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Ennesima aggressione omofoba

MessaggioInviato: 29/09/2013, 12:20
da flaviomob
Foto choc su Facebook: «Picchiato perché gay»

«Aveva la testa rasata, gli occhi di ghiaccio. Urlava, ero intontito dal dolore e sanguinavo»

La foto postata dalla vittima sul sito «Fenice gay» (Proto)La foto postata dalla vittima sul sito «Fenice gay» (Proto)
ROMA - Aspettava il compagno seduto su una panchina vicino a piazzale degli Eroi, davanti alla stazione Cipro della metropolitana. Prendeva appunti su un blocchetto Ercole, 30 anni, e non si è accorto che tre uomini avevano deciso di provocarlo, di prenderlo di mira. Perché gay. E quando uno di loro ha avuto la conferma dei suoi sospetti, di trovarsi di fronte un omosessuale, non ha esitato a colpirlo con un pugno al volto, talmente forte da spaccargli l'arcata sopraccigliare. L'aggressione - solo l'ultima in ordine di tempo a sfondo omosessuale nella Capitale dopo quelle della primavera scorsa e di quest'estate, l'omicidio al Portuense a fine luglio e i suicidi di studenti minorenni - risale al 22 settembre scorso e ieri - a poche ore dalla partecipazione del sindaco Ignazio Marino alla serata conclusiva del Gay Village all'Eur - è stata postata dalla vittima sul sito della «Fenice Gay». Ercole ha inserito anche un autoscatto del volto sanguinante, l'occhio destro tumefatto, le ecchimosi fino alla bocca. Una testimonianza impressionante delle conseguenze del pestaggio subìto dai tre, ora ricercati dalle forze dell'ordine.

Del terzetto solo il picchiatore - «aveva la testa rasata e gli occhi di ghiaccio», racconta Ercole sul web - si è rivolto direttamente alla vittima. «Scusa, hai una sigaretta?», gli ha chiesto. «Non distolgo lo sguardo dal mio taccuino e con noncuranza rispondo: "Mi dispiace non fumo". E quello allora: "Beh che stai a fare a quest'ora qui da solo, seduto su questa panchina?». Una domanda provocatoria anch'essa che prelude al pestaggio spietato. Quando Ercole risponde «Prendo degli appunti e intanto aspetto il mio compagno», scattano prima di insulti e poi le botte: «Allora sei un finocchio, un frocio di merda!». Parole che continuano a schiacciare il trentenne anche mentre il teppista lo prende a pugni.

La fermata Cipro della metro A (Proto)La fermata Cipro della metro A (Proto)
Ercole ricorda ogni sensazione, ogni dettaglio di quei momenti: «Il viso mi si riempie di sangue, mi chiudo a riccio intontito dal dolore, altri tre pugni mi colpiscono al naso alla nuca e ancora sul viso. E sento quell'essere disadattato continuare a ringhiare: "Finocchio, frocio di merda"».

Il picchiatore sarebbe anche andato oltre ma i due amici lo fermano: «Dai gliele hai suonate! - sente Ercole -. Andiamo via prima che arrivi qualcuno. Hai fatto bene, fratello». Polizia e carabinieri aspettano una denuncia da parte della vittima - che è ancora sotto choc e ha paura a uscire di casa - o dell'avvocato che l'associazione «La Fenice Gay» ha annunciato di avergli messo a disposizione. I dintorni della stazione della metropolitana sono pieni di telecamere che potrebbero aver ripreso l'aggressione e la fuga del bullo rasato e dei suoi amici. Una traccia che potrebbe alla loro identificazione.

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cr ... 8430.shtml

Re: Ennesima aggressione omofoba

MessaggioInviato: 30/09/2013, 15:32
da flaviomob
Pestaggi stile «Arancia meccanica», presi giovanissimi che terrorizzavano il quartiere
In manette sono finiti tre 17enni e un 18enne della «banda di via Creta». Tra le vittime anche un ragazzino ebreo

La banda di via Creta insegue una delle vittime in una farmacia (Fotogramma)La banda di via Creta insegue una delle vittime in una farmacia (Fotogramma)
Quattro ragazzi sono stati arrestati dalla polizia, a Milano, con l'accusa di essere i responsabili di una serie di pestaggi in stile Arancia meccanica», tra cui una brutale aggressione ai danni di alcuni coetanei eritrei, picchiati a sangue e rapinati nel maggio scorso. In manette sono finiti tre 17enni italiani, due dei quali fratelli gemelli, i «capi» della banda, e un 18enne originario delle Seychelles, facenti parte di una banda di una quindicina di giovani detta «la banda di via Creta», che spadroneggiava nella zona tra Inganni e Bisceglie. La banda ha compiuto decine di aggressioni molto violente. Tra le vittime un 50enne disabile, preso di mira perché omosessuale, un clochard e un ragazzino di religione ebraica. Poi postavano le bravate su Facebook con epiteti razzisti. Esclusa, però, una connotazione politica.


LA BANDA - I quattro sono stati arrestati dalla polizia al termine di un'indagine denominata in codice «Game over my friends» («Amici il gioco è finito»), su ordinanza di custodia cautelare per lesioni e rapina, in concorso con altri 12 identificati di cui il pm sta valutando la posizione. La banda era composta da 15 soggetti dai 15 ai 17 anni, tranne qualche «novello maggiorenne» a coordinare, tutti particolarmente incattiviti nei confronti di omosessuali e clochard, se non di immigrati. Tutti i componenti della gang provengono da contesti familiari disagiati, spiegano gli inquirenti, la maggior parte ha lasciato la scuola, non lavora e ha precedenti per reati contro il patrimonio. In particolare un 14enne è noto essere figlio di un boss con consolidata fama dalle parti di via Creta.

I GEMELLI - I capi erano due fratelli gemelli, eterozigoti, entrambi alti 1.85: sotto la loro guida tutti e 15 i giovani portavano avanti una continua azione di intimidazione in tutto il quartiere, soprattutto su ragazzini che, picchiati e derubati, venivano poi anche messi alla berlina on line tramite video su Facebook e YouTube. La prepotenza della gang era tale che i suoi componenti indossavano gli oggetti rubati in giro per strada come nulla fosse. Per il momento sono state raccolte 10 denunce e sono stati ascoltati almeno 12 testimoni.

PRIME AGGRESSIONI - La prima denuncia risale al 25 ottobre del 2012: la vittima è un minore, M.O. rapinato da quattro bulli della gang. Il bottino del colpo era stato scarso - portafoglio, giubbotto e cappellino - ma il giovane, picchiato e colpito anche con caschi da moto, aveva riportato un trauma maxillofacciale con una prognosi di 29 giorni. Una prognosi di 15 giorni, invece, per l’episodio di violenza denunciato il 25 gennaio del 2013, quando un giovane ebreo è stato avvicinato dalla banda di via Creta nei pressi di una scuola secondaria della zona e picchiato violentemente, con l’accusa di aver guardato troppo una ragazza. Il ragazzino aveva riportato contusioni al capo guaribili in 15 giorni e tutto era stato pubblicato online, dove non erano poi mancati commenti relativi anche alla sua religione.

ALL'ARCO DELLA PACE - Altri due episodi sono stati denunciati nel mese di maggio. Il 24 all'Arco della Pace la banda, dopo aver picchiato dei giovani che avevano cercato di difendere un clochard, aveva ordinato di far girare la voce: «Baggio è arrivato all’Arco della Pace e Quarto Oggiaro ce la suca». L’11 maggio due ragazzi di via Creta, tra cui uno dei due gemelli, con uno scooter avevano speronato un secondo scooter lasciando la vittima dell’incidente senza soccorso (15 giorni di prognosi). Il caso della banda di via Creta è affidato al pm Annamaria Fiorillo che ha «fortemente voluto la custodia in carcere» per i 4 arrestati che, al momento dell’arresto, venerdì, hanno versato abbondanti lacrime.

IL PESTAGGIO AL KEBAB - Il 28 maggio i quattro arrestati hanno aggredito con altri coetanei (almeno una decina) tre ragazzi di origine eritrea, componenti di una band musicale, davanti a un kebab in via delle Forze Armate, nella zona sud-ovest della città. I ragazzi erano stati picchiati con estrema violenza a calci, pugni e colpi di casco, anche una volta a terra, ed erano finiti in ospedale con prognosi fino a 30 giorni.


CHIUSO IN CASA - Nei confronti del disabile 50enne, preso di mira perché dichiaratamente gay, le vessazioni della «banda di via Creta» erano quotidiane. L'uomo ha subito insulti dalle finestre del suo condominio, botte, rapine. Alla fine, per mesi si era rassegnato a non uscire neanche più di casa. L'uomo, disabile al 70%, vive solo in un palazzone popolare nella periferia sud di Milano, dove abitano i due gemelli. Insulti omofobi (gridati al suo indirizzo anche dalle finestre del condominio) e schiaffi erano quasi all'ordine del giorno, e in due occasioni è stato anche picchiato a sangue e rapinato: la sua «colpa» era quella di non nascondere le sue tendenze sessuali.

BASTONATO - Dalla prima aggressione, avvenuta il 17 gennaio scorso, il 50enne si era chiuso in casa rifiutandosi di uscire. I pasti glieli portavano a domicilio gli assistenti sociali, che lo seguivano in quanto disabile. Perfino la polizia, per farsi aprire la porta, ha dovuto passare i documenti sotto la porta. Il 2 febbraio è stato bastonato mentre andava al supermercato dopo essere stato insultato perché «frocio». Era così spaventato che, in quell'occasione, ha acconsentito a farsi accompagnare dal 118 al pronto soccorso solo dietro l'assicurazione di essere scortato dagli agenti: temeva, infatti, che i teppisti che ormai erano diventati il suo incubo si materializzassero anche lì. Alla fine, solo dopo essersi reso conto che la polizia era determinata ad arrestare i componenti della gang ha ricominciato, con molta circospezione, a condurre una vita normale. La polizia è riuscita a convincerlo a denunciare gli episodi più gravi.

http://milano.corriere.it/milano/notizi ... 6597.shtml

Re: Ennesima aggressione omofoba

MessaggioInviato: 30/09/2013, 17:54
da franz
Inganni-Bisceglie
Era la zona in cui abitavo, 40 anni fa.
E cose simili non sarebbero mai successe.
La "mala" di allora non avrebbe permesso.
Quella del giambellino, intendo.
Un po' romantica, come il Cerutti cantato da Gaber.
Era una periferia povera ma sana, con qualche testa calda ma pur sempre con un tessuto onesto, operaio, di pensionati.
Con qualche frangia minoritaria intenta ad arrotondare, se capitava qualche moto, auto o bici da fregare. Ma nulla piu'.
Ma molto attenta nel controllare il territorio. La "pula" si vedeva di rado. Pero' non si muoveva mosca che non si sapesse nei bar del quartire in pochi minuti, malgrado non ci fossero telefonini o facebook.
Oggi quel tessuto sociale è disgregato.
Operai pratcamente nessuno. Le fabbriche della zone sono tutte chiuse.
Pensionati molti e soprattutto tanti immigrati, regolari e non.

Re: Ennesima aggressione omofoba

MessaggioInviato: 03/10/2013, 16:09
da flaviomob
Contro l’omofobia tra adolescenti. Storie che salvano la vita
di Elena Tebano
Tags: bullismo, gay, le cose cambiano, omofobia

Da ragazzina Laurel aveva paura di camminare, «perché se mi fossi mossa mi avrebbero vista e mi avrebbero presa in giro». Michael già alle elementari era convinto che ci fosse qualcosa di molto sbagliato in lui e aveva imparato «a fingere di essere quello che non ero». Francesco si è sentito dire da sua madre che sarebbe diventato un po’ effemminato e si sarebbe depilato le gambe. Ingrid aveva appena iniziato l’università, quando dalla sera alla mattina si è «ritrovata senza una famiglia, senza una casa dove ritornare, senza il becco di un soldo». Kai, che allora portava un nome e una vita di donna, è cresciuto sentendosi diverso da se stesso. Premesse che farebbero presagire vite destinate alla sofferenza. E invece del tutto smentite. Ora questi ragazzi e queste ragazze sono diventati adulti gay, lesbiche e trans felici e sicuri di sé, e raccontano le loro storie, tutte a lieto fine, in un volume collettivo, Le cose cambiano. Coming out, conflitti, amori e amicizie che salvano la vita, scritto per aiutare gli adolescenti che si trovano oggi a sopportare quello che loro hanno vissuto in passato: il peso dell’omofobia, sociale e interiorizzata (e Francesco non si è mai depilato).

