Senza aprire un nuovo argomento trovo interessante questo articolo dell'HUFFINGTONG POST
Con Matteo Renzi il Pd cambia pelle: fuori D'Alema-Bersani, dentro Civati (nel nome di Prodi...)La sua stanza da segretario ancora non l’ha studiata, ancora non ha deciso come piazzare i quadri. Ma sul partito ha studiato eccome. Tanto che, dopo oltre due ore di confronto con Guglielmo Epifani e Gianni Cuperlo nella stanza del fedelissimo Luca Lotti al Nazareno, il neoleader Dem Matteo Renzi emerge con una pianificazione puntuale di quello che sarà il suo Pd. Un partito trasformato. In un solo giorno. Forse due: quello delle primarie e quello della toccata e fuga a Roma. La vecchia guardia diessina che si era ritrovata intorno alla candidatura di Gianni Cuperlo finisce non solo in minoranza, ma estromessa dalla segreteria e di fatto dai meccanismi decisionali del partito. Perché in segreteria ci entrano tutti tranne loro. Oltre agli esponenti di AreaDem che hanno appoggiato la corsa del sindaco, oltre ai renziani di stretta osservanza, entra anche il civatiano Filippo Taddei, consigliere economico di Pippo Civati, economista prodiano, convinto che il voto anticipato non sarebbe una tragedia ma un’opportunità anche in una cornice di crisi come quella attuale. E’ un chiaro segnale per governo e Quirinale.
Anche a Cuperlo è stato chiesto di indicare qualcuno dei suoi per la segreteria. L’intento di Renzi, raccontanto i renziani, era di allargare il più possibile la squadra. Ma l’offerta è stata rifiutata. Perché in mattinata i big rottamati, da Pierluigi Bersani a Massimo D’Alema, avevano già dato indicazioni aventiniane. Della serie: facciamo la nostra corrente di minoranza, nulla a che spartire con Renzi. Una prospettiva non condivisa dai Giovani Turchi, interessati invece ad aprirsi un varco nel nuovo partito. In mezzo: il candidato sconfitto, Cuperlo. “Dovrà decidere se essere il più giovane degli anziani oppure il più anziano dei giovani”, è l’efficace battuta che girava prima dell’incontro di Cuperlo con Renzi. La scelta è ricaduta sulla prima strada: niente segreteria, Aventino. Ma non è una scelta indolore. Anzi. Sostanzialmente, al primo giorno della nuova segreteria, la componente cuperliana perde un pezzo: i Giovani Turchi. Non sono d'accordo e l'hanno fatto presente ai 'vecchi'. "Ci porremo su una linea dialogante", spiegano, anche se non sono entrati in segreteria.
“Forse voleva essere una tattica per indurci a rimandare la presentazione della segreteria, un no per intrappolarci nell’indecisione. Invece - riflette un renziano doc - Renzi ha incassato il rifiuto ed è andato avanti…”. Con una tattica quasi chirurgica. Perché la segreteria include scientificamente tutte le altre anime del partito, fatta eccezione per bersaniani, dalemiani, cuperliani. Sta qui la vera novità che di fatto cambia la pelle del Pd. Raccontano fonti renziane e civatiane che Taddei è entrato in segreteria anche per il rapporto di stima personale che lo lega al sindaco di Firenze. Del resto, trattasi di un ex leopoldino che se n’è andato con l’ex rottamatore Civati. Ma non c’è solo questo. C’è il fatto che Taddei ha informato Pippo dell’offerta e della sua decisione di accettare. E ancora: c’è che Renzi poteva scegliere Yoram Gutgeld, ex consigliere McKinsey, per il dipartimento economia della sua segreteria. Per dire. Invece non l’ha fatto, optando per una carta decisamente spostata a sinistra, densa di critica verso il governo delle larghe intese. Insomma, una scelta quasi spudorata verso Palazzo Chigi. Il che non vuol dire che ci sia un accordo politico tra Renzi e Civati, cioè non vuol dire che automaticamente il nuovo segretario ha la maggioranza dell’80 per cento in assemblea nazionale. “Noi ci sentiamo autonomi”, insistono i civatiani. Però la presenza di Taddei corrisponde alla determinazione a piazzare pedine in un modo preciso, come su un campo di battaglia, pronte per ogni evenienza, a seconda di come andrà il rapporto con il governo: “Non chiediamo che cada, ma deve fare le cose”, insiste Renzi a pochi minuti dall’incontro con il premier a Palazzo Chigi.
Pedine piazzate ad hoc sono anche le altre caselle della squadra di Matteo al Nazareno. In segreteria sono solo 5 i renziani di strettissima osservanza: Luca Lotti, Davide Faraone, Maria Elena Boschi, Lorenzo Guerini, Francesco Nicodemo. Marianna Madia era lettian-veltroniana e poi ‘bersaniana pentita’ come Alessia Morani. Mentre Federica Mogherini, Pina Picierno Debora Serracchiani, Chiara Braga sono di AreaDem. E’ un segnale chiaro di valorizzazione delle personalità che hanno mollato i recinti di appartenenza. Ma, spiegano i renziani, è anche un modo per preparare il terreno al confronto con il gruppo parlamentare del Pd, dove la maggioranza è tutta da conquistare. Tanto per iniziare, al momento il nuovo leader non è interessato a sostituire i capigruppo. Non solo Luigi Zanda al Senato, anche lui di AreaDem. Ma anche il giovane bersaniano Roberto Speranza: gli avrebbe già chiesto di lavorare insieme. Una collaborazione che del resto è partita già la scorsa settimana, quando in conferenza dei capigruppo Speranza si è fatto portatore convinto della richiesta renziana di trasferire il dibattito sulla legge elettorale da Palazzo Madama a Montecitorio.
Ex Ds fuori dalla stanza dei bottoni, tranne qualcuno in odor veltroniano (anche se Antonio Funiciello, in segreteria con Epifani, non è stato riconfermato). Dentro i giovani, out gli anziani. Tranne uno: Romano Prodi, il cui ‘spirito’ da vittima dei 101 franchi tiratori del Pd aleggia insistentemente intorno a queste primarie e fa da anello di congiunzione tra Civati e Renzi. “Potrebbe aver votato per Pippo alle primarie”, sussurrano ora, a cose fatte, i renziani. Poco importa. Conta di più che sia lui il padre nobile di quell’opzione maggioritaria per la quale sia Renzi che Civati sono pronti alle barricate contro i proporzionalisti che stanno al governo. Sì, il governo delle larghe intese, nato dopo l’affossamento di Prodi e la rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale