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successo della manifestazione PD a Roma

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda pagheca il 25/10/2008, 17:01

Non e' necessariamente vero che sia l'inizio della fine per SB.
Non sono nemmeno tanto entusiasta di questo PD e della sua direzione...

ma io sono contento lo stesso!!!
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Re: successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda annalu il 25/10/2008, 17:58

Intanto vi posto il link al discorso di Veltroni in pdf:
http://download.repubblica.it/pdf/2008/veltroni.pdf

Così possiamo leggercelo con calma.

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Re: successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda franz il 25/10/2008, 18:03

Veltroni: "Italia migliore di chi la governa"

Lo ha ripetuto molte volte nel discorso e quindi credo possa essere il tema dominante.

Appena ho il testo completo del discorso lo mettero' qui cosi' possiamo discuterlo.

Intanto io non sono molto d'accordo che l'italia sia migliore del suo governo.
Per me governo e base elettorale sono allineati ed il consenso vasto che il governo ha, dimostra che l'Italia ha il governo che si merita ed ha voluto.

Quindi differentemente da Veltroni dico che l'Italia oggi non va affatto bene e dovrà migliorare parecchio per meritarsi (e per avere) un governo diverso.

Mi pare che l'affermazione di Veltroni sia una illusione, una autoconsolazione.
L'Italia deve cambiare ed è questo il nostro obiettivo.

Comprendo che sotto ci sia un atteggiamento inclusivo "siamo tutti OK" mea se lo siamo difficilmente i cittadini cambieranno voto. Invece devono capire che cosi' non va bene, per cambiare.

Ciao,
Franz
Ultima modifica di franz il 25/10/2008, 18:17, modificato 2 volte in totale.
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Re: successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda franz il 25/10/2008, 18:07

Il discorso di Veltroni al Circo Massimo
Quella di oggi, diciamocelo con orgoglio, è la prima grande manifestazione di massa
del riformismo italiano, finalmente unito. E lo è perché il Partito Democratico è il più
grande partito riformista che la storia d’Italia abbia mai conosciuto.
Un italiano su tre si riconosce, crede nel disegno di un riformismo moderno. E’ un
fatto inedito nella lunga vicenda nazionale. E oggi, in questo luogo splendido e
immenso, siamo qui, in tanti, perché vogliamo bene all’Italia, perché amiamo il
nostro Paese.
Con lo stesso amore, il 14 ottobre di un anno fa, il Partito Democratico nasceva da un
grande evento di popolo.
L’Italia è un Paese migliore della destra che lo governa in questo momento. Migliore
della destra che nel tempo recente lo ha già governato, anche se qualcuno troppo
spesso finge di dimenticarlo, per sette lunghi e improduttivi anni.
L’Italia è un grande Paese democratico, è un Paese che ama la democrazia.
Perché l’Italia non dimentica, non potrà mai dimenticare quanti hanno sofferto, quanti
hanno dato la vita per la sua libertà.
Lunedì scorso ci ha lasciati un grande amico, un padre della Repubblica, un maestro
di vita per tutti noi. Aveva venticinque anni, Vittorio Foa, quando fu condannato e
messo in galera: perché era antifascista, perché pensava diversamente da chi era al
potere.

E per chi crede che fino ad un certo punto ci sia stato un fascismo in fondo non
troppo cattivo, va ricordato che era il 1935. Non era ancora arrivata la vergogna delle
leggi razziali. Ma il regime aveva già fatto in tempo a sopprimere la libertà di stampa
e quella di associazione, a chiudere partiti e sindacati, a calpestare il Parlamento e a
incarcerare, mandare in esilio o uccidere chi non si piegava alla dittatura: Don
Minzoni, Giacomo Matteotti, Piero Gobetti. E due anni dopo la stessa sorte sarebbe
stara di Carlo e Nello Rosselli e di Antonio Gramsci.
L’Italia, signor Presidente del Consiglio, è un Paese antifascista.
A chi le chiedeva se anche lei potesse definirsi così, “antifascista”, lei ha risposto con
fastidio che non ha tempo da perdere, che ha cose più importanti di cui occuparsi,
rispetto all’antifascismo e alla Resistenza.
Il presidente Sarkozy non avrebbe risposto così, non avrebbe detto questo della
Resistenza animata dal generale De Gaulle, non avrebbe messo in dubbio che ogni
francese è figlio orgoglioso della Parigi liberata dai nazisti.
E né Barack Obama, né John McCain risponderebbero con un’alzata di spalle ad una
domanda sulla decisione del presidente Roosevelt di mandare a combattere e a morire
migliaia di ragazzi americani. Quei ragazzi americani che sono morti per noi, per
restituirci la libertà e la democrazia.
Nessuno avrebbe risposto come il nostro Presidente del Consiglio, perché non c’è
nulla di più importante, per un grande Paese, della sua memoria storica. Un Paese
senza memoria è un Paese senza identità. E chi non ha identità non ha futuro. E
l’Italia ha bisogno di futuro.

Coltivare la memoria dell’antifascismo non è solo un atto di riconoscenza. Come ci
ha ricordato un altro grande italiano, un uomo mite e rigoroso come Leopoldo Elia, se
la democrazia viene coltivata e vissuta ogni giorno, si espande e cresce. Se viene
mortificata e offesa, deperisce e può anche morire.
In tutti i Paesi del mondo ci sono i governi. Ma solo in quelli democratici c’è
l’opposizione.
Coltivare la democrazia, farla vivere e crescere ogni giorno, significa rispettare
l’opposizione, riconoscere la sua funzione democratica: nelle aule del Parlamento,
come nelle piazze del Paese.
Se noi non svolgessimo fino in fondo il nostro ruolo all’opposizione, se non
facessimo coesistere la durezza della denuncia e il coraggio della proposta, se non lo
facessimo, tradiremmo il nostro mandato. E per colpa nostra, una colpa che sarebbe
imperdonabile, la democrazia italiana diventerebbe più debole.
E’ indice di una mentalità sottilmente e pericolosamente illiberale, pensare che in una
democrazia non bisogna disturbare il manovratore e che tutto ciò che limita, regola,
condiziona il suo potere è solo un fattore di disturbo.
E’ un disturbo il Parlamento, perché vorrebbe e dovrebbe discutere le proposte di
legge o i decreti del governo, prima di approvarli.
E’ un disturbo la magistratura, perché esercita un controllo di legalità che non può e
non deve risparmiare chi governa la cosa pubblica in nome e per conto della
collettività.

E’ un disturbo la Corte costituzionale, perché deve verificare la costituzionalità dei
provvedimenti voluti dal governo e approvati dalla maggioranza in parlamento.
E’ un disturbo l’opposizione. Perché spezza l’incantesimo del plebiscitario consenso
al governo. Perché dimostra che c’è un altro modo di pensare, che potrebbe domani
diventare maggioritario. Perché vuole, come noi vogliamo, una grande innovazione
istituzionale, il dimezzamento del numero dei parlamentari, una sola Camera con
funzioni legislative, una legge elettorale che restituisca lo scettro ai cittadini. A
cominciare dalla battaglia parlamentare che faremo nei prossimi giorni per mantenere
il voto di preferenza alle prossime europee.
Una democrazia che decide, decide velocemente, decide dentro i principi della
Costituzione, non con pericolose concentrazioni del potere. Una democrazia più
moderna, alla quale abbiamo contribuito con le coraggiose decisioni dei mesi scorsi.
Noi oggi interpretiamo la nostra funzione in un modo che è perfettamente coerente
con quanto dicemmo già al Lingotto, affermando che il PD, svincolato finalmente dai
vecchi ideologismi, sarebbe stato “libero dall’obbligo di essere, di volta in volta,
moderato o estremista per legittimare o cancellare la propria storia”.
Questo siamo: un partito libero, che non teme né di apparire moderato agli occhi di
alcuni, né di sembrare estremista agli occhi di altri. Perché null’altro è che un grande
partito riformista.
Un grande partito riformista, che fa dell’opposizione, un’opposizione di popolo, il
modo per incidere oggi sulla realtà del Paese e per essere domani, strette le alleanze
che le idee e i programmi vorranno, nuova maggioranza e nuovo governo per l’Italia.

Il PD avrà sempre, anche all’opposizione, una sola stella polare: gli interessi generali
del Paese. Quel Paese che amiamo e il cui destino è la nostra ragione d’essere. Quel
Paese che vogliamo unire, rifiutando l’odio e la contrapposizione ideologica.
Questa manifestazione è un grande momento di democrazia, sereno e pacifico.
E guai, davvero guai, a chi pensa di ridurre solo minimamente la libertà di avanzare
critiche, la libertà di dissentire, la libertà di protestare civilmente contro decisioni e
scelte che non condivide.
La democrazia non è un consiglio d’amministrazione. La minaccia irresponsabile e
pericolosa di intervenire “attraverso le forze dell’ordine” dentro quei templi del
sapere, della conoscenza e del dialogo che sono le Università, è stata qualcosa di
abnorme e di mai visto prima. Puntuale, ancora una volta, è poi arrivata la smentita
del Presidente del Consiglio. “Sono i giornali che come al solito travisano la realtà”,
ha detto da Pechino.
Ora: cambiando il fuso orario si può anche cambiare idea, e in questo caso è un bene
che ciò sia avvenuto. C’è però qualcosa su cui vale la pena riflettere. Perché un’alta
carica istituzionale si può permettere sistematicamente di negare ciò che è evidente,
ciò che per giorni le televisioni hanno ritrasmesso sbugiardando l’ennesima smentita?
Perché il Presidente del Consiglio si sente autorizzato, nel pieno della tempesta
finanziaria che stiamo vivendo, ad invitare i cittadini a comprare le azioni di questa o
quella azienda? Perché può arrivare ad annunciare una decisione non presa come
quella della chiusura dei mercati, facendosi smentire persino dalla Casa Bianca? Se
l’avessero fatto Gordon Brown o Angela Merkel sarebbe successa una catastrofe.
Siccome nel mondo sanno chi è, non è successo niente.

Ma perché coltiva questa impunità delle parole? Questa strategia dell’inganno
permanente nei confronti dei cittadini? La presunzione che si possa promettere di
tagliare le tasse che poi non si tagliano, di fare delle mirabolanti opere infrastrutturali
che poi non vengono nemmeno progettate?
E’ l’idea del potere che non è tenuto a rispondere dei suoi comportamenti. E’ un’idea
del potere inaccettabile. E’ la confusione tra governare e prendere il potere.
Contro questi rischi l’opinione pubblica, la cultura, la coscienza critica del Paese,
l’antico amore degli italiani per una democrazia viva e piena, devono farsi sentire.
Voglio essere chiaro: noi non pensiamo che questo governo sia la causa di tutti i mali.
Non saremo noi, a differenza di chi ci ha preceduto nel ruolo di opposizione, a
gridare al regime.
Il problema è che il governo Berlusconi è totalmente inadeguato a fronteggiare la
gravissima crisi che stiamo vivendo. E lo è per una ragione semplice: perché non ha
nel cuore l’Italia che produce e che lavora, l’Italia che soffre. E’ un governo che si
occupa di rassicurare i potenti di questo Paese, piuttosto che di combattere la
drammatica situazione di imprese e lavoratori.
L’Italia può essere altro. L’Italia “è” altro.
E’ però vero che la fotografia dell’Italia attuale sta sbiadendo, ha quasi del tutto perso
i colori, e la ricchezza delle sfumature, della modernità. I volti degli italiani appaiono
sgranati e in bianco e nero. Come le vecchie immagini di una volta, perché
l’immobilismo che già ieri ci condannava ad una crescita stentata rischia oggi, dentro
una crisi economica di questa gravità, di farci tornare drammaticamente indietro.

Tornano indietro gli artigiani, gli operai. C’è stato un tempo in cui la fatica, i sacrifici
e il talento, la specializzazione, davano dignità al lavoro e permettevano anche di
metter su un laboratorio in proprio, e poi magari una piccola fabbrica. L’ascensore
sociale funzionava, le condizioni di vita miglioravano. E comunque c’era la speranza
che questo potesse accadere.
Oggi come vive un operaio che fatica tutto il giorno, e che troppo spesso in questo
Paese sul lavoro rischia la vita, per 1.200 euro al mese? Che speranza può avere di
poter star meglio, se deve invece preoccuparsi di essere messo in cassa integrazione,
di arrivare in fabbrica una mattina e di leggere nella bacheca di servizio che fra sei
mesi si chiude perché la produzione si ferma?
Tornano indietro le aziende, rischiano di tornare indietro i piccoli e medi
imprenditori. Quelli che sanno mettere a punto nuove tecniche e creare nuovi
prodotti, e che così hanno fatto crescere il Paese.
E’ gente onesta, che esce di casa che è ancora buio e torna a casa che è già notte, e
fatica a dormire per la paura di non farcela e di dover chiudere: perché l’affitto
aumenta a rotta di collo, le bollette paiono impazzite, la burocrazia è soffocante, la
pressione fiscale opprimente. Sognavano di crescere per poter competere meglio, ma
devono fare i conti con una realtà opposta: difficoltà ad avere finanziamenti dalle
banche, che anzi chiedono di rientrare rapidamente dal debito, ed esportazioni che
calano perché i clienti americani, tedeschi e inglesi sono impegnati a ridurre al
massimo i consumi.
Qualche giorno fa, ad una azienda metalmeccanica del bresciano che ha cinquanta
dipendenti ed è attiva da mezzo secolo, è stato chiesto di rientrare subito del fido e
intanto hanno bloccato le carte di credito. “E’ una cosa umiliante”, ha detto il titolare.