Il libro, a cura di Dan Savage (giornalista famoso perché cura la rubrica di sesso più irriverente dell’editoria mondiale, Savage Love, pubblicata in Nord America da oltre cinquanta giornali) e del marito Terry Miller, è nato dopo l’ondata di suicidi tra gli adolescenti gay vittime di bullismo omofobico che nel 2010 ha scosso gli Stati Uniti. Savage e Miller hanno reagito con un video online in cui hanno cercato di spiegare ai ragazzi e alle ragazze di oggi che prima o poi i tormenti e le prese in giro finiscono, «it gets better», le cose cambiano e migliorano, e che loro due — adulti, sposati e felici — ne sono la prova. Il video è diventato virale, ed è stato seguito da quelli di migliaia di persone che si sono unite a loro per testimoniare che si può essere omosessuali o trans senza soffrire. I migliori contributi sono stati poi raccolti nel libro. Oggi esce in libreria per Isbn (e in edicola per due mesi con il Corriere della Sera) l’adattamento italiano curato da Linda Fava e scaturito dal lavoro sul sito Lecosecambiano.org, a cui ha collaborato anche La27esimaora. Con Linda abbiamo fatto un bilancio del progetto portato avanti in questi mesi, a partire da come anche in Italia la questione del bullismo contro gay e lesbiche sia diventata centrale.



Il bullismo omofobico
Linda: «È successo perché sono stati gli stessi adolescenti che soffrivano per la loro condizione a uscire dal silenzio: hanno scritto lettere ai giornali, fatto video su YouTube e persino spiegato, come nel caso del quattordicenne che si è suicidato quest’estate a Roma, le ragioni di un gesto così estremo in una lettera di addio. Noi abbiamo cercato di raccogliere la loro voce e dare una risposta, di fornire gli strumenti che molti non trovano in famiglia o nell’ambiente che li circonda. Per questo – come nel progetto originario – abbiamo usato YouTube e i social network. Sono canali di comunicazione che raggiungono i ragazzi e parlano il loro linguaggio. Agli adolescenti gay, in particolare, permettono di esprimere un’identità che altrimenti rimarrebbe nascosta, di entrare in contatto con altri coetanei che vivono le stesse cose».

Elena: «Il suicidio del ragazzo di Roma questa estate, così terribile, è stato una sorta di punto di svolta simbolico: prima di allora ogni volta che sui media emergeva che un ragazzino si era ucciso perché preso in giro “in quanto gay”, insegnanti, familiari e amici si affrettavano a dire che lui “non era così”. Il ragazzo di Roma invece, prima di uccidersi, lo ha messo nero su bianco: ha preteso che la sua identità, almeno da morto, non venisse negata. È un esito atroce e irrevocabile, ma mi sembra anche un cambiamento legato all’evoluzione che descrivi tu. Da sempre ci sono stati teenager con un orientamento sessuale omosessuale (i cui desideri, cioè, si rivolgevano a persone dello stesso sesso), ma oggi spesso i teenager hanno anche un’identità gay. Questo paradossalmente li espone di più e li rende un target dei bulli. Eppure, come si vede dalle storie del libro, è anche la chiave per superare l’ostilità, sociale o interiorizzata».

I modelli nei media

Linda: «La nascita della cultura adolescenziale lgbt (cioè lesbica, gay, bisessuale e trans, ndr) di cui parli è la conseguenza del fatto che la visibilità lgbt è aumentata: i gay e le lesbiche oggi sono visibili in televisione (un ruolo fondamentale in questo l’hanno avuto serie americane come Will & Grace, Ellen, The L word, Glee, Grace Anatomy, Skins), lo sono sempre di più nel mondo dello spettacolo, anche se non in modo massiccio (le star della musica e della tv italiana che hanno fatto coming out sono casi isolati, e di conseguenza su di loro si è concentrata un’attenzione mediatica spropositata), e lo sono nella vita quotidiana, anche se con una differenza colossale tra grandi città e provincia. Per quanto riguarda i rischi a cui la loro identità e visibilità li espone è importante chiarire una cosa, e lo fa molto bene Vittorio Lingiardi nell’introduzione del libro: “Le ricerche scientifiche dicono che gli adolescenti che appartengono a minoranze sessuali sono almeno tre volte più a rischio suicidio dei coetanei eterosessuali”. Ma i dati che seguono dimostrano che sono il rifiuto in famiglia e la mancanza di cittadinanza che quei ragazzi subiscono a renderli più a rischio suicidio, non il fatto di essere gay in sé. Infatti “I problemi e le difficoltà psicologiche di gay e lesbiche tendono a diminuire nei paesi in cui i loro diritti sono riconosciuti e/o esistono leggi contro le violenze e le discriminazioni omofobiche e/o in contesti in cui le organizzazioni religiose si dimostrano accoglienti”. Se la cultura e l’identità gay in Italia venisse riconosciuta e rispettata in primo luogo dalle istituzioni, anche gli adolescenti avrebbero vita più facile».

Elena: «Dalle testimonianze raccolte nel libro emerge che le condizioni dei teenager gay possono essere molto diverse anche in Italia, a seconda dei luoghi e dei contesti in cui crescono: grandi o piccole città, famiglie omofobiche oppure aperte. È come se esistessero più epoche all’interno dello stesso Paese. Di fatto il libro è anche una storia e insieme una mappa dell’esperienza gay in Italia».

Linda: «Sì, è una mappa che collega punti lontani nello spazio ma anche nel tempo: ci sono contributi di ventenni e di sessantenni. Leggere i racconti di chi appartiene a generazioni precedenti ci mette di fronte al fatto che non solo le cose cambiano e migliorano nel corso della vita di un ragazzo omosessuale o transgender, ma sono già cambiate e migliorate in senso assoluto nel corso degli ultimi cinquant’anni, di pari passo con la diffusione di nuovi di modelli culturali e, a seconda dei Paesi, in modo proporzionale alla crescita della cultura giuridica attorno alle persone e alle coppie omosessuali»

Il coming out

Elena: «La cosa che tutte le storie hanno in comune è anche la più sorprendente del libro: l’importanza del coming out (l’atto di dichiarare la propria omosessualità, da non confondere con l’outing). È un passaggio fondamentale per gay, lesbiche e trans. Gli eterosessuali non lo conoscono: nella nostra società tendiamo a dare per scontato che tutti siano etero. Chi non lo è, volente o nolente, si trova costretto a comunicare questo scarto. Nei racconti del libro, però, stupisce il senso di gioia legato a questa rivelazione. Scrive per esempio Piergiorgio Paterlini: “Ero cattolico, avevo paura dell’inferno, ma il paradiso che avevo trovato – così immenso, così inaspettato, così luminoso, perfino allora che mi sembrava irraggiungibile, ‘guardare e non toccare’ – era talmente bello da risultare mille volte più forte della paura”. È come se improvvisamente venisse a cadere quella che nel libro Francesca Pardi definisce “la condanna muta in assenza di reato”. E infatti lei spiega che “la prima cosa che ho capito, innamorandomi a sedici anni” è “che non poteva essere un male in sé”».

Linda: «Ivan Cotroneo nel suo racconto costruisce un piccolo teorema che dimostra perché fare coming out non solo è importante, ma è necessario per vivere felicemente.
“A: Amare ed essere amato è l’unica cosa per cui valga la pena vivere.
B: Non puoi amare e non puoi essere amato se non lasci che gli altri ti conoscano per quello che sei.
C: Se non lasci che gli altri ti conoscano per quello che sei, in questa vita non amerai veramente e nessuno ti amerà. Vorresti mai ritrovarti in un posto che somiglia al punto C?”.
Il ragionamento porta a una conclusione di una semplicità spiazzante: Il coming out “non è una vera scelta. Nascondersi non è un’opzione, perché essere infelici o scegliere di non essere amato e di non amare non può essere un’opzione. Non ti viene voglia di cominciare subito?” chiede Cotroneo. “Di farlo sapere al mondo, che hai intenzione di amare e di essere amato, e di lottare per questo?
Perché, in questo caso, ti aspetta il punto D [...]
D: Se lasci che gli altri ti conoscano per quello che sei, allora amerai e sarai amato.” C.v.d.»

La reazione delle famiglie

Elena: «Un altro elemento comune a quasi tutte le storie è che gli adolescenti che si scoprono gay, lesbiche o trans devono combattere con molti fantasmi: immagini negative che si sovrappongono alla loro e gli impediscono di vedere un futuro positivo. “Non potevo immaginare, perché non avevo storie felici intorno”, dice per esempio Antonella Ninni. E anche Adam Roberts spiega come per i suoi genitori l’essere gay fosse “una cosa astratta”, e come solo l’idea della sua omosessualità “li riempisse di paura e li addolorasse”. Dalle loro testimonianze emerge che la cosa più difficile e più importante è fare svanire quei fantasmi, che spesso legano l’omosessualità a un’idea di sofferenza».

Linda: «Sono proprio storie come le loro che possono agire “da ghostbusters” per chi sta ancora facendo i conti con i fantasmi della propria identità sessuale, per chi – usando di nuovo le parole di Lingiardi – soffre di “minority stress”, ovvero di “disagi psicologici causati da una condizione di minoranza stigmatizzata”. Una delle cose che può meravigliare leggendo queste testimonianze è che spesso il peggior nemico del ragazzo omosessuale non è il bullo, ma la sua stessa psiche: il pregiudizio permea a tal punto la società che viene interiorizzato. La giornalista americana Jessica Leshnoff nel suo pezzo racconta: “Le voci interiori erano lì, giorno e notte. ‘Quello che provi non è normale’ mi dicevano. ‘Non sei normale [...]. Ecco come stavano le cose: nessuno mi tormentava. Ero io a farlo, anno dopo anno”.

Ma quando quelle voci vengono sconfitte avviene un’incredibile metamorfosi, che spesso si propaga anche nell’ambiente familiare dei ragazzi. Marcello Signore,di Napoli, ha fatto coming out a 17 anni: “Per me i momenti bassi sono stati ritrovarmi senza chiavi di casa e prendere le botte da mia mamma che mi aspettava con la mazza dietro la porta quando tornavo dalle serate in discoteca perché ‘Chissà dov’ero stato’. Basso è papà che per la rabbia ha sradicato dalla parete i fili del telefono perché non voleva che mi collegassi più ‘a quei siti’ e che ha buttato tutti i miei vestiti fuori dalla porta. […] La strada da lì a papà che canta Born This Way al Gay Pride mentre io cammino imbarazzato sul marciapiede di Mergellina con addosso una formalissima polo, è stata lunga”. Sarà anche stata lunga, ma non è incoraggiante sapere che quella strada Marcello e i suoi genitori l’hanno percorsa insieme?»

@elenatebano

Una sintesi di questo articolo è stata pubblicata sul Corriere della Sera del 3 ottobre 2013



«Le cose cambiano. Coming out, conflitti, amori e amicizie che salvano la vita» è in libreria e in edicola per due mesi con il Corriere della Sera. Curato da Dan Savage (da Linda Fava per l’edizione italiana) edito da La 27esima Ora, Corriere e Isbn, raccoglie tra gli altri testi di Walter Siti, Barack Obama, Aldo Busi, Ivan Cotroneo, Michael Cunnigham, David Sedaris, Vittorio Lingiardi
Gli Autori:
Cristiana Alicata · Matteo B. Bianchi · Alison Bechdel · Francesco Bilotta · Chaz Bono · Andrea Bordoni · Rebecca Brown · Aldo Busi · David Cameron · Milena Cannavacciuolo · Fabio Cinti · Hillary Clinton · Kate Clinton · Anna Paola Concia · Ivan Cotroneo · Michael Cunningham · Dart · Francesco D’amore · Ellen Degeneres · Ava Dodge · Ellen Forney · Barbara Gaines · Juan Carlos Galan · Terry Galloway · Ghemon · Lawrence Gullo · Darren Hayes · Murray Hill · Matthew Anthony Houck · Sharon Kleinbaum · Ingrid Lamminpää · Jessica Leshnoff · Vittorio Lingiardi · Marta Magni · Krissy Mahan · Antonia Monopoli · Meshell Ndegeocello · Antonella Ninni · Federico Novaro · Barack Obama · Suze Orman · Francesca Pardi · Piergiorgio Paterlini · Milena Paulon · Fyodor Pavlov · Alcìde Pierantozzi · Silvia Pilloni · Gabrielle Rivera · Adam Roberts · Randy Roberts Potts · Gene Robinson · Ivan Scalfarotto · Christopher A. Schmitt · David Sedaris · Jake Shears · Marcello Signore · Walter Siti· Laurel Slongwhite · Lorenza Soldani · Kai Trevisan · Urvashi Vaid · Nicla Vassallo · Francesca Vecchioni · Jean Vermette · Stefania Visconti · Michael K. Wells · Lance Wharton

Le immagini di questo post sono tratte da: la serie tv americana Glee (in apertura), il telefilm inglese Skins, il film belga La mia vita in rosa

http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... primopiano