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Salvaguardia sì, ma all'amatriciana

MessaggioInviato: 26/10/2013, 8:32
da franz
Salvaguardia sì, ma all'amatriciana
Pubblicato: Ven, 25/10/2013 - 17:45 • da: Alessandro De Nicola

Da L'Espresso del 26 ottobre 2013

Persino in Italia, dove, salvo in caso di guerre, rivolte o elezioni tedesche, le notizie di politica estera tradizionalmente non interessano più di tanto, in molti hanno notato quello che è stato chiamato lo shutdown del governo americano. Con una mossa che si è rivelata fallimentare, sia dal punto di vista dei risultati ottenuti che del calo di popolarità, i Repubblicani americani si sono rifiutati di approvare il finanziamento della spesa corrente del governo federale provocando la chiusura di molte attività, dai parchi alle cucine della Casa Bianca. Il Great Old Party sperava, così facendo, di smantellare la riforma sanitaria di Obama, ma, quando si è prospettata la catastrofe dell’insolvenza americana rispetto al pagamento dei propri debiti, i senatori e un buon numero di deputati Repubblicani, guidati dal presidente della camera Boehner, fortunatamente non se la sono sentita di insistere ed hanno raggiunto un compromesso che è parso a tutti come una loro sconfitta.

Il GOP sperava di ripetere la cosiddetta esperienza del “sequester”. Anche in quel caso, siamo nel 2011, Obama e i Repubblicani non si accordavano sul bilancio federale. Il presidente, come sempre, voleva tassare i ricchi e apportare tagli cosmetici, Bohener e i suoi preferivano solo decurtare la spesa pubblica. L’ accomodamento raggiunto fu che i Democratici poterono alzare l’aliquota marginale di chi guadagnava più di 400,000$ l’anno e che le uscite federali sarebbero diminuite di 917 miliardi di dollari in 10 anni. Tuttavia, se entro l’anno successivo non si fosse raggiunto un accordo per ulteriori riduzioni sarebbe scattata una tagliola (il sequester) di ulteriori 1200 miliardi di dollari fino al 2021 con una procedura di tagli lineari. Per dare un ‘idea, è come se in Italia si fosse deciso di abbattere gli esborsi dello stato di 21 miliardi di euro l’anno per 10 anni! L’accordo non si è trovato e da inizio 2013 è scattato il sequester. Nonostante le catastrofiche previsioni di Obama, di 48 profezie di sventura se ne sono sicuramente avverate solo 11 e tutte di minor impatto. La disoccupazione ha continuato a scendere ed il PIL ad aumentare e, se non si raggiunge un punto di incontro, nel 2014 calerà nuovamente la mannaia, soprattutto sul Pentagono.

Il principio alla base del sequestro è semplice: sarebbe certamente meglio procedere con tagli mirati, ma, poiché i politici sono incapaci di incidere sulle uscite, in quanto sono blanditi o ostacolati dalle lobby e più spendono, più aumentano il loro potere di intermediazione, bisogna legar loro le mani con un meccanismo automatico. Fondamento di questa procedura è anche la ragionevole convinzione che l’ accrescimento della pressione fiscale abbia effetti più recessivi del calo delle spese.

E così, anche il governo Letta ha inserito nella Legge di Stabilità la sua bella clausola di salvaguardia. Attenzione però: il sequester all’amatriciana funziona in modo diverso. L’attuale testo della Legge prevede che le misure di revisione della spesa pubblica dovranno essere adottate entro il 15 ottobre 2014. Se entro quel momento il povero commissario alla spending review non sarà riuscito ad identificare, ed il governo ad approvare, gli abbattimenti necessari, allora si procederà ad una tosatura delle detrazioni fiscali (tipo la deducibilità degli interessi sui mutui o delle spese sanitarie) e ad un aumento delle accise per un importo pari a 3 miliardi per il 2015, 7 per il 2016 e 10 dal 2016. In altre parole, lo Stato incasserà più soldi ed aumenterà la pressione tributaria.

Che paese innovativo: il governo si comporta come quei parenti scrocconi che a inizio anno fanno il buon proposito di essere meno invadenti e di non presentarsi troppo spesso a saccheggiare la dispensa di casa tua, magari mettendosi a dieta. Se proprio non dovessero riuscire a mantenere la promessa, la punizione consisterà nel fatto che dovremo portarli ogni settimana a pranzo fuori. Punizione nostra, non loro.