Gli bruciano l'auto, il sindaco di Benestare si dimette e posta la foto su Facebook
di Biagio Simonetta
Nelle scorse settimane avevano dato fuoco all'autovettura della sorella, questa notte hanno riservato lo stesso trattamento alla sua di auto. Non c'è pace per Rosario Rocca, sindaco di Benestare, piccolo comune della Locride. E proprio per questo, il giovane primo cittadino alla guida di un'amministrazione di centrosinistra, ha deciso di dimettersi, ormai stremato dalle continue pressioni che i clan esercitano sull'amministrazione comunale.
È successo tutto nelle ultime ore. Ieri sera Rocca aveva parcheggiato l'auto sotto la sua abitazione, nella centralissima via Marconi. Ed è lì che stanotte qualcuno l'ha cosparsa di benzina e incendiata. Episodio analogo nelle scorse settimane era capitato al parroco del paese, don Rigo, e alla sorella dello stesso sindaco. Segno evidente del clima di guerra che si respira a Benestare, un posto dove il nome del paese sembra quasi beffardo.
E stamattina, Rosario Rocca ha detto basta. Sulla sua pagina Facebook ha postato la foto della lettera di dimissioni e della sua fascia tricolore ripiegata. Un'immagine che ha tanto il gusto di sconfitta. Rocca parla di decisione irrevocabile: «Lo stato di isolamento e di abbandono in cui versa il territorio, dimenticato volutamente e tragicamente da uno Stato sordo e assente non mi consente più di rappresentare dignitosamente la mia gente. Nè ritengo di averne più la forza dopo anni di resistenza isolata (e inascoltata) al malaffare, alla criminalità e alla burocrazia autoreferenziale».
Decine di sindaci nel mirino dei clan
Quello di Rosario Rocca è solo l'ultimo caso di amministratori pubblici finiti nel mirino della ‘ndrangheta. Sono decine, in Calabria, i sindaci che negli ultimi anni hanno subito ritorsioni più o meno inquietanti. A partire da Maria Brosio e Maria Carmela Lanzetto, sindache che dopo una prima resistenza alle intimidazioni dei clan, hanno deciso di dimettersi. Alla Brosio bruciarono le auto e fecero esplodere una bomba davanti al suo Comune. Alla Lanzetto spararono contro le persiane di casa e le bruciarono la farmacia: si dimise dicendo: «Gli attentati che ho subito di recente non mi permettono di continuare in modo sereno a svolgere il mio lavoro. Mi hanno distrutto l'anima».
Poi c'è Elisabetta Tripodi, sindaca dimissionaria di Rosarno che vive sotto protezione, alla quale il boss del clan Pesce scrisse una vera e propria lettera. Caterina Girasole, ex sindaca di Isola Capo Rizzuto, Antonio Barile (al quale allentarono i bulloni dell'auto su cui viaggiava la moglie) sindaco di San Giovanni in Fiore, fino ad arrivare a Domenico Lucano, sindaco di Riace, che ormai da anni vive nel mirino della criminalità organizzata.
Storie di amministratori locali che quotidianamente devono fare i conti con tutti i drammi di una regione periferica, dove i clan dominano indisturbati. E il pensiero non può che andare ad Angelo Vassallo, sindaco di Pollica che morì per difendere la sua terra.
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