Ecco uno degli effetti di questa crisi: non conta la storia e la serietà di un’impresa, si
guardano solo i numeri e i conti. Quelli della banca, non quelli dell’azienda.
E tornano indietro, non possono proprio a guardare avanti, i giovani, i nostri ragazzi.
Su un muro di Milano qualcuno ha scritto: non c’è più il futuro di una volta. E’ la
cosa più grave. Ieri a vent’anni e a trenta si raccoglievano i frutti dello studio o già si
lavorava, e comunque si pensava al domani convinti che sarebbe stato migliore
rispetto alla vita vissuta dai dei propri genitori.
Oggi i giovani italiani sono prigionieri della gabbia del precariato. Sono storie
umilianti, e sono tantissime. La risposta ad un annuncio su Internet e l’invio di un
curriculum, le cuffie in testa e il microfono per rispondere alle telefonate, i 1.200 euro
lordi promessi dai selezionatori che diventano 800 e cioè 640 netti considerando i
giorni effettivi di lavoro.
Quattro euro l’ora. Una vita precaria e i sogni mortificati per quattro euro l’ora. Ma si
accetta, perché con il contratto a scadenza si è sotto ricatto. E si accetta.
E quella foto dell’Italia è in bianco e nero, purtroppo, anche a simboleggiare gli
opposti, anche a dire dell’estrema ricchezza e dell’estrema povertà che dividono in
due un paese ingiusto.
Non siamo solo noi, non è la cattiva propaganda dell’opposizione ad affermarlo, lo ha
detto la Banca d’Italia, lo dice l’Ocse: la nostra è una delle società più diseguali
dell’Occidente, siamo uno dei paesi nei quali la forbice tra chi ha tanto e chi ha poco
o niente si è fatta più larga.
L’Italia ha urgente bisogno di crescere e per questo ci vuole, lo diciamo da mesi, un
grande patto tra i produttori.

Siamo nel pieno della terribile, drammatica crisi finanziaria internazionale, che sta
producendo una grave recessione mondiale e che si è abbattuta anche sul nostro
Paese. Una crisi che richiederebbe, da parte di chi governa, senso di responsabilità e
moderazione. Parole sconosciute a Berlusconi.
La crisi non va certo spiegata agli operai, alle imprese, ai ragazzi che cercano o
perdono un lavoro. Lo sanno bene, lo sapete bene, lo vivete ogni giorno sulla vostra
pelle. Lo sanno i pensionati, che prendono ogni mese la stessa pensione e intanto
pagano di più per il pane, per la pasta, per le bollette della luce e del gas. Lo sanno le
famiglie italiane, che faticano ad arrivare alla fine del mese. Lo sanno i sette milioni e
mezzo di persone che vivono poco al di sopra della soglia di povertà, 500-600 euro al
mese, vicinissimi a quegli altri sette milioni e mezzo che già stanno sotto. Fanno 15
milioni in totale. Non esagera, la Caritas Italiana, quando lancia l’allarme povertà.
C’è la crisi. Ed è vero che ci arriva dagli Stati Uniti. Ma nessuno può farne un alibi o
una scusa. Soprattutto non può farlo, non può chiamarsi fuori, una destra che per anni
ha diffuso a piene mani tre tossine, culturali e politiche.
La prima è un’idea monca della libertà, quella che considera ogni regola come un
inciampo, che è figlia dell’ideologia del liberismo selvaggio e dell’individualismo
sfrenato. E la disinvoltura con cui si fa una bella capriola e si diventa all’improvviso
statalisti nasce dal fatto che l’unico vero sistema che piace alla destra è quello nel
quale sia il mercato che lo Stato sono al servizio degli interessi dei più forti.
La seconda tossina è la freddezza, lo scetticismo, l’ostilità perfino nei riguardi
dell’Europa. Ed è ovvio: l’Europa è coesione sociale e crescita economica insieme, è
un orizzonte che chiama a muoversi in un sistema di regole e responsabilità comuni.

La terza tossina è il primato della finanza e di quella più creativa, più disinvolta e più
cinica possibile, nei riguardi del lavoro e della produzione di beni e servizi. Vi farò
tutti ricchi, perché il denaro da solo moltiplicherà il denaro, tutti avrete il vostro
albero delle monete d’oro nel campo dei miracoli. L’impegno, la fatica, lo studio, la
pazienza e la tenacia non servono più, sono avanzi del passato: tutto è facile, tutto è
possibile, perché tutto è lecito.
La crisi, ha detto un grande economista come Paul Samuelson, “è figlia di un insieme
diabolico di avidità, indebitamento, speculazione, laissez-faire, e soprattutto
un’infinita incoscienza”.
C’è il ritratto della destra, dietro queste parole. Anche della destra italiana di questi
ultimi quindici anni.
L’intervento dello Stato è “un imperativo categorico”, ha detto Berlusconi fulminato
sulla via di Damasco. Ma sicuramente un giorno arriverà una smentita anche di
questa frase. Come quando, poche ore dopo averla fatta, ha corretto
quell’affermazione destinata comunque a rimanere negli annali per la sua totale
irrealtà: “la crisi non avrà effetti sull’economia reale”.
E’ invece proprio l’economia reale l’emergenza vera di queste ore. Cosa ha fatto il
Presidente del Consiglio per difendere le piccole e medie imprese o il potere
d’acquisto dei salari e degli stipendi degli italiani? Nulla, assolutamente nulla.
Cosa ha fatto, cosa sta facendo il governo per le famiglie? Ha tagliato del 32 per
cento il Fondo a loro destinato, e lo ha fatto per coprire una parte dell’abolizione
dell’Ici sulle abitazioni dei più ricchi. Così, come ha denunciato l’Associazione
famiglie numerose, c’è un “signor Rossi” milionario, che ha 500 mila euro di reddito
annuo, diverse case di proprietà e non ha figli, che non paga più l’Ici perché un

“signor Rossi” che fa l’operaio, che ha 25 mila euro di reddito annuo e vive in una
casa in affitto con moglie e quattro figli a carico, non riceve più i 330 euro che prima
gli arrivavano dal Fondo per le famiglie.
Insomma, dinanzi a una crisi che sta impoverendo ancora di più le famiglie italiane, il
governo cosa fa? Spende le poche, preziose risorse per i più ricchi. E questi costosi
regali li pagano tutti i contribuenti, perché hanno meno servizi, perché pagano più
tasse e perché ricevono meno sostegni. Li pagano i Comuni, cuore del nostro Paese,
costretti per questo a scelte socialmente dolorose. Li pagano gli italiani all’estero,
anche loro cuore del Paese, anche loro colpiti anche dalle scelte di questo governo.
Voglio dirlo chiaramente: il governo ha sbagliato tutte le previsioni economiche, il
governo ha fatto una Finanziaria che immaginava una fase di crescita, il governo ha
esplicitamente e drammaticamente sottovalutato le conseguenze durissime che la crisi
sta avendo sulle famiglie e sulle imprese.
Si sono riuniti anche di notte per garantire sostegno alle banche, quelle banche che
devono restare indipendenti dalla politica. Ora si riuniscano anche di notte per fare
invece un grande piano per i cittadini, per combattere la recessione e l’impoverimento
della società italiana.
Dalla crisi del ’29 si uscì con il New Deal. Ora nel nostro Paese è tempo di un Piano
organico per la crescita e la lotta alla povertà e alla precarietà.
L’Italia è un Paese migliore della destra che lo governa.
Le misure per stabilizzare la crisi finanziaria, prese a livello europeo, sono giuste e
necessarie. Ma non sono sufficienti. Ne servono altre, indispensabili: il sostegno con
un fondo di garanzia alle micro e piccole imprese, un piano di investimenti in

infrastrutture e soprattutto un intervento per aumentare i redditi da lavoro, i salari, gli
stipendi, le pensioni degli italiani.
Abbiamo presentato proposte per sostenere l’economia reale. Se queste priorità
saranno riconosciute noi faremo, come sempre, la nostra parte. La faremo, come ho
detto, per l’Italia, non certo per Berlusconi.
Noi da questa piazza non insultiamo nessuno e non gridiamo al regime. La nostra
sfida è chiara, ed è la stessa che lanciammo al Lingotto.
Non conservare quello che c’è. Non assegnare al riformismo il compito di difendere
anche importanti conquiste del passato.
No, è il tempo della costruzione dell’Italia del nuovo secolo. E’ il tempo del coraggio
riformista, non della pigrizia conservatrice.
Le nostre proposte sono sul tavolo. Noi chiediamo di ridurre, a partire dalla prossima
tredicesima, il peso delle tasse sui lavoratori dipendenti e sui pensionati. Proponiamo
di destinare a questa misura sei miliardi di euro, in un insieme di interventi che
valgono lo 0,5 per cento del Pil.
E’ un intervento rilevante ma sostenibile per le nostre finanze pubbliche, risanate
dall’azione di un uomo che quando governava pensava al Paese, e non a se stesso:
Romano Prodi. E’ un intervento sostenibile, nel momento in cui si è introdotta una
maggiore flessibilità dei parametri europei all’interno dei vincoli del Patto.
La spesa pubblica, in Italia, deve essere ridotta. Senza esitazioni. La nostra linea,
però, è “spendere meno e spendere meglio”. Non “spendere meno” e basta, senza
preoccuparsi di cosa ne sarà delle scuole, degli ospedali, della sicurezza dei cittadini.

Abbiamo sempre detto “pagare meno, pagare tutti”. E invece ora di pagare meno non
c’è traccia e la lotta all’evasione fiscale è scomparsa dall’orizzonte. Il governo sta
riproponendo la vecchia ricetta: aliquote alte, pochi controlli, evada chi può.
Complimenti: è la strada maestra per andare tutti a fondo.
E vorrei porre qui la domanda che si stanno facendo gli imprenditori e tutti gli
italiani: dov’è finita la promessa di ridurre le tasse? Di portare la pressione fiscale
sotto il 40 per cento?
La verità è che le tasse le stanno aumentando Voglio ripeterlo: le tasse stanno
aumentando.
E questo proprio in una fase di recessione, quando si dovrebbe consentire a chi ha
redditi medi e bassi di poter aumentare i propri consumi.
E poi: abbiamo sempre detto che la pubblica amministrazione deve essere riformata.
Dunque va bene la lotta ai veri fannulloni. Chi lavora nel settore pubblico, a
cominciare dai dirigenti, deve metterci il doppio e non la metà dell’impegno di chi
lavora nel settore privato.
Ma la pubblica amministrazione è piena anche di persone straordinarie, che mettono
al servizio della collettività sapere e competenza, in cambio di un reddito col quale
faticano a vivere dignitosamente. Penso agli infermieri e ai medici ospedalieri. Penso
agli agenti delle forze di polizia, che rischiano la vita e devono chiedere l’anticipo
sulla liquidazione per tirare avanti.
Penso alla scuola, alla ricerca, all’Università. Il governo ha fatto due errori. Il primo:
le ha ridotte a voci da tagliare, dimenticando che sono un settore strategico per il

futuro del Paese. Un settore da riformare, anche in profondità, ma per investirci
maggiori e non minori risorse.
Stupisce lo stupore per la protesta che sta dilagando in tutta Italia. E’ una protesta
giusta, perché consapevole, responsabile e assolutamente non violenta. Come sempre
dovrà essere, respingendo il tentativo di radicalizzare lo scontro portato avanti dal
governo. E’ un movimento senza bandiere né di partito, né di sindacato. Una grande
prova di autonomia della società civile. Le maestre insieme alle mamme, gli studenti
insieme ai rettori. Questo movimento ama la scuola e la vuole cambiare, tanto che
nelle piazze ci va anche per fare lezioni all’aperto di fisica o di filosofia.
Il governo invece sta togliendo l’aria all’Università italiana, sta impedendo l’ingresso
di nuove leve di ricercatori e docenti all’interno degli atenei, sta togliendo ogni
prospettiva di poter continuare a lavorare nel nostro Paese a giovani scienziati che
hanno fin qui fatto partecipare l’Italia a progetti come quelli del Cern di Ginevra o
hanno garantito il monitoraggio di vulcani e terremoti in un Paese come il nostro.
Giovani scienziati che si sono visti bloccare l’assunzione dal governo Berlusconi del
2002 e che si vedono arrivare il licenziamento dal governo Berlusconi del 2008.
“Prenda nota, signor ministro Giulio Tremonti – non sono io a dirlo, ma è uno storico
come Franco Cardini dalle colonne del “Secolo d’Italia” – ritirare l’appoggio alle
Università è un modo di rubare ai poveri per dare ai ricchi. Un modo come infiniti
altri. Ma è l’esatto contrario di quel che avrebbe voluto il ‘suo’ Robin Hood”.
Il secondo errore è forse ancora più grave. Avete camuffato i tagli sotto le mentite
spoglie di una “riformetta” che ha mortificato la dignità culturale e professionale dei
docenti, la partecipazione dei genitori e degli studenti, la natura di comunità educante
della scuola.

Voglio essere chiaro: ogni posizione conservatrice sulla scuola e l’Università è
sbagliata. Abbiamo bisogno della scuola dell’autonomia e del merito. Di una scuola
che abbia fiducia nella capacità di scelta dei ragazzi. Di una scuola guidata da un
progetto educativo moderno e capace di promuovere opportunità sociali e merito, in
un contesto di permanente, indipendente, valutazione di qualità.
I conservatori sono quelli che si preoccupano di sistemare piccoli particolari, come il
grembiule e il ripristino dei voti. C’è bisogno invece di una radicale riforma.
E voglio dire che se c’è una materia sulla quale il Paese dovrebbe proiettare se stesso
oltre le divisioni, è proprio una scelta di fondo della scuola e dell’Università. Non si
può ad ogni cambio di ministro stravolgere la vita di milioni di famiglie, di ragazzi,
maestri e professori.
E’ la sfida dell’innovazione della scuola, quella che ci interessa.
La scuola elementare italiana, una delle migliori del mondo, è il frutto di decenni di
elaborazione pedagogica, teorica e sul campo. Che cultura, che pensiero, che
innovazione c’è dietro il ritorno al maestro unico o all’abolizione per via di fatto del
tempo pieno?
E davvero qualcuno pensa che il fenomeno del bullismo si possa risolvere con il voto
in condotta? No. Non è così semplice, non è così banale. Dietro questi atteggiamenti
c’è molto di più. Dietro il fatto che un bambino su cinque comincia a bere tra gli 11 e
i 15 anni c’è davvero un vuoto più grande. C’è il degrado e sociale e il disagio
familiare. C’è l’annoiarsi di fronte alla vita di chi forse è spinto a conoscere il prezzo
ma certo non il valore delle cose.

Quel vuoto a noi spaventa. Per voi è indifferente. Perché vi è congeniale. L’avete
alimentato con la vostra cultura dell’individualismo e dell’egoismo. Con il vostro
fastidio per ogni regola morale. Con la vostra idea che contano non lo studio e il
lavoro, ma solo il successo facile. Quello che si raggiunge anche senza saper far
niente, basta apparire in televisione. Quello che si può ottenere in ogni modo, anche
prendendo le scorciatoie e passando sopra gli altri.
Uno scrittore, che di mestiere fa anche il professore, ha raccontato così i pensieri di
una sua studentessa, di una ragazza come tante della sua generazione: “Professore, ha
presente il fascio di luce che d’improvviso avvolge l’ospite d’onore e lo separa dal
buio? Quella chiazza bianca o gialla sul palcoscenico? Mi sono accorta – dice questa
ragazza – che è piccola, un cerchio minimo. Tutti non ci possiamo entrare, e neanche
parecchi. Lì c’è posto per pochissimi. Per gli altri c’è il buio, il niente, al massimo un
posto in platea per applaudire chi ce l’ha fatta e crepare d’invidia. A me non piace
stare da una parte ad applaudire agli altri. Oggi a nessuno piace. Ma non mi va
nemmeno di uscire dal teatro e mettermi a battere chiodi o sudare per due lire come
mio padre e mia madre. Io quella luce la voglio. Io li capisco quelli che bruciano le
macchine a Parigi. Loro la luce se la fanno da soli, e il mondo li guarda, arrivano le
telecamere e il buio non c’è più, non c’è più questo schifo di vita”.
Questa cultura l’ha creata la destra. L’avete costruita voi. Non vi interessa la scuola
perché la vostra scuola è la televisione. E la vostra diseducazione civile degli italiani
rimbalza fin dentro le scuole.
Fa rabbrividire la mozione della Lega sulle classi differenziate per i bambini stranieri.
“Famiglia cristiana” l’ha definita “la prima mozione razziale approvata dal
Parlamento italiano”.

Che nella scuola dell’obbligo ci siano classi separate o test d’ammissione per
distinguere un bambino dall’altro è un danno per tutti. E’ un danno per i bambini
italiani, che considereranno quei loro amici diversi da loro, introiettando un concetto
foriero di catastrofi. E’ un danno drammatico per i bambini immigrati, che si
sentiranno messi ai margini e respinti, e coltiveranno un senso di separatezza che
potrà essere molto rischioso in primo luogo per la sicurezza della nostra società.
Quella mozione offende i bambini, umilia la scuola e il Parlamento. La questione
dell’insegnamento dell’italiano ai bambini stranieri è una questione reale, che da anni
la scuola elementare affronta con successo e che dovrà ancora di più saper affrontare,
attraverso lo sviluppo dei corsi integrativi e non con la segregazione etnica.
Si chiama interculturalità. Ed è un altro esempio di come l’Italia sia migliore, molto
migliore della destra che la governa.
E’ con l’Italia, allora, che dovete discutere e ragionare. Con la scuola e l’università,
innanzitutto. E poi in Parlamento: aprendo quello spazio di confronto auspicato con la
consueta saggezza dal Presidente Napolitano, cercando soluzioni condivise e perciò
stesso durature, perché sottratte al conflitto politico immediato.
Noi vi facciamo una proposta: il Governo ritiri o sospenda il decreto attualmente in
discussione in Parlamento, modifichi con la Legge Finanziaria le scelte di bilancio
fatte col decreto e avvii subito un confronto con tutti i soggetti interessati, giovani
studenti, famiglie, docenti. Fissando un tempo al termine del quale è legittimo che le
decisioni siano prese.
E’ il tempo di dirsi chiaramente una cosa, anche autocriticamente: nella scuola e
nell’Università italiana forse si spende male, ma certo si spende poco. E’ il cuore del
futuro del Paese, e per questo voglio prendere un impegno: quando governeremo

l’Italia, noi dovremo fare quello che in questi giorni ha detto il Presidente francese. E
cioè un grande sforzo per l’istruzione, per la formazione dei giovani. Sarkozy ha
annunciato che all’Università sarà progressivamente destinato il 50 per cento in più di
risorse. E’ una assoluta priorità, che non si può non vedere e che non ha colore
politico. Quando noi governeremo, faremo altrettanto.
Se le cose cambiano, va cambiato anche il modo di guardarle. Alla parola “costi” si
deve sostituire la parola “investire”.
Vale, questo, per la grande frontiera dell’ambiente, per il gigantesco problema del
surriscaldamento globale, per la strada indispensabile delle energie rinnovabili.
Basta col pensare che tutto, quando si parla di questioni ambientali, sia solo un costo
da sopportare. “Costi irragionevoli”, ha detto il Presidente del Consiglio di fronte ai
nostri partner europei.
L’ambiente e l’economia non sono nemici tra loro. Il Pil può salire mentre
contemporaneamente aumenta la tutela della natura e migliora la qualità della vita.
Anzi: il Pil sale solo se al centro dello sviluppo c’è la sostenibilità, c’è la
riconversione dell’economia.
Davvero non si capisce perché se la Germania è riuscita a creare, nel comparto delle
fonti rinnovabili, duecentomila posti di lavoro negli ultimi dieci anni, da noi non
possa avvenire qualcosa di simile. O perché non sia possibile seguire l’esempio della
California, che puntando sull’efficienza energetica ne ha creati un milione e mezzo.
E ad ogni modo: solo se gli impegni internazionali assunti dall’Italia saranno
confermati, come è dovere di un grande paese europeo, sarà giusto studiare momenti
di flessibilità per venire incontro alle esigenze delle imprese nell’attuale situazione.

Il Partito Democratico vuole essere il grande partito dell’ecologismo moderno, fatto
non di pregiudizi antiscientifici, ma dall’idea che sia proprio l’ambiente, scegliendo
la via della “rottamazione” del petrolio, della fine della dipendenza dai combustibili
fossili, degli investimenti sulle fonti rinnovabili, del potenziamento del trasporto
pubblico, a poter garantire la nostra ricchezza di oggi e il domani dei nostri figli.
Alle mie spalle, la vedete, c’è una bellissima frase di di Vittorio Foa: “pensare agli
altri, oltre che a se stessi, e pensare al futuro, oltre che al presente”.
Valgono, queste parole, per l’ambiente. E valgono per il drammatico corto circuito
che nella nostra società si sta creando per colpa di un’equazione tanto ingiusta quanto
sbagliata: più immigrazione uguale insicurezza, straniero uguale estraneo, diverso,
“altro” da sé, minaccia per il proprio territorio, la propria casa, la propria incolumità.
E quindi nemico da allontanare, da respingere, da cacciare.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo e mai di fare di tutto per rendere concreto questo
principio: la sicurezza è un diritto fondamentale di ogni cittadino. Chiunque lo
colpisce va perseguito, qualunque sia la sua nazionalità. E basta con la vergogna di
troppi delinquenti, non importa se italiani o stranieri, arrestati dalla polizia e poi
scarcerati dopo pochi giorni, o di condannati che evitano il carcere grazie a una serie
infinita di premi e benefici.
Però quell’equazione no, non si può fare. Non si può negare uno dei fondamenti della
nostra civiltà: sono gli individui che commettono un crimine che vanno puniti. Mai i
gruppi, mai le comunità etniche, sociali o religiose.
La madre del razzismo è la paura. Il problema è che ad alimentarla c’è anche l’uso
politico dell’immigrazione. Il massimo dell’ipocrisia in chi, come il governo,

dovrebbe avere l’onestà di dire che da quando ci sono loro gli sbarchi sono
raddoppiati, le espulsioni sono ferme e si sta creando una nuova bolla di clandestinità.
La paura, ha detto bene Ilvo Diamanti, “paga”. In termini elettorali e di consenso,
almeno nell’immediato. “Per contrastare il razzismo”, ha scritto ancora Diamanti, “si
dovrebbe combattere la paura. Invece viene lasciata crescere in modo incontrollato. E
molti, troppi, la coltivano, questa pianta dai frutti avvelenati che cresce nel giardino
di casa nostra”.
Molti, troppi episodi si sono verificati negli ultimi mesi, nelle ultime settimane. Di
quasi tutti si è detto “il razzismo non c’entra”. Ma non è razzismo l’assassinio di
Abdoul, ucciso per una scatola di biscotti al grido di “sporco negro”? Non ci sono
l’ignoranza, l’estraneità e l’ostilità verso “l’altro” dietro l’aggressione di un ragazzo
cinese alla fermata di un autobus? Non dobbiamo pensare che ci sia razzismo dietro il
fermo violento da parte dei vigili e il pestaggio di Emanuel? Dietro quel negargli
persino il cognome?
E c’è un episodio che mi ha colpito particolarmente. In una scuola di una provincia
italiana i bambini avevano disegnato, insieme alle loro maestre, delle sagome da
mettere vicino alle strisce pedonali per dire agli automobilisti di rallentare. Queste
sagome ritraevano loro. Erano bambini e bambine. Erano di colori diversi. Qualcuno
deve aver pensato che c’era qualcosa di sbagliato nel fatto che ci fossero ritratti di
bambini neri e di bambini bianchi insieme, e ha pensato di andare, di notte, a
sbiancare con la vernice le sagome scure. Razzismo strisciante, vigliaccheria e
pretesa di insegnare la propria aberrante idea di ciò che è giusto: il peggio del peggio
riunito in un solo gesto.
Ecco qualcosa di fronte al quale noi non siamo e non saremo mai indifferenti.
Qualcosa che noi combattiamo e combatteremo sempre.

L’Italia non è non sarà mai un Paese razzista.
E domando: la libertà e la democrazia non sono diminuite e ferite quando si ripetono
atti di odiosa e intollerabile omofobia, che allontanano le nostre possibilità di
convivenza civile e allargano il discrimine che vive sulla propria pelle chi non gode
di leggi di pari opportunità e non è adeguatamente tutelato contro i reati d’odio?
L’Italia è un paese migliore della destra che la governa. La sua storia racconta un
paese migliore.
Un bravo giornalista lo ha detto bene. Nei decenni successivi alla guerra, i nostri
dialetti erano lingue ben strutturate, che resistevano tenacemente alla penetrazione
dell’italiano. Allora nessuna Lega pensò di differenziare i ragazzi. Nessun ministro
italiano immaginò mai di separare i piemontesi dai calabresi, i lombardi dai siciliani, i
veneti dagli abruzzesi. Eppure quella era un’Italia nettamente divisa in classi, piena
non solo di differenze linguistiche ma di diseguaglianze sociali. Ma quell’Italia non
fu mai razzista, non fu mai “differenziata”.
L’Italia non può diventare questo proprio oggi, nel tempo che vede incrociarsi
culture, popoli e persone. Noi non permetteremo che accada. Noi continueremo a
credere che alla paura e anche alla sua percezione va data risposta, e che insieme va
data risposta a chi arriva qui, lavora onestamente, e chiede integrazione, chiede diritti
civili, chiede di poter votare, a cominciare dalle amministrative.
L’Italia è un Paese migliore della destra che la governa.
Moltiplicano l’ingiustizia in un Paese ingiusto.
Scelgono l’immobilismo in un Paese fermo.

Alimentano l’odio in un Paese diviso.
Cavalcano la paura in un Paese spaventato.
Ma l’Italia, nonostante tutto, resta migliore.
Stanno facendo dell’Italia un deserto di valori e la chiamano sicurezza.
Stanno cercando di creare un pensiero unico e lo chiamano gradimento, consenso.
Stanno calpestando principi e regole della vita democratica e la chiamano decisione.
Ma l’Italia, nonostante tutto, resta migliore.
C’è l’Italia delle 250 mila persone che con una firma si sono strette attorno ad un
ragazzo di ventotto anni che rischia ogni giorno la vita e che continua a combattere
contro la camorra con le sole armi che possiede e vuole usare: la passione civile, il
coraggio delle idee e la straordinaria forza della scrittura, che arriva lì dove la
violenza e la stupidità di uomini che non valgono nulla non arriveranno mai.
A Roberto Saviano va il grazie di tutti noi che oggi siamo qui in questa piazza.
Lo stesso grazie va alle forze dell’ordine, ai magistrati, agli imprenditori coraggiosi e
alle associazioni che ogni giorno contrastano l’illegalità, resistono alla sopraffazione,
tengono viva la speranza. Ad ognuno di loro va il grazie di tutti gli italiani onesti e
perbene, di tutti coloro che non si rassegnano a pensare che le cose continueranno ad
andare così perché così è sempre stato e nulla può cambiare.
Un’altra Italia è possibile. L’Italia della legalità, e non della furbizia. L’Italia della
responsabilità, e non dell’esclusivo interesse personale. L’Italia del merito, e non dei
favori. L’Italia della solidarietà, e non dell’egoismo. L’Italia dell’innovazione, e non
della conservazione.

Oggi da questo luogo meraviglioso noi vogliamo far arrivare agli italiani un
messaggio di fiducia.
Le cose possono cambiare. Le cose cambieranno. Non c’è rassegnazione che non
possa cedere il passo alla speranza. Non c’è paura che non possa essere vinta dalla
consapevolezza di sé e dall’apertura agli altri. Non c’è buio dopo il quale non venga
la luce.

E allora dell’Italia tornerà a vedersi tutto il meglio. La civiltà di un popolo che sa
accogliere ed includere. La creatività e il talento di generazioni di donne e di uomini
che hanno sempre cercato il nuovo. Il coraggio di chi ha traversato il mare, di chi ha
lasciato la propria terra per lavorare e fare più ricco il Paese. La tenacia di chi ha
rischiato per fare impresa e di chi si sacrifica per difendere legalità e sicurezza.
E’ la nostra meravigliosa Italia. Quella che è stata e quella che può essere. Quella che
sarà con il nostro lavoro, il nostro coraggio, la nostra voglia di futuro.
Un’altra Italia è possibile. La faremo insieme.
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Re: successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda franz il 25/10/2008, 18:27

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Comincia la guerra delle cifre, e non a torto

Messaggioda FreeRider il 25/10/2008, 20:33

Oltre due miloni mezzo, annuncia il PD
http://www.partitodemocratico.it/gw/pro ... _DOC=62477

E subito gli fa eco la destra:
http://www.corriere.it/politica/08_otto ... aabc.shtml
Pdl: «Circo Massimo è stato un flop, altro che 2 milioni»
CICCHITTO, CIRCO MASSIMO PUÒ CONTENERE 300 MILA - Intanto è già guerra delle cifre sul Pd Day al Circo Massimo. Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl, afferma: «Non il sottoscritto, ma il «Sole 24 ore» di sabato afferma, cifre alla mano, che il Circo Massimo può contenere circa 300mila persone: per il principio dell'impenetrabilità dei corpi, 2 milioni e mezzo di persone sono un sogno». Comunque, conclude Cicchitto, «quello che è in discussione non è la capacità della sinistra di organizzare manifestazioni, ma la sua capacità di governare, che è vicina allo zero. La conferma di questa valutazione è data dal discorso di Veltroni: un'ora di retorica e demagogia, senza alcuna novità, originalità e proposte praticabili; dall'altro lato l'eterogeneità della piazza, nella quale c'era tutto ed il contrario di tutto, da Marini a Di Pietro. Capiamo che D'Alema deve fare vedere che si è ristabilita una luna di miele tra lui e Veltroni, ma per farlo ha commesso un eccesso di zelo». Rincara la dose Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl. «Le immagini riprese dall'alto certificano il fallimento della manifestazione della sinistra. In effetti non erano nemmeno trecentomila. Spiace e preoccupa per il bipolarismo il fatto che l'altro polo, il Pd, sia ridotto in queste condizioni». «Dopo mesi di preparazione e spese ingenti - dice Gasparri - un vero flop. Veltroni si dimetterà?».


20:26 Questura Roma: "Confermiamo 200mila partecipanti"

La Questura di Roma ha confermato ufficialmente in serata la stima di 200mila manifestanti che hanno partecipato alla manifestazione del Pd fornita in un primo momento in maniera non ufficiale.


Per me è chiaro che ci sono due aspetti diversi, da tenere distinti.
Il primo è il contenuto del discorso di Veltroni, su cui possiamo discutere quanto vogliamo (io sono d'accordo al 70%) ed il secondo è quello della dimensione della partecipazione, su cui è difficile matematicamente barare.
Immagine
Oggi con google earth trovare il circo massimo non è difficile. E un bel rettangolo ben visibile dallo spazio e di cui si possono in pochi secondi trovare le dimensioni. Stando larghi abbiamo 500 metri in lunghezza e circa 140 in larghezza (anche se c'è un lato, quello di nord-ovest, che è piu' corto (meno di 120 metri).
In questa parte se volessimo farci stare due milioni e mezzo avremmo circa 38 persone per metro quadro.
(e per fortuna che non hanno invitato Maurizio Ferrara!).
Nell'area del circo massimo, calcolando 4 persone a metro quadro, ce ne possono stare 261'000
327'000 con 5 persone a metro quadro. Provateci voi se è possibile starci in sei.
Magari qualcuno (100'000?) sarà rimasto fuori dal ciro cmassimo ma due milioni e mezzo sono inverosimili.

Io mi chiedo perché a distanza di cosi' tanti anni rimanga (da mussolini e dei suoi "8 milioni di baionette") questa infantile guerra di cifre.

Concentiamoci sui contenuti.

FR
Ultima modifica di FreeRider il 25/10/2008, 20:40, modificato 1 volta in totale.
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Re: successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda pagheca il 25/10/2008, 20:39

franz ha scritto:Veltroni: "Italia migliore di chi la governa"

Mi pare che l'affermazione di Veltroni sia una illusione, una autoconsolazione.
L'Italia deve cambiare ed è questo il nostro obiettivo.

Franz


si ma questo equivale a dire in altre parole che l'italia e' fatta di una maggioranza di imbecilli che ha votato Berlusconi, il che porta sempre alla solita, inutile discussione sulla supponenza della sinistra ecc.

Io penso che riuscire a mettere insieme rispetto per l'elettorato e ricerca della verita', quando sei alla guida dell'opposizione, sia sempre un gioco difficile. Per parafrasarti :), il punto non e' questo, il punto e' cosa si propone. Su questo ho ascoltato veltroni su internet e mi sembra di avere visto poche idee veramente originali, molta retorica e la consueta difficolta' a prendere una posizione precisa anche a costo di dire cose impopolari per chi ti ascolta.

Credo tuttavia che in mezzo alle macerie della democrazia italiana, sullo stato comatoso della quale ho sinceramente pochi dubbi, sia oggettivamente difficile costruire un discorso organico e chiaro, per cui evito di sparare a zero, cercando di ricordarmi che questa sinistra "s'ha da fare" ancora, ed e' comprensibile che sia cosi', che ci siano queste difficolta', che una classe politica con un elettorato cosi' (perche' naturalmente sono d'accordo con te, caro Franz), sia una bestia molto difficile da trattare.

Portare in piazza 2 milioni di persone, fossero anche uno, non significa avere vinto la guerra, o mettere in crisi un Governo del genere (al quale interesserebbe poco, fossero anche 10 milioni), ma certamente e' una bella iniezione di fiducia. Significa che c'e' gente in italia che preferisce la fatica di un corteo che stare davanti a una tv. Significa anche che lo sforzo organizzativo della manifestazione c'e' stato e che quindi, in qualche modo, il pd "c'e'", l'opposizione c'e'.

Spero solo che adesso non si comincio con l'altrismo ("invece di fare questo, Veltroni dovrebbe fare quello"), ne con le divinazioni retoriche di questo sabato, che tra l'altro non e' importante solo per il PD, io credo, ma per tutta l'opposizione, anche quella molto piu' a sinistra.

Un esempio e' la posizione di Cacciari che io vedo cosi'.
E' normale che ci sia sempre una fetta di dissenso in ogni iniziativa presa. E' questo che bisogna capire. Non si puo' pretendere di avere la totalita' del consenso in ogni decisione. E' normale ed e' lo spirito della democrazia (le dittature lo negano il dissenso). Quindi la posizione di Cacciari e di coloro che pensano che si tratti di uno spreco di risorse e di energie (gli "altristi" di cui palravo sopra) sono normali. Ma proprio per questo opinioni come la sua, secondo me prive di costrutto, non tolgono molto al successo dell'iniziativa e alla sua "giustezza".

saluti
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Re: Comincia la guerra delle cifre, e non a torto

Messaggioda FreeRider il 25/10/2008, 21:30

FreeRider ha scritto:Per me è chiaro che ci sono due aspetti diversi, da tenere distinti.
Il primo è il contenuto del discorso di Veltroni, su cui possiamo discutere quanto vogliamo (io sono d'accordo al 70%) ed il secondo è quello della dimensione della partecipazione, su cui è difficile matematicamente barare.
Immagine
Oggi con google earth trovare il circo massimo non è difficile. E un bel rettangolo ben visibile dallo spazio e di cui si possono in pochi secondi trovare le dimensioni. Stando larghi abbiamo 500 metri in lunghezza e circa 140 in larghezza (anche se c'è un lato, quello di nord-ovest, che è piu' corto (meno di 120 metri).
In questa parte se volessimo farci stare due milioni e mezzo avremmo circa 38 persone per metro quadro.

Ho confrontato l'immagine qui sopra con quella visibile dallo spazio, scoprendo che il palco non era all'estremita del circo massimo ma che era stato piazzato piu' o meno a 2/3.
Nella foto si capisce che il fronte palco è sulla stessa linea della semi piazza che si vede sulla sinistra.
Chi ha visto come me la diretta in TV riconosce i luoghi e la disposizione e vedendo ora le immagini di google capisce che dietro il palco c'era come minimo 1/3 di circo massimo vuoto. Un segno che gli organizzatori non erano ottimisti.

Ho preso l'immagine google earth, l'ho orientata ed inclinata come la foto e posso solo dire che le bugie hanno le gambe corte. E non mi piace. Un grande partito come il PD non ha bisogno di raccontare palle, come la rana bue che si gonfia per diventare piu' grande. Queste cose sono solo il retaggio del secolo scorso, della "boria di partito", della necessità di apparire piu' grandi in in piazza, forse perche ci si ritiene meno credibili ed autorevoli fuori dalle piazze.

