti cospiqui i molto ricchi, e i soldi si prendono dalla scuola, che non serve ai ricchi, loro possono pagarsi un'istruzione privata di qualità, per gli altri c'é la televisione, che forma l'italiano medio che piace alla destra (quanto alla ricerca, va eliminata del tutto, ai ricchi non serve). I soldi si prendono dai fondi per la sicurezza, togliendo così la possibilità alle istituzioni preposte di intervenire efficacemente contro la criminalità (quella organizzata e la microcriminalità).

Contemporaneamente si alimenta la paura, si vuole che gli italiani siano permanentemente terrorizzati: i bersagli sono naturalmente i più facili, gli immigrati, nuova categoria etnica additata senza distinzioni, sia quelli che lavorano (senza il lavoro degli immigrati si chiuderebbe bottega), sia i clandestini, fra i quali ce ne sono certamente molti che non hanno altra scelta che delinquere, ma, guarda caso: l'immigrazione clandestina é diventata un reato, ma nonostante ciò gli sbarchi di clandestini sono più che raddoppiati, quest'anno; nelle prigioni non c'è posto, le espulsioni in questa situazione diventano estremamente difficili da attuare, e così sta aumentando sempre più proprio il fenomeno additato come causa unica delle paure degli italiani (la criminalità organizzata intanto continua a fare i propri affari, tra i clandestini trova una manovralanza a bassissimo costo).

E intanto il Presidente del Consiglio riscuote un consenso mai visto in Italia. Bisogna risalire a Mussolini per trovare nel nostro passato un capo del governo che abbia goduto di un analogo consenso di massa (intendiamoci, con ciò non voglio dire che Berlusconi abbia inventato un nuovo tipo di fascismo, perchè non é vero, malgrado tutto siamo ancora una democrazia). Ma gli italiani sono sempre stati dei voltagabbana, e Mussolini finì a Piazzale Loreto (é vero, ci fu una guerra di mezzo, ma le catastrofi economiche che tra qualche mese ci cascheranno addosso potrebbero avere analogo effetto). Povera Italia, comunque, in mano a un personaggio che considera sé stesso il più grande statista di tutti i tempi.... Lasciamo stare il merito, la falsa soluzione del problema dei rifiuti a Napoli (provate a uscire dal centro storico e ad andare nelle periferie), le bufale (come Alitalia, i cui debiti per decisione di Berlusconi non se li accolla l'acquirente ma ce li accolliamo tutti noi), i tagli di risorse ai settori più delicati e più sofferenti della società italiana: l'immagine che viene comunicata convince, e non è solo per la TV unica e per le grandi doti di comunicatore di Berlusconi. La colpa é anche dell'altra Italia, di quella che non ama Berlusconi, che sa sventolare la bandiera del moralismo antipolitico, ma non sa, non sa più da anni, fare vera cultura.

Ma un'altra Italia è possibile. Se... se facciamo un'analisi spietatamente sincera della situazione, partendo da lontano e tenendo al centro le modalità dei cambiamenti culturali che ci hanno fatto precipitare nell'attuale situazione; se guardiamo agli errori che tutti noi, nessuno escluso, abbiamo fatto, e li riconosciamo finalmente come errori. Se impariamo a inserirci non solo in Europa, dove siamo già, per nostra fortuna, nonostante l'euroscetticismo dei nostri attuali governanti, ma nei grandi movimenti imposti dalla globalizzazione, il che forse da domani sarà più facile, poichè tutti hanno finalmente capito che un mercato globale senza regole significa soltanto incoraggiare enormi bolle speculative che poi, come é accaduto, esplodono massacrando l'economia reale: allora tutti insieme potremo forse avviarci su un percorso virtuoso e provare a uscire da questa fogna.
Basta guardare qualcuno in faccia un po' di più, per avere la sensazione alla fine di guardarti in uno specchio. (Paul Auster)
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