In quell'area ridotta (340 metri per 140) ci stanno da 190'000 a 240'000 persone.
Forse meno, considerando che nella parte dei bordi, dove il terreno è inclinato, le persone erano sedute con le gambe belle allungate (quindi non ci stavano certo 4 o 5 persone al metro quadro).
E la foto fa vedere che fuori dall'area, ai lati, non c'è folla.

Per me la manifestazione rimane bella ed esaltante lo stesso, certo che metterci 5 mesi per portare in piazza due o trecentomila persone diciamo che è un po' pochino.

Perché raccontare di due milioni e mezzo quando tra satelliti, elicotteri e foto aeree si puo' essere facilmente smentiti?

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Re: successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda FreeRider il 25/10/2008, 21:59

Nell'arena 300mila posti: i milioni sono solo leggenda
di Marco Ludovico
www.sole24ore.com

La gara a chi la spara più grossa trova sempre un nuovo vincitore, se si tratta delle cifre sulle manifestazioni politiche e sindacali. Aspettiamo, dunque, i numeri di oggi. Sorridono intanto sotto i baffi i dirigenti del Viminale: da tempo hanno deciso di non dare più le loro stime, per non entrare nel conflitto politico. Ma la matematica non è un'opinione.

Il Circo Massimo, in base alla sua estensione (72mila metri quadrati), calcolando un massimo di quattro persone a metro quadro - ed è già tanto - contiene al massimo 300mila persone. Nel 2002 Sergio Cofferati, contro il terrorismo e le modifiche all'articolo 18, portò un mare di persone anche oltre la piazza, ma i tre milioni dichiarati dagli organizzatori erano evidentemente sopravvalutati. Il successo di quell'evento è incontestabile, ma da allora è partita una rincorsa nelle stime senza limiti. Per gli organizzatori scendere sotto il milione è ormai sinonimo di insuccesso. Ecco allora che si è arrivati anche a duplicare le stime. Nel 2006, a piazza San Giovanni, Silvio Berlusconi dichiarò «due milioni» di manifestanti: peccato che, con lo stesso inattaccabile criterio di calcolo della questura di Roma usato per il Circo Massimo, in quel luogo ce ne possono stare al massimo 150mila. Lo ha fatto Rifondazione l'anno scorso nella medesima piazza romana («Siamo un milione!» ma erano 150mila), lo ha fatto poco prima An al Colosseo («Siamo mezzo milione» in realtà circa 60-70mila).

Dirigenti del dipartimento di Pubblica Sicurezza, come Carlo De Stefano (oggi capo dell'antiterrorismo) o Nicola Cavaliere (vicecapo della Polizia), quando erano giovani poliziotti in ascesa hanno contribuito più di ogni altro a raffinare i metodi di calcolo. Ma allora si aveva a che fare con bugie più soft. Come quando negli anni Ottanta del secolo scorso piazza del Popolo era appannaggio della Destra, in testa il segretario Msi Giorgio Almirante. Mentre il piazzale davanti alla Basilica di San Giovanni rimaneva per tradizione della sinistra. Si faceva a gara, in quel caso - specie se c'erano due manifestazioni in contemporanea - a dire qual era la piazza più affollata. Peccato che piazza del Popolo può contenere al massimo 60mila persone: il Msi non avrebbe mai potuto vincere.

Sempre in quegli anni la Polizia ricorda le angosce della sinistra, quando a San Giovanni si temeva un afflusso inferiore al previsto: con la corsa affannosa a posizionare il palco dei leader al centro della piazza, per mostrare alle telecamere il tutto esaurito. Dietro, però, c'erano centinaia di metri quadrati deserti.

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Re: successo della manifestazione PD a Roma

Messaggioda franz il 25/10/2008, 22:40

pagheca ha scritto:
franz ha scritto:Veltroni: "Italia migliore di chi la governa"

Mi pare che l'affermazione di Veltroni sia una illusione, una autoconsolazione.
L'Italia deve cambiare ed è questo il nostro obiettivo.

Franz


si ma questo equivale a dire in altre parole che l'italia e' fatta di una maggioranza di imbecilli che ha votato Berlusconi, il che porta sempre alla solita, inutile discussione sulla supponenza della sinistra ecc.

No, ... o almeno, non da parte mia. La maggioranza ha votato Berlusconi per colpa nostra, per la nostra poca credibilità cone forza di governo. E per la maggiore credibilità del centro destra. Malgrado Berlusconi. Questo è un paese di destra poi, sostanzialmente, non un paese di Imbecilli (ce ne sono, sia chiaro, ma sono minoranza).

pagheca ha scritto:Per parafrasarti :), il punto non e' questo, il punto e' cosa si propone. Su questo ho ascoltato veltroni su internet e mi sembra di avere visto poche idee veramente originali, molta retorica e la consueta difficolta' a prendere una posizione precisa anche a costo di dire cose impopolari per chi ti ascolta.

Concordo. Rispetto al lingotto c'è stata una cerca caduta programmatca ed una notevole esclation retorica.

pagheca ha scritto:Un esempio e' la posizione di Cacciari che io vedo cosi'.
E' normale che ci sia sempre una fetta di dissenso in ogni iniziativa presa. E' questo che bisogna capire. Non si puo' pretendere di avere la totalita' del consenso in ogni decisione. E' normale ed e' lo spirito della democrazia (le dittature lo negano il dissenso). Quindi la posizione di Cacciari e di coloro che pensano che si tratti di uno spreco di risorse e di energie (gli "altristi" di cui palravo sopra) sono normali. Ma proprio per questo opinioni come la sua, secondo me prive di costrutto, non tolgono molto al successo dell'iniziativa e alla sua "giustezza".

saluti
pagheca

Scusa un attimo, non puoi valutare negativamente le opinioni ("prive di costrutto") solo perché sono minoranza.
E normale (auspicabile e doveroso) che ci sia una minoranza come anche che ci sia l'effetto "tutti col capo, appassionatamente" e reputo questo secondo un difetto peggiore.
Cacciari ha parlato di Governo Ombra inesistente, di eccesso di retorica e demagogia, di vuoto propositivo.
Critiche che condivido ampiamente. E non è una manifestazione che puo' riempire questi vuoti.
Anzi, retorica e demagogia si vendono a pacchi, in queste circostanze.

Tornando al tema, a me pare che non dobbiamo salvare l'Italia da Berlusconi, ma da se stessa, dal suo elettorato.
L'italia va salvata cambiandola. Cambiando la gente, il modo di pensare. Di vedere le cose.
È questo il senso rivoluzionario di un libro come "Change", di quel genio di Watslawick.
E Change è diventato lo slogan di Obama. Ed anche McCain si è accodato.
Per indurre il cambiamento un primo capisaldo (anche in psicoterapia) è la consapevolezza che come va non va bene e che si deve cambiare.
Questo l'Itlalia lo deve capire e lo capirà. ma dovrà anche affidarsi ad un gestore di tale cambiamento che sia credibile.
Dire quindi che l'Italia è OK e solo il governo non va bene, mi pare un errore madormale.
Noi stiamo qui a dire "Save" invece di "Change".
Capisco l'aria vaticana che tira a Roma ma per me si esagera.

Ciao,
Franz